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PROGETTO ITALIA, UN PROGETTO PER IL NOSTRO PAESE

Dr. Roberto Sechini


Prospettive di sviluppo per l’azienda Italia ovvero, come in quattro mosse si può incrementare il PIL, ridurre il deficit pubblico, produrre energia pulita e risolvere il problema lavoro........

Quello che segue è uno scenario ed insieme una proposta che dei politici intelligenti, interessati al Paese, potrebbero perseguire. Le politiche economiche non sono mai di destra o di sinistra. La massaia che va a fare la spesa la mattina non compra le uova o la carne seguendo una ideologia, ma soltanto la qualità ed il prezzo. Tutto lì. E posso assicurarVi che la moglie di Bertinotti si comporta esattamente coma le moglie di Fini. Non ho mai controllato de visu al mercato, ma così è.

C’è una vecchia storia che tutta l’Italia che lavora conosce per averla sentita dai propri padri: la storia vede come attori un vecchio muratore e suo figlio, più una vecchia signora benestante cliente del nostro muratore. Ordunque il nostro muratore ad un certo punto della sua vita ha bisogno di allontanarsi da casa per un motivo che potrebbe andare dal funerale di un parente stretto, ad una cura in una stazione termale. Insomma deve allontanarsi per una quindicina di giorni e, prima di farlo, responsabilizza il figliolo affinché durante la sua assenza sia sempre presente a disposizione della clientela. Va, e poi ritorna dopo i previsti 15 giorni e, appena a casa, chiede immediatamente al figliolo una relazione su quello che è successo durante la propria assenza. La storia come detto è un po’ datata, oggi la relazione sarebbe stata fatta giornalmente via telefonino, ma venti anni fa i telefonini ancora non c’erano. Racconta dunque il nostro figliolo: Niente d’importante, a parte una richiesta d’intervento da parte della signora proprietaria della casa accanto, che ti chiama ogni volta che piove perché le entra acqua dal tetto. Il papà si agita e chiede tutto concitato: Si, cosa era successo? Le pioveva ancora una volta dal solaio sotto il tetto. E cosa hai fatto? Le ho fatto proprio un bel lavoro, vedrai che adesso non le pioverà più in casa. Sai papà che sul quel tetto c’era una catasta di tegole nuove, pesantissime, messe sopra le tegole rotte, che facevano incurvare le travi e quindi per forza che le pioveva. Ho tirato via tutte le tegole vecchie, ho girato le travi, e pensa, c’erano tante tegole che non ho avuto neanche bisogno di ricomprarne delle altre. Anzi ne ho messa da parte una bella catasta di modo che se in futuro se ne dovesse rompere qualcuna n’abbiamo già una scorta più che sufficiente. Non avendo acquistato materiale ho messo fuori solo la giornata e la signora è stata così contenta che mi ha anche offerto il caffè. Figlio mio, spero che sia stato bello lungo e zuccherato, perché non ne vedrai più per un lungo periodo. Tu figlio improvvido hai rovinato il migliore nostro cliente. Tutte le volte che andavo noi guadagnavamo sia sulla giornata che sulle tegole nuove, ora non guadagneremo più nulla per tre quattro anni, fintanto che il sole o il gelo non faranno rompere tutte le tegole che hai accatastato..........................................

La faccia del figlio del muratore è esattamente la stessa che hanno tutti gli studenti di economia dopo aver discettato sui mali del Paese e sui rimedi per rimetterlo in piedi ben saldo. Accademicamente, seguendo le leggi naturali dell’economia, tutti gli studenti imparano a verificare che non solo è possibile “guarire” ma anche avere un futuro migliore. Ed è a quel punto che i nostri giovani provano a chiedersi perché tanti cervelloni, tanti grandissimi esperti non potevano raggiungere le medesime conclusioni, per concludere amaramente che forse non si vuole risolvere i problemi. Ma le giovani generazioni sono non solo più preparate e aperte, ma sicuramente, come il giovane della nostra storia, anche meno inclini al compromesso. Hanno una gran voglia di fare e grandi ideali che si scontrano poi con un mondo duro, in lotta con se stesso che non ne vuole sapere di cambiare, perché ha paura di perdere delle posizioni di predominio e se volete, delle rendite di posizione. Da qui la resistenza alle privatizzazioni, o in genere alle “liberalizzazioni”, adducendo ogni volta la difesa di qualche libertà, il riempirsi la bocca con i valori dell’antifascismo, della resistenza, e poi fare una difesa smaccata, ad oltranza del corporativismo: pensate, sono occorsi 50 anni per riuscire a vendere i giornali fuori delle edicole. Se volevate aprire un’edicola dovevate avere il permesso della “corporazione” pardon, dell’associazione dei giornalai. Ed è la stessa cosa se volete aprire una farmacia, o se avete perso il lavoro e volete fare il taxista. Ma ci sono anche i grandi soloni, quei Professori universitari che hanno tuonato contro le leggi di riforma dell’Università, ma che producono per la maggior parte solo chiacchiere messe insieme dai loro assistenti portaborse in attesa anche loro di ascendere ad una cattedra. Ma poiché questa volta ci sono obblighi internazionali che impongono al nostro Paese di cambiare, pena l’esclusione dalla squadra EUROPA, ecco che il guadagnare tempo non serve poi più di tanto. O si raggiungono i risultati che si era assicurato che avevamo raggiunti, o andiamo fuori.

Immaginiamo di essere gli amministratori delegati dell’azienda Italia. Dobbiamo tenere presente che non possiamo venderla, né liquidarla né farla fallire: dobbiamo rilanciare la Società, possibilmente senza interventi cruenti.

Abbiamo ipotizzato l’Italia da un punto di vista econonometrico, come se si trattasse della Conglomerata ITALIA Spa. Ne abbiamo esaminato i bilanci, e soprattutto ne abbiamo considerato i punti forti ed i punti deboli. Abbiamo provato a considerare i requisiti per l’ammissione alla moneta unica come fossero i requisiti per l’ammissione in borsa della ns. Società e abbiamo ipotizzato la nostra manovra. Chi ha fatto parte di una squadra impegnata in un business game, sa esattamente quello che intendiamo e che abbiamo messo nel campo. Quali i nostri obiettivi per l’ammissione in Borsa/o se volete per restare nel club dei Paesi di Maastrich infischiandosene dei giudizi del Financial Time, un giornalaccio che parla di cose che non conosce.

