Mario Roatta

generale e agente segreto italiano (1887-1968)

Mario Roatta (Modena, 2 febbraio 1887[1]Roma, 7 gennaio 1968[1]) è stato un generale e agente segreto italiano.

Mario Roatta, generale dell'esercito italiano

Biografia

Nel 1906 divenne sottotenente di fanteria. Dopo aver frequentato la scuola di guerra venne trasferito con il grado di capitano allo stato maggiore dell'esercito. Durante la prima guerra mondiale combatté sia sul fronte francese che su quello italiano; venne promosso nel 1917 a tenente colonnello, e decorato con tre medaglie d'argento al valore militare. Nel primo dopoguerra fu addetto militare presso le ambasciate italiane a Varsavia (1927-1931, con competenza su Riga, Tallinn ed Helsinki). Nel 1930 fu promosso colonnello.

A Varsavia, sempre all'inizio del 1930, Roatta compì un'analisi dei concetti di impiego tattico dello Stato Maggiore francese, entrando in stretto contatto con gli ufficiali superiori francesi che dirigevano la scuola di guerra polacca.

Dopo un periodo al comando dell'84º Reggimento "Venezia", nel 1934 divenne capo del Servizio Informazioni Militari, e vi rimase fino all'agosto 1939, anche se solo sul piano formale, poiché dal 1936 fu nominato comandante del Corpo Truppe Volontarie (CTV) italiane nella guerra civile spagnola, al fianco degli insorti nazionalisti guidati da Franco.

Il controllo effettivo del SIM era passato nelle mani del colonnello Paolo Angioy. Fu infatti, secondo risultanze giudiziarie, Roatta insieme ad Angioy, al colonnello Santo Emanuele ed al maggiore Roberto Navale l'ideatore del piano per uccidere i fratelli Rossellie numerosi antifascisti che avevano trovato asilo in paesi vicini[senza fonte]. Sia il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano che il suo capo di gabinetto Filippo Anfuso sarebbero stati a conoscenza dell'operazione. Nel frattempo Roatta divenne generale di brigata.

Nominato addetto militare a Berlino dal luglio al novembre 1939 seguì, con questa veste, la crisi di Danzica e lo scoppio della seconda guerra mondiale. Sempre da Berlino, ebbe competenza anche su Svezia, Danimarca, Finlandia e Lituania, e redasse quindi importanti e dettagliati rapporti sull'apparato militare degli Stati baltici a poche settimane dall'invasione sovietica. In un altro rapporto dell'ottobre, mise in evidenza i positivi risultati delle truppe corazzate e meccanizzate della Wehrmacht.

Tornato in Italia fu nominato sottocapo di stato maggiore nel 1940. Con questo incarico riuscì ad eludere i tedeschi nella preparazione dei piani di attacco a sorpresa della Grecia e della Jugoslavia. Dal 24 marzo 1941 fino al gennaio 1942 fu capo di stato maggiore. Il 18 marzo 1942 venne nominato comandante della 2a Armata in Croazia dove ordinò nella guerra partigiana di "...applicare le sue disposizioni senza false pietà", dando così inizio ad una vera e propria azione di terrore contro i civili che davano supporto logistico alle bande partigiane. Applicando la circolare 3C dove si diceva di applicare il criterio della Testa per dente,vennero devastati numerosi villaggi e trucidati circa l'1% della popolazione slovena.

Il 5 febbraio 1943 venne posto al comando della 6a Armata in Sicilia, mentre il 1º giugno venne nuovamente nominato capo di stato maggiore, carica che mantenne fino al 12 novembre 1943, quando venne destituito da ogni incarico.

Il Governo Badoglio

Con l'insediamento del nuovo governo retto da Badoglio, Roatta conservò la sua carica di capo di stato maggiore dell'esercito. Toccò a lui, durante il difficile periodo dei 45 giorni, reprimere le manifestazioni per la fine del regime, attraverso la circolare[2] in cui si dava ordine alle forze armate e alle forze dell'ordine di intervenire, anche con la forza, nella repressione di ogni manifestazione.

