Tricarico è un comune italiano di 5.737 abitanti[1] della provincia di Matera in Basilicata. Posta a 698 m. s.l.m., è nota come città arabo-normanna[3] e possiede uno dei centri storici medioevali più importanti e meglio conservati della Basilicata[4].
Il territorio di Tricarico si estende per 17.691 ettari nella parte settentrionale della provincia al confine con la parte nord-orientale della provincia di Potenza, con un'exclave nella provincia di Potenza: la Serra del Ponte, ove sorge la Toppa Pizzuta.
Palazzo ducale - corte superiore
Il territorio si presenta vario nell'altitudine e nel tipo di vegetazione. È a carattere prevalentemente montuoso, con altitudine massima che supera i 1000 ms.l.m. (monte La Pila). Vi sono compresi boschi estesi complessivamente per circa 2.500 ettari e costituiti principalmente da querce e cerri con fitto sottobosco, ad un'altitudine compresa tra i 700 e i 1000 m (di Mantenéra, di Fonti, di Tre Cancelli e di Cupolicchio, oltre ad altri boschi privati, come quelli di Serra del Cedro, di San Marco, di Martone-Carbonara).
Tra le contrade di Calle e San Marco, in località Grottone, vegeta una roverella la cui età è stimata in 613 anni[5]. Inserita nell'elenco dei monumenti naturali della Regione (alberi padri), è la più vecchia quercia che si conosca in Lucania (o Basilicata)[6].
L'area urbana comprende il centro storico, diverse aree di recente urbanizzazione (quali i quartieri Santa Maria, San Valentino, Carmine, San Giovanni, Lucano e Appio) e numerose case sparse nelle contrade periurbane e rurali, tra cui la comunità rurale di Borgo di Calle, con circa 200 famiglie dedite ad agricoltura e pastorizia.
Dista 52 km da Matera e 48 km da Potenza.
Il clima è mite e caratteristico delle zone interne dell'Italia meridionale. L'inverno meteorologico ha inizio nella seconda metà di novembre con temperature che gradualmente iniziano ad abbassarsi sino a scendere di qualche grado sotto lo zero tra la metà di dicembre e la fine di febbraio, con punte di -6, -7 gradi. L'estate è piuttosto fresca e, a parte pochi giorni, mai afosa.
Non si conosce la data della sua fondazione.
All'interno dell'attuale perimetro della città sono presenti testimonianze archeologiche datate al VI-V secolo a.C. (ritrovamenti nel rione dei Cappuccini, presso il cinquecentesco monastero di Santa Maria delle Grazie) ma la le prime notizie documentate sulla presenza di un abitato risalgono all'epoca dei longobardi, con la presenza di una cittadella fortificata attestata nell'849[8]. Fu in seguito, tra il IX ed il X secolo, roccaforte araba e successivamente città fortificata (kastron) bizantina.
Tricaricum Basilicatae Civitas - 1605Panorama del Centro storico
Nel XV secolo vide la presenza di una consistente comunità ebraica e, nel XVI secolo di una comunità albanese, in concomitanza della presenza, alla guida del feudo, di Erina (o Irina) Castriota Scanderbeg, moglie del principe Pietro Antonio Sanseverino e nipote dell'eroe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg. La sua importanza nel XVII secolo è testimoniata dalla menzione, unica città lucana, nella raccolta di stampe e vedute del Theatrum urbium praecipuarum mundi di G. Braun e F. Hogemberg, pubblicata a Colonia tra il 1572 e il 1618. La stampa di Tricarico è del 1605[9].
La moderna Tricarico è una città d'arte che conserva un consistente patrimonio artistico e storico-architettonico ed è sede di uffici e servizi comprensoriali, tra i quali l'Ospedale cui è collegato il Centro di eccellenza della Riabilitazione della Provincia di Matera.
