Lingua ladina
Ladino Ladin | |
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Parlato in | ![]() |
Regioni | ![]() ![]() |
Parlanti | |
Totale | ~55.000 |
Classifica | non nelle prime 100 |
Tassonomia | |
Filogenesi | Lingue indoeuropee Italiche Romanze retoromanze Ladino |
Statuto ufficiale | |
Ufficiale in | riconosciuta dallo Stato italiano come lingua minoritaria |
Regolato da | Ufficio per la pianificazione della lingua ladina Istituto Culturale Ladino Majon di Fascegn Istituto Ladino Micurà de Rü Istituto Ladin de la Dolomites |
Codici di classificazione | |
ISO 639-3 | lld (EN)
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Glottolog | ladi1250 (EN)
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La lingua ladina è una lingua retoromanza parlata da 55.000 abitanti di Trentino-Alto Adige e Veneto.
Tra le sue varianti la più rilevante è il ladino dolomitico, parlato correntemente in Val di Fassa (Trentino), Val Gardena, Val Badia, Marebbe (Alto Adige) nonché Livinallongo, Colle e Ampezzo (Veneto). Tali territori, appartenuti all'Impero austroungarico fino al 1918, costituiscono la cosiddetta Ladinia.
In Veneto, oltre all'area ampezzana indiscutibilmente ladina, la lingua è parlata nel Cadore e nel Comelico in forma di ladino cadorino, normalmente ascritto alla lingua ladina e politicamente riconosciuto come tale,[2] quantunque per ragioni storiche e politiche questo territorio talvolta venga ignorato in riferimento all'adiacente territorio ladino ex-austroungarico, in cui la spinta al riconoscimento di minoranza etnico-linguistica è stato storicamente più forte. Sempre in Veneto i dialetti dell'Agordino e dello Zoldano, a sud dell'area Ampezzana, sono dialetti di origine ladina con un forte superstrato veneto, e nei fondovalle compiono una transizione progressiva verso il veneto bellunese.
In Trentino occidentale invece, in Val di Non, Val di Sole, Val di Peio, Val di Rabbi e piccola parte della Val Rendena separati dall'area dolomitica, sono diffusi dialetti di chiara origine ladina, attualmente non politicamente riconosciuti come tali, che presentano uno sviluppo proprio e forti influssi del lombardo. Tali dialetti vengono anche definiti ladino anaunico.
Le origini
Sembra che il ladino derivi dall'idioma parlato dalle popolazioni del Norico rifugiatesi nelle vallate delle Alpi orientali a partire dal V secolo, fuggendo dalle invasioni dei Rugi, degli Avari e degli Slavi. Questi gruppi, unitisi alle preesistenti etnie celtiche (breoni), erano indicati dalle popolazioni di lingua tedesca come Welsch (opponendoli a sé stessi e ai Windisch, gli Slavi), mentre essi stessi si autodefinivano latini (da cui il termine dialettale ladin). Il termine si diffuse a partire dal XVIII secolo anche negli ambienti tedeschi (Ladinisch) per designare le popolazioni in via di germanizzazione soggette al Tirolo. Le popolazioni soggette storicamente alla Repubblica di Venezia non hanno mai accettato il termine per i significati sottesi di filo-asburgicismo, per cui negli ambienti italiani si era giunti a un compromesso (ladino-dolomitici).
Il ladino ha tratti in comune con le lingue romanze occidentali, per esempio la lenizione - talvolta fino alla scomparsa - delle intervocaliche (latinu > ladin) e il plurale in -s anziché in -i, -e, ma a volte se ne discosta (la c dinanzi a e e i non passa a [ʦ] > [s] ma diventa [ʧ] come nel gruppo orientale.
Il ladino sarebbe la lingua caratterizzante della Ladinia, se non che di quest'ultimo termine si fa solitamente un uso impreciso ed ambiguo, mancando di un significato storicamente affermato. In particolare con questo termine alcuni gruppi di opinione intendono indicare la regione geografica che raggruppa i comuni ladini che fino al 1918 erano dell'Impero asburgico, e che come tale non esaurirebbe la totalità dei territori di lingua ladina, mancando di annoverare almeno quelli adiacenti (anche linguisticamene) ma storicamente compresi nei domini veneziani, come il Cadore, lo Zoldano e l'Agordino.
