Problema dei neutrini solari
Nota bene:
Il problema dei neutrini solari riguarda una grossa discrepanza tra l'osservazione e la teoria della fisica nucleare, che durò dalla metà degli anni Sessanta fino al 2002. La discrepanza è stata risolta grazie a una nuova comprensione della fisica dei neutrini, che ha richiesto una modifica del modello standard della fisica delle particelle.
Premessa
Il Sole è un reattore a fusione nucleare naturale, che fonde l'idrogeno in elio. I meccanismi principali di produzione di energia sono la catena PP (che ha alcune diramazioni, dette catene PPI, PPII e PPIII) ed il ciclo CNO.
Catena PPI, PPII, PPIII, reazioni PEP ed HEP
La catena PP prende il nome dalla prima reazione del ciclo, che coinvolge due protoni (PP, appunto). La prima tappa del ciclo è la produzione di deuterio, attraverso la reazione:
in cui si ha produzione di neutrini che hanno uno spettro continuo, poiché la reazione è a tre corpi.
Si noti che il deuterio può essere prodotto anche attraverso la reazione detta pep:
La principale differenza con la reazione precedente è che il neutrino prodotto da questa reazione è monocromatico, in quanto la reazione è a due corpi.
A questo punto le reazioni di trasformazioni sono interazioni forti e non si ha produzione di neutrini, ma le riporto per completezza, anche se non sono di interesse nel seguito del discorso.
Queste due reazioni concludono il ciclo PPI.
Si noti che l'elio-3 prodotto dall'interazione del deutone e del protone può interagire direttamente con un protone per dare elio-4 nel seguente modo (reazione hep):
con produzione di un neutrino con spettro continuo.
Il ciclo PPII prosegue nel seguente modo:
In cui si ha produzione di energia e di neutrini nel secondo passaggio con spettro monocromatico.
Il ciclo PPIII prosegue così:
Ed anche qui si ha produzione di energia e di neutrini, nel terzo passaggio con uno spettro continuo.
Ciclo CNO
In presenza di quantità non trascurabili di carbonio nella materia stellare, è possibile anche un secondo ciclo di produzione di energia, che coinvolge questo tipo di atomi. Ecco il ciclo in dettaglio:
In questo ciclo si ha la produzione di due neutrini, dovuti al decadimento dell'azoto-13 e dell'ossigeno-15 (con spettro continuo) e di energia.
Anche questo ciclo presenta una diramazione ed è la seguente:
Lo spettro totale, calcolato da un modello solare standard è il seguente:
Flusso aspettato di neutrini
Possiamo stimare con un semplice calcolo il flusso di neutrini aspettato sulla superficie terrestre, questo calcolo è importante, in quanto è da esso che sorge il problema dei neutrini solari. La luminosità del sole è proporzionale all'energia che si produce al suo interno, per cui dividendo questo valore per l'energia prodotta da una reazione si ottiene il numero di reazioni di fusione, moltiplicando questo valore per 2 si ottiene una stima per il numero di neutrini:
dove L è la lumiosità, Q è l'energia sviluppata dalla reazione e è l'energia media che ha il neutrino.
Poiché , e , si trova che:
Il numero di questi neutrini che arrivano sulla superficie terrestre, supponendo che essi siano emessi uniformemente in tutte le direzioni, è:
dove R è la distanza Terra - Sole. Sostituendo il valore della distanza si ottiene per il flusso aspettato a terra:
I valori esatti del flusso sono calcolati a partire da un modello stellare standard e valgono:
Il primo esperimento
Prima di addentrarci nella storia del problema e dei risultati sperimentali conviene definire una unita di misura che spesso è usata per la presentazione dei risultati: la SNU, definita come il numero di neutrini catturati in un secondo da un rivelatore di atomi:
dove i indica il tipo di reazione che produce neutrini, x il tipo di rivelatore è la sezione d'urto del processo e il flusso di neutrini.
