Guerra civile siriana

conflitto armato in corso in Siria dal 2011

La guerra civile siriana è un conflitto in corso nel paese che vede opposte le forze lealiste di Bashar al-Assad e quelle dei rivoltosi, riunite nel Consiglio nazionale siriano.

Guerra civile siriana
parte Primavera Araba
File:A funeral for some of the martyrs of Zabadani.jpg
Un funerale di manifestanti uccisi a Zabadani Siria
Data15 marzo 2011 - in corso
LuogoSiria
Casus belliPovertà, fame, disoccupazione, corruzione, assenza di democrazia
Schieramenti
Siria (bandiera) Manifestanti - Consiglio nazionale sirianoSiria (bandiera) Governo siriano
Comandanti
Abdulbaset SiedaBashar al-Assad
Perdite
10.645 morti, migliaia di feriti[1]3.470 morti, migliaia di feriti
Voci di guerre presenti su Wikipedia

Le proteste, che hanno assunto connotati violenti sfociando in sanguinosi scontri tra polizia e manifestanti, hanno l'obiettivo di spingere il presidente siriano Bashar al-Assad ad attuare le riforme necessarie a dare un'impronta democratica allo stato.[2]

In virtù di una legge del 1963 che impediva le manifestazioni di piazza (solo dopo diverse settimane di scontri formalmente revocata)[3], il regime ha proceduto a sopprimere, anche ricorrendo alla violenza, le dimostrazioni messe in atto dalla popolazione, provocando un numero fin ora imprecisato di vittime tra i manifestanti e le forze di polizia.[4][5]

Storia

La Siria è sotto stato di emergenza dal 1962, il che di fatto sospendeva la maggior parte dei diritti costituzionali dei cittadini siriani. Il Governo siriano ha da sempre giustificato questo fatto sottolineando che la Siria è in stato di guerra con Israele. Come è successo con Bashar al-Assad, i cittadini siriani approvano il Presidente tramite referendum ma è da notare che la Siria non prevedeva elezioni multi-partitiche per la propria legislatura.

Dal 1963, in seguito a un colpo di Stato ba'thista, la Siria è controllata dal partito secolare del Ba'th. Nonostante i cambi di potere interni, come il colpo di stato del 1966 e la Rivoluzione Correttiva Siriana del 1970, il partito del Ba'th è rimasto l’unica autorità in Siria, di fatto ridotto però a fungere da cinghia di trasmissione tra l'autocratico volere presidenziale e del suo staff e gli organi esecutivi del paese.

Dopo la "rivoluzione del 1970", il presidente Hafiz al-Assad ha guidato la Siria per circa 30 anni, censurando qualsiasi partito politico di opposizione e qualsiasi candidato. Nel 1982, all'apice di un'insurrezione islamica, Hafiz al-Asad ha condotto una politica di terra bruciata contro la città di Hama per reprimere la rivolta della comunità musulmana sunnita, che includeva anche i Fratelli musulmani e altre organizzazioni. Decine di migliaia di persone (si calcola circa 30.000), vennero uccise nel Massacro di Hama.

La notizia della successione del potere tra padre e figlio dette inizio alle manifestazioni di Latakia del 1999, dove si ebbero proteste violente e scontri armati, a seguito delle elezioni per l'Assemblea Popolare (il Parlamento monocamerale siriano). A scatenare gli incidenti fu una faida, che covava da lungo termine, tra Hafiz al-Asad e suo fratello minore Rifaʿat. Furono uccise due persone negli scontri a fuoco tra polizia siriana e sostenitori di Rifaat. Fonti dell’opposizione invece, negate dal governo, dicono che ci furono centinaia di morti e feriti.
Hafiz al-Asad, gravemente malato di cuore, morì un anno dopo, forse a causa di una fibrosi polmonare. Gli succedette Bashar al-Asad, nominato dopo che un emendamento costituzionale permise di abbassare da 40 a 34 anni l'età minima per essere eletti presidente.

Bashar, che parla francese e inglese e che è sposato con una moglie di origini siriane nata in Inghilterra, venne definito come “ispiratore di speranza” per le riforme e la “Primavera di Damasco” ebbe inizio nel gennaio 2000 con intensi dibattiti sociali e politici.

