Suq

La parola sūq (pl. aswāq, in arabo سوق?) indica il mercato organizzato in corporazioni, luogo deputato allo scambio delle merci.
Storia
Nell'Islam classico esso costituiva - insieme alla moschea e al Palazzo del potere - il terzo centro funzionale della città musulmana. A differenza però della Moschea o del Palazzo, il sūq non occupava quasi mai fisicamente il centro della città e questo a causa della invasività di certe arti e professioni che potevano arrecare disturbo, a causa di rumori o sgradevoli odori, all'ordinato e quieto vivere civile perseguito dalle autorità pubbliche.
Come nelle città cristiane medievali, l'economia era strutturata su basi corporative e di ogni arte o mestiere si rendeva interprete e garante davanti al potere politico un Maestro, coadiuvato da aiutanti dotati di esperienza e autorevolezza. Ad essi era demandato l'obbligo del corretto andamento dei commerci, potendo contare sul concreto aiuto del muḥtasib (sovrintendente) o del ṣāḥib al-sūq ("signore del mercato", da cui l'antico spagnolo zabazoque) che, con poteri di polizia annonaria, assicuravano il corretto uso di pesi e misure, reprimendo ogni frode in commercio grazie a una specifica forza di polizia (shurṭa) che poteva irrogare pene pecuniarie o l'arresto dei colpevoli.
Le differenze merceologiche disegnavano fisicamente il sūq. Esso pertanto si sviluppava, in linea di massima, all'interno di strutture murarie protette, secondo un andamento che potremmo definire grossolanamente a cerchi concentrici, con le professioni e le arti meno legate a merci deteriorabili disposte al centro (poteva essere questo il caso degli orafi e dei profumieri), con quelle a impatto medio nel secondo cerchio (alimenti aridi, tessuti, calzature) e con le arti e professioni più "inquinanti" verso l'esterno (lattonieri, tintori, macellerie, pescherie, animali vivi al dettaglio). Ogni genere commerciabile veniva così ad operare accanto a quello dei propri concorrenti, così da agevolare il cliente nelle sue valutazioni comparative.
L'apertura e la chiusura dei commerci erano rigidamente scandite da un orario di cui erano garanti di fronte alle autorità i Maestri delle arti e delle corporazioni. Essi inoltre organizzavano l'ingresso dei novizi e il loro apprendistato. Il sistema, come tendenzialmente ogni sistema corporativo, era infatti chiuso e si apparteneva e si operava perciò all'interno di un'arte o di una corporazione per esclusivo diritto di nascita e di eredità, salvo sporadici ed eccezionali casi autorizzati espressamente dal potere o dalla stessa arte o corporazione.
Damasco
Damasco è celebre per i suoi sūq caratteristici, di cui si ricordano principalmente al-Ḥamīdiyye (perché il committente fu il sultano ottomano ʿAbd al-Ḥamīd, quello di Midḥat Pāshā (dal nome di un noto politico d'età ottomana), al-Ḥarīr (mercato della seta, in arabo "seta"), al-Khayyāṭīn (lett. "sarti": mercato della merceria), Buzūriyye (mercato delle spezie, dall'arabo buzūr, "semi"), al-Ṣāgha (mercato del'oreficeria, in arabo ṣiyāgha, "oreficeria").
Aleppo
Sempre in Siria, ad Aleppo, vi è il più grande suq al mondo, con una lunghezza di 13 km. In tale mercato si ha una vasta tipologia di settori merceologici.[1]
Note
Bibliografia
- E. Lévi-Provençal, "L’urbanisme musulman", in: Mélanges d’histoire et d’archéologie de l’Occident musulman, Hommage à G. Marçais, Algeri, 1957, I, pp. 219-231.
- A. ‘Abd ar-Rāziq, "La hisba et le muhtasib en Égypte au temps des Mamlūks", in Annales Islamologiques, XIII (1977), pp. 115-178
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