Suddivisione territoriale
Si hanno le seguenti varianti:
- Area occidentale (di transizione al trentino centrale):
- gardenese, parlato in Val Gardena (Gherdëina) da 8.148 abitanti (80-90 % della popolazione);
- fassano, parlato in Val di Fassa nelle tre varianti moenat, brach e cazet; in tutto 7.553 abitanti di madrelingua ladina (82,8%);[3]
- Nones, parlato in Val di Non e con varianti nelle diverse zone della valle;
- Solandro, parlato in Val di Sole, in Val di Peio e in Val di Rabbi, con due forme differenti: la prima influenzata fortemente dal nones, e parlato nella bassa valle, un'altra, più conservatrice di termini e toponimi ormai spariti nella bassa valle, parlata nell'alta valle, con caratteri di certa derivazione celtica.
All'ultimo censimento linguistico del 2001 quasi 9.000 trentini al di fuori dell'area ufficialmente ladina si dichiararono ladini, prevalentemente in Val di Non e Val di Sole.
- Area centrale (di transizione al veneto-alpino):
- badioto-marebbano, diffuso in Val Badia e in Val Marebbe (in passato anche in Val di Luson e nella bassa Val Badia), 9.229 abitanti, 95% come lingua madre;
- Fodom o ladino dell'Alta Val Cordevole o Livinallese, parlato nei comuni di Livinallongo del Col di Lana e Colle Santa Lucia, per circa l'80-90% della popolazione come lingua madre;
- rocchesano (di tipo atesino) presente nell'area del territorio di Rocca Pietore. Tale variante risulta più conservativa nell'area di Laste di Sopra (lad. Laste de Sora) e di Sottoguda (lad. Stagùda). Nelle altre zone, invece, questa variante è meno conservativa confinando con zone di parlata ladino-veneta (Alleghe, San Tomaso, Falcade, ecc.), malgrado sia comunque di tipo atesino.[4]
- Area orientale (di transizione al veneto-alpino e in parte al friulano):
- ampezzano, diffuso a Cortina d'Ampezzo (Anpezo) e simile al ladino cadorino;
- comeliano[5], diffuso nel Comelico; è il più conservatore tra i dialetti orientali.
- cadorino, parlato in tutto il Cadore, ad eccezione del Comelico[senza fonte] e di Sappada, con influenze più o meno sentite del veneto;
- vajontino, isolato, ex idioma di transizione con il friulano, nell'area di Erto e Cimolais in Friuli, più spesso considerato una variante del friulano.
- sono considerati ladine anche le parlate dell'Agordino (da Gosaldo-Gosalt fino ad Alleghe-Alie), della Valle del Biois (da Cencenighe Agordino fino a Falcade-Falciade) e della Valle di Zoldo (da Forno-Fôr in su) sebbene molti studiosi li reputino dei "semiladini" o dei dialetti veneti con influssi ladini, specie nelle località di fondo/valle (Agordo-Agort, La Valle-Val).
I dialetti occidentali risentono di stanziamenti celti (breoni) e dal confinare coi dialetti lombardi (trentino), i dialetti centro-orientali da stanziamenti reto-veneti e dal confinare coi dialetti veneti (feltrino, bellunese) e friulani (carnico).
Riconoscimento giuridico
In provincia di Bolzano (Balsan/Bulsan) il ladino è lingua ufficialmente riconosciuta e la minoranza ladina viene tutelata con diverse norme riguardanti tra l'altro l'insegnamento nelle scuole pubbliche e la facoltà di usare il ladino nei rapporti orali e scritti con gli uffici della pubblica amministrazione, con esclusione delle forze armate e le forze di polizia. Infatti nelle scuole delle località ladine dell'Alto Adige la lingua ladina è lingua d'insegnamento assieme al tedesco e italiano. In base alla delibera della Giunta Provinciale n. 210 del 27 gennaio 2003 (Utilizzo della lingua ladina da parte degli enti pubblici e negli atti normativi) "le varianti del ladino con riconoscimento ufficiale in provincia di Bolzano sono il ladino unificato della Val Badia e quello della Val Gardena".
In base all'art. 102 dello Statuto d'autonomia del Trentino-Alto Adige la lingua e la cultura ladina sono tutelate anche nella provincia di Trento (Trent).
Recentemente anche in Provincia di Belluno (Belun), grazie alla normativa sulle minoranze linguistiche storiche (legge 482/1999), sono stati riconosciuti ladini i comuni del Cadore, del Comelico, dell'Agordino, della Valle del Biois, dell'alta val Cordevole e della Val di Zoldo. È attivo l'Istituto Ladin de la Dolomites (Istituto Culturale delle Comunità dei Ladini Storici delle Dolomiti Bellunesi), con sedi a Borca[6] e Selva di Cadore.