Le rivolte curde hanno portato a un aumento della tensione dal 2004. L'anno delle rivolte di al-Qamishli contro il governo, cominciarono nella città del nord-est curdo di al-Qamishli. Durante una caotica partita di calcio, alcune persone cominciarono a sventolare bandiere curde e la partita si trasformò in un conflitto politico. Ci furono almeno 30 morti (alcune fonti parlano di 100 caduti) a causa della brutale reazione della polizia siriana e degli scontri non meno brutali tra curdi e arabi. Successivamente ci furono altre proteste minori e le reazioni del governo furono improntate alla medesima durezza.

La famiglia al-Asad fa parte della minoranza degli alauiti, una propaggine dell'Islam sciita che le statistiche indicano costituire tra il 6 e il 12% della popolazione siriana. Essa governa il Paese dal 1970 e controlla strettamente i servizi di sicurezza siriani, generando un profondo risentimento tra i musulmani sunniti (che sono i ¾ della popolazione) e la minoranza curda. Bashar al-Asad dichiarò che il suo Stato era immune dalle proteste di massa che si stavano manifestando in Egitto. Bouthaina Shaaban, un consigliere presidenziale, diede la colpa al chierici sunniti e alle loro prediche che incitavano alla rivolta, così come aveva fatto lo "shaykh informatico" Youssef al-Qaradawi in un suo sermone da Doha il 25 marzo 2011. Secondo il “The New York Times” il governo siriano ha chiamato solamente le unità dei servizi segreti in mano agli alauiti per reprimere la rivolta. Sarà utile ricordare che il fratello minore del Presidente, Maher al-Asad, comanda la IV Divisione mentre il cognato Assef Shawkat, è Capo di Stato Maggiore dell'esercito. Si dice che la sua famiglia abbia paura di un fallimento dell'uso della linea dura sui manifestanti perché potrebbe incoraggiare le opposizioni e far scendere molta più gente nelle strade.

La protesta fallisce a febbraio

In un'intervista rilasciata al quotidiano statunitense Wall Street Journal, Bashar al-Assad si dice convinto del fatto che siano necessarie riforme e che si stia costruendo una "nuova era" in Vicino Oriente, mentre in altri paesi del Nordafrica si svolgono manifestazioni di piazza senza precedenti.[6]

La mobilitazione indetta però in Siria per il 4 e 5 febbraio, in contemporanea con la "giornata della partenza" proclamata in Egitto, non ottiene il risultato sperato e scarse risultano le adesioni da parte della popolazione, complice anche il cattivo tempo. Il giorno prima si era rivelato un insuccesso un sit-in indetto davanti alla sede del Parlamento "in segno di solidarietà con studenti, lavoratori e pensionati privi di reddito".[7]

Il 10 febbraio Damasco apre definitivamente ai social network e dopo 5 anni fa cadere il divieto che ne prevedeva l'oscuramento.[8] La decisione di eliminare le limitazioni, secondo quanto riferisce il quotidiano filo-governativo al-Waṭan, dimostra "la fiducia del governo nell’uso della rete". Secondo l'opposizione il libero accesso ai social network sarebbe un tentativo delle autorità siriane per contrastare attività sediziose contro il regime.[8]

Il 17 febbraio però Tal al-Mallouhi, giovane blogger siriana, viene condannata a cinque anni di carcere dall'Alta corte per la sicurezza dello Stato, con l'accusa di aver lavorato per conto della Cia.[9]

La rivolta di marzo

Dal 15 marzo la Siria è di nuovo percorsa da timide manifestazioni anti-regime, che però solo a Dar'a, città della Siria meridionale, capoluogo della regione agricola e tribale del Hawran (tra le più povere del paese), sfociano dal 18 marzo in proteste di massa senza precedenti, represse con la forza dai militari.[10][11] Numerose persone rimangono uccise durante gli scontri. Il governatore della regione, Faysal Kulthum, il 23 marzo viene rimosso dall'incarico dal presidente siriano.[10]

Nonostante l'annuncio delle riforme dato il giorno prima dal portavoce del presidente, il 25 marzo le proteste proseguono e sfociano in scontri che provocano numerose vittime a Dar'a, Latakia e Samnin.[12][13]