-Portare i debiti globali al 60% del ns. fatturato (il P.I.L. che cosa è se non il prodotto dell’azienda Italia?) -Azzerare il deficit corrente o tenerlo sotto il 3% del fatturato -Cercare di non aumentare i prezzi oltre la media degli altri concorrenti attualmente il 3% -Avere una condotta particolarmente meritevole di modo da ottenere dalle nostre Banche tassi in media con quelli in vigore nelle altre Aziende/Stati operanti sul mercato europeo

La prima impostazione che abbiamo cercato di dare, in considerazione del fine propostoci di non fare manovre cruente, è che i nostri obiettivi non erano degli obiettivi assoluti, ma dei rapporti. Ora in un rapporto c’è un numeratore e un denominatore. Quando parliamo dell’obiettivo di tenere i debiti totali entro il limite del 60% del fatturato PIL, se abbiamo 70 su un fatturato di 100 abbiamo un risultato del 70%, ma se il fatturato fosse di 120, il nostro debito sarebbe contenuto al 58,33%. Questa piccola considerazione sfugge completamente a chi si dedica a fare manovre economiche, sempre ideate e pensate per deprimere il PIL e mai per incrementarlo. Pensate solo allo stupore con il quale è stata accolta, anni fa, la notizia che, con i provvedimenti per la rottamazione delle auto, lo Stato ci aveva guadagnato. Se n’era discusso per mesi, c’era stato un diluvio di dichiarazioni “...che giammai avremmo fatto regali come in Francia”, poi a latere della firma del contratto dei metalmeccanici, finalmente sono arrivati i provvedimenti per la rottamazione, dai più spacciati come un aiuto alla maggiore industria nazionale dell’auto. E poi a giugno la notizia che il bilancio dello Stato ci aveva guadagnato. Ma una proiezione al Ministero delle Finanze nessuno è capace di farla? Se la risposta è no, ci sono tanti baldi giovani disoccupati a disposizione. E’ mai possibile in questo Paese che si debba pensare ad aumentare le entrate dell’Erario solo aumentando le imposte e la benzina? Qualche specialista potrebbe calcolare che portando il prezzo della benzina a 0,75 €/l si potrebbe avere una diminuzione generalizzata dei prezzi (considerando che in Italia tutte le merci viaggiano su strada e poco o niente su rotaia), un incremento dei consumi, una maggiore attrattiva per i turisti, e magari alla fine vendere tanti più litri da far guadagnare il Tesoro. Certo con i prezzi correnti, il Tesoro sembra guadagnarci di più, ma se poi uccidiamo l’economia de Paese, qualcuno dovrebbe porsi il problema. Nelle catene alimentari quando si promuove il 3X2, non è per fare un regalo ai consumatori, ma semplicemente per vendere di più. Enucleiamo intanto questo concetto sul quale ritorneremo per entrare nei dettagli della manovra:

           RESTARE NEI CRITERI STABILITI INCREMENANDO IL PIL.

Il giochino di anticipare le entrate e posticipare le spese non è che sia il massimo delle manovre di bilancio. Quello che anticipo a quest’anno mi mancherà poi l’anno prossimo e quello che posticipo l’anno prossimo, mi provocherà un appesantimento


dei conti in quell’anno. Poiché entrare nella moneta unica e poi non rispettarne i parametri porta a sanzioni economiche gravissime, questi sono giochini che poi si pagano e i cittadini di questo Paese non devono essere sempre turlupinati (vedi latte). Dobbiamo pensare a fare le cose seriamente, altrimenti diamo la possibilità agli altri di affermare che non abbiamo i requisiti. Se facessimo le cose più seriamente, potremmo essere noi a chiedere ragione di certi tipi di situazioni: -siamo sicuri ad esempio che la Germania abbia solo sforacchiato come la Francia il limite del 3%?

Un Paese che si è permesso dalla sera alla mattina di cambiare 1:1 i marchi della DDR con quelli della RFT può avere forse più problemi di noi. Un Paese che grazie alla riunificazione si è ritrovato a rispondere degli enormi prestiti in dollari convertibili in oro lanciati dalla Germania nazista per armarsi , forse ha molti, ma molti più problemi di noi, solo che un Paese unito e compatto preferisce non discutere delle proprie debolezze né aggiungere alle proprie altre incertezze.

Per dare concretezza e spazio temporale si è quindi ipotizzata una manovra novennale che può essere realizzata dalla sera alla mattina con un decreto legge.

Si è infatti ipotizzato di mettere a leasing tutti beni d’investimento che la Repubblica realizza in un anno. Si tratta di una cifra di oltre 50 miliardi di euro che ove i beni fossero acquisiti in locazione finanziaria con contratto quinquennale per i beni mobili ad alto ammortamento ed in locazione decennale per tutti gli altri porterebbero ad un risparmio di oltre 40 miliardi.

Il criterio di esporre in bilancio solo i canoni maturati nel periodo di bilancio è accettato da EUROSTAT e non potrebbe essere che così, visto che fino al riscatto i beni sono di proprietà delle società locatrici.

Ci siamo preoccupati, in considerazione che per spuntare queste cifre di risparmio il tutto non può essere lasciato alle iniziative dei singoli enti, di ipotizzare una struttura agile che alle dipendenze della Presidenza del Consiglio, realizzi le opportune sinergie tra imprese locatrici e i vari enti destinatari dei beni stessi.

Riteniamo che l’articolato realizzi con grande concretezza grandi risparmi ma anche una velocità di investimento in grado di accrescere il nostro PIL e quindi di creare in definitiva posti di lavoro.

Eccone il testo:


DECRETO LEGGE


Art 1) A decorrere dalla pubblicazione del presente decreto sulla Gazzetta Ufficiale gli investimenti del settore pubblico (Stato, regioni, provincie, comuni, enti di proprietà degli stessi o comunque a maggioranza pubblica) per l'acquisto di beni mobili ed immobili suscettibili di utilizzazione separata dovranno essere finanziati mediante il ricorso alla locazione finanziaria.

