Pilo Albertelli
Pilo Albertelli (Parma, 30 settembre 1907 – Roma, 24 marzo 1944) è stato un docente e partigiano italiano.

Biografia
La sua famiglia, originaria di Parma, era molto nota nella città emiliana. Figlio di Guido (1867-1938), ingegnere e deputato socialista riformista, e di Angela Gabrielli. I suoi fratelli erano Nullo (1900-1968), valente ingegnere e collaboratore del padre in diversi progetti, e Ippolito Nievo (1901-1938), celebre violoncellista.
Nei primi anni del ventennio fascista, il padre, sfuggì a stento ad un attentato tesogli da squadristi, durante il quale la sua casa e lo studio di Borgo Tommasini a Parma furono distrutti, e fu costretto a trasferirsi con la famiglia a Roma.
Pilo Albertelli fu docente di Storia e Filosofia nel Liceo Classico Regio "Umberto I" di Roma (che poi sarà dedicato al suo nome e che diventerà l'attuale Liceo Ginnasio di Stato Pilo Albertelli), portò significativi contributi alla conoscenza del movimento eleatico, fra cui il suo articolo "La dottrina parmenidea dell'essere"[1] e il suo saggio monografico Gli Eleati: testimonianze e frammenti[2]
Impegno antifascista
Per la sua attività antifascista tra gli studenti fu arrestato nel 1928 e condannato a cinque anni di confino.
Svolse a Roma un'intensa e audace opera di organizzazione delle formazioni "Giustizia e Libertà" sin dall'occupazione nazista del 10 settembre 1943, e fu membro del Comitato Militare del Corpo volontari della libertà (CVL).
Il 20 settembre 1943, in coppia con Giovanni Ricci, collocò personalmente una mina a miccia rapida nella caserma della Milizia ai Parioli, che causò molti morti e feriti e rappresentò il primo atto di guerriglia partigiana a Roma.
Fu tra i fondatori del Partito d'Azione e fu arrestato a Roma il 1º marzo 1944, dietro denunzia di un delatore, per le sue attività nell'ambito della Resistenza.
Portato nella Pensione Oltremare, covo in via Principe Amedeo, in Roma, della famigerata Banda Koch, fu sottoposto a sevizie tali da fiaccarne il corpo ma non lo spirito. Inutile fu infatti il tentativo di fargli confessare l'identità dei suoi compagni di lotta antifascista anche se, secondo le testimonianze di chi era recluso con lui[senza fonte], le torture ricevute furono tali da rendergli il volto tumefatto e quasi irriconoscibile, il corpo straziato e le costole spezzate, tanto che il trentasettenne filosofo e grecista provò per due volte il suicidio.
Il 20 marzo fu quindi trasferito nel carcere romano di Regina Coeli e il 24 marzo 1944 fu ucciso assieme ad altre 335 persone nell'Eccidio delle fosse Ardeatine, meritandosi nel 1947 la medaglia d'oro al valor militare[3], con la seguente motivazione:
Onorificenze
— Roma, 8 settembre 1943 - 24 marzo 1944.
Riconoscimenti
La città di Roma gli ha dedicato una via ed un liceo: Liceo Ginnasio Statale Pilo Albertelli (ex Umberto I).
Note
- ^ Annali della Reale Scuola Normale Superiore di Pisa, ser. II, 4, 1935, pp. 327-334.
- ^ Bari, Laterza, 1939. Riprodotto a New York dalla Arno Press nel 1976, in cui mostrò anche la sua non comune capacità di grecista.
- ^ Il sito del Quirinale porta però il 1944 come data del conferimento dell'alta onorificenza.
- ^ [1] Quirinale - Scheda - visto 16 gennaio 2009
Opere
- Gli Eleati, testimonianze e frammenti, Laterza, Bari, 1939
- Il problema morale nella filosofia di Platone, Roma, 1939
- Rousseau, Anonima Veritas, Roma, 1951
Bibliografia
- Vittorio Alfieri, Pilo Albertelli, filoso e martire delle Fosse Ardeatine, Spes Edizioni, 1984
- Ugo La Malfa, Giancarlo Tartaglia, Piero Craveri, Scritti, 1953-1958, Fondazione Ugo La Malfa, 2003