Lyndon B. Johnson

politico statunitense (1908-1973), 36º presidente degli Stati Uniti d'America (1963-1969)

Lyndon Baines Johnson, noto anche come LBJ, (Johnson City, Texas, 27 agosto 1908San Antonio, 22 gennaio 1973), è stato un politico statunitense, 36º presidente degli Stati Uniti d'America. Divenne presidente degli Stati Uniti d'America dopo l'improvvisa morte di John Fitzgerald Kennedy, ucciso in un attentato a Dallas il 22 novembre 1963. Johnson è noto principalmente come "il presidente dei diritti civili", della "guerra alla povertà" e della cosiddetta "Great Society" ("Grande società"), oltre che per aver incrementato l'impegno del paese nella disastrosa guerra del Vietnam, in funzione anticomunista.

Lyndon B. Johnson

36° Presidente degli Stati Uniti
Durata mandato22 novembre 1963 - 20 gennaio 1969
PredecessoreJohn F. Kennedy
SuccessoreRichard M. Nixon

37° Vicepresidente degli Stati Uniti
Durata mandato20 gennaio 1961 - 22 novembre 1963
PresidenteJohn F. Kennedy
PredecessoreRichard M. Nixon
SuccessoreHubert Humphrey

Dati generali
Partito politicoDemocratico
FirmaFirma di Lyndon B. Johnson

Nascita

 
Il piccolo Johnson

Nacque il 27 agosto 1908, a Johnson City (Texas). La cittadina portava il nome di suo nonno, cowboy che aveva guidato le mandrie attraverso lo stato. Il padre era un contadino. Prima di darsi alla politica, lavorò in un cantiere, lavò i pavimenti e fece il custode.

Università

La sua carriera politica iniziò quando un deputato texano, Richard M. Kleberg, gli offrì un posto come segretario. Johnson approfittò dell'occasione per studiare legge alla Georgetown University. Era un seguace di Roosevelt, e collaborò al suo programma del New Deal. Più tardi ripudiò la matrice progressista liberal rooseveltiana, assumendo posizioni schiettamente conservatrici, in stretta correlazione coi profondi cambiamenti che avvenivano nel corpo elettorale texano, e si espresse in modo decisamente ostile nei confronti dei diritti civili delle minoranze nere. Questa fu una manovra eminentemente politica, tanto che non si può certamente stabilire quanto fosse in sintonia con gli intimi convincimenti di Johnson, che successivamente avrebbe fatto dei diritti civili uno dei suoi "cavalli di battaglia" della sua Presidenza. Il 17 novembre 1934 Johnson sposò Claudia Alta Taylor detta Lady Bird.

Servizio militare e ingresso in politica

 
Johnson in uniforme militare nel 1942

Nel 1937 fu eletto alla Camera dei Rappresentanti. Il 30 ottobre dello stesso anno Johnson entrò nella Massoneria nella loggia n. 561, a Johnson City. Molti non lo considerano massone poiché completò solo l'iniziazione come "Apprendista", e non divenne mai "Muratore".[1]

Partecipò come ufficiale di marina alla seconda guerra mondiale, e nel 1949, al suo secondo tentativo, fu eletto al Senato. Il suo primo tentativo, nel 1941, era stato accompagnato da insistenti voci circa gli illeciti perpetrati dal senatore uscente, W. Lee "Pappy" O'Daniel, e da Johnson stesso, che non contestò il risultato che lo vedeva uscire sconfitto.
Non mancarono d'altronde, per tutto il corso della sua vita, allusioni anche sulla maniera poco limpida in cui si sarebbe affermato - di strettissima misura - sull'ex-Governatore del Texas, il popolarissimo e razzista Coke Stevenson, ben noto per i suoi atteggiamenti filo-segregazionisti della minoranza di colore.

Nel 1953 divenne il leader del partito democratico. Mantenne questo incarico finché fu candidato per la vicepresidenza quando Kennedy si candidò alla Casa Bianca. Secondo molti la sua presenza fu determinante per attirare su John Kennedy molti voti del sud.

 
Lyndon B. Johnson presta giuramento nell'ufficio dell'aereo presidenziale. Accanto Jacqueline con gli abiti macchiati di sangue

Presidenza

 
Johnson e Kennedy

Fu nominato, nonostante l'avversione di Robert Kennedy nei suoi confronti, vicepresidente da John Kennedy, per poter avere i cospicui voti di Johnson, sconfitto alle primarie.

Salì alla massima carica in quel drammatico 22 novembre 1963, subito dopo l'assassinio di John F. Kennedy. Aveva una notevole abilità nelle grandi manovre parlamentari e conosceva i meccanismi della democrazia, tanto che riuscì a superare molti problemi economici e legislativi che avevano frenato il predecessore. Johnson giurò fedeltà alla Costituzione degli Stati Uniti, secondo la cerimonia prevista, cioè con la mano sinistra sulla Bibbia e la mano destra alzata, ma in maniera dimessa, sullo stesso aereo presidenziale che riportava a Washington il corpo di Kennedy, alla presenza della vedova Jackie Kennedy e del giudice distrettuale Sarah H. Hughes. In realtà Johnson non utilizzò la Bibbia, ma un messale cattolico, unico libro disponibile ritenuto adatto alla circostanza, trovato nella scrivania di Kennedy. La cerimonia avvenne nell'ufficio di bordo dell'aereo, presso il Love Field Airport a Dallas il 22 novembre 1963, due ore e otto minuti dopo che il presidente Kennedy fu assassinato. Il giudice federale Sarah T. Hughes fu scelta come amica di famiglia, facendo di lui il primo presidente che giurò nelle mani di una donna. Egli è anche l'unico presidente ad aver giurato sul suolo del Texas.

Nei giorni successivi l'assassinio, Lyndon B. Johnson tenne il suo discorso al Congresso: "Nessuna orazione commemorativa o più eloquente elogio potrebbe onorare la memoria del presidente Kennedy che il passaggio, prima possibile, della proposta di legge per i diritti civili per i quali ha combattuto così a lungo". L'ondata di lutto nazionale dopo l'assassinio dette un enorme impulso alla promessa Johnson di svolgere programmi di Kennedy.

Johnson creò inoltre un gruppo guidato dall'ex presidente della Corte Suprema Earl Warren, conosciuto come la Commissione Warren, per indagare l'assassinio di Kennedy. La Commissione concluse che Lee Harvey Oswald assassinò Kennedy da solo. Non tutti erano d'accordo con la Commissione Warren, e numerose indagini pubbliche e private hanno continuato per decenni.

Il fratello del presidente defunto, il procuratore generale Robert F. Kennedy, con il quale Johnson aveva un rapporto notoriamente difficile, rimase in carica per pochi mesi fino a lasciare nel 1964, andando a correre per il Senato.

La politica interna: i diritti civili e la Great Society

Johnson compì il resto della Presidenza muovendosi con cautela. Nel 1964, scaduto il mandato, si ricandidò battendo nettamente il candidato repubblicano Barry Goldwater. Vinse col 61,1% dei voti, conquistando 44 stati su 50. La campagna elettorale ad effetto - raffigurante una bambina che sfoglia una margherita, contrapposta al pericolo di una guerra nucleare nel caso di vittoria repubblicana - fu curata dall'agenzia pubblicitaria DDB di Bill Bernbach.[2][3] Legittimato dalla vittoria personale, cominciò la sua politica, varando criticate spese sociali.

 
Johnson firma il Civil Rights Act; alle sue spalle è visibile Martin Luther King

Da presidente varò una serie di riforme (la cosiddetta "Great Society"): si impegnò per completare la legge sui diritti civili (Civil Rights Act of 1964), che fece segnare un passo avanti sull'integrazione degli africani immigrati nella società statunitense, e migliorò il sistema scolastico, introducendo le borse di studio e un sistema sanitario pubblico, il cosiddetto Medicare (riservato agli anziani) e Medicaid, la prime e uniche leggi sulla copertura sanitaria ufficiale, caratterizzate dalla volontà di introdurre una copertura universale, degli Stati Uniti, fino alla recente Obamacare. Entrambi erano integrazioni del Social Security Act di Roosevelt. Sotto la sua amministrazione gli USA attraversarono un periodo di prosperità economica, soprattutto dovuta al forte aumento della spesa pubblica causato dalle riforme e dalla guerra del Vietnam. Sul piano sociale fu un periodo molto turbolento, a causa dell'estremizzazione del movimento per i diritti civili e delle proteste studentesche contro la guerra del Vietnam.