Art 2) Gli Enti di cui all'art. 1 non potranno fare ricorso a fondi propri ne` alla Cassa Depositi e Prestiti, se non dopo aver esperito il tentativo di finanziamento presso le societa` di leasing in posizione regolare rispetto alle disposizioni di legge che disciplinano l'esercizio dell'attivita` di locazione finanziaria.

Art.3) Viene costituita una speciale Agenzia alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri che avra` il compito di promuovere il collocamento di domande di locazione finanziaria tra le societa` nella posizione prevista all'art.2. Gli Enti Pubblici richiedenti il finanziamento dei loro investimenti, che non riuscissero con i loro mezzi a trovare soluzioni soddisfacenti, dovranno rivolgersi alla Agenzia che dovra` in 21 giorni o trovare il collocamento dell'operazione, o rilasciare al termine l'attestazione che confermi l'impossibilita` di finanziare l'investimento con il ricorso alla locazione finanziaria.

Art.4) Gli enti pubblici potranno fare ricorso alle fonti tradizionali solo dopo il rilascio dell'attestazione di cui all'art.3.

Art.5) L’Agenzia di cui all'art.3 avra` anche il compito di stabilire con cadenza mensile e di concerto con l'ABI e l'ASSILEA il tasso nominale annuo massimo e la periodicita` di rimborso dei canoni applicabili alle operazioni di leasing a seconda del loro taglio, della loro importanza, della fungibilità dei beni e delle garanzie intrinseche nell'operazione, anche se il perfezionamento delle varie operazioni sarà` di competenza delle singole società` di leasing che aderiranno alla proposta. Le società` di leasing che accetteranno le proposte dell’Agenzia corrisponderanno alla stessa una commissione dello 0,125%, che verra` utilizzata per le spese di funzionamento dell’Agenzia stessa, la cui attività verrà disciplinata con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Art.6) Le operazioni di leasing realizzate per il tramite dell’Agenzia ed alle condizioni economiche da questa segnalate non richiedono l'esperimento di alcuna altra gara in considerazione del potere dell’Agenzia di verifica della congruita` dei valori dei beni richiesti in locazione.

Art.6) Le disposizioni del presente decreto avranno validita` fino al 31.12.2010 e con lo spirare di tale data anche l’Agenzia verra` sciolta.


Realizzato un risparmio di spesa di oltre 40 miliardi, e risolta così l’emergenza deficit di bilancio ma con una manovra di lungo periodo, abbiamo voluto affrontare il problema della composizione del nostro fatturato, sempre dipendente da materie prime altrui. Abbiamo rivolto la nostra attenzione ad un

                                             PROGETTO PAESE,

che ribaltando l’ottica dell’industrializzazione massiva fin qui seguita, potrebbe portare alla creazione di oltre 3 milioni di posti di lavoro. La riduzione ottenuta con la manovra leasing si esaurirà nel giro di qualche anno, giusto quelli necessari per innescare il nuovo progetto.

Un progetto di ampio respiro, capace tra l’altro di risparmi per una diecina di miliardi, di apporti netti sul bilancio dello Stato per oltre sessanta miliardi , di incrementi del P.I.L. per altre decine di miliardi di euro, senza contare il beneficio per i conti previdenziali che verrebbero rimpinguati dai contributi dei nuovi assunti sempre per decine di miliardi di euro Il progetto potrebbe innescare nel Paese un nuovo periodo di benessere e stabilità sociale. Così potrebbero sembrare parole ma il tutto deriva da un’analisi dei nostri punti forti:

l’ITALIA è il bel Paese che il mar circonda e l’Alpe. Parliamo di 7500 Km di coste coronate a nord dalle Alpi e percorse al centro dall’Appennino.

Nel bel mezzo circa il 70 (o l’85% ?) del patrimonio artistico mondiale. Attenzione: Mondiale. Il che significa che il mondo se volesse vederli tutti dovrebbe venire nel nostro Paese a vederli.

Il numero dei turisti che visita il ns. Paese può sembrare elevato, ma così non è perché composto per circa il 40% da escursionisti. Turisti che scendono dai valichi di confine, fanno la loro giornata al mare o meglio sul lago di Garda poiché per la maggior parte gli escursionisti sono tedeschi, e poi tornano a casa.

A questo punto abbiamo già individuato alcuni punti sui quali si articola il ns. progetto: quando non sappiamo individuare se ospitiamo il 70 o l’85% dei beni artistici di tutto il mondo è perché realmente non sappiamo quello che abbiamo in casa. Noi abbiamo sottoscala e cantine di musei che rigurgitano di materiale che nessuno ha mai catalogato e fotografato. Lo Stato ha dato in prestito d’uso centinaia di beni artistici dimenticandosi di scriverli da qualche parte o dimenticandosi di farsi dare una ricevuta con il risultato che grandi commis di Stato si trasferiscono o vanno in pensione portandosi dietro i quadri dell’ufficio. Cose che tutti sanno, cui i carabinieri dello speciale nucleo opere d’arte cercano di porre rimedio, ma è come vuotare il mare con un secchiello. Quale l’idea? Copiamo il Vaticano. Il restauro della Cappella Sistina non è costato una lira alle finanze vaticane. E’ stato finanziato dai giapponesi che hanno avuto in contropartita l’uso dell’immagine: esattamente come per le partite di calcio. Ebbene, il rientro dei finanziamenti è avvenuto in maniera molto più celere di quanto gli stessi giapponesi avessero previsto. L’ipotesi è quella di dividere l’Italia in comprensori turistico-artistici e di darli in concessione con una regolare asta internazionale. Obbligo del concessionario: 1. un inventario da redarsi in contraddittorio con la locale Sovraintendenza alle Belle Arti alla presenza di un ufficiale del locale comando dei carabinieri o della guardia di finanza.(l’esperienza insegna che più occhi e più responsabilità aiutano a fare meglio i controlli) 2. assicurare la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutti i beni compresi nell’inventario di cui al punto precedente. 3. presentare entro sei mesi dall’assegnazione il piano per l’utilizzazione del comprensorio in concessione. Il piano viene presentato alla Regione ove si trova il comprensorio e la Regione deve entro 45 giorni dare risposta richiedendo eventuali modifiche o integrazioni.