Recentemente è stato concluso il progetto SPELL che mira alla creazione di una lingua ladina standard. Dapprima si è realizzata una grande ricognizione sulla realtà linguistica delle valli ladine con l'informatizzazione del completo patrimonio lessicale, dopodiché si è passati alla redazione di un dizionario e di una grammatica di base.
Esempi
Frasi comuni
Italiano | Nones | Solandro | Gardenese | Fassano | Zoldan | Alie |
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Come ti chiami? | Come te clames po? (Che gias nom po?) |
Come te ciames po? (Che/Chje gh'às/jas nòm po?) |
Co es'a inuem? | Che èste pa inom? | Ke asto gnóm? | kome te ciameto? |
Quanti anni hai? | Canti ani gias po? | Quanti àni gh'às/jas po? | Tan d'ani es'a? | Cotenc egn èste pa? | Quainch agn asto? | Kotanc agn asto? |
Vado a casa. | Von a ciasa. | Von a casa/chjasa. | Vedi a cësa. | Vae a ciasa. | Vade a casa. | Vade a ciesa. |
Vivo a Trento. | Vivi a Trent. | Vivi a Trent. | Stei a Trent. | Stae ja Trent. | Staghe a Trento. | Stae a Trient. |
Dove abiti? | En do abites? | 'Ndo abites po? | Ulà stessa? | Olà staste pa? | An do stasto? | Ulà stasto? |
Una leggenda
Un esempio di una leggenda in ladino dolomitico / ladin dolomitan standard:
- Duc i Ladins sá che l lé (o lech) dl ergabuan é l Lé de Careza. Chest é conesciú lonc y lerch per si biei colours che muda demeztroi dal vert-fresch al cuecen-scarlat, y dal blé dl ciel al ghel-aur; per chesta mudazion de colours él vegnú batié "Lé dl Ergabuan", dai colours dla irida/cogola dl uedl. An conta che chel lé fova n iade abité da na "gana" che ova l corp da pesc y l cef da persona, desche an se imaginova da zacan na ninfa. N salvan che abitova te cheles selves, che scluj ite chest pice lé desche na perla, se ova inamoré da perde l cef te chesta bela muta-ninfa; ma dut debant! Per la tré a se, se ova l salvan pensé de fé n gran ergabuan con i colours plu biei che se destenova fora da la piza dl Latemar enfin ju tl lech; ma la ninfa ne se ova empone lascé pié. Dal gran senn, l Salvan, che ova fat con tant de fadia sie beliscim laour, ova n dí tout l ergabuan, l ova desfat en tant de fruzies y l ova spo sciulé tl lech. Da chel moment á l lé giaté duc chi biei colours che al à enfin aldidancuei.
Traduzione:
Tutti i ladini sanno che il lago di ergabuan (arcobaleno) è il lago di Carezza. Questo è conosciuto tra i laghi per i suoi bei colori che cambiano dal verde fresco allo scarlatto e dal blu cielo all'oro; per questo cambiamento dei colori viene chiamato "lago arcobaleno", dai colori...
La favola della volpe e del corvo
Varianti ladine
- Ladin dla Val Badia (Marô)
- La olp ea endo en iade afamada. te chel veghera en corf co tignia en tòch de ciajó te so bech. " Chel mo sess pa bun", s'ara ponsé, y à cherdé le corf: " Tan en bel che t'es! Sce to cianté è tan bel co to ciaré fora, spo este dessogü tö le plü bel vicel de düc."
- Ladin dla Val Badia (Badiot)
- La olp ê indô n iade afamada. Te chël vëighera n corf che tignî n tòch de ciajó te so bech. "Chël me savess bun", s’àra ponsè, y à cherdè le corf: "Tan bel che t’es! Sce to ciantè é tan bel co to ciarè fora, spo este dessigü tö le plü bel vicel de düc."
- Ladin de Gherdëina (Gherdëina)
- La bolp fova inò n iede arfameda. Te chëla vëijela n corf che tën n tòch de ciajuel te si bech. "Chël me savëssa bon", se ala mpensà y à cherdà l corf: "Ce bel che te ies! Sce te ciantes tan bel coche te cëles ora, pona ies dessegur tu l plu bel ucel de duc."
