Laurea
In Italia la laurea[1] (non ufficialmente laurea di primo livello[2] o laurea triennale[3]) è un titolo accademico di primo ciclo[1] rilasciato dalle università secondo le convenzioni del Processo di Bologna.
La laurea, dalla durata triennale (180 CFU, 1 credito ogni 25 ore), va a sostituire nel 1997, con la Riforma Berlinguer, i vecchi titoli di diploma universitario.[4] Internazionalmente la laurea dovrebbe corrispondere al bachelor, titoli di primo grado dalla durata triennale o quadriennale (almeno 180 ECTS, 1 credito ogni 25-30 ore).
Storia
Diploma universitario
Il diploma universitario è stato un titolo di primo ciclo soppresso con la riforma Berlinguer del 1999, che ha introdotto in Italia il percorso "3+2" (laurea più laurea magistrale).
Il percorso di studi era della durata triennale, ma nel caso in cui lo studente si fosse iscritto ad un corso di diploma di laurea (laurea di secondo ciclo), il percorso poteva durare solamente due anni.[5]
Il curriculum era ritenuto più professionalizzante che accademico, come è possibile vedere delle qualifiche del diploma universitario.[6]
Il titolo di diploma universitario è equipollente all'attuale laurea purché sia di durata triennale (e non biennale), come stabilito dalla Legge n.240 del 2010.
La nascita
La sperimentazione della riforma Berlinguer è partita nell'anno accademico 2000/2001 limitatamente ad alcuni corsi in alcune università, tra cui il Politecnico di Milano e l'Università degli Studi di Padova, mentre a partire dall'anno successivo è entrata a pieno regime.
Alcune università, come l'Università degli Studi di Perugia per il corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria e l'Università Tor Vergata per quello in giurisprudenza, hanno richiesto e ottenuto deroghe al Ministero al fine di continuare ad attivare corsi secondo il previgente ordinamento, ma si è trattato di casi isolati, tanto che già nell'anno accademico 2001/2002 la quasi totalità dell'offerta formativa delle università italiane (oltre il 97%) era costituita da corsi di laurea del nuovo ordinamento. È stato previsto che nelle sedi universitarie si stabiliscano i criteri secondo i quali le diverse Facoltà possano parzialmente riconoscere anche gli studi compiuti nello svolgimento dei corsi di diploma universitario, ai fini del proseguimento degli studi per il conseguimento dei diplomi di Laurea affini. Il diploma universitario (L. 341/1990) di durata non superiore a tre anni, aveva lo scopo di fornire agli studenti una preparazione più pratica, volta ad un più facile inserimento nel mondo del lavoro, con adeguate conoscenze tecniche, operative e metodologiche, orientate al conseguimento del livello formativo richiesto da specifiche aree professionali, nonché un adeguamento al sistema scolastico europeo. Il carattere operativo e pratico di corsi afferenti alla sfera delle tecnologie, delle scienze e delle arti applicate (ISEF, scienze sanitarie, etc.) in alcuni casi è stato accettato dal mondo del lavoro e da ambiti professionali specifici; non altrettanto è avvenuto per molti diplomi di area umanistica, che sono risultati poco valutati nel settore privato e non spendibili in quello pubblico. Molte Facoltà hanno integrato i diplomati e gli studenti dei corsi di diploma universitario nei loro corsi di Laurea e, con la valutazione in crediti (CFU) degli studi già condotti, hanno previsto il recupero dei debiti formativi indispensabili per il conseguimento dei diplomi di Laurea di primo livello.
Le motivazioni
Fra le ragioni alla base dell'introduzione di questo tipo di percorso universitario c'era l'età media particolarmente elevata dei neolaureati italiani rispetto a quella di altri paesi europei (28-30 anni contro 20-21). Altra motivazione rilevante era il fallimento generalizzato delle carriere scolastiche: i 2/3 degli immatricolati abbandonava già al secondo anno e moltissimi di essi non versavano neanche la seconda rata di tasse e contributi del primo.
La riforma ha inoltre avuto un occhio di riguardo per l'alta formazione permanente e ricorrente, introducendo il titolo di master universitario (che può essere di primo livello, rilasciato cioè al termine di corsi a cui si può accedere con la laurea, o di secondo, al termine di corsi a cui si può accedere solo con la laurea specialistica o con la nuova laurea magistrale).