Il comprensorio turistico- artistico è un’area omogenea sul cui territorio il concessionario può richiedere di installare a proprie spese opifici sia per la migliore utilizzazione delle opere d’arte, che alberghi, infrastrutture e quanto altro possa agevolare la migliore fruizione del complesso dato in concessione. Facciamo un esempio: ipotizziamo che sia stato definito il comprensorio di Pompei che comprenderà la zona degli scavi, il santuario ed una certa parte della superficie comunale. Orbene il concessionario della zona potrebbe proporre la costruzione di alberghi, ristoranti, la costruzione di nuove strade, parcheggi, e financo una Pompeiland, ove ricostruire e far rivivere la città distrutta con le sue case, le sue taberne ed evidentemente senza lupanari. Avremmo cioè la zona degli scavi, restaurati a cura del concessionario, più una nuova città con i suoi alberghi, ristoranti, parcheggi, strade con taxi bighe, etc. Qualcuno, o forse anche molti, potranno storcere il naso, ma trasformeremmo un turismo pendolare in un turismo stanziale. Considerando che nelle attuali condizioni il comprensorio di Pompei Paestum ha avuto circa 3,2 milioni di visitatori, si potrebbe giungere a 10 milioni di visitatori. Considerando il da farsi ed i tassi di disoccupazione locali, è verosimile una previsione da circa 4.000 fino a 10.000 posti di lavoro che sarebbero impegnati prima nei lavori di costruzione per la realizzazione sul posto di un centinaio di alberghi da 100 stanze, ristoranti, negozi, boutiques,nella ricostruzione di Pompeiland, strade, parcheggi,nella gestione del tutto, nella manutenzione e nel restauro, nei servizi di sicurezza e in tutto quel coacervo di servizi necessari per soddisfare i desideri ed i bisogni di 10 milioni di visitatori.

Se proviamo ad immaginare 30 comprensori assegnati all’asta ad un valore minimo medio di 2 miliardi anno avremmo incrementato il nostro PIL di 60 miliardi anno più il risultato dato dall’attività dei comprensori. Potremmo raddoppiare il numero dei turisti e quindi creare centinaia di migliaia di posti di lavoro, che contribuirebbero anche loro all’aumento del PIL che potrebbe incrementarsi di ben 6 punti. I soliti critici pirroniani, come hanno già fatto per le Olimpiadi, potrebbero stracciarsi le vesti accusandoci di voler mercificare il nostro patrimonio. Certo signori, vogliamo far rendere quello che il buon Dio e la storia ci hanno dato. Che la Germania non vende il suo carbone? Che i Paesi Arabi non vendono i loro petrolio? Noi desideriamo trasformare i costi per la gestione di un patrimonio, tra l’altro fruito da tutti e che oggi sta andando in rovina per mancanza di fondi, in un’occasione di guadagno per l’erario e di lavoro per i ns. giovani, assunti realmente da terzi e non a carico, in maniere più o meno camuffate, del bilancio pubblico. Noi vogliamo raddoppiare i proventi del turismo creando ovviamente le necessarie infrastrutture, senza le quali i turisti non possono arrivare.

Il ns. PROGETTO PAESE non potrebbe svilupparsi senza la previsione di completare quelle opere autostradali essenziali quali il raddoppio dell’Autosole da Modena Nord(innesto Autostrada del Brennero) fino a Rimini, la cosiddetta variante di valico per evitare che il minimo tamponamento sul tratto appenninico dell’A1 tagli l’Italia in due, e l’aumento delle corsie sui tratti di tangenziale di Milano, Roma e Napoli già oggi ingolfati di traffico e in più realizzare almeno 4 nuovi aeroporti “leggeri” adatti però all’atterraggio di voli intercontinentali,che potrebbero essere costruiti e gestiti integralmente da chi ci offrirà le migliori royalties in prossimità delle città d’arte: Firenze, Pompei/Salerno, Roma, Palermo/Taormina. Nelle zone* servite dai nuovi aeroporti, dovranno essere costruiti nuovi hotels che potrebbero essere gestiti eventualmente dal medesimo gestore degli aeroporti, con un modulo standard capace di coniugare decoro, e servizi ad un prezzo a livello della catene francesi attive in questo segmento. • LA ZONA DI POMPEI, CASERTA CAPRI PAESTUM HA AVUTO LO SCORSO ANNO OLTRE 4 MILIONI DI VISITATORI. DI QUESTI CIRCA 3 MILIONI DI PERSONE SONO STATI COSTRETTI AD ARRIVARE DA ROMA FIUMICINO SENZA POSSIBILITA’ LOCALI DI RICEZIONE. • FIRENZE NELLE SUE VARIE GALLERIE HA VISTO IL PASSAGGIO SEMPRE DI OLTRE 4 MILIONI DI VISITATORI. DI QUESTI CIRCA 3 MILIONI DI PRESENZE/VISITATORI CHE OVE GIUNTI IN AEREO SONO ATTERRATI O A FIUMICINO O A MALPENSA, O IN ALTRE CITTA' EUROPEE COLLEGATE CON L’AEROPORTO DI FIRENZE. • ROMA, UTILIZZANDO LO STESSO SISTEMA DI CALCOLO. HA VISTO TRA MUSEI VATICANI E NAZIONALI, 6.000.000 CIRCA DI VISITATORI/PRESENZE CIFRE CHE GIUSTIFICANO UNA PISTA CHE POTREBBE ESSERE COLLOCATA TRA LA VIA CASSIA E FLAMINIA, O A RIDOSSO DELL’ATTUALE COLLEGAMENTO FERROVIARIO FIUMICINO-ORTE. • IN SICILIA SI TRATTEREBBE DI UN AEROPORTO REGIONALE DA COLLOCARSI TRA CALTANISSETTA ED ENNA, A RIDOSSO DELL’AUTOSTRADA CHE COLLEGA ENNA A CATANIA E A PALERMO PASSANDO PER MESSIINA. LA VALLE DEI TEMPLI SAREBBE A 50 KM, IDEM I MOSAICI DI PIAZZA ARMERINA. PALERMO SAREBBE RAGGIUNGIBILE IN 45 MINUTI,, EGUALMENTE TAORMINA.