Toponimo
L'origine del toponimo è controversa e sono state fatte diverse ipotesi:
dal grecotreis = tre ed akros, akris = vetta, monte, vertice ossia "città dalle tre vette"[10];
dal latino tricaricum da intendersi come "posta su tre colli"[11].
dal greco treis kari kora o treis kariaris[12], da intendersi come "città delle tre grazie" o "città graziosa";
dal latinotrigarium (il termine indica il luogo dove si allenavano gli aurighi che montavano la triga, ossia un carro trainato da tre cavalli)[13].
Cattedrale di Santa Maria Assunta
La derivazione latina sarebbe coerente con il fatto che da Tricarico passa la via Appia, verso il porto di Brindisi, anche se le testimonianze archeologiche del VI-V secolo a.C. ritrovate nei pressi del monastero di Santa Maria delle Grazie rendono plausibile una fondazione ed un toponimo di più antica origine.
Convento del Carmine - affreschiConvento del Carmine - Cristo implorante
Innumerevoli sono le emergenze architettoniche religiose e civili presenti nella città, il cui centro storico, composto dai quartieri Civita, Saracena, Ràbata, Monte e Piano, si sviluppa in un perfetto schema "a fuso", tipico delle città medioevali realizzate sui colli:
conventi (Sant'Antonio di Padova, Santa Chiara, Santa Maria del Carmine, San Francesco d'Assisi, Santa Maria delle Grazie);
torre normanna alta 27 m e con pareti spesse anche oltre 5 m. Sulla sommità, sebbene non vi siano muri intorno e gli archetti di coronamento siano quasi allo stesso livello del pavimento, se ci si mette sulla pietra posta al centro della superficie, si sente la propria voce rimbombare come se si fosse in una caverna.
porte della città fortificata: "Fontana" (duecentesca e che ancora conserva i cardini in pietra di alloggiamento del portone), del Monte, della Ràbata, della Saracena, delle Beccarie (che conserva le due piccole nicchie con mensola dove venivano posizionate le lucerne per rendere visibile l'accesso anche di notte[16]).
palazzo ducale, che ospita il museo archeologico.
palazzi nobiliari, la maggior parte dei quali è stata realizzata tra il Quattrocento ed il Seicento.
Cattedrale - stucchi settecenteschi
Le strade e vicoli del centro storico sono caratterizzati da un diverso andamento a seconda che ci si trovi nei quartieri arabi della Ràbata e della Saracena (a struttura labirintica, con strade principali, "shāriʿ" in arabo, da cui si dipartono strade secondarie, "darb", che spesso si concludono in vicoli ciechi "zuqāq") o nei quartieri normanni del Monte e del Piano (a pianta regolare, con strade principali parallele unite perpendicolarmente da vicoli per lo più gradinati ed a forte pendenza).
Palazzo ducale da piazza Garibaldi
A ridosso della Ràbata e della Saracena, gli arabi realizzarono gli orti e giardini terrazzati che sono ancora oggi in uso, rendendo fertili, così, terreni scoscesi altrimenti brulli ed improduttivi.
Aree archeologiche
Sono presenti diverse aree archeologiche: Serra del Cedro (città lucana del VI secolo a.C.), Piano della Civita (città lucana del IV secolo a.C.), Calle (insediamento romano, con impianto termale), Sant'Agata (villa romana con pavimento a mosaico policromo).
Serra del Cedro
Il sito è molto vasto. La cinta muraria, interamente individuata, racchiude un'area di circa 60 ettari all'interno della quale sono state ritrovate molte fondazioni di case ed è stata individuata ed in parte esplorata un'area artigianale.
La presenza umana sul sito di Serra del Cedro si data a partire dalla metà del VI secolo a.C. e continua per i secoli V e IV a.C. Nella seconda metà del IV secolo a.C., la città vive una fase di ampliamento che dura pochi decenni. Ogni testimonianza archeologica, infatti, si interrompe agli inizi del III secolo a.C. .
La sua distruzione è probabilmente da collegare agli eventi bellici che si svolsero sul territorio lucano e che si conclusero nei primi decenni del II secolo a.C. quando Roma completò la conquista della Magna Grecia dopo aver distrutto Taranto, nel 272 a.C.