Uno dei risultati più evidenti della riforma è stata la moltiplicazione dell'offerta formativa: mentre prima i corsi di studio erano definiti a livello nazionale, oggi tutto l'iter di proposta, istituzione e attivazione si conclude nelle singole università; l'abbattimento delle barriere burocratiche (esiste una procedura di approvazione ministeriale ma è una mera formalità consistente nella verifica di alcuni requisiti di carattere puramente amministrativo) ha ridotto enormemente i tempi necessari e ciò ha fatto sì che nell'anno accademico 2004-2005 l'offerta formativa nazionale comprendesse quasi ottomila corsi di laurea differenti, molti dei quali con meno di 10 iscritti.
Il valore legale è garantito dalla classe di afferenza, poiché il decreto MURST 509/1999 prevede che sia la sola classe a determinare il valore legale delle lauree e delle lauree specialistiche, ma sul mercato del lavoro (in particolare quello privato, ove non si tiene generalmente conto del valore legale dei titoli) si era comunque creata un'enorme confusione dovuta alla presenza di titoli di studio con denominazioni simili e contenuti formativi completamente diversi e titoli di studio con denominazione differente ma contenuti formativi sostanzialmente uguali.
Ciò ha spinto il ministro Moratti a ordinare per decreto la disattivazione di una quarantina di corsi a zero iscritti e a introdurre le modifiche formalizzate con il decreto MIUR 270/2004: il singolo ateneo rimane libero di attivare tutti i corsi di laurea che intende nell'àmbito della medesima classe, ma deve garantire che i corsi della stessa classe (o di classi individuate come affini dal regolamento didattico da esso stesso emanato) abbiano almeno 60 crediti in comune, da collocare nel primo anno. Dei coordinamenti regionali e centrali serviranno a favorire un'armonizzazione delle epigrafi dei titoli di studio, in maniera tale da far corrispondere quanto più possibile la denominazione ai contenuti formativi e al valore legale.
Un'ipotesi applicativa di tale testo, che alcune forze politiche (in particolare i movimenti studenteschi di base) hanno definito controriforma, è quella di realizzare i cosiddetti percorsi a Y: primo anno uguale per tutti e biennio successivo differenziato a seconda che lo studente manifesti l'intenzione di proseguire gli studi conseguendo anche una laurea magistrale (nuova denominazione delle lauree specialistiche stabilita dallo stesso decreto 270) oppure necessiti di un immediato inserimento nel mondo del lavoro.
In realtà i percorsi a Y erano già stati realizzati da alcune università alla luce del quadro normativo precedente (che non prevedeva l'obbligatorietà dei 60 crediti in comune tra corsi della stessa classe ma neanche ne escludeva la fattibilità), e comunque il valore legale dei titoli di studio afferenti alla stessa classe resta identico, indipendentemente dal fatto che si abbia optato per un percorso più tecnico-professionalizzante piuttosto che un cursus studiorum basato sul modello classico, con approccio teorico-metodologico improntato alla ricerca.
Inoltre, con la trasformazione delle lauree specialistiche in lauree magistrali, cessa il principio di assorbenza del titolo di studio: la nuova laurea magistrale, diversamente dalla precedente specialistica, non comprende anche i crediti riconosciuti all'accesso, ma solo i 120 suoi propri. Questo consente maggiore flessibilità nell'individuazione dei criteri d'accesso. L'università non dovrà più procedere al riconoscimento ad personam del titolo d'accesso confrontando la distribuzione dei crediti nei singoli settori scientifico-disciplinari della laurea posseduta dall'aspirante con la laurea correlata al corso di laurea specialistica e ricompresa nella sua tabella, ma prevedere dei semplici criteri standardizzati: per esempio potrebbe stabilire che per l'accesso ai corsi della classe delle lauree magistrali in editoria, comunicazione multimediale e giornalismo è necessario possedere una laurea della classe delle lauree in lettere o scienze della comunicazione, senza andare ad analizzare le singole carriere.
Resta fermo che ai corsi di laurea magistrale si accede secondo criteri stabiliti dalle singole sedi (per esempio concorso se sussiste la programmazione del numero, voto di laurea, anni impiegati per conseguirla etc.) e che quindi tutti gli esempi riportati sono solo ipotesi di applicazione, come pure lo stesso sistema a Y. Anche le prove finali dei corsi variano da sede a sede: si va dalla prova orale alla tesi tradizionale, passando per il tema scritto, con un punteggio aggiunto rispetto al voto di partenza, determinato dalla media dei voti ponderata in base ai crediti, dai 3 ai 15 punti. Il voto del titolo di accesso non è generalmente preso in considerazione ai fini dell'attribuzione di quello di laurea specialistica o magistrale.