Gli aeroporti: Niente Malpense 2000, ma strumenti essenziali da realizzarsi in 2-3 anni. Pista da 4 Km in cemento armato capace di sopportare l’atterraggio di voli intercontinentali diretti operati sia da MD11 che dal nuovo Airbus A380. Due piazzali alle estremità ciascuno con due moli a due porte e quindi in totale capace di ospitare 8 Airbus contemporaneamente. Nessuna pista di raccordo, essendo la pista utilizzata nei due sensi. Aerostazione centrale collegata con i moli da una navetta automatica (tipo aeroporto di Stansed-Londra). Una piccola torre di controllo con il minimo di radiomisure. La zona deve essere accuratamente scelta sulla base di rilevazioni storiche che assicurino la totale mancanza di nebbia sul perimetro dell’aeroporto, che opererà solo con voli diurni, anche se in fase costruttiva saranno realizzate le luci di pista. Costo sull’ordine dei 70 milioni di dollari per ciascuna realizzazione. Un costo minimo a fronte di un ipotesi di un traffico di 10 milioni di passeggeri anno (300 passeggeri medi per aereo, 8 aeromobili ora per 11 ore giorno per 365 giorni anno) Nel perimetro aeroportuale saranno previsti spazi per la costruzione futura di almeno 5 hotels da 200 camere. Gli alberghi: Non si può pensare di sfruttare le capacità turistiche del Paese spennando i turisti. Lo si fa per un anno e poi non verranno più. Abbiamo bisogno di catene alberghiere e ristoranti che operino a prezzo fisso e noto. Dobbiamo imparare dalla Francia e pensare ad industrializzare l’attività di ricezione. Ci vogliono non solo hotel di lusso ma anche realizzazioni industrializzate capace ciascuna di 100 stanze coibentate dai rumori e condizionate, con il minimo indispensabile di servizi e con un decoro sul tipo della catena IBIS o Campanile della Accor. Ove possibile specie in Sicilia piscina all’aperto. Prezzo medio della stanza doppia o singola 50 € notte con eventuali incrementi o decrementi in funzione dei costi dei terreni. Quindi con prezzi più bassi a Sud, e certamente più elevati a Firenze. Ogni hotel potrà generare ricavi sull’ordine dei 3,5 Milioni compresi i ricavi del ristorante che offrirà una scelta di menù a prezzo fisso a partire da 19€ e colazioni al buffet da € 6. Sono situati strategicamente a ridosso delle città d’arte e dei piccoli centri significativi (ad esempio in Sicilia a Agrigento, Cefalù, Monreale, Noto, Segesta, Santa Flavia, Siracusa, etc La Compagnia concessionaria dovrebbe offrire ovviamente pacchetti per voli diretti nelle città d’arte comprensivi di volo e soggiorno nei propri hotels, incrementando voli e fatturato, e soprattutto decongestionando Roma Fiumicino su cui orbitano normalmente i passeggeri diretti nelle città d’arte. Aeroporto non significa solo rumore: significa che le merci della zona possono raggiungere in tempi brevissimi le città di destinazione. Aeroporto significa che i giovani delle zone interessate potranno avere un lavoro, direttamente o nelle aziende dell’indotto. La IATA calcola per ogni milione di passeggeri lavoro diretto per 1500 persone e lavoro totale per 6.000. Questa è un’ipotesi media. L’ipotesi alta prevede di occupare 8.000 persone di cui direttamente 2.000. Per 10 milioni di passeggeri significherebbe nell’ipotesi media più 60.000 occupati per ogni iniziativa e quindi su un totale di 4, più lavoro per 240.000 persone Aeroporto ed hotels significano ad esempio per Pompei non più turismo mordi e fuggi da 8 ore. Significa la possibilità di aprire nuovi hotels, ristoranti e quindi lavoro, lavoro vero pagato dal turismo internazionale e non sempre dalla Repubblica Italiana mediante l’assegnazione di lavori cosiddetti socialmente utili. Sempre la IATA ha calcolato che ogni milione di passeggeri in più porta ad un impatto economico diretto di 75 milioni di dollari su un impatto globale di 650 milioni di dollari. Per 10 milioni di passeggeri parliamo quindi di un impatto globale, assumendo sempre un’ipotesi media, di 6500 milioni di dollari, che porta nel totale delle 4 iniziative considerate a un impatto di 26 miliardi di dollari. Se invece l’impatto dovesse rivelarsi alto ( dopo i collegamenti diretti fra il Giappone e l’aeroporto Dallas di Washington gli investimenti giapponesi nell’area metropolitana di Washington si sono incrementati del 2000%) passeremmo da un 26 miliardi a 52 miliardi, grosso modo 3 punti di P.I.L.. Se oltre che degli aeroporti, volessimo anche occuparci dei porti, tanto per non dimenticare che Genova e Trieste sono due porte sul Mediterraneo une per l’Europa Centrale e l’altra per l’Europa Orientale, basterebbe realizzare una serie di District Park, aree di scambio e di lavoro in zone portuali, ciascuna capace con un investimento tra i cinquecento e gli ottocento miliardi, di realizzare posti di lavoro tra i 4500 diretti ed i 25.000 indiretti.