Questa unità di misura è valida per gli esperimenti che usano metodi radiochimici, per quelli che usano lo scattering i risultati vengono dati in numero di neutrini per unità di tempo e di superficie, rapportati, normalmente, ad un modello solare standard.
La prima evidenza di questo problema si ebbe intorno alla fine degli anni '60, quando R. Davis mise in piedi il primo esperimento volto alla rilevazione dei neutrini solari, nella miniera di Homestake, nel Sud Dakota, Stati Uniti.
Il motivo di porre l'apparato sperimentale è che il terreno fa da schermo per i raggi cosmici.
Il rivelatore usato nell'esperimento fu il cloro-37: esso è presente con una abbondanza di circa il 25% in natura, inoltre il cloro è un elemento facilmente reperibile, assorbe neutrini ad energie non troppo alte (si possono rivelare i neutrini del ramo del boro-8), ed inoltre si ha una buona sezione d'urto per assorbimento. La reazione usata è l'inversa del decadimento del Ar-37:
L'energia di soglia per la reazione è di circa 0,8 MeV, ciò che permette di rivelare (si confronti la figura contenente gli spettri dei neutrini previsti) la maggior parte dei neutrini che ci arrivano, salvo quelli della reazione pp.
Il tempo di presa dati era sufficientemente lungo (da uno a circa tre mesi) da far si da avere una situazione di equilibrio (si noti che l'argon viene prodotto dal cloro, ma esso decade, con vita media di 35 giorni, in cloro).
Dopo il tempo di presa dati l'argon veniva estratto dalla soluzione, con efficienze di raccolta superiori al 95%.
Dalla configurazione dell'apparato sperimentale si otteneva che, ad un atomo di argon ottenuto corrispondeva un tasso di cattura di 5,26 SNU, il valore del fondo aspettato per l'esperimento era di per ogni ciclo di presa dati.
Questo esperimento restò in presa dati fino al 1994, ed il risultato totale della presa dati fu:
contro un valore apsettato (calcolato sulla base del modello BP(05)) di:
Il risultato, quindi, mette in evidenza il fatto (conosciuto già negli anni '60 al tempo delle prime prese dati), che si ha un deficit di circa il 2/3 nel numero totale di neutrini rivelati ed è proprio questo deficit che è noto come problema dei neutrini solari.
Esperimenti successivi
Successivamente a questo primo esperimento furono sviluppati atri esperimenti in Italia, Russia, Giappone e Stati Uniti.
GALLEX / GNO
Questo eperimento è stato sviluppato in Italia, nei laboratori dell'INFN del Gran Sasso, la presa dati cominciò nel 1991 per finire nel 1997, l'esperimento continuò, poi, la sua attività come GNO.
Questo esperimento usa come rivelatore il gallio, al posto del cloro, sfruttando la reazione:
la cui energia di soglia è di 0,233 MeV, ciò che permette di rivelare anche i neutrini della reazione pp.
I risultati complessivi di questi due eperimenti sono:
per l'esperimento GALLEX e:
per l'esperimento GNO, contro un flusso aspettato di:
SAGE
Questo esperimento fu sviluppato in Unione Sovietica, nella regione del nord del Caucaso, a partire dal 1990.
Le principali differenza rispetto al precedente esperimento sono nel tipo di rivelatore (Gallio metallico, invece che liquido) ed, evidentemente, nella fase di estrazione.
Il risultato per questo esperimento è stato di:
contro un flusso aspettato di:
KAMIOKANDE e SUPER-KAMIOKANDE
Questo esperimento, messo in piedi in Giappone, fu pensato, originariamente per rivelare il decadimento del protone (Kamiokande I) e solo in un secondo momento fu usato, dopo alcune modifiche, per misurare il flusso di neutrini solari (Kamiokande II).
