Grammelot

imitazione teatrale del linguaggio

Il grammelot o gramelot[1] (pronuncia /ɡram(m)eˈlot/:[2] la voce non è francese,[3] ma d'origine imitativa e forse derivata dal veneziano)[2] è uno strumento recitativo che assembla suoni, onomatopee, parole e fonemi privi di significato in un discorso.

Storia

Gli attori utilizzavano e utilizzano il grammelot con il fine di farsi comprendere anche senza saper articolare frasi di senso compiuto in una lingua straniera, oppure per mettere in parodia parlate o personaggi stranieri. Ciò che ne risulta è una recitazione fortemente espressiva e iperbolica. Il linguaggio usato acquisisce inoltre un surplus di espressività musicale, in grado di comunicare emozioni e suggestioni.[4]

Pare che questo artificio recitativo fosse utilizzato da giullari, attori itineranti e compagnie di comici dell'arte. Questi professionisti dello spettacolo pare recitassero usando intrecci di lingue e dialetti diversi miste a parole inventate, affidando alla gestualità e alla mimica quel tessuto connettivo che rendeva la comunicazione possibile a prescindere dalla lingua parlata dall'uditorio.

Un esempio di grammelot cinematografico è rappresentato dal monologo di Adenoid Hynkel nel film Il grande dittatore. In tempi più recenti questo filone è stato recuperato dal premio Nobel per la letteratura 1997 Dario Fo, che lo ha valorizzato nuovamente, come ad esempio nell'opera Mistero buffo.

Bibliografia

  • Dario Fo, Manuale minimo dell'attore, Einaudi, Torino 1997
  • Paolo Albani, Il complesso di Peeperkorn, ovvero L'arte di non dire nulla, alfabeta2, supplemento alfalibri, pag. 16.

Note

  1. ^ Grande dizionario italiano online
  2. ^ a b Dizionario italiano ragionato, D'Anna, Firenze, 1988
  3. ^ Sabatini Coletti online
  4. ^ http://www.treccani.it/vocabolario/grammelot/

Voci correlate

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