Non sappiamo se è stato notato, e se non lo fosse stato, qui desideriamo sottolineare che fino a questo punto non abbiamo mai parlato di esborsi, ma sempre e soltanto di risparmi del deficit corrente, di tanti posti di lavoro e di incremento del PIL. L’esperienza ci ha però insegnato che i piani che rasentano il BEP(punto di equilibrio) si risolvono poi in risultati passivi e che quindi bisogna coniugare più interventi per essere sicuri di raggiungere l’obiettivo. E qui arriva il punto di richiedere di smetterla con politiche monetaristiche che non fanno che deprimere il Paese, e allontanare la possibilità di un lavoro per i giovani. Per dare lavoro vero, e non mezzi lavori, stages, contratti di formazione e lavoro, etc, ci deve essere sviluppo. Sviluppo significa creare le condizioni per lo sviluppo che crea poi lavoro. Senza sviluppo non si paga la pensione a nessuno. Non si può sempre pensare a delle politiche di risparmi su una popolazione lavorativa che senza sviluppo è destinata a contrarsi. Mille che lavorano non potranno mai pagare la pensione a 10.000. Ci vuole sviluppo: il nostro piano vuole creare milioni di posto di lavoro, ma poiché conosciamo il ns. Paese, ben difficilmente il ns. piano che non è supportato da nessuna grande forza politica sarà apprezzato e fatto proprio da qualcuno. Nella migliore delle ipotesi se ne parlerà e parlando parlando la situazione lavoro si aggraverà. I ragionieri che non riscuotevano la simpatia del Presidente Scalfaro, non siedono solo a Bruxelles, stanno assisi tranquillamente in via XX Settembre in quel di Roma, a lamentarsi di tutto il “nero” che esiste nel Meridione e delle centinaia di migliaia di miliardi di imposte evase.

Indichiamo allora, in attesa delle discussioni sulla ns. proposta di Progetto Paese, che si faccia un decreto “ROTTAMAZIONE” per alcune regioni italiane. Non vogliamo rottamare nulla, solo vogliamo applicare con diligenza alcuni benefici di tassazione ove la situazione lavoro è più grave, ma solo per far guadagnare di più all’Erario. Esattamente come si è verificato per il decreto sulla rottamazione, criticato prima come un regalo alla Fiat e rivelatosi poi come un apportatatore di imposte poi (+ 477 miliardi di lire in 5 mesi)

In alcune regioni italiane la situazione lavoro è gravissima, ed in più in queste regioni il prodotto interno per abitante è di gran lunga inferiore alla media nazionale. Abbiamo considerato di poter riequilibrare la situazione in sette anni. Come? Con un altro decreto legge:


Art. 1 A decorrere dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del presente decreto, alle regioni in cui il Prodotto interno lordo per abitante risulti inferiore del 30% alla media delle 10 regioni con il più alto PIL per abitante, verranno attribuiti i seguenti benefici.

A= Ad ogni nuova impresa costituita con qualsivoglia forma societaria che rientri nell’elenco di cui sopra che verrà pubblicato ogni anno a cura della Presidenza del Consiglio, si applicherà un’imposta totale omnicomprensiva sulle persone giuridiche nell’aliquota unica del 33%. B= Gli stipendi ed i salari degli assunti di queste nuove imprese verranno assoggettati ad un’aliquota previdenziale complessiva del 15%, di cui il 12,5% a carico del datore di lavoro ed il 2,5% a carico del lavoratore.

Art.2 A tutte le imprese già esistenti sul territorio nazionale alla data di questo decreto, indipendentemente dalla localizzazione geografica, in sede di bilancio annuale potranno considerare in detrazione d’imposta le percentuali calcolate come segue: Per nuove assunzioni comprese fino al 5% del personale occupato calcolato alla data del 31.12.05, abbattimento di un punto nel calcolo delle imposte dovute. Per le nuove assunzioni comprese tra il 5 e il 10%, sconto di due punti. Tra il 10% e il 12,5%, sconto di tre punti. Tra il 12,5% ed il 15%, sconto di 4 punti Tra il 15% ed il 17,5%, sconto di 5 punti. Tra il 17,5% ed il 20.00%: sei punti. Oltre il 20,00% sconto di 7 punti. Per esemplificare: un’impresa che avesse avuto alla dichiarazione annuale desumibile dal Mod. 770 una forza lavoro complessiva di 65 unità, ove incrementi nel corso dell’anno successivo questo numero di altri 18 lavoratori, registrerebbe un incremento di organico pari al 27,69% ed avrebbe diritto ad applicare una riduzione di 7 punti dalle normali aliquote IRPEG. Per nuove assunzioni si intendono quelle riferentesi a lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle categorie normali previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro, e quindi con esclusione dei rapporti di formazione o di stage.


Quale Cassandra potrebbe affermare che l’Erario ci rimetterebbe? L’aliquota unica del 33% sta facendo la fortuna di una serie di Paesi, che intelligentemente hanno capito che il 51% di zero è sempre zero, mentre il 33% di qualcosa è sempre qualcosa.. La stessa Germania sta guardando con interesse la flat tax al 25%. C’era un Partner europeo, l’Irlanda, che partita in condizioni peggiori dell’Italia, ha oggi quasi tutti i conti in ordine ed è divenuta in più la capitale europea dell’high tech. Grazie a che cosa? Ad una tassazione sui profitti del 10%, garantita fino all’anno 2010. C’è un concetto, quello del villaggio globale, che sfugge ai nostri “ragionieri” del fisco ed all’on. Bertinotti. Lo slogan lavorare meno per lavorare tutti nella attuale realtà italiana può essere tradotto: lavorare meno per non lavorare più.

Noi non dobbiamo piangere per i conti dell’INPS! Dobbiamo piangere perché non c’è lavoro per i ns. figli e non c’è lavoro per i nostri figli perché la Repubblica spreme il lavoratore dipendente come un limone. Spremi oggi, spremi domani, chi può se ne va in pensione e chi resta a lavorare per pagare la pensione a quelli i cui contributi versati sono stati bruciati dalla cassa integrazione, dai pensionamenti anticipati, dai coltivatori diretti? E allora lo vogliamo capire che non serve avere un costo del lavoro più alto che a Montecarlo? Che se non cambiamo, tutti i ns. industriali che vogliano continuare a stare sul mercato, DOVRANNO portare le loro lavorazioni all’estero! Ed allora portiamogli l’estero in casa. Facciamo installare le loro nuove aziende nelle zone ove il PIL procapite è più basso, e facciamo pagare ai nuovi assunti un’aliquota molto bassa.