L'area archeologica della Civita
Il sito comprende un centro fortificato che si estende per circa 47 ettari e che è dotato di tre cerchie murarie concentriche in pietra a blocchi squadrati, munite di porte monumentali.
All'interno, alcune abitazioni presentano pavimenti a mosaico. Sull'acropoli cittadina sono situati una domus e un tempietto del I secolo a.C., testimonianza dell'adesione al modello romano dopo la conquista.
Nei pressi dell'acropoli è una delle porte monumentali della città. Le mura di fortificazione sono costruite secondo canoni consolidati: un paramento esterno ed uno interno realizzato con blocchi squadrati (opera quadrata) e lo spessore tra i due paramenti riempito con materiale lapideo, il cosiddetto "emplekton".
Si è rivelato un insediamento molto più grande di quanto non siano gli altri insediamenti lucani conosciuti. Si ipotizza, per questo, che dovesse avere una funzione di primaria importanza ed essere punto di riferimento di un territorio molto vasto[17].
Calle
L'insediamento, ubicato nell'omonima contrada, è al centro di un fitto sistema viario. La sua esplorazione è soltanto all'inizio e, ad oggi, ha potuto accertare una fase di espansione tra il II ed il I secolo a.C., epoca a cui risale un importante impianto termale con pavimento a mosaico (il mosaico è oggi esposto nel Museo archeologico nazionale Domenico Ridola di Matera).
La città di Calle fu un centro di produzione ceramica fino al V, VI secolo d.C. con prodotti diffusi in un vasto territorio che supera i confini dell'attuale regione.
Ubicato nel bosco omonimo, il santuario, secondo le fonti della tradizione, sarebbe stato costruito intorno ad una antichissima immagine della Madonna con Bambino dipinta su un muricciuolo e scoperta, in mezzo ai rovi ed alla fitta vegetazione, grazie ad un vaccaro che dopo aver smarrito una mucca la ritrovò, inginocchiata sulle zampe anteriori, a contemplare questa immagine.
Il santuario è, comunque, uno dei principali luoghi mariani della regione, meta di pellegrinaggi soprattutto nelle domeniche di maggio. Molti fedeli, per devozione, compiono il tragitto a piedi dai comuni di provenienza, alcuni dei quali, come San Mauro Forte, distanti oltre 40 km.
Gli stranieri regolari sono 77 (36 maschi e 41 femmine) pari al 1,32% della popolazione tricaricese. Le principali comunità rappresentate sono le seguenti[19]:
Le maschere di Tricarico ( L'màsh-k-r nel dialetto tricaricese), costituiscono un retaggio di culture ancestrali, legato, si ritiene, a riti di fertilità. Mucche e tori, impersonati da uomini (la partecipazione è interdetta alle donne) rappresentano una mandria in transumanza nella quale i partecipanti mimano l'andatura ed i movimenti degli animali, comprese le "prove di monta" dei tori sulle vacche.
Mucche alla "questua"Statua di Sant'Antonio abate collocata sull'omonima chiesa tricaricese
La maschera da mucca è costituita da un cappello a falda larga coperto da un foulard e da un velo e riccamente decorato con lunghi nastri multicolori che scendono fino alle caviglie; la calzamaglia indossata (o, in alternativa, maglia e mutandoni di lana) è anch'essa decorata con nastri o foulards dai colori sgargianti al collo, ai fianchi, alle braccia ed alle gambe.
La maschera da toro è identica nella composizione ma si distingue per essere completamente nera con alcuni nastri rossi.
Ogni maschera ha un campanaccio, diverso nella forma e nel suono a seconda che si tratti di mucche o di tori.
All'alba del 17 gennaio, giorno dedicato a Sant'Antonio abate, protettore degli animali, è usanza che i fedeli, insieme ai propri animali per i quali si invoca la benevolenza del santo e che per l'occasione vengono agghindati con nastri, collanine e perline colorate, compiano tre giri intorno alla chiesa a lui dedicata per poi ricevere, dopo la messa, la benedizione da parte del prete.