Valore legale e riconoscimento del titolo all'estero
La laurea triennale dà diritto alla qualifica accademica di dottore. Vi furono però contrasti in merito all'attribuzione del suddetto titolo in base ad una sentenza della Corte dei Conti del settembre 2004 la quale affermava che il titolo di dottore spettava solo ai laureati del vecchio ordinamento e del 3+2, ossia l'attuale laurea magistrale. La questione si è però risolta grazie ad un decreto della stessa Corte dei Conti del 9 novembre 2004 che ha registrato il decreto ministeriale (del Ministero dell'Università e della ricerca) n. 270 del 22 ottobre 2004, si è così stabilito che è attribuito il titolo di dottore ai laureati triennali e quello di dottore magistrale ai laureati del vecchio ordinamento e del 3+2 (art. 13 comma 7)[7]. La laurea triennale italiana è riconosciuta nell'Unione europea e nei paesi dell'Associazione europea di libero scambio, nonché nella Repubblica di San Marino e nello Stato della Città del Vaticano (in quanto firmatari della convenzione di Bologna) ai fini dell'accesso a specifiche professioni regolamentate e, previo superamento di appositi esami di Stato, in Italia consente l'iscrizione agli albi tenuti da ordini e collegi professionali.
A più riprese in Italia si è acceso il dibattito sull'eventualità dell'abolizione del valore legale del titolo di studio. Questo valore legale ha effetto nei concorsi pubblici, nei quali le lauree sono equivalenti indipendentemente dalle università nelle quali sono state conseguite. È pure condizione necessaria per l'iscrizione agli albi professionali e l'esercizio della libera professione.
I criteri d'accesso ai corsi di laurea specialistica sono determinati dagli organi collegiali delle singole sedi, tanto che esistono corsi di laurea specialistica a cui si può accedere con qualsiasi laurea e corsi di laurea specialistica a cui è difficoltoso accedere pur possedendo una laurea della stessa area disciplinare, poiché nel caso le apposite commissioni determinino un debito formativo in ingresso superiore a una certa soglia (per esempio 40 crediti) l'iscrizione non è proprio consentita.
Le caratteristiche
Molti corsi di laurea triennali si caratterizzano per un monte-ore di laboratori a frequenza obbligatoria e frequenti prove intermedie che suddividono gli esami nel tentativo di spingere gli studenti a studiare giorno per giorno e maturare effettivamente le ore di impegno previsto anche a casa quantificate dai crediti. Il risultato è generalmente una maggiore percentuale di promossi, poiché spesso il singolo esame non viene svolto integralmente ma in due o tre parti (qualcuno critica questo modello poiché generalmente basato su esami scritti, ritenuti più facili[senza fonte]) ; per contro, si riscontra un abbassamento generale della media dei voti, a causa di esami troppo ravvicinati. Un punto critico è infatti la drastica riduzione degli appelli: da uno al mese o tre per sessione (con tre sessioni) che erano con il previgente ordinamento, quindi almeno 9 appelli ogni anno senza considerare quelli straordinari e quelli riservati a studenti fuoricorso e studenti lavoratori, in alcuni atenei gli appelli finali o ufficiali (le prove intermedie si tengono generalmente in via ufficiosa durante il corso) si sono ridotti sino a uno (detto in alcune sedi pre-appello o appello d'anticipo) a pochi giorni dal termine del singolo insegnamento e uno all'interno di sessioni considerate «di recupero» (generalmente a cavallo dei due semestri – ma in alcuni atenei la didattica è organizzata per termini diversi – e alla fine dell'anno accademico o all'inizio di quello successivo).
Il meccanismo dei crediti
Il meccanismo dei crediti (European credit transfer system, ECTS) era già stato introdotto con l'azione Erasmus del programma comunitario Socrates (esteso anche a paesi europei non comunitari e del bacino del Mediterraneo) al fine di favorire la mobilità internazionale degli studenti facilitando il reciproco riconoscimento delle attività didattiche.
