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Cofanetto della Tzedakah (carità), Charleston, 1820, argento, National Museum of American Jewish History.

Tzedakah o Ṣ'daqah (in ebraico צדקה ?; arabo: صدقة) è una parola ebraica che letteralmente significa giustizia, ma viene comunemente usata per significare Carità.[1] Si basa sulla parola ebraica צדק, (zaddiq) che significa giustizia di Dio, giustizia sociale o semplicemente giustizia. Nell'ebraismo, tzedakah si riferisce all'obbligo religioso di fare ciò che è bene e giusto, che per l'ebraismo sono parti importanti della vita spirituale. Maimonide asserisce che, mentre la seconda forma più alta di tzedakah è di fare donazioni anonime a favore di destinatari sconosciuti, la forma veramente più alta è quella di fare donazioni, prestiti o società che rendano i destinatari indipendenti invece di vivere sulle spalle di altri. A differenza della filantropia o carità generica, che sono completamente volontarie, la tzedakah viene vista come un obbligazione religiosa, che deve essere effettuata indipendentemente dalla situazione finanziaria, anche se si è poveri. Tzedakah è considerata una delle tre azioni principali che possono annullare un "decreto celeste" sfavorevole.

Nella letteratura rabbinica

Nella letteratura rabbinica classica, si sosteneva che le regole bibliche sulle rimanenze si applicava solo ai campi di grano, frutteti e vigne, ma non agli orti; gli scrittori rabbinici classici erano molto più severi in merito a chi poteva ricevere le rimanenze. Si affermava che il contadino non poteva beneficiare delle spigolature e non si permetteva di fare discriminazioni tra i poveri, né tentare di spaventarli con cani o leoni;[2] al fattore non era permesso nemmeno di aiutare i poveri a raccogliere le rimanenze. Si sosteneva però che la legge era applicabile solamente a Canaan,[3], sebbene anche molti scrittori rabbinici classici basati a Babilonia osservassero tali leggi;[4] si reputava che le regole bibliche si applicassero solo agli indigenti ebrei, ma ne beneficiavano anche non ebrei per amor di pace civica[5]

Maimonide elenca i suoi Otto Livelli del Dare, come li descrive nella Mishneh Torah, Hilkhot matanot aniyim ("Leggi sul Dare ai Poveri"), Cap. 10:7-14:

  1. Dare un prestito ad una persona bisognosa; formare una società con una persona bisognosa; dare una sovvenzione ad una persona bisognosa; trovare un lavoro ad una persona bisognosa; a condizione che il prestito, sovvenzione, associazione, o lavoro permetta a quella persona di non vivere più facendo affidamento sugli altri.
  2. Dare tzedakah anonimamente tramite una persona (o fondo pubblico) che sia affidabile, saggia, e possa compiere atti di tzedakah con il tuo denaro in modo impeccabile.
  3. Dare tzedakah anonimamente ad un destinatario conosciuto.
  4. Dare tzedakah anonimamente ad un destinatario sconosciuto.
  5. Dare tzedakah prima che te la richiedano.
  6. Dare adeguatamente quando te lo richiedono.
  7. Dare volontariamente, ma inadeguatamente.
  8. Dare "con tristezza" - si pensa che Maimonide si riferisse al dare con un senso di tristezza/commiserazione per la condizione dei poveri che si presentano (invece di dare perché è un obbligo religioso; dare per pietà).

Galleria

Voci correlate

Note

  1. ^ Rabbi Hayim Halevy Donin; To Be A Jew. Basic Books, New York; 1972, pp. 48.
  2. ^ Cfr. Hullin 131a, Pe'ah 5:6 - Maimonide, Mishneh Torah, 4:11
  3. ^ Talmud di Gerusalemme, Pe'ah 2:5
  4. ^ Hullin 134b. Cfr. Maimonide, Mishneh Torah, 1:14
  5. ^ Cfr. Gittin 59b.

Bibliografia

  • Rabbi Wayne Dossick, Living Judaism: The Complete Guide to Jewish Belief, Tradition, and Practice., pp. 249-251.

Collegamenti esterni


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