La famiglia Vitelli è stata la dinastia più importante di Città di Castello.[1] Assunsero la Signoria della città nel XV e XVI secolo e la abbellirono con numerosi edifici.Nonostante non figurino tra le famiglie patrizie più importanti d'Italia, i Vitelli hanno assicurato alla scena politica e militare molti personaggi influenti,soprattutto dal 1400 alla fine del 1500.[2]

Stemma della famiglia Vitelli

Le origini

Sulle origini della famiglia umbra,vi sono diverse opinioni.Niccolò Serpetri afferma,nel suo "Eroi di casa Vitelli",che le origini della famiglia fossero da far risalire addirittura all'imperatore romano Vitellio,teoria data per buona anche da Cassio Severo; Pompeo Litta Biumi,in "Famiglie celebri italiane" (1819),scrisse che probabilmente i Vitelli abbiano ereditato il loro cognome da un certo Matteo di Vitello,console di Città di Castello (1196) [2]. Secondo Giuseppe Nicasi invece, la famiglia era di origine plebea,e si era stabilita nella città tifernate da Selci Umbro;comunque,sebbene già nel 1226 si hanno notizie certe della presenza dei Vitelli nella futura signoria [2] ,è del 1356 una fonte certa riguardo alla posizione della famiglia all'interno delle mura:infatti,è stato ritrovato un attestato dei priori del popolo, in cui vengono menzionati Domenico Vitello Vitelli ed altri due individui di questa casa,proclamati come mercanti di professione originari di Città di Castello.Il primo esponente di rilievo della famiglia è Gerozzo Vitelli, figlio di Pietro.

Gerozzo (1342- 1398)

Il primo esponente a distinguersi dei Vitelli fu Gerozzo, ricco mercante, che verso ricoprì più volte cariche amministrative importanti della città;fu infatti abbondanziere del Comune nel 1381,mentre nel 1398, anno in cui morì, era priore dello Spedale degli Esposti [3];in più,fu per nove volte nel Consiglio degli Otto della Custodia che esercitava l'effettivo potere.[4] Il potere da lui accumulato fece sì che si sviluppassero varie rivalità con altrettante famiglie importanti:con i Guelfucci,con i Mancini e con i Tarlatini.Queste rivalità vennero messe in risalto ancora di più con suo figlio Vitellozzo, secondo tra quattro fratelli, Giovanni, Giacomo e Lodovico.

Vitellozzo Vitelli (m 1462)

Uno dei figli di Gerozzo, il primo Vitellozzo noto in ordine di tempo tra diversi omonimi della famiglia, abbandonò la città o fu forzosamente allontanato diverse volte, causa una faida con la potente famiglia Guelfucci,dovuta all'acquisizione del castello di Monte Petriolo e del feudo circostante,che fu dapprima diviso tra Vitellozzo,suo fratello Giovanni e Cristiano Guelfucci,ma alla morte di Giovanni,Vitellozzo volle per se tutto il territorio,uccidendo il Guelfucci con l'aiuto dell'altro fratello,Giacomo.Coinvolto in numerose contese tra vari partiti(tra i quali il Papa, Martino V ) per il dominio su Città di Castello, fu dichiarato ribelle nel 1428 [3]; rientrò in patria solo nel 1433 grazie all'appoggio del nuovo Papa,Eugenio IV che lo investì fra gli otto membri del consiglio di Custodia, la magistratura che deteneva il governo della città.Nel 1438 e nel 1440,Vitellozzo fa visita al Papa, per sancire la libertà della città, ma al contempo giurare fedeltà al pontefice, che lo nominò tesoriere della provincia del Patrimonio.Morì nel 1462 tra grandi onori. [3]

Niccolò Vitelli (1414-1486)

 
Luca Signorelli, Ritratto di Niccolò Vitelli

Alla morte di Vitellozzo (1462),le sorti della famiglia Vitelli furono decise dal figlio di suo fratello Giovanni,Niccolò. Nato nel 1414 dal matrimonio tra suo padre e Maddalena dei Marchesi di Petriolo a Città di Castello,Niccolò dovette seguire,dopo la morte del padre nel 1429in esilio suo zio Vitellozzo (1428),ma riuscì comunque a compiere i suoi studi,che lo portarono poi ad essere podestà nelle più importanti città italiane: Todi (1446), Firenze (1451), Perugia (1452), Siena, Genova e Spoleto.[3] Il suo rientro nel 1468 fu accompagnato da una strage dei rivali oligarchi, soprattutto la famiglia Fucci,mentre i Giustini si rifugiarono sotto la protezione papale. Papa Paolo II e soprattutto Sisto IV non accettarono di buon grado il suo dominio ormai assoluto sulla città. Nel 1474 Sisto la fece cingere d'assedio da Giuliano della Rovere, ma la capitolazione avvenne solo sotto la guida di Federico da Montefeltro. Niccolò rientrò nuovamente otto anni dopo, grazie all'appoggio di Lorenzo il Magnifico, già suo alleato al tempo dell'assedio e ostile a Sisto IV, uno dei mandanti della congiura dei Pazzi. Vi esercitò quindi la dittatura per conto dei Medici. Appianata la contesa tra Lorenzo e il Papa, questi ritornò all'attacco con truppe guidate da un Giustini. Niccolò trovò un accordo col Papa, che lo allontanò dalla città nominandolo Governatore di Campagna e Marittima e successivamente di Sabina (sotto Innocenzo VIII). Rientrò nella città natale solo poco prima della morte. I quattro figli maschi avuti dal matrimonio furono mercenari e perirono di morte violenta, ad esempio il figlio Paolo (1461–1499) fu comandante mercenario per i fiorentini ma venne da questi processato per tradimento e giustiziato nell'ottobre 1499.[5]

Vitellozzo Vitelli (1458 circa - 1502)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Vitellozzo Vitelli.
 
Luca Signorelli, Ritratto di Vitellozzo Vitelli

Probabilmente il più noto esponente della famiglia, anche a causa delle circostanze della sua morte. Figlio di Niccolò, fu conte di Montone, signore di Città di Castello, Monterchi e Anghiari. Capitano di ventura, esordì nelle fila dell'esercito papale sotto gli Orsini. Si unì quindi a Carlo VIII nella sua discesa in Italia volta a conquistare il Regno di Napoli, nel 1494. Quando questi si accordò con Firenze, passò col fratello Paolo al comando di truppe che combatterono per Firenze contro Pisa, per la quale aveva combattuto sino a pochi mesi prima. Col fallimento dell'impresa di Carlo VIII, lo seguì alla sua corte, dove fu tra i fautori di una nuova ripresa delle ostilità in Italia.

Nel 1496 sbarcò a Livorno, riuscendo a spezzare l'assedio dei soldati imperiali di Massimiliano d'Austria. Proseguì quindi alla volta della città natia, dove raccolse truppe in previsione di unirsi agli Orsini, parenti per matrimonio e al tempo in lotta con Papa Alessandro VI. Congiuntosi alle truppe di Carlo e Giulio Orsini, si scontrò nel gennaio 1497 presso Soriano con le truppe papali, guidate dal duca di Urbino Guidobaldo da Montefeltro, che sconfisse e prese prigioniero. Il papa Borgia dovette quindi scendere a patti con lui e gli Orsini. Nei mesi seguenti partecipò a una congiura di fuoriusciti senesi che volevano rientrare nella loro città, poi fallita. Nel 1498 ritornò sotto le bandiere di Firenze a combattere contro Pisa.

Nel 1499, accusato come il fratello Paolo di tradimento dai fiorentini, riuscì a scampare alla morte, rifugiandosi a Milano. Qui passò al servizio di Cesare Borgia, nemico di Firenze, probabilmente anche per ottenere vendetta. Nei successivi tre anni, pur debilitato a tratti dalla sifilide, percorse in lungo e in largo l'Italia settentrionale e centrale ottenendo diverse vittorie per i Borgia, ma la sua diffidenza verso il duca Valentino aumentò dopo che questi lo costrinse ad abbandonare l'assedio di Arezzo.

Nel 1502 si incontrò quindi a Magione con diversi capitani al soldo dei Borgia (gli Orsini, Giampaolo Baglioni, Oliverotto da Fermo e altri) e rappresentanti di vari Signori dell'Italia centrale che si sentivano minacciati dalle ambizioni del Valentino. Prese vita la "Lega dei Condottieri", le cui truppe, sotto il comando suo e di Paolo Orsini, si mossero contro Cesare. Intercettate nell'ottobre 1502 delle truppe nemiche in movimento verso la Romagna a Calmazzo, inflisse loro una pesante sconfitta. I fiorentini però non volevano prestare il loro aiuto e la prospettiva di aiuti francesi al duca Valentino fece accettare a Vitellozzo un trattato di riappacificazione sottoscritto da Paolo Orsini, anche se continuò a prestare parzialmente aiuto ai da Montefeltro, spodestati dal Borgia.

I due si incontrano a Senigallia negli ultimi giorni del 1502. Fidandosi della finta amichevolezza del Borgia, la sera di fine anno Vitellozzo si reca disarmato con altri comandanti ad un incontro col Valentino, che lo abbraccia. Poi scatta la trappola: viene separato dagli altri da sgherri armati e strangolato assieme a Oliverotto da Fermo. La sinistra efficacia con cui il duca ha neutralizzato la minaccia venne descritta dal Machiavelli nel trattato Descrittione del modo tenuto dal Duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, il Signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini.

Albero Genealogico della famiglia Vitelli

File:DinastiaVitelli.jpg
Albero Genealogico della famiglia Vitelli
Niccolò Vitelli(1414-1486)
Camillo
(1459-1499)
Paolo
Giulio
Vitellozzo
(1458-1502)
Alessandro
(1500-1554)
Niccolò
Alessandro
(1545-1592)
Carlo
Margherita
(1567-1643)
Ranuccio I
(1569-1622)
Odoardo
(1573-1626)
Alessandro
Odoardo I
(1612-1646)
Maria
(1615-1646)
Vittoria
(1618-1649)
Francesco Maria
(1619-1647)
Ottavio
(1598-1643)
Ranuccio II
(1630-1694)
Alessandro
(1635-1689)
Orazio
(1636-1656)
Caterina
(1637-1684)
Pietro
(1639-1677)
Margherita Maria
(1664-1718)
Teresa
(1665-1702)
Odoardo II
(1666-1693)
Francesco
(1678-1727)
Antonio
(1679-1731)
Elisabetta
(1692-1766)


Nell'immagine è riportata la linea maschile della famiglia Vitelli,anche se mancano Francesco , arcivescovo di Terni prima e Urbino poi, e Clemente, ultimo esponente maschio della famiglia tifernate, morto nel 1790.

Note

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