- Ladin de Fascia (Fascian)
- La bolp era endò famèda. Te chela la veit n corf con n toch de formai tel bech. "Chel, vé, me saessa bon", la se peissa e la ge disc al corf: "Che bel che t’es! Se tie ciantèr l'é scì bel che tia parbuda dapò t’es de segur tu l più bel anter duc i ucìe."
- Ladin de Fodom (Fodom)
- La volp l'eva ndavò afamada. Nte chëla la veiga n còrf che l se tegniva n tòch de formai ntel bech. "Chël l me savëssa ben bon", la s'à pensé ntra de dëla, e l'à clamé l còrf: "Cotánt bel che t'es! Se tuo cianté l é bel coche ti te ciale fòra, nlouta t'es segur ti l plu bel de duc cánc i uciei!"
- Ladin d’Ampez (Ampezan)
- Ra volpe r’èa danoo infamentada. Cenoné ra vede un cròo, che ‘l aéa inze ‘l bèco un tòco de forméi. "Chel sì che el me piajaràe", ra s’à pensà ra volpe, e r’à ciamà el croo: "Cé un bel che te sos! Se te ciantes polito cemodo che te se vede, de seguro te sos el pì bel de dute i uziéi!"
- Dialetto Nonese (Nones,) nel Trentino occidentale e di origine ladina con influssi lombardi
- La bolp l'era de nuèu famada. Nte chela la vet en grol con en toć de formai tel beć. "Chel, vè, el me saverues bon", la mpensa entra de ela, e la ge dis al grol: „Che bel che es! Si l to ciantar l'è nzì bel come che vardes fuera, de segur es el pu bel di tut i aucièi!"
- Dialetto Solàndro/Solànder (Solàndro/Solander), nel Trentino occidentale e di origine ladina con influssi lombardi
- La bolp l'èra amò famada. Nte quèla la vet en còrf con 'n toch de fromai (stavél) 'ntél bèch. "Quèl if, vè, el me savrós bòn", la pensà trà de ela, e la gh'à dit al còrf: "Che bèl che ses! Se 'l tó cantar l'é aosì bèl come che vardes för, de segur t'es 'l pù bèl de tuti i auciéi!"
- Dialetto della val di Rabbi (Rabies), nel Trentino occidentale e di origine ladina con influssi lombardi
- La bolp la erô amòtotornô famadô. Nte quelô la vet 'n corf con 'n toch 't formai 'ntel bèch. "Quel if vè 'l m savrò bon", la s'mpensô 'ntrà de elô, e la ji dis al corf:"Chje bel chje es! Se 'l to chjantar 'l füs si bel come 'l to vardar förô del sijür sorosti 'l pü bel 't tüt i aucei!"
- Dialetto di Falciade, di transizione col veneto
- La bolp l’èra danof famada. N'dant la veth en còrf, che ‘l avéa inte ‘l bèc en tòc de formài. "Chel sì che el me piasarie", la s’à pensà la bolp, e l’à ciamà el corf: "ché bel che tes! Se te cante polito come che te se veth, de segur tes el pì bel de duti i auziéi!"
- Lengaz de Alie, dialetto alleghese
- La bòlp 'l era 'ndanuof famada. Kel ke no lè la vez 'n korf ko 'n tok de formai inanter 'l bèk. "Chel vè,me savese bon ", pensa la bòlp y 'ndant la dis al korf "ke bèl ke tès !" Se te ciante valif ke te varde fora bèl, de segur tès 'l pì bèl de uziei!"[7]
Confronto con altre lingue retoromanze
- Friulano carnico di Paularo
- La bolp l'èrä di nûf famadä. In chê la jou un corvat, cal vevä tal bec un toc di ciuç. "chel si ca mi plašares", alà pensâ la bolp, e ai dîš al corvat: " ce biel ca tu sês! Sa tu cjantes ben comä cjalâti di fûr, di sigûr tu sês il plui biel di ducj i ucèi!"
- Romancio della Val Monastero (anticamente diffuso anche in Val Venosta)
- La vuolp d'eira darcheu üna jada fomantada. Qua ha'la vis ün corv chi tgnaiva ün toc chaschöl in seis pical. Quai am gustess, ha'la pensà, ed ha clomà al corv: "Che bel cha tü est! Scha teis chant es uschè bel sco tia apparentscha, lura est tü il plü bel utschè da tuots!
Numeri in Ladino
- Badiot
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- Gherdëina
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- Fodom e Rocchesàn
Statuti comunali
Note
Bibliografia
Voci correlateAltri progetti
Collegamenti esterni
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