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Il determinismo tecnologico al cinema: tra utopia e distopia

Una delle possibilità di rappresentare visivamente il concetto di determinismo tecnologico è fornita dal cinema e quindi dalla ricerca e dall'interpretazione che ne hanno dato i diversi autori; alcuni con toni apocalittici, altri in chiave tragi-comica, altri ancora con smisurato ottimismo.

Tempi Moderni: regia di Charles Chaplin

Ossessionato dai bulloni, che per la sua mansione è addetto a stringere con una chiave apposita, e dai bottoni, che ne richiamano la forma, ornanti la gonna della bella segretaria della fabbrica, ai quali proverà a dare una bella stretta, Charlot perde ogni controllo sulla propria mente. Con gesto liberatorio mette mano alla miriade di pulsanti, leve e interruttori della sala comando del suo reparto provocando il fermo della catena produttiva e finisce egli stesso ingoiato dagli ingranaggi delle gigantesche macchine rotative.[1]

Avatar : regia di James Cameron.

Un film improntato ad un iper-positivismo e ad un determinismo tecnologico al quale tutto è destinato a soccombere, dentro e fuori lo schermo. Uno schermo che è attore e protagonista ancor più delle figure che vi si agitano all’interno.Inutile negarlo: lo sforzo vero e ultimo di Cameron, con Avatar, è stato primariamente tecnologico. La voglia di affermare e dimostrare la supremazia indiscussa dell’immagine, e la capacità di plasmarla in e su dimensioni quasi inedite grazie alla stereoscopia, hanno portato ad un risultato che innegabilmente stabilisce un nuovo standard concettuale riguardo quella che è l’esperienza della visione.[2]

Johnny Mnemonic Regia: Robert Longo

Il microchip che il protagonista ha nel cervello non è altro che un estensione artificiale della sua memoria [...]. Ma questo non è l’unico elemento del film anticipato dalle idee di Mc Luhan, nel film il protagonista è costretto a causa di questo trapianto cibernetico a cancellare parte della sua memoria o meglio la memoria artificiale in eccesso ha sovrascritto una parte della sua memoria naturale[3]. Come indicato da Mc Luhan[4]: ogni estensione corrisponde a una parallela “amputazione”, rendendo inevitabile che ciascun medium o tecnologia, nell’estendere un senso, fatalmente ne narcotizza altri, se qualcosa si potenzia un’altra si perde, sbilanciando l’equilibrio sensoriale nell’una o nell’altra direzione.[5]


NOTE: