Processo di Verona
Il processo di Verona fu un procedimento giudiziario avvenuto, dall'8 al 10 gennaio 1944, nell'omonima città veneta che, all'epoca, era sotto la giurisdizione della Repubblica Sociale Italiana (RSI). Il processo si tenne a Castelvecchio, nella sala da concerto degli Amici della Musica, dove nel novembre dell'anno precedente ebbe luogo il I Congresso nazionale del Partito Fascista Repubblicano (PFR). Esso vide sul banco degli imputati i membri del Gran Consiglio del Fascismo che, nella seduta del 25 luglio 1943, avevano sfiduciato Benito Mussolini dalla carica di Presidente del Consiglio.

Gli eventi in Germania
Dopo l'arresto a villa Savoia Mussolini considerava conclusa la sua attività e appariva rassegnato a farsi da parte[1]. Il 12 settembre 1943, dopo vari spostamenti fu infine liberato al Gran Sasso dai paracadutisti tedeschi. Trasferito in Germania, oltre a non mostrare alcun interesse a riprendere la guida del rinato fascismo, non nutriva alcun sentimento di vendetta nei confronti dei gerarchi che lo avevano sfiduciato[2]. Anzi il 13 ebbe un cordiale incontro con la figlia Edda che, insieme al marito Galeazzo Ciano, era anche lei in Germania[3]
Il 15 settembre Mussolini ebbe un incontro con Hitler dove alla presenza di Rudolf Rahn, già nominato ambasciatore presso il costituendo governo fascista, ebbe, secondo le sue stesse parole ebbe un brusco "richiamo alla realtà"[4]. Nel corso dell'incontro Mussolini dovette accettare i piani di Hitler che comprendevano il processo e la condanna a morte dei gerarchi che lo avevano sfiduciato il 25 luglio[5]. Dai diari di Joseph Goebbels è riscontrabile l'intento punitivo tedesco nei confronti dei firmatari dell'Ordine del giorno Grandi[6]. Sempre in base a quanto riportato nei diari di Goebbels, Mussolini nel corso del colloquio con Hitler fece un tentativo di alleviare la posizione di Ciano accennando al fatto che fosse pur sempre il marito di sua figlia ma Hitler gli ribattè che ciò non faceva altro che aggravarne la posizione[7] e aggiungendo subito dopo "Sarò molto chiaro. Se venissero trattati con indulgenza i traditori dell'Italia, questo avrebbe delle serie ripercussioni altrove"[8].
Il 17 settembre Mussolini si incontrò con Ciano con il quale ebbe un colloquio. Ciano nel corso del processo di Verona raccontò che Mussolini lo aveva informato di aver interceduto per lui presso Hitler ma di aver riscontrato anche "ostilità aperta" da parte di Ribbentrop[9]. Oltre ai tedeschi Mussolini si trovò ad affrontare i desideri di vendetta dei fascisti più estremisti che sentendosi traditi pretendevano punizioni esemplari per i firmatari[10] in particolare contro Ciano[11]. Il 18 settembre Mussolini, da radio Monaco, pronunciò il suo primo discorso dopo la caduta del Regime nel corso del quale promise di "Eliminare i traditori; in particolar modo quelli che sino alle ore 21,30 del 25 luglio militavano, talora da parecchi anni, nel Partito e sono passati nelle file del nemico".[12][13] L'ultima aggiunta pare inserita per cercare di dare copertura a Ciano e agli altri[14].
Lo storico inglese Cristopher Hibbert riassunse la posizione di Mussolini:
Il congresso di Verona
Il 13 ottobre 1943, nel corso del Congresso di Verona fu proposto a gran voce di costituire il Tribunale speciale per la difesa dello Stato della RSI per processare i firmatari dell'Ordine del giorno Grandi dove, data la natura politica del caso, i giudici sarebbero stati nominati direttamente dal Partito Fascista Repubblicano, nove fascisti "di provata fede" che, come assicurò lo stesso Pavolini, offrissero la garanzia di pronunciare sentenza di morte, soprattutto nel caso di Galeazzo Ciano.
Critiche aspre furono mosse all'operato di Mussolini che fu accusato di tergiversare e di voler in realtà salvare gli imputati e Ciano[16]. Lo stesso Ciano è il gerarca contro cui maggiormente si rivolge l'odio degli intervenuti[17]. Alessandro Pavolini, nuovo segretario del Partito Fascista Repubblicano pubblicò il decreto istitutivo: "Il colpo di Stato del 25 luglio ha posto l'Italia di fronte al più grande tradimento che la storia ricordi: una sinistra congiura tra il re e taluni generali, gerarchi e ministri che dal fascismo più di tutti avevano tratto vantaggio, colpiva il regime alle spalle, creando disordine e lo smarrimento del paese proprio nel periodo angoscioso in cui il nemico poneva piede in Italia"[18].
Gli arresti
Il 17 ottobre 1943 Galeazzo Ciano che ancora si trovava a Monaco di Baviera in stato di libertà fu trasferito in Italia a Verona dove fu ufficialmente consegnato alla polizia della RSI. In serata fu imprigionato nelle carceri giudiziarie site nell'ex convento dei Carmelitani Scalzi. Il 4 novembre 1943, presso il carcere di Padova, furono presi in consegna Giovanni Marinelli, Carlo Pareschi, Luciano Gottardi e Tullio Cianetti. I quattro erano stati arrestati nelle proprie abitazioni a fine settembre e dopo essere stati reclusi a Regina Coeli a Roma erano sati trasferiti a Padova. Tullio Cianetti, che non si aspettava di essere arrestato, pensò di trovarsi a che fare con errore giudiziario e ribadi ai poliziotti giunti a casa come avesse immediatamente ritrattato il voto con una lettera scritta a Mussolini stesso[19]. Gli imputati furono trasferiti tutti nel carcere degli Scalzi e alloggiati in singole celle. Emilio De Bono invece per tutta la durata dell'istruttoria, per disposizione di Mussolini[20], fu lasciato nella propria casa a Cassano d'Adda, e solo all'inizio del processo fu trasferito a Verona in una camera a pagamento del locale ospedale. Nessun altro dei firmatari fu rintracciato. Il 24 novembre il consiglio dei ministri approvò ufficialmente l'istituzione del Tribunale speciale[21].
Gli imputati furono sottoposti alla consueta sorveglianza ad eccezione di Ciano davanti alla cella del quale, la N° 27, stavano due SS tedesche.[22]
L'attività di Cersosimo
Il giudice istruttore Vincenzo Cersosimo si occupò di raccogliere la documentazione sulla base della quale imbastire il processo. Cercò innanzitutto i verbali del Gran Consiglio ma non riuscì a trovare nulla pertanto si decise a ricostruire le asi salienti dei fatti basandosi sulle dichiarazioni rilasciate dagli imputati.[23]. Vincenzo Cersosimo, recatosi agli Scalzi il 14 dicembre fu ostacolato dai militari tedeschi quando volle raccogliere da Ciano la propria testimonianza nella fase istruttoria del processo. Questione che fu poi risolta quando le proteste di Cersosimo arrivarono al comando SS di Verona.[24]
Il neo ministro Pisenti
Il nuovo ministro della Giustizia Piero Pisenti succeduto a Antonino Tringali Casanova il 4 novembre a metà dicembre si recò a Castelvecchio ove si fece consegnare la documentazione fino a quel momento raccolta. Li studiò per ore poi partì per Gargnano dove si fece ricevere da Mussolini. Qui supportato dal senatore Vittorio Rolandi Ricci, sostenne che il processo eseguito in questi termini non avrebbe avuto base legale[25]. Infatti, mancavano le prove di collusione tra i firmatari dell'Ordine del giorno Grandi e la casa reale e l'accusa di tradimento non era dimostrabile, perché il Duce era a conoscenza dell'Ordine del giorno Grandi. Secondo Mussolini questi erano aspetti esclusivamente giuridici ma politicamente la questione era diversa e non ci si poteva fermare[26]. "Voi, Pisenti, vedete nel processo solo il lato giuridico. Giudicate, in altri termini, questa faccenda da giurista. Io devo vederla sotto il profilo politico! Le ragioni di Stato sommergono ogni altra contraria considerazione. E ormai bisogna andare fino in fondo"[27].
Gli avvocati difensori furono:
- Arnaldo Fortini di Perugia, per Cianetti;
- Bonardi di Verona, per Marinelli;
- Perani di Bergamo, per Gottardi;
- Bonsebiante di Padova, per Pareschi;
- Marrosu di Verona, assegnato d'ufficio per De Bono;
- Tommasini di Verona, assegnato d'ufficio per Ciano.
A presiedere il tribunale furono chiamati: Presidente del tribunale, Aldo Vecchini (avvocato, Console della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN) ed ufficiale superiore dell'esercito); come Pubblico Accusatore, Andrea Fortunato (docente di diritto) e come Magistrato Inquirente, Vincenzo Cersosimo. I giudici furono: il generale Renzo Montagna, l'avvocato Enrico Vezzalini; l'operaio Celso Riva ex sansepolcrista, il generale Domenico Mittica, il seniore della Milizia Otello Gaddi, il console della Milizia Vito Casalinuovo, il console della milizia Riggio Giovan Battista, il console della milizia Ferdinando Collu e il professore Franz Pagliani.
Mussolini, stretto tra i nazisti e i fascisti più estremisti è convinto che se vi sono dei reali colpevoli sicuramente questi non si trovino tra gli arrestati[28] e commentò: "non risolverà nulla"[29].
8 gennaio - Prima udienza
Il processo si aprì l'8 gennaio alle 9.00 del mattino: in aula fu ammesso il pubblico[30], mentre all'esterno il servizio di vigilanza armato era demandato alla Polizia di Stato affiancata dalla Polizia federale fascista sotto il comando del questore Pietro Caruso. Dopo l'esposizione dei capi d'accusa e l'elenco degli imputati presenti ed assenti, l'avvocato Perani, difensore di Gottardi, pose una eccezione: la competenza del processo doveva essere demandata ad un tribunale militare, poiché molti degli imputati erano militari in servizio.
Questa richiesta scatenò la reazione del pubblico ministero Fortunato: "Da questo banco parte un monito per la difesa: che essa sia all'altezza dell'ora. Non è sollevando questioni pregiudiziali che si aiuta la causa della Patria e della Storia".
La richiesta fu rigettata dalla corte, dopo che questa si era ritirata in camera di consiglio per una ventina di minuti. Si passò quindi ad ascoltare le dichiarazioni degli imputati. Primo fu Emilio De Bono, poi Pareschi e tutti gli altri. Ultimo fu Ciano.
Poi furono convocati i teste a deporre. Primo Carlo Scorza, poi Enzo Galbiati e Ettore Frattari.
9 gennaio - Seconda udienza
Fu subito data lettura del "Memoriale Cavallero".[32] poi il giudice Enrico Vezzalini pose alcune domande agli imputati. Al termine dell'udienza si alza il pubblico accusatore Fortunato, autore di una durissima arringa in cui richiese sei condanne a morte, senza attenuanti per nessuno. Verso la fine dell'arringa, rivolto agli imputati, concluse così:
A seguire gli interventi degli avvocati difensori, che sostennero che nessuno degli imputati avesse tradito e che il voto espresso era una interpretazione errata degli obbiettivi dell'ordine del giorno Grandi.[34]
L'udienza si chiuse alle 18:00, mancava solo l'intervento del difensore di Cianetti, l'avvocato Arnaldo Fortini, spostato al giorno seguente.
10 gennaio - Terza udienza
L'udienza riprese alle 10.00, prese subito la parola Arnaldo Fortini l'avvocato di Cianetti che ricordò la volontà di non votare alcun ordine del giorno che avrebbe potuto causare la caduta del fascismo e la lettera subito scritta a Mussolini l'indomani mattina per ritirare il voto. Gli altri imputati risposero negativamente alla richiesta di Vecchini di voler aggiungere dichiarazioni. A questo punto la corte decise di ritirarsi per la sentenza mentre gli imputati vengono accompagnati in un'altra stanza.
Le votazioni
Sul metodo di voto le testimonianze sono discordi: secondo la tesi più accreditata esse avvennero tramite foglietti. Si votò una prima volta per decidere se l'imputato fosse "colpevole" o "non colpevole", una seconda volta per decidere se concedere o meno le attenuanti generiche. Alla prima votazione tutti vengono dichiarati colpevoli, con l'unica concessione delle attenuanti generiche a Tullio Cianetti, condannato a trent'anni (che si ridurranno a pochi mesi, dato l'evolversi della guerra).
In serata tutti e cinque i condannati a morte compilarono la loro domanda di grazia, compreso Ciano che la firmò dopo numerose sollecitazioni; per decisione di Pavolini le richieste di grazia non furono mai inoltrate a Mussolini. Esse, dopo un procedimento assai contorto, furono formalmente respinte dal console Italo Vianini.
Le condanne a morte furono eseguite l'11 gennaio 1944 al poligono di tiro di Porta San Procolo da un plotone di 30 militi fascisti comandati da Nicola Furlotti: di tale esecuzione resta anche un filmato.
Gli imputati assenti, condannati in contumacia furono: Dino Grandi, Giuseppe Bottai, Luigi Federzoni, Cesare Maria De Vecchi, Umberto Albini, Giacomo Acerbo, Dino Alfieri, Giuseppe Bastianini, Annio Bignardi, Giovanni Balella, Alfredo De Marsico, Alberto De Stefani ed Edmondo Rossoni.
Il memoriale Cavallero
Consegnò poi a Vecchini il memoriale di Ugo Cavallero, dove è testimoniato un tentativo di presa di potere da parte sua e di Roberto Farinacci. Tuttavia Farinacci non viene processato, questo perché il suo nome non compare tra i firmatari dell'ordine del giorno Grandi e solo ad essi era rivolto il decreto di legge del Tribunale speciale per la difesa dello Stato della Repubblica Sociale Italiana. Ma questo in realtà non è specificato, e Farinacci rientra benissimo tra coloro che hanno complottato per rimettere nelle mani del re il potere esecutivo e politico; tuttavia, il giornalista è protetto dai tedeschi, e non può essere toccato.[senza fonte]
Note
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.99
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.99
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.99-100
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.100
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.100
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.100-101:"Punire i traditori del Gran Consiglio è necessari se si vuole ricostruire in qualche modo il governo fascista"
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.101
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.101
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.100
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.101
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.19
- ^ http://web.tiscali.it/RSI_ANALISI/monaco.htm
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.18
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.18
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.100
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.26
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.26
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.18
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.23
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.24
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.27
- ^ Vincenzo Cersosimo, Dall'istruttoria alla fucilazione, Edizioni Garzanti, Milano, 1961, pag.51
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.31
- ^ Vincenzo Cersosimo, Dall'istruttoria alla fucilazione, Edizioni Garzanti, Milano, 1961, pag.60: "Dopo circa una decina di minuti arrivò in motocicletta un tenente delle SS; accompagnò personalmente Ciano nell'ufficio ove io aspettavo mettendolo a mia disposizione per tutta la fase istruttoria."
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.99
- ^ Giuseppe Silvestri, Ventanni fa il processo di Verona, su Storia Illustrata n°1 del gennaio 1964, pag.99
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.30
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.26
- ^ A cura di Metello Casati, "1944: il processo di Verona" da I documenti terribili, Mondadori, 1973, Milano, pag.26
- ^ Vincenzo Cersosimo, Dall'istruttoria alla fucilazione, Edizioni Garzanti, Milano, 1961, pag.197: "L'accesso era libero a tutti, purché forniti di un documento di riconoscimento e disarmati."
- ^ Vincenzo Cersosimo, Dall'istruttoria alla fucilazione, Edizioni Garzanti, Milano, 1961, pag.199-200
- ^ Silvio Bertoldi, Ciano, punizione di famiglia, su Storia illustrata n° 250, Settembre 1979, pag. 115: "Si co0mincia leggendo il memoriale del generale Cavallero..."
- ^ Vincenzo Cersosimo, Dall'istruttoria alla fucilazione, Edizioni Garzanti, Milano, 1961, pag.209-210
- ^ Vincenzo Cersosimo, Dall'istruttoria alla fucilazione, Edizioni Garzanti, Milano, 1961, pag.210: "Tutti sostennero che nessuno, non solo non aveva tradito, ma non aveva avuto mai la lontana idea di tradire, e che il voto espresso doveva considerarsi una errata interpretazione del contenuto dell'ordine del giorno Grandi; errore quindi, non coscienza e volontà di nuocere."
Filmografia
- Il processo di Verona, film del 1962 di Carlo Lizzani.
Bibliografia
- Giorgio Bocca -La Repubblica di Mussolini - Mondadori
- Gian Franco Venè - Il processo di Verona - Mondadori, 1970
- G. Silvestri - Albergo degli Scalzi - Neri-Pozza, 1963
- Vincenzo Cersosimo - Dall'istruttoria alla fucilazione - Garzanti, Milano 1949
- B. Palmiro Boschesi - L'Italia nella II guerra mondiale (26/VII/1943-2/V/1945) - Mondadori, 1976
- Arnaldo Fortini - Quelli che vinceranno - Edizione L. del Romano, 1946