«...poco sangue versato inizialmente risparmia fiumi di sangue in seguito. Perciò ogni movimento deve essere inesorabilmente stroncato in origine....muovendo contro gruppi di individui che perturbimo ordine o non si attengano prescrizioni autorità militare, si proceda in formazione di combattimento e si faccia fuoco a distanza, anche con mortai e artiglieria senza preavviso di sorta, come se si procedesse contro truppe nemiche.»

Fu in seguito a questi ordini di Roatta che nei cinque giorni successivi al 25 luglio 1943 si ebbero, negli scontri, 93 morti, 536 feriti e 2.276 arresti.

Il 9 settembre 1943 come molti ufficiali del suo rango lasciò Roma insieme al Re Vittorio Emanuele III e a Badoglio, imbarcandosi sulla corvetta Baionetta, che lo portò nelle retrovie Alleate del sud Italia. Fu accusato per la mancata difesa di Roma, città di cui era responsabile e che era stata rapidamente occupata dalla Wehrmacht tedesca.

Il processo per "crimini di guerra" e per la "Mancata difesa di Roma"

Il 16 novembre 1944 fu arrestato nel corso delle indagini della Commissione d'inchiesta per la mancata difesa di Roma[4], poi nel 1945 fu chiamato in giudizio dall'Alto Commissariato per la punizione dei delitti fascisti per l'omicidio dei fratelli Rosselli.

Il 4 marzo 1945, alla vigilia della deposizione delle conclusioni della commissione d'inchiesta, evase dall'ospedale militare presso il Liceo Virgilio grazie alla complicità di alcuni agenti fedeli al generale Taddeo Orlando, comandante generale dell'Arma, e già subalterno di Roatta in Croazia.[senza fonte] raggiunse prima il Vaticano e poi, con la moglie, la Spagna, dove fu protetto dal governo di Francisco Franco. Immediata fu la reazione popolare e le manifestazioni, durante le quali ci furono 2 morti[senza fonte]. Manifestazioni alimentate dalle polemiche posizioni di socialisti ed azionisti (Saragat scrisse che "il suo silenzio era d'oro per molte persone"[5]) che accusavano gli ambienti dell'esercito di proteggere i fascisti. Il giorno successivo Orlando fu destituito.

La settimana dopo la fuga, fu condannato all'ergastolo per quanto emerso circa la mancata difesa di Roma, ma la commissione gli attribuì responsabilità riguardanti anche la disfatta dell'8 settembre nel suo complesso. Poté giovarsi dell'amnistia del 1946 e di quella definitiva del 1953. Al termine dell'iter giudiziario fu prosciolto e la sentenza annullata nel 1948.

Ritornò dalla Spagna solo nel 1966 e morì a Roma nel 1968. Prima di morire scrisse un famoso memoriale difensivo: Sciacalli addosso al SIM (Roma 1955).

Le responsabilità imputategli

Il mancato processo al generale Roatta per i crimini di guerra fu grave tanto quanto furono gravi la accuse mosse dalla Jugoslavia contro di lui, ed erano:

  • di aver proceduto su ordine di Mussolini allo sterminio del popolo sloveno;
  • quale principale responsabile, nella sola provincia di Lubiana, della fucilazione di circa 1.000 ostaggi, della uccisione proditoria di 8.000 persone, dell'incendio di 3.000 case, dell'internamento di 35.000 persone, della distruzione di 800 villaggi, della morte per fame nel campo di concentramento di Arbe di 4.500 persone;
  • di aver infranto disposizioni della Convenzione internazionale dell'Aja relativa ai prigionieri, ai feriti e agli ospedali;
  • di aver disposto la fucilazione di partigiani fatti prigionieri e di ostaggi, di internare i componenti di intere famiglie e villaggi e di consegnare i civili in massa ai tribunali militari;
  • di aver disposto che i civili fossero ritenuti responsabili di tutti gli atti di sabotaggio commessi nelle vicinanze della loro abitazione e che per rappresaglia si potesse sequestrare il loro patrimonio, distruggere le loro case e procedere al loro internamento;
  • di aver disposto di consegnare ai tribunali militari i partigiani catturati feriti, le donne e gli uomini inferiori ai 18 anni e di fucilare sul posto tutti gli altri partigiani caduti prigionieri.[6]