Abbiamo già stabilito che per chi ha un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni, la pensione verrà calcolata con il metodo contributivo, quindi lo Stato da questo beneficio non ci rimetterà nulla. Tra quaranta anni, questo lavoratore assunto oggi potrà far valere per i primi anni della sua carriera, contributi non elevati, ma vivaddio, un 15% di contributi è sempre meglio di niente, specie se consideriamo che se c’è contribuzione è perché c’è un salario, uno stipendio. E se c’è un salario, si può consumare, ma stia tranquillo il ns. Governatore: non si innescherà alcun processo inflattivo.

Ci vorranno molti anni prima che agli italiani passi la paura per il futuro, e fintanto che il ns. PROGETTO PAESE non produrrà i suoi effetti, i cittadini preferiranno tirare la cinghia e attendere tempi migliori, prima di ricominciare a spendere.

Ed ora occupiamoci di energia. Abbiamo rifiutato di produrla con l’atomo ma possiamo evitare di importarla dall’estero, sia sotto forma di energia elettrica pagata a caro prezzo alla Francia, alla Svizzera, alla Slovenia, sia sotto forma di gas o petrolio che serve per alimentare le ns centrali, il tutto importato sempre dall’estero e che a parte il prezzo, ci pone in posizione di sudditanza nei confronti dei Paesi che ci riforniscono. I tanti professori che abbiamo non lo hanno né scoperto né suggerito, ma noi potremmo dare dare un bell’aiuto alle ns. scarne risorse. Ma come? Con cosa? Abbiamo scoperto dei pozzi di petrolio? Si potrebbe fare anche quello inseguendo le vene lucane, ma pensavamo a qualcosa di più semplice, cioè ad utilizzare quello che oggi non riusciamo a smaltire e che inviamo all’estero perché ci pensino loro: I RIFIUTI URBANI. L’uovo di Colombo?

Si, anche se si tratta di una tecnologia nuovissima che purtroppo non fa ancora parte del bagaglio di conoscenze dei ns esperti. Vediamo cosa abbiamo: Abbiamo circa 32,392 milioni di tons, pari a una produzione procapite di 560 Kg a testa, in linea con la produzione di rifiuti di Eurolandia. E vediamo cosa si può fare: esiste una tecnologia pulitissima neanche paragonabile a quella dei termovalorizzatori che per quanto puliti spargono in genere diossina e metalli pesanti vaporizzati nel territorio dove il termovalorizzatore è installato. Parliamo di impianti che provvedono a dissolvere semplicemente i rifiuti, parliamo di dissoluzione molecolare ma senza ricorso a tecnologie nucleari, parliamo di torce al plasma che provvedono a ricreare all’interno dell’impianto le temperature del sole dissolvendo quanto vi viene immesso sia che si tratti di rifiuti normali o tossici, il tutto senza produrre alcun fumo, tanto che questi impianti non hanno ciminiera. Bello dirà qualcuno, ma servirà solo a fare l’Italia più pulita evitando di trasferire i rifiuti all’estero. Il dissolvimento dei rifiuti e solo una parte di ciò che realizza un impianto di questo genere. Come output l’impianto produce un gas ricchissimo di idrogeno con il quale possiamo fare tante cose. La cosa più “normale” che potremmo fare è immettere questo gas in una turbina ad idrogeno e produrre energia elettrica. Vediamo i numeri: produciamo circa 560Kg/anno per abitante di rifiuti per un totale di 32.392.000 tons, con un costo elevatissimo per la collettività per la loro sistemazione o distruzione. Ipotizziamo di avere sul territorio nazionale una serie di torce al plasma, una per ogni provincia, quindi in totale 100 impianti capaci ciascuno di trattare 300.000 tons di rifiuti per un totale Italia di 30.000.000 di tons. Ogni impianto, al netto dell’energia necessaria al suo funzionamento produce 145 milioni di KW/H elettrici e 300 milioni di KW/H termici (distribuzione di acqua calda nei quartieri limitrofi all’impianto. Cento impianti danno quindi 14.500 GW/H elettrici e 30.000 GW/H termici, circa il 15% dei consumi nazionali. Con quale costo? Nessuno! Anzi le singole amministrazioni potranno negoziare un pacchetto smaltimento/produzione energia sicuramente più basso dell’attuale riducendo le nostre necessità di importazione e assicurando un ambiente veramente pulito (niente più discariche, niente più inquinamento delle falde attraverso il percolato, niente più diossina, niente più metalli pesanti vaporizzati nell’aria che respiriamo) e energia costante a un costo pressoché vicino allo zero quando si considerino gli introiti per smaltimento. Stiamo parlando di futuro, di tecnologie avanzate che potrebbero avere anche ricadute nuove e a oggi impensabili. Invece di utilizzare l’idrogeno nelle turbine per la produzione di energia, si potrebbe produrre metanolo da utilizzare in un parco macchine mosso da celle di combustione alimentate a metanolo, producendo l’idrogeno non a monte ma direttamente su ogni singola autovettura.


Vediamo a questo punto di ricapitolare:

Con poche mosse abbiamo cercato di raggiungere gli obiettivi che ci eravamo proposti: 1=riduzione del deficit di bilancio senza lacrime e sangue 2=azione di riduzione dello stock di debito migliorando il PIL 3=incremento altissimo di posti di lavoro.

Per raggiungere questi obiettivi abbiamo ipotizzato alcuni semplici interventi:

1. acquisire tutti i beni d’investimento con il sistema della locazione finanziaria (pensate che la politica discute sulla opportunità del ponte sullo stretto di Messina, che viene invece realizzato in project financing, senza che il bilancio dello Stato debba sopportarne i costi, ma ahimè, una volta firmato il contratto, il ponte sarà realizzato subito, in tre anni come l’Eurotunnel sotto la Manica. Pensate al trauma! Tre anni per fare il ponte sullo Stretto dopo una vita che se ne discute).

2. liberarsi del problema della gestione e del restauro dei nostri tesori artistici dandoli in concessione a terzi (tempo fa il Prof. Modigliani di fronte alla rivalutazione dell’oro tedesco aveva detto: e noi rivaluteremo il Colosseo! Con la ns. proposta di concessione potremmo tranquillamente esporre all’attivo del nostro bilancio patrimoniale il valore attuale dei canoni di concessione governativa. Sempre nell’ipotesi dei 60 miliardi anno, ipotizzando il valore attuale di una rendita di 60 miliardi attualizzata al 4,5% annuo e considerata non perpetua ma per soli 100 anni, avremmo da spesare 1376 miliardi. Non è gran cosa ma è sempre un bel colpo e sempre senza toccare il valore effettivo dei beni, che pur tuttavia un valore l’hanno visto che ce li continuano a rubare!)