 
Johnson (sinistra) con l'ex Presidente Truman, al momento della firma della legge sull'assistenza sanitaria

Johnson era consapevole che queste leggi, soprattutto quella sui diritti civili avrebbero fatto perdere consensi al sud. Dopo alcuni omicidi politici Johnson attaccò pubblicamente il Ku Klux Klan definendola come "una società di incappucciati fanatici". Nominò poi Thurgood Marshall, avvocato, come primo giudice afroamericano della Corte Suprema. Fece inoltre varare una legge per il controllo delle armi, e incrementò il programma spaziale che avrebbe portato allo sbarco sulla Luna del 1969. Dovette però affrontare le proteste nelle periferie, sia da parte di estremisti neri che volevano una politica più radicale, soprattutto dopo gli omicidi di Malcolm X e Martin Luther King, sia da parte dei razzisti bianchi. Johnson inviò l'esercito per sedare le rivolte ma anche per proteggere la popolazione di colore dalle rappresaglie negli stati del sud.

Politica estera: la guerra del Vietnam

  Lo stesso argomento in dettaglio: Dottrina Johnson e Guerra del Vietnam.
«Io spero e prego ogni giorno che il mondo possa imparare. Quegli incendi che noi non causiamo saranno più grandi. Dobbiamo salvare la libertà ora ad ogni costo. Oppure ogni giorno della nostra libertà sarà perduto.»

In politica estera l'amministrazione Johnson fu considerata artefice del disastro in Vietnam. Il problema era ereditato dalle amministrazioni precedenti, soprattutto da Kennedy, ma fu lui (malgrado la sua attitudine a mantenere una certa prudenza rispetto ad ulteriori coinvolgimenti, influenzato largamente dai suoi consiglieri, in buona parte già membri dello staff di JFK) a dare la spinta decisiva che nel 1964 avrebbe portato all'ostilità aperta contro il Vietnam del Nord.

In seguito ad un presunto attacco ad una nave americana nel Golfo del Tonchino, Johnson convinse il Congresso ad approvare la Risoluzione del Golfo del Tonchino, con la quale si davano pieni poteri al governo per gestire il conflitto. Il pessimo andamento della guerra del Vietnam portò ad una crescente sfiducia dell'opinione pubblica nei suoi confronti, e nel 1968, in seguito all'offensiva del Têt, l'amministrazione fu accusata di aver mentito al popolo americano sull'andamento della guerra. Johnson dichiarò nel 1965:

«Ho chiesto al generale Westmoreland che cosa gli servisse per far fronte a questa crescente aggressione. Me lo ha detto. E noi soddisferemo le sue richieste. Non possiamo essere sconfitti con la forza delle armi. Rimarremo in Vietnam

Le fallite trattative di pace

File:Lyndon B. Johnson - portrait.png
Ritratto a olio del presidente Lyndon Johnson

Cercò quindi di tornare sui suoi passi e favorire delle trattative di pace con il Vietnam del Nord. Tali trattative fallirono miseramente in quanto i rappresentanti del Vietnam del Sud non furono convocati e quindi non si presentarono ai colloqui di Parigi. Secondo il giornalista Christopher Hitchens furono le manovre politiche del futuro presidente Nixon e di Henry Kissinger a far fallire le trattative di pace di Johnson, che avrebbero potuto porre fine al conflitto con anni di anticipo.[5]

Immagine pubblica di Johnson

 
Primo piano di Johnson in un ritratto ufficiale

Johnson è stato spesso descritto come un uomo sfrenatamente ambizioso, instancabile, e imponente, efficace nel far passare le sue proposte legislative. Lavorava 18-20 ore al giorno senza interruzione ed era apparentemente evitava qualsiasi attività nel tempo libero. "Non c'è stato nessun leader più potente della storia americana" scrisse il suo biografo Robert Dallek. Dallek ha dichiarato che Johnson aveva informazioni biografiche su tutti i senatori, conosceva le loro ambizioni, speranze, e inclinazioni, utilizzando ciò a suo vantaggio nel garantire voti. Un'altra biografia di Johnson scrive: "Avrebbe potuto alzarsi ogni giorno e imparare quali sono le loro paure, i loro desideri, e poteva quindi manipolare, dominare, convincere e persuaderli". Johnson ha assunto anche un'immagine da tipico allevatore texano di bestiame nel ranch, dopo aver comprato la proprietà di San Antonio.

Declino e ritiro

 
Foto ufficiale

Dopo questi fatti, a sorpresa Johnson, ormai stanco, anche per i problemi di salute che lo affliggevano da parecchi anni, decise di ritirarsi dalla corsa alle elezioni presidenziali di quell'anno:

«Sono giunto alla conclusione che non ammetterò che la presidenza si lasci coinvolgere nelle divisioni di partito che si annunciano in questa annata politica...Di conseguenza non accetterò la candidatura del mio partito per un altro mandato come vostro Presidente»

Il repubblicano Richard Nixon, delfino di Eisenhower sconfitto da Kennedy nel 1960, e strenuo avversario della politica sociale di Johnson divenne nel 1969 il nuovo Presidente e continuò convintamente la guerra, fino alla sconfitta e al trattato di Parigi del 1973, che sancì la riunificazione del Vietnam sotto il governo comunista nel 1975 e il fallimento bellico della politica estera di Johnson. Egli si ritirò nel ranch che aveva a San Antonio, nel natìo Texas, dove si occupò della conduzione delle sue terre e dell'amministrazione delle sue proprietà, intervenendo a però una convention democratica, e in poche altre occasioni. Johnson non avrebbe visto, per pochi giorni, la stipula del trattato con i vietnamiti.

Morte e sepoltura

 
Johnson fotografato nel suo ranch nel 1972

A San Antonio, a quattro anni di distanza da quando lasciò la Casa Bianca, Johnson morì il 22 gennaio 1973, all'età di 65 anni, per un attacco cardiaco. Onorato con funerali di stato, la sua tomba è nei pressi dello stesso ranch, in una zona di sepoltura privata.

 
La tomba di Johnson

Riconoscimenti

A lui è stato intitolato il Lyndon B. Johnson Space Center.

Riferimenti in opere e mass media

David Foster Wallace ha scritto un racconto intitolato Lyndon, che narra le vicende di uno stretto collaboratore di Lyndon B. Johnson. Il racconto è pubblicato all'interno de La ragazza dai capelli strani, edito in Italia da Minimum Fax. È inoltre presente nel videogioco Metal Gear Solid 3: Snake Eater, edito da Konami nel 2004 per Playstation 2.

Musica

Bibliografia

  • Robert A. Caro, The Years of Lyndon Johnson: The path to power, New York, Knopf, 1982

Documentari

  • LBJ: un Presidente per caso - documentario di Rai Storia

Controversie

E. Howard Hunt, indicò in LBJ il responsabile politico dell'omicidio Kennedy, convinzione nutrita anche privatamente da Jim Garrison, il procuratore che accusò Clay Shaw di cospirazione.[7]; così pure Madeleine Duncan Brown.[8] Queste accuse non hanno mai trovato conferme, ed occorre ricordare che lo stesso Johnson e sua moglie rischiarono la vita a Dallas durante l'attentato a Kennedy.

Note

  1. ^ The masonic president tour
  2. ^ (EN) «Peace Little Girl (Daisy)», Democratic National Committee, 1964 - Museum of the Moving Image.
  3. ^ (EN) «Daisy» - classifica delle 100 migliori campagne pubblicitarie del Novecento stilata da Advertising Age (posizione n° 100).
  4. ^ S. Karnow, Storia della guerra del Viet Nam, p. 276, Milano, Rizzoli 1985.
  5. ^ Christopher Hitchens, Processo a Henry Kissinger
  6. ^ S. Karnow, Storia della guerra del Vietnam, p. 386, Milano, Rizzoli 1985.
  7. ^ Deathbed Confession of E. Howard Hunt
  8. ^ LBJ's Mistress Blows Whistle On JFK Assassination

Altri progetti

Voci correlate

Collegamenti esterni

(EN) Sito ufficiale della Fondazione Lyndon Baines Johnson


Template:Link VdQ