Trapianto di rene

intervento chirurgico
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Il trapianto renale si esegue con un intervento chirurgico che consiste nell'inserire un rene sano, prelevato da un donatore cadavere o donatore vivente, nella parte anteriore dell’addome del paziente (in sede extraperitoneale). Attualmente rappresenta il trattamento preferenziale per pazienti affetti da insufficienza renale cronica, in quanto è capace di restituire una normale funzionalità renale e permettere alla maggior parte dei pazienti il ritorno a una vita socialmente produttiva[1].

I candidati al trapianto devono sottoporsi a una serie di esami, per escludere l'eventuale presenza di malattie che controindichino l'intervento e la successiva terapia antirigetto.

L'intervento chirurgico ha una durata che può variare da 2 a 4 ore. L'arteria e la vena che vengono prelevate con il rene, vengono unite alla vena e all'arteria iliaca, e il suo uretere collegato con la vescica del ricevente.

Storia

Il primo trapianto di rene sperimentale venne eseguito nel 1902 dal chirurgo austriaco Ulmann su un cane. L'organo venne alloggiato nel collo dell'animale, e l'arteria e la vena renale furono anastomizzate rispettivamente con l'arteria carotide e la vena giugulare.

Nel 1950 Huffnagell, Landsteiner e Hume, tre giovani chirurghi statunitensi, realizzarono un trapianto di rene su Ruth Tucker, una quarantaquattrenne con rene policistico, a Evergreen Park, Illinois, nei dintorni di Chicago. Anche se non erano ancora a disposizione i farmaci immunosoppressivi, la donna sopravvisse cinque anni e morì per cause non correlate al trapianto. Nel 1954 Joseph Murray realizzò il primo trapianto renale tra gemelli monozigoti a Boston, e per la prima volta l'organo venne alloggiato nella fossa iliaca. Per questo intervento, Murray ottenne nel 1990 il Premio Nobel per la medicina. Analoghi interventi vennero tentati a Parigi e, qualche anno più tardi, a Edimburgo.

Nonostante i progressi delle tecniche chirurgiche, gli episodi di rigetto dell'organo erano numerosi e la barriera immunologica sembrava insormontabile soprattutto per la frequente insorgenza di infezioni. Nel 1962 l'avvento dell'azatioprina rappresentò un grandissimo progresso della terapia immunosoppressiva, e ridusse in maniera significativa l'incidenza degli episodi di rigetto.

Dalla fine degli anni settanta ad oggi, ciclosporina, azatioprina e corticosteroidi hanno rappresentato i cardini fondamentali della terapia, anche se nuovi e più potenti farmaci sono attualmente in uso come l'FK 506 e il micofenolato.

Indicazioni e controindicazioni

I progressi effettuati negli anni nel campo della terapia immunosoppressiva, unita al progresso della tecnica chirurgica, hanno fatto sì che le indicazioni al trapianto si potessero estendere a un numero di patologie sempre maggiore, come la Nefropatia diabetica, le glomerulonefriti croniche, la pielonefrite cronica e il rene policistico, che rappresentano le patologie renali maggiormente responsabili di insufficienza renale cronica.

Istocompatibilità

Il successo di un trapianto renale è anche legato al grado di similarità genetica tra donatore e ricevente. Il sistema HLA rappresenta nell'uomo il complesso maggiore di istocompatibilità, che si esprime sulla superficie cellulare attraverso un gruppo di antigeni. Il riconoscimento di questo sistema antigenico da parte dell'organismo ricevente rappresenta nel trapianto la maggiore barriera immunologica, e attiva la risposta che induce al rigetto.

Gli Antigeni costituenti il sistema HLA sono glicoproteine codificate da geni presenti sul braccio corto del Cromosoma 6 in sei differenti loci. Sono valutati 2 differenti gruppi antigeni nel sistema HLA:

  • Gli antigeni di classe I sono espressi dai loci A, B, C
  • Gli antigeni di classe II sono espressi dai loci DP, DQ, DR

In ordine decrescente, la compatibilità HLA determina una priorità nella selezione di donatore e ricevente, secondo questa sequenza:

    1. Gemello Omozigote
    2. Gemello Dizigote
    3. Fratello o sorella con HLA-A,B e DR identico
    4. Fratello o sorella con un aplotipo HLA identico
    5. Fratello o sorella con almeno 2 antigeni identici
    6. Figli con aplotipo HLA identico
    7. Genitori con aplotipo HLA identico
    8. Parenti di primo grado
    9. Cadavere con 2 o + antigeni HLA identici.