3. aumentare il numero complessivo dei posti di lavoro riducendo i contributi dovuti per i nuovi assunti, premiando chi assume e chi investe nelle regioni che abbiano un PIL procapite inferiore del 30% a quello delle 10 regioni con il Pil procapite più alto. Avrete notato che non abbiamo fatto riferimenti geografici e c’è un motivo: poniamo che il Governi accetti sia la proposta di dare in concessione i comprensori culturali-turistici e quella dell’aliquota unica al 33%. Si potrebbe verificare che la Sicilia divenga una seconda Andalusia. Migliaia di posti letto in nuovi complessi alberghieri, campi da golf in mezzo a profumatissimi giardini di arance, porticcioli turistici, strade, autostrade, shopping centers, un nuovo grande aeroporto intercontinentale, imprese di supporto all’industria turistica, con un rapido incremento del PIL per abitante, e che la stessa storia si verifichi per la Sardegna, ponendo le due regioni tra le prime 10 per PIL. Ecco che gli incentivi potrebbero a questo punto andare a beneficio del Lazio o del Friuli Venezia Giulia. Il criterio della scelta parametrica ci sembra il più equo ed il meno clientelare, anche perché la ns. proposta non regala niente a nessuno. Certo favorisce, ma favorisce anche gli incassi dell’erario.

4. Ma le raccomandazioni degli esperti per ridurre il nostro welfare?

La spesa sociale italiana è il 24,6% del ns. PIL, contro il 25,2 della Gran Bretagna, il 27,7 della Francia ed il 28,1 della Germania. Quindi nel totale andrebbe aumentata, ma togliendo le attuali sperequazioni: in Italia diamo ai disoccupati appena il 2,15 della spesa sociale, ed alle famiglie il 3,30. Globalmente gli altri Paesi viaggiano tra un 14 ed un 16 e 32%.Noi abbiamo attribuito al ns. sistema pensionistico la funzione di valvola contro la disoccupazione, per cui non si vede come possano essere abolite le pensioni di anzianità che sono un falso problema. Noi abbiamo un sistema industriale che per sopravvivere deve continuare ad espellere lavoratori ed automatizzare le produzioni. La robotica e le macchine utensili fanno sopravvivere il sistema Italia, ma affossano il lavoro. Il Paese deve cambiare tipo di sviluppo, il Paese si deve terziarizzare. Per farlo si deve liberare di lacci e laccioli. La battaglia contro la grande distribuzione costa migliaia di posti di lavoro e non salva da morte certa il piccolo negoziante. Ma questo può avere un nuovo sviluppo con la grande distribuzione. Ho visto piccole drogherie accanto a grandi magazzini diventare dei grandi bazar. Certo bisogna reinventarsi il futuro: il piccolo panettiere è morto, oggi vi sono le boutique del pane, ove si vendono pane e dolci che costano più del filetto, ed il vecchio pane calmierato lo vende il supermercato che vive di rotazione delle scorte. Non è possibile tenere il futuro bloccato per decreto. Porto Vecchio in Corsica, 6000 abitanti, conta due ipermercati, più vari shopping centers specializzati. Provate a richiedere le medesime licenze a Binasco o a Gatteo a Mare, che sempre 6000 abitanti contano. Eppure a Porto Vecchio ci sono sempre i vecchi negozi che si sono specializzati per i turisti o per quanti amano fare le proprie spese a piedi che coesistono con le grandi strutture che occupano decine di persone. Ognuno svolge il suo ruolo. Dobbiamo evitare posizioni preconcette: il futuro è nella liberalizzazione, ma nella liberalizzazione di tutto. Perché il commercio da anni combatte la battaglia contro il prolungamento degli orari? E’ sciocco tenere i negozi aperti quando la gente è al lavoro e chiusi quando potrebbe fare le spese. Non è problema di costi. E’ un problema di tecnica gestionale e di specializzazione. Ci sono i ristorantini ove si va per la pausa pranzo che la sera sono chiusi. E ci sono i ristoranti veri ove si va per la cena importante che spesso sono aperti solo a cena. Ci sono i ristoranti per i businessmen che la domenica sono chiusi e quelli per famiglie che la domenica sono aperti. E’ una questione di scelte. Ho trascorso una Pasqua a Parigi in un residence e avevamo dimenticato l’insalata per il pranzo pasquale. L’abbiamo trovata bellissima in un bel negozio gestito da un musulmano. Per lui la ns. Pasqua era un giorno come un altro, solo con meno lavoro. Per noi è stato bellissimo fare acquisti con tutta calma e tranquillità. Questo è un momento particolare per il Paese: un momento nel quale il Paese prende coscienza dei suoi problemi, potrebbe arrivare anche a riformare la propria carta costituzionale, rivedere diritti e doveri. Vediamo quindi di accoppiare a delle sane iniziative anche dei provvedimenti di liberalizzazione e dei provvedimenti che mettano tutti i cittadini nelle stesse condizioni. Le donne hanno una vita media più lunga di quella degli uomini. Non c’è motivo che vadano in pensione prima. 65 anni debbono essere, che sia così per tutti. E non dimentichiamo che dobbiamo fare in fretta a cambiare. Due grandi giganti, Cina e India si stanno affacciando sul mercato globale e ci invaderanno con i loro prodotti, fatti bene, ingegnerizzati meglio, e con un prezzo irraggiungibile dalla vecchia Europa. Bene, facciamo di questo punto debole un punto forte per noi. Loro si arricchiranno e potranno cominciare a godersi la vita, e a fare vacanze. Portiamoli in Italia. Mettiamoci in condizione di accoglierli.

Abbiamo iniziato il terzo millennio, riscopriamo il piacere di lavorare per un grande causa, la nostra. Il Paese ITALIA è il nostro Paese. Non di altri, solo nostro.



Roberto Sechini