Io e il duce

film del 1985 diretto da Alberto Negrin

Io e il Duce è un film-documentario per la televisione del 1985 diretto da Alberto Negrin. Basato in buona parte sul diario di Galeazzo Ciano, narra il non sempre facile rapporto tra egli e Mussolini. In particolare il film narra gli ultimi anni del regime dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale.

PaeseSvizzera
Anno
Generedocu-drama
Episodi3
Durata120 min
Crediti
RegiaAlberto Negrin
SoggettoNicola Badalucco
SceneggiaturaNicola Badalucco, Alberto Negrin
Interpreti e personaggi
FotografiaArmando Nannuzzi, Daniele Nannuzzi
MontaggioRoberto Perpignani
MusicheEgisto Macchi
ScenografiaMario Garbuglia
Prima visione

Premesse storiche

Ciano era un fiero avversario anti-tedesco e cercò sempre di trascinare il suocero fuori dell'influenza germanica di cui invece Mussolini era succube. Questa avversione costò in ultimo a Ciano, il plotone di esecuzione di Verona: Mussolini, pur esitante, fece fucilare il proprio genero per apparire duro e risoluto di fronte a Hitler. Ciò dimostra fino a che punto fosse in soggezione del capo tedesco.

Eppure dal 1º settembre 1939 al 10 giugno 1940 Mussolini ascolta Ciano per il non-intervento dell'Italia in guerra; addirittura quando la dichiarazione di guerra era già stata spedita all'ambasciatore italiano a Berlino, Attolico, i primi giorni di quel settembre del 1939. I due si misero a tavolino e fecero rientrare il documento a Roma e prepararono per Hitler una richiesta di aiuti abnorme per permettere l'ingresso dell'Italia in guerra. Questa richiesta era "capace di stendere un toro", come annota Ciano nel suo diario. Hitler impallidì e a richiesta di Mussolini preparò una dichiarazione in cui affermava di non aver bisogno dell'Italia in questo intervento armato. Ciò consentiva al Duce di salvare la faccia guerriera di sempre. Inoltre, genialmente, coniò lo "Stato di non-belligeranza" come per dire che in futuro la