Tecnica chirurgica

Il trapianto renale viene eseguito allocando l'organo nella fossa iliaca (destra o sinistra) in sede extraperitoneale. Dopo aver prelevato l'organo da un donatore, sia esso cadavere o vivente, le anastomosi vascolari vengono realizzate suturando l'arteria renale del donatore all'arteria iliaca esterna del ricevente in modo terminolaterale, e allo stesso modo la vena renale del donatore alla vena iliaca esterna del ricevente.

Al termine delle anastomosi vascolari, l'uretere viene suturato alla vescica del paziente mediante un uretero-cistostomia che prevede un meccanismo antireflusso (detto "a becco di flauto") atto ad impedire la risalita delle urine dalla vescica al rene trapiantato.

Ripresa funzionale

La maggioranza degli organi, una volta terminate le anastomosi vascolari, riprendono quasi subito la loro funzione, ma a volte il rene va incontro ad un fenomeno di non funzionalità iniziale che prende il nome di necrosi tubulare. Questo fenomeno indica il danno subito dall'organo durante la fase di prelievo, o durante il periodo nel quale (da cadavere) è stato conservato in soluzione fredda.

La non-funzione è praticamente reversibile entro la settimana, sempre se non intervengono altre complicanze. Particolarmente importante, nella prima settimana post-trapianto, è il monitoraggio della vascolarizzazione venosa realizzabile con la tecnica ecografica eco-color-doppler: ogni eventuale riduzione di calibro dei vasi venosi o arteriosi è indice di trombosi del vaso stesso, complicanza molto temibile che può essere contrastata con appropriata terapia anticoagulante.

Complicanze non immunologiche

Le complicanze dopo un trapianto possono essere essenzialmente o complicanze legate al gesto chirurgico stesso (infezione di ferita, ascesso), o complicanze legate alla terapia immunosoppressiva che il paziente deve continuare a vita; tra queste ultime, due particolarmente gravi sono il rischio infettivo legato all'immunosoppressione (infezioni virali da Citomegalovirus), e il rischio di sviluppo di neoplasie (tra cui i linfomi che sembrano insorgere in una percentuale leggermente più significativa nei pazienti immunosoppressi).

I pazienti diabetici che trapiantano un rene per sopraggiunta insufficienza renale hanno, oltre ai sopracitati rischi, anche un aumentato rischio di morte per cause cardiovascolari.

Complicanze immunologiche

Il rigetto è un rischio sempre presente nella storia di un trapianto, anche a distanza di anni, o anche su reni perfettamente compatibili; e non è sempre prevedibile dalla tipizzazione. Di per sé il rigetto è un processo immunologico per via del quale il sistema immunocompetente riconosce come "non propri" gli antigeni dell'organo trapiantato, reagendo così contro di essi.

In relazione al momento in cui si verifica, è possibile distinguere 4 tipi di rigetto:

  1. Rigetto Iperacuto, nel corso delle prime 24 ore post-trapianto
  2. Rigetto Acuto accelerato, durante le prime 24-72 ore post-trapianto
  3. Rigetto Acuto, tra il decimo giorno e la fine del terzo mese
  4. Rigetto Cronico, che si verifica a distanza di anni dal trapianto, come esito finale di una serie di insulti ricevuti dall'organo trapiantato, come ripetuti episodi di rigetto acuto e nefrotossicità indotta dai farmaci antirigetto.

L'esito di ogni trapianto dipende da numerose e complesse variabili: la sopravvivenza dell'organo è in genere migliore nei trapianti da donatore vivente, grazie al breve tempo di conservazione del rene e dalla giovane età (di solito) del donatore. La sopravvivenza dell'organo ad un anno dall'intervento è di circa il 95% nei trapianti realizzati da donatore vivente.

In Italia è stato istituito un Centro Nazionale Trapianti, con sede presso l'Istituto Superiore di Sanità, al quale è stato affidato il compito di verificare l'attività di prelievo e trapianto, nonché di formulare le raccomandazioni operative.

Bibliografia

  • S.Venettoni, R. Cortesini, et. al. Processo Donazione-prelievo-trapianto: aspetti organizzativi e procedure di coordinamento nella nostra esperienza. Congresso Nazionale anno 1999, Vol I R8
  • F.P. Schena, F.P. Selvaggi. Malattie dei reni e delle vie urinarie. 3ª Edizione. McGraw-Hill.

Note

Voci correlate

Collegamenti esterni

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