Mentre le responsabilità morali ed oggettive imputate a Roatta dall'Italia sono:

  • l'aver messo a disposizione del regime uno strumento militare quale era il SIM, sviandolo dai suoi compiti di istituto con la caccia ed eliminazione dei capi antifascisti;
  • il non avere infine saputo affrontare con responsabilità e capacità di comando i difficili momenti che sono andati dal 25 luglio all'8 settembre 1943, compresa la mancata difesa di Roma.

Di contro, in base a diverse testimonianze di ebrei croati sopravvissuti, si è ricostruito che la 2a Armata italiana, con Roatta e i suoi ufficiali superiori, si prodigò nel garantire salvezza tra il 1942 e il 1943 alle comunità ebree di Dalmazia ed a quelle che sfuggivano al genocidio perpetrato dagli ustascia croati e dai nazisti nella zona di occupazione tedesca. Roatta diede rifugio, distribuì generi di prima necessità e cure, permise ai bambini di continuare i propri studi. Lo stesso vale per le minoranze serbe nella zona di occupazione italiana. La 2a Armata decise in più occasioni di proteggere i villaggi serbi e la popolazione ortodossa dai massacri croati. Bande di cetnici furono persino armate dagli italiani ed inquadrate come forze ausiliarie. Analoghe testimonianze provengono dagli archivi tedeschi i quali sostengono che le truppe al comando di Roatta si interposero spesso tra gli ustascia e le comunità in pericolo. Ciò nonostante truppe italiane, dietro suo ordine diretto o raccomandazione generale, fucilarono prigionieri partigiani, rifiutarono la resa ad alcuni reparti titini, torturarono nazionalisti e comunisti presi prigionieri, giustiziarono sbandati, applicarono le feroci logiche della rappresaglia, prelevarono ostaggi tra la popolazione civile, e fecero terra bruciata dei villaggi che davano ricovero ai partigiani. Quello che Roatta intendè sempre impedire fu la violenza indiscriminata e razzista di una popolazione contro l'altra, fermo restando che non fu mai contrario alla pulizia etnica della Dalmazia occupata dagli italiani.

Note

  1. ^ a b Mario Roatta - Munzinger Biographie
  2. ^ Lorenzo Rizzato, 25 luglio: Che faranno i tedeschi?, su Storia illustrata n° 257, Luglio 1979, pag. 16: "Il 27 luglio veniva proclamato lo stato di guerra e sempre lo stesso giorno veniva diffuso dal comando supremo, diretta ai comandi periferici la famigerata circolare "Roatta""
  3. ^ Lorenzo Rizzato, 25 luglio: Che faranno i tedeschi?, su Storia illustrata n° 257, Luglio 1979, pag. 16
  4. ^ Ruggero Zangrandi, ne L'Italia tradita, Mursia, 1971, dichiara però che in un procedimento giudiziario a suo carico dinanzi al Tribunale di Varese, si sarebbe accertato invece che il verbale di arresto fosse falso e che il Roatta si fosse presentato spontaneamente presso l'Alto Commissariato per la punizione dei delitti fascisti.
  5. ^ Avanti!, 6 marzo 1945
  6. ^ Davide Conti, L'occupazione italiano dei Balcani, Crimini di guerra e mito della “brava gente” (1940-1943), Odradek, Roma, 2008 p 101.

Voci correlate

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