Il 26 marzo, mentre manifestazioni si svolgono a Daraa, i partecipanti al funerale delle vittime dei giorni precedenti danno alle fiamme la sede locale del partito Ba'th e manifestazioni si svolgono anche a Latakia, dove il giorno successivo si apprende che almeno 12 persone (secondo l'opposizione 20), tra cui una decina di militari, rimangono uccise negli scontri.[14][15] A Dar'a ancora il 28 marzo persone scese in strada per protestare contro lo stato di emergenza sono fatte oggetto di attacchi a colpi di arma da fuoco da parte della polizia. Nello stesso giorno il vice presidente siriano annuncia che il presidente Assad prenderà decisioni che saranno "gradite al popolo siriano".[16]

Il 30 marzo rimangono uccise 25 persone a Latakia, porto a nord-ovest di Damasco, durante la repressione delle manifestazioni.[17] Lo stesso giorno il presidente siriano, Bashar al-Assad, nel discorso pronunciato in parlamento a Damasco, annuncia che il prossimo governo è pronto ad attuare riforme per la lotta alla corruzione e l'aumento degli stipendi.[18] Assad accusa inoltre forze straniere di fomentare la rivolta e condanna i media satellitari come Al Jazeera di sobillare i rivoltosi.[19]

Il 3 aprile il presidente siriano Bashar al-Asad nomina l'ex ministro dell'Agricoltura Adel Safar nuovo Premier e gli affida l'incarico di formare il nuovo governo.[20]

La protesta non si spegne ad aprile e a maggio

 
Situazione delle proteste in Siria
 
Manifestazione a Damasco l'8 aprile.

L'8 aprile, uno dei giorni più bui della protesta, diversi manifestanti rimangono uccisi a Dar'a, nella Siria meridionale, durante un attacco da parte di forze di sicurezza contro i manifestanti. Scontri si verificano anche ad Homs e nei sobborghi di Damasco, mentre a Harasta tre vittime si registrano tra i dimostranti.[21][22] Almeno 37 morti si registrano a Dar'a alla fine di tre giorni di duri combattimenti.[23] In occasione della celebrazione del funerale delle vittime di Dar'a, la polizia, che proibisce ogni manifestazione pubblica, disperde con l'uso delle armi la folla in lutto provocando l'uccisione di numerose persone.[24]

La notte del 18 aprile è segnata da intensi scontri in diverse città della Siria: Latakia, Homs, Damasco e Aleppo. Attivisti dei diritti umani riferiscono di numerosi morti e centinaia di feriti.[25] La morte di un leader tribale in carcere innesca accesi scontri ad Homs lo stesso giorno nel corso dei quali rimangono uccise almeno 8 persone. Gli episodi di violenza sono segnati anche dalla protesta pacifica dei civili, cui il regime risponde con durezza.[26]

Il 22 aprile un raduno di manifestanti a Damasco contro il regime viene disperso a colpi di fumogeni.[27] Altre proteste si svolgono nello stesso tempo a Dar'a, Raduni, Qamishli e Amuda.[27] In un sobborgo a nord della capitale, a Duma, si registrano morti in seguito al ricorso ad armi da fuoco da parte della polizia, mentre numerosi altri se ne contano in altre città siriane nello stesso giorno.[28][29] Nel corso della giornata, che vede man mano estendersi la protesta in numerose città del paese, oltre 60 persone muoiono per mano delle forze di sicurezza.[30][31] Alla fine si scopriranno essere più di 100 le vittime del venerdì in Siria.[32]

Nel corso di un raid dell'esercito a Dar'a il 25 aprile, volto a colpire le cellule di protesta attive da diverse settimane nella città siriana, numerosi civili rimangono uccisi, diverse decine secondo alcune fonti.[33] La stessa città risulta essere sotto assedio alcune ore dopo; le forze di sicurezza hanno inoltre provveduto a tagliare le forniture d'acqua e elettricità.

A fine aprile la repressione attuata dal regime assume l'aspetto di un massacro, con il ricorso a carri armati da parte della polizia e armi pesanti. Oltre 400 sono i decessi registrati dall'inizio della protesta, mentre circa 500 persone risultano essere state tratte in arresto.[34]

Ancora venerdì 29 aprile manifestazioni si svolgono in numerosissime piazze del paese, compresa Der'a (posta sotto assedio dalle truppe del fratello del presidente Asad), capeggiate anche dalla clandestina Fratellanza Musulmana (protagonista delle recenti sommosse popolari in Egitto), messa fuori legge nel paese.[35][36] I militari siriani ricevono nuovamente ordine di reprimere il dissenso e numerosi civili cadono uccisi durante il giorno a causa del ricorso alle armi da fuoco.[35] Alla fine del giorno si conteranno 60 persone morte nella repressione.[36]

Per tutto il mese di maggio le proteste non si esauriscono, mentre continuano ad aumentare le persone uccise nel corso delle operazioni messe in atto da parte della polizia volte a reprimere le manifestazioni. Queste ultime degenerano da marzo in scontri violenti con le forze delle sicurezza, provocando, secondo un bilancio aggiornato all'inizio di giugno, oltre 1000 morti. Si contano in 10.000 invece gli arresti.[37]

Dopo un sanguinoso attacco rivolto alla città di Baniyas (una delle roccaforti della protesta) il 7 maggio, l'11 maggio anche la città di Homs, e soprattutto il quartiere di Bab Amr, sono al centro di una vasta operazione dell'esercito siriano volta a colpire le cellule della protesta.[38] A metà maggio una trentina di manifestanti risultano aver perso la vita negli scontri degli ultimi tre giorni tra manifestanti e forze di sicurezza a Tall Kalakh, nella Siria occidentale a ridosso del confine con il Libano.[39] Durante il "venerdì delle libertà" proclamato per il 21 maggio circa 40 persone vendono assassinate dalle forze di Damasco nel corso di manifestazioni nella provincia occidentale di Idlib e nella città di Homs.[40][41]

L'intensificarsi degli atti repressivi

All'inizio del mese di giugno l'offensiva dell'esercito di Asad diretta nel nord-est del paese provoca uno svariato numero di morti.[42] Numerosi tra più grossi centri siriani appaiono scossi dalle manifestazioni, il cui epicentro è la città di Deraa, e colpiti dalla repressione delle truppe del regime.[42] Il 5 giugno nel corso di una protesta vicino alle Alture del Golan, in occasione della rievocazione della "Nakba" (in cui si celebra la disfatta delle forze arabe durante la guerra dei sei giorni del 1967), soldati israeliani hanno aperto il fuoco contro i dimostranti palestinesi alla frontiera provocando numerose uccisioni.[43]

Il 31 luglio 2011 il governo siriano procede ad attuare cannoneggiamenti su Hama, cuore della ribellione siriana contro Assad, assediata dai carri armati e minacciata dal fuoco dei cecchini posizionati strategicamente, già oggetto di una violenta repressione nel 1982 quando Hafiz al-Assad, padre del presidente, soffocò nel sangue l'opposizione dei Fratelli musulmani.[44] Alla fine della giornata si conteranno cento morti. Secondo fonti degli attivisti le vittime della repressione sono oltre quarantamilacento.

 
La vecchia bandiera della Siria usata durante le manifestazioni dalle forze di opposizione

Note

  1. ^ Siria: oltre 6mila uccisi in 10 mesi, in ANSA, 06 gennaio 2011. URL consultato il 06-01-2011.
  2. ^ TMNews - Siria, proteste represse nel sangue, 70 morti, condanna Obama
  3. ^ Siria: Assad abroga lo stato d'emergenza - Corriere della Sera
  4. ^ http://www.italia-news.it/esteri-c4/asia-c8648/siria-c8689/siria--rivolte-e-morti--onu-ordina-stop-ad-uso-forza-62055.html[collegamento interrotto]
  5. ^ {{Cita news1 Secondo l'ONu il 23 Marzo 2012 le vittime hanno raggiunto e superato gli 8000. |lingua = |autore =Maurizio Piccirilli |url =http://www.iltempo.it/2011/04/23/1252676-bagno_sangue_siria.shtml |titolo= Bagno di sangue in Siria |pubblicazione = Il Tempo |giorno = 23 |mese = 04 |anno = 2011 |pagina = |accesso = 25-04-2011 |cid = }}
  6. ^ (EN) JAY SOLOMON, BILL SPINDLE, Syria Strongman: Time for 'Reform', in Wall Street Journal, 31 gennaio 2011. URL consultato il 21-02-2011.
  7. ^ SIRIA: FALLISCE LA "GIORNATA DELLA RABBIA" INDETTA ON-LINE, in AGI News, 04 febbraio 2011. URL consultato il 21-02-2011.
  8. ^ a b Siria, sì a Facebook e Youtube dopo divieto di 5 anni, in Newsnotizie, 10 febbraio 2011. URL consultato il 21-02-2011.
  9. ^ Siria/ Blogger condannata a 5 anni, "lavorava per la Cia", in TMNews, 17 febbraio 2011. URL consultato il 21-02-2011.
  10. ^ a b Siria, ancora repressione Bagno di sangue a Daraa- LASTAMPA.it
  11. ^ http://www.asca.it/news-SIRIA__QUATTRO_MANIFESTANTI_UCCISI_DA_FORZE_DELL_ORDINE-1000610-ORA-.html
  12. ^ SIRIA Manifestazioni anche a Damasco, malgrado le promesse di Assad - Asia News
  13. ^ http://www.libero-news.it/articolo.jsp?id=700036
  14. ^ Siria, fiamme a una sede del partito Baath. Da Facebook parte l'appello alla rivolta - Adnkronos Esteri
  15. ^ ansa.it.
  16. ^ Siria, da Assad decisioni a breve. Spari su folla a Deraa | Prima Pagina | Reuters
  17. ^ Siria: a Latakia 25 civili uccisi - Top News - ANSA.it
  18. ^ Siria: Assad, pronte riforme su corruzione e aumento stipendi - Adnkronos Politica
  19. ^ Assad attacca Al Jazeera e paesi stranieri "Cospirazione, chi vuole guerra l'avrà" - Repubblica.it
  20. ^ Siria. Assad nomina il primo ministro
  21. ^ Siria: 17 dimostranti uccisi a Deraa - Top News - ANSA.it
  22. ^ Siria, 17 manifestanti uccisi nel sud del Paese | euronews, mondo
  23. ^ In Siria la polizia spara sui funerali di Daraa - Il Sole 24 ORE
  24. ^ http://www.agi.it/estero/notizie/201104101108-ipp-rt10001-siria_ong_a_funerale_deraa_uccisi_26_partecipanti
  25. ^ Siria: attivista, 200 morti in scontri scorsa notte a Latakia, Homs e Damasco - Adnkronos Esteri
  26. ^ Siria: fonti attivisti, 8 morti a Homs - Top News - ANSA.it
  27. ^ a b Siria:lacrimogeni a Damasco su raduno - Top News - ANSA.it
  28. ^ Siria, almeno un morto nelle proteste - Top News - ANSA.it
  29. ^ Siria: tv, almeno 10 manifestanti uccisi - Top News - ANSA.it
  30. ^ Siria, migliaia in piazza contro Assad. Attivisti: spari sulla folla, 60 vittime - Adnkronos Esteri
  31. ^ Siria: oltre 60 morti in repressione - Top News - ANSA.it
  32. ^ Siria: attivisti, 112 vittime ieri - Top News - ANSA.it
  33. ^ Siria: esercito attacca Daraa, 25 morti - Top News - ANSA.it
  34. ^ Siria: Ancora sangue e violenze. Daraa chiede il cessate il fuoco. | euronews, mondo
  35. ^ a b Ugo Tramballi, Siria, nuovo venerdì di sangue, in Il sole 24 ore, 29 aprile 2011. URL consultato il 30-04-2011.
  36. ^ a b Siria, ancora un "venerdì di collera e sangue" - Tg24 - Sky.it
  37. ^ SIRIA Assad concede un’amnistia, ma le forze di sicurezza continuano a uccidere - Asia News
  38. ^ Siria, attivisti: 9 morti per attacco carri armati a Homs - Adnkronos Esteri
  39. ^ Siria: attivista, 27 civili morti in 3 giorni di scontri a Tall Kalakh - Adnkronos Sicurezza
  40. ^ Siria: attivisti, 44 persone uccise ieri da sicurezza Damasco - Adnkronos Esteri
  41. ^ Siria: attivisti, almeno 34 morti in scontri - Adnkronos Esteri
  42. ^ a b GRR - News - Damasco continua a reprimere le proteste:
    almeno 35 morti nel Nord-est siriano
  43. ^ Siria, 23 morti nelle proteste di ieri vicino a Alture del Golan | Prima Pagina | Reuters
  44. ^ Uccisi 160 civili. Bombe a Damasco. - ATTUALITA

Voci correlate

Altri progetti

  Portale Storia: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di storia