Il processo usato per rivelare i neutrini si basa sullo scattering su elettroni e non su un metodo radiochimico, per cui semplice acqua purificata è sufficiente come rivelaore.
La reazione su cui si basa la reazione è, quindi:
in cui, si noti, lo stato finale delle due particelle è differente da quello iniziale.
L'elettrone 'scatterato' viene rilevato tramite emissione di luce Čerenkov.
L'apparato situato ad una profondita di 1000 m, nella miniera di Kamioka, è stato posto in un contenitore cilidrico di acciaio, di capacità di circa 1200 t di acqua ma come rivelatore furono usate solo le 680 t più interne per problemi di schermaggio di raggi cosmici e sorgenti radioattive.
L'intero apparato era circondato da circa 950 fotomoltiplicatori che raccolglievano i fotoni emessi, trasformando questo debole segnale in un segnale elettrico misurabile.
L'energia di soglia originaria di questo esperimento era di 9 Mev, abbassata a 7,5 MeV, dopo alcune modifiche (Kamiokande III).
Il rivelarote Super - Kamiokande consiste, in effetti in un "aggiornamento" del rivelatore Kamiokande, messo in funzione nel 1996.
Innanzitutto il volume d'acqua era molto più grande di quello della prima versione e pari a 50000 tonnellate, il volume di fiducia aumentato, quindi, a 22500 tonnellate ed il numero di fotomoltiplicatori è stato aumentato a 13000 (S-K I).
Sfortunatamente il 21 novembre 2001 un incidente fece esplodere circa la metà dei fotomoltiplicatori dell'esperimento, e fu rimesso in funzione ridistribuendo i tubi rimast intatti sulla superficie totale del rivelatore (S-K II).
Nel 2005 fu intrapreso il lavoro di riportare l'apparato alla sua forma originale, lavoro che dovrebbe essere finito nel 2006 (S-K III).
I risultati di questi esperimenti e di quelli basati su questo tipo di configurazione sono raccolti in tempo reale, contrariamente agli esperimenti basati su metodi radiochimici.
I risultati totali (per il S-K riporto i dati più aggiornati) ottenuti da questi due esperimenti e basati sulla rivelazione di scattering elastico sono:
Contro un flusso stimato di:
Commenti
Si noti che questo esperimento, grazie alla forte correlazione della luce emessa con la direzione della particella incidente fu il primo esperimento in assoluto a confermare l'emissione di neutrini da parte del sole, in quanto questa era solo supposta sulla base dei modelli e della conoscenza delle interazioni, e gli esperimenti radiochimici non davano informazioni sulla direzione della particella incidente.
Inoltre in questi due esperimenti di poté misurare anche l'asimmetria tra neutrini emessi di giorno e neutrini emessi di notte, l'interesse stando nel fatto che questi ultimi devono attraversare uno spessore di materia più grande dei primi.
I risultati ottenuti dall'esperimento S - K sono stati:
Inoltre la reazione usata per la rivelazione dei neutrini non è sensibile solo ai neutrini di tipo elettronico (contrariamente ai metodi radiochimici), ma a tutte le tre specie di neutrini, tuttavia la sensibilità legata ai neutrini muonici e tau è solo il 20 % di quella legata ai neutrini elettronici.
SNO
Questo esperimento (sudbury neutrino observatory), cominciò ad acquisire dati nel maggio del 1999; l'apparecchio è posto ad una profondità di circa 2000 metri nella miniera di Sudbury (Ontario, Canada).
In questo esperimento vengono usate 1000 tonnellate di acqua pesante, in un contenitore sferico circondato da uno schermo di acqua e da 9600 fotomoltiplicatori.
Questo tipo di esperimento usa le seguenti interazioni per rivelare i neutrini; lo scattering elastico:
l'interazione di corrente neutra:
e l'interazione di corrente carica:
Si noti che sia lo scattering elastico che la reazione di corrente neutra sono sensibili ai tre tipi di neutrino, mentre l'interazione di corrente carica è sensibile solo ai neutrini elettronici.
Gli eventi possono essere distinti fra loro: lo scattering può essere distinto dall'interazione carica tramite la distribuzione angolare degli eventi, mentre la reazione di corrente neutra è distinta tramite la rivelazione del neutrone emesso.
In una prima fase il neutrone era catturato dal deuterio, ma con bassa efficienza, per aumentare questo valore 2 tonnellate di sale (NaCl) sono state sciolte nell'acqua in una seconda fase dell'esperimento.
I risultato ottenuti fino ad ora, secondo le analisi più recenti sono, per la fase senza sale sciolto in acqua:
mentre per la fase con il sale disciolto in acqua i risultati sono:
contro un flusso aspettato di:
Altri esperimenti
Altri esperimenti sono in corso di costruzione e di progettazione per trovare una soluzione aquesto problema, sia in Italia che nel resto del mondo.
- Borexino: attualmente in costruzione ai Laboratori nazionali del Gran Sasso dell'INFN; lo schema di funzionamento è del tipo di quello già usate per l'esperimento SNO (un materiale scintillatore che genera dei fotoni i quali vengono a loro volta rivelati da fotomoltiplicatori), ed analogamente a questo esperimento la rivelazione si basa sullo scattering elastico di un elettrone ed un neutrino.
- Icarus: attualmente in costruzione ai Laboratori nazionali del Gran Sasso dell'INFN: questo esperimento si basa sulla rivelazione di un evento tramite una camera a bolle (il materiale all'interno della camera è dell'Argon liquido), e la rivelazione è rivolta sia ai neutrini solari che a quelli atmosferici; esistono regole di selezione per distinguere i due tipi di eventi.
- Heron: anche questo esperimento si basa sulla rivelazione di scattering elastico di un neutrino ed un elettrone, e si propone di misurare principalmente i neutrini della reazione pp e del boro-7 (i più difficili a rivelare perché di bassa energia).
Molti altri esperimenti rimangono, per ora, solo alla fase di progetto e di studio, in attesa di finanziamenti (vedi [1] per maggiori informazioni al riguardo degli esperimenti in progetto).
Soluzioni
Il problema dei neutrini solari nacque con la prima pubblicazione negli anni '70 dei primi risultati dell'esperimento di Homestake.
Da allora molte soluzioni furono proposte per risolvere questo problema, a partire da alcune modificazioni dei modelli solari, tuttavia non si riesce a produrre un modello conforme ai dati eliosismici che sia conforme a tutti i dati sperimentali raccolti fino ad oggi.
Se si produce, inoltre, un modello conforme ai dati raccolti negli esperimenti esso non soddisfa i dati provenienti dall'eliosimologia, per cui questa soluzione, sebbene fosse la prima intrapresa, non dà alcuna soluzione accettabile.
Quindi la direzione di ricerca non è in una modifica del modello solare, sostanzialmente corretto, come si può dedurre anche dai risultati sperimentali dell'esperimento SNO: il flusso misurato delle interazioni in corrente neutra (che è sensibile ai tre tipi di neutrino) è sostanzialmente in accordo con il flusso totale teorico atteso.
Attualmente, si ritiene, quindi, che il problema dei neutrini solari, risulti da una inadeguata comprensione delle proprietà di queste particelle, esperimenti recenti suggeriscono, infatti, che i neutrini possiedono una massa e che possono cambiare da un tipo all'altro "in volo". Questo fenomeno viene detto oscillazione. I neutrini solari mancanti sarebbero quindi dei neutrini elettronici che si sono trasformati in uno degli altri due tipi lungo il tragitto, sfuggendo così ai rilevatori.
Voci correlate
Collegamenti esterni
- [The Ultimate Neutrino Page http://cupp.oulu.fi/neutrino/index.html]
- [The review of Particle Physics http://pdg.lbl.gov/]