Introdotto sperimentalmente in alcuni corsi di laurea di vecchio ordinamento attivati verso la fine degli anni '90 (Scienze della formazione primaria e, limitatamente ad alcune sedi, Scienze dell'educazione e Scienze della comunicazione), la riforma lo introduce obbligatoriamente in tutti i corsi di studio ad esclusione dei corsi di dottorato di ricerca. Il credito rappresenta l'unità di misura del lavoro necessario per raggiungere il titolo (sono necessari, ad esempio, 180 crediti per conseguire la laurea, 300 compresi quelli già acquisiti e riconosciuti all'accesso per conseguire la laurea specialistica, 120 per conseguire la nuova laurea magistrale, almeno 60 per conseguire il master universitario) e corrisponde a 25 ore di lavoro. Di queste 25 ore una quota variabile (in relazione alle tabelle di classe e a quanto deliberato dagli organi collegiali competenti per i singoli corsi di studio), ma mai inferiore al 50% (salvo casi particolari rappresentati da attività ad elevato contenuto sperimentale o pratico: vedi ad esempio tirocini e laboratori), è riservata allo studio individuale. La restante quota è rappresentata da lezioni frontali, esercitazioni in aula, seminari, cioè quanto materialmente erogato dall'università (alcuni atenei ricomprendono nel monte-crediti anche un tempo, convenzionalmente fissato, dedicato alle prove di valutazione intermedie e/o finali).
Esami sostituiti con i crediti lavorativi
La legge 448/2001 (Legge finanziaria 2002 del Governo Berlusconi II) ha dato la possibilità, alle amministrazioni pubbliche, di stipulare convenzioni con le Università, a favore dei propri dipendenti, che garantiscono a questi ultimi di conseguire la laurea con degli sconti sui programmi di studio.
Ad ogni esame è assegnato un numero di crediti che dovrebbero corrispondere, secondo il sistema dei crediti europeo, a un certo numero di ore di studio e di impegno a casa. L'impegno a casa è comunque interpretato come un'attività legata allo studio dei corsi universitari.
L'unica attività lavorativa coinvolta eventualmente nel computo dei crediti sono le ore di tirocinio maturate.
La legge 240 del 2010
La legge n. 240 del 2010 sulla riforma dell'università (riforma Gelmini), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 5 gennaio 2011 ed entrata in vigore il 29 gennaio 2011, contiene una nuova riduzione dei Cfu (crediti formativi universitari) riconoscibili: si può riconoscere agli studenti universitari detentori di capacità ed esperienze professionali, lavorative, fino ad un massimo di 12 Cfu[8].
La non rilevanza del voto di laurea
Il 27 gennaio 2012 il Consiglio dei Ministri, presieduto da Mario Monti ha varato un decreto legge (denominsto decreto Semplifica Italia) recante norme sulle semplificazioni ed altre disposizioni. Tra queste vi doveva anche essere la disposizione che prevede che il voto di laurea non ha più rilevanza per alcuni concorsi pubblici[9][10]. Tuttavia nel decreto non c'è traccia della disposizione, poiché il presidente del consiglio ha dichiarato di voler aprire una consultazione pubblica in merito a questa tematica prima di provvedere alla sua normazione tramite decreto.[11].
Note
- ^ a b Quadro dei Titoli Italiani dell'Istruzione Superiore, su quadrodeititoli.it. URL consultato l'11-02-11.
- ^ OFF.F Offerta Formativa - MIUR, su offf.miur.it. URL consultato il 2-03-11.
- ^ Cerca Università, su cercauniversita.cineca.it. URL consultato il 2-03-11.
- ^ Quadro dei Titoli del precedente Ordinamento, su quadrodeititoli.it. URL consultato l'11-02-11.
- ^ Diploma universitario - Quadro dei Titoli Italiani, su quadrodeititoli.it. URL consultato il 02-03-11.
- ^ Elenco Nominativo di Diploma universitario - Quadro dei Titoli Italiani, su quadrodeititoli.it. URL consultato il 02-03-11.
- ^ Decreto 22 ottobre 2004, n.270, su miur.it.
- ^ Rivista Universitas - La riduzione dei crediti formativi legati all’esperienza professionale nella “legge Gelmini
- ^ La Repubblica - Voto di laurea non conta più per alcuni concorsi pubblici
- ^ AGI - Varato il decreto semplificazioni. Monti: migliora la qualita' della vita
- ^ LINK-coordinamento universitario: il governo fa marcia indietro sul valore legale della laurea