Lo stesso rituale è osservato dalla mandria, prima di muoversi verso il centro storico e percorrerne tutti gli antichi rioni.
La sfilata delle maschere si ripete l'ultima domenica prima della chiusura del carnevale.
Cultura
Cucina
Echi di sapori arabi, caratterizzati dall'unione del dolce con il salato, si ritrovano nelle "Làgane" con mollica e uva passa: la ricetta è un piatto di pasta (la làgana è simile alla tagliatella) condita con pane raffermo soffritto, uva passa e mandorle tritate.
Personalità legate a Tricarico
Pietro Antonio Ferro (sec. XVI-XVII), pittore. Ha operato soprattutto nel materano ed in Puglia. Incerta è la sua città natale[20], ma la presenza a Tricarico di un palazzo Ferro (1605) nonché il fatto che la famiglia Ferro sia attestata in Tricarico già in atto notarile del notaio Flavio Grittoleo del 6 ottobre1572, fanno ritenere che le sue origini siano tricaricesi. Ha al suo attivo un notevole corpus di opere fra tele e cicli di affresco, il più completo ed esteso dei quali si trova a Tricarico nella chiesa della Madonna del Carmine.
Cesare Scerra (Tricarico 1598 - Tricarico 1657), pittore. Nacque a Tricarico e operò nella sua città ed in altri centri della Regione. A lui si devono gli affreschi che adornano le volte del quadriportico del convento di S. Antonio di Padova e che egli realizzò tra il 1647 ed il 1650 con l'ausilio del figlio Carlo. Un suo grande olio su tela raffigurante la Madonna della Purità tra i santi Gaetano Thiene, Andrea Avellino e le anime del Purgatorio è esposto nella cattedrale della città, sopra l'altare della cosiddetta Cappella della Purità.
Raffaello delle Nocche (Marano1877 - Tricarico 1960) Servo di Dio. Venne nominato vescovo di Tricarico nel 1922, sede che non volle abbandonare per il resto della sua vita. Figura di grande levatura morale, lavorò molto in ambito sociale. Fondò a Tricarico una congregazione di suore, le "Discepole di Gesù Eucaristico", fondò scuole, favorì l'operato del prelato don Pancrazio Toscano per il recupero della chiesa e del convento di Sant'Antonio di Padova a Tricarico, ove fu costituito un istituto di ricovero per anziani e diseredati, mise a disposizione una parte del palazzo vescovile per farvi insediare l'allora costituendo Ospedale civile di Tricarico (che fu retto per i primi sette anni esclusivamente con i liberi contributi cittadini di Tricarico). Il suo corpo riposa nella cattedrale.
Don Pancrazio Toscano (Tricarico 1883 - Tricarico 1961). File:Cappella del Rosario.jpgChiesetta del RosarioNato a Tricarico, continuò ad operarvi, dopo essere diventato sacerdote nel 1907. Su sua iniziativa fu recuperata la chiesa e convento di Sant'Antonio di Padova per insediarvi un orfanotrofio ed un istituto di ricovero per anziani e diseredati, coinvolgendo l'intera popolazione nei lavori di recupero. Quando, per rendere più agevole il collegamento tra il convento e l'abitato, si rese necessario costruire un ponte sul vallone che li separa, chiese ai tricaricesi di portare con sé una pietra ciascuno e di lasciarla in prossimità del vallone ogni volta che si recassero a messa. Ancora oggi quel ponte costituisce il principale collegamento tra il centro storico, il complesso di Sant'Antonio di Padova e l'intero rione di Santa Maria che è sviluppato nei suoi dintorni. Il suo corpo riposa nella chiesetta del Rosario, realizzata di fronte al complesso monumentale da lui recuperato.
^Tricarico viene indicata nell'elenco dei centri inclusi nel gastaldato di Salerno.
^La datazione è fornita dallo stemma dei Pignatelli (posto al centro della stampa), famiglia che ha tenuto il feudo solo nel 1605.
^Giovanni P. Daraio, Per la storia di Tricarico, Civita e Calle, Volume terzo, edizioni G. Liantonio, Matera, 1954, pag. 37.
^Ferdinando Ughelli,Italia Sacra, Venezia, 1721, t. 7, pag. 145.
^Giovanni P. Daraio, Per la storia di Tricarico, Civita e Calle, Volume terzo, edizioni G. Liantonio, Matera, 1954, pag. 37 - È la seconda ipotesi formulata dall'autore.
^Giacomo Racioppi, Storia della Lucania e della Basilicata, Ermanno Loescher & C.Roma, 1889. Ristampa anastatica, Matera, Grafica BMG.
^Nel Liber iurium della città di Tricarico, redatto dal notaio Ferrante Corsuto nel 1585, custodito nell'archivio diocesano della città, pubblicato nel 2003 [Carmela Biscaglia (a cura di), Il Liber Iurium della Città di Tricarico, Deputazione di storia patria per la Lucania, Mario Congedo Editore, Galatina, II, pp. 69-70 e 321] è riportato, tra i privilegi concessi alla città, uno emesso da Luigi I d'Angiò il 1 settembre del 1383, nel quale il re dichiarava che: ".. il principio del suo titolo di re l'hebbe, e gli fu dato nella cathedral chiesa di detta città essa in detto stato coronato del regno, e riceveva il titolo di re ancora a contemplatione di Vincilao Sanseverino conte di Tricarico ..."
^Il nome chiaramente proviene dall'araboribat, sorta di fortezza-monastero di chi, difendendo i confini dell'entità statuale, era assimilabile a un combattente del jihad.
^lo spazio tra i due archi della porta era stato da tempo chiuso per ricavarne un piccolo locale. Quando nel 2003 sono stati realizzati i lavori di recupero e quindi riaperti gli archi, una delle due nicchie si presentava ancora annerita dal fumo della lucerna.
^È l'ipotesi formulata da Olivier de Cazanove, professore di archeologia classica presso l'Università degli Studi di Bourgogne (Francia) nonché membro dell'Ecole Francaise de Rome, il quale per 15 anni ha condotto campagne di scavi e studi sul sito in questione
^I natali sono rivendicati da Tricarico e da Ferrandina. In due contratti stipulati per la realizzazione di opere in Pomarico, della fine del Cinquecento, il pittore viene indicato come "..de terra Ferandina .." mentre in atti successivi di qualche anno egli viene indicato come ".. pictore della città de Tricarico ..".
^R. Mazzarone, Una vita mal spesa, Intervista di Marco Rossi-Doria, Roma 1992
Tricarico Storia - Arte - Architettura, Carmela Biscaglia e Sabrina Lauria, 129 Edizioni, 1993;
Tricarico, Rocco Stasi, in Enciclopedia dei Comuni della Basilicata,2005;
I ruderi di Calciano e i confini della città di Tricarico, Rocco Stasi, 2002 Articolo intero;
Tricarico. Rinvenimento di tombe d'età greca, E. Bracco, in "Notiz. Scavi", 1945;
Tricarico, Maria Giuseppina Canosa,in Basilicata. L'espansionismo romano nel sud-est d'Italia. Il quadro archeologico, edizioni Osanna,1990;
La fornace di Calle (Tricarico): produzione e diffusione, H. Di Giuseppe, in Ceramica in Italia, pp. 735-752, 1998;
Civita di Tricarico nell'età della romanizzazione, Olivier de Cazanove, in "Modalità insediative e strutture agrarie nell'Italia meridionale in età romana" a cura di Elio Lo Cascio e Alfredina Storchi Marino, Bari, Edipuglia, 2001
Civita di Tricarico I. Le quartier de la maison du monolithe et l'enceinte intermédiaire, Olivier de Cazanove, Ecole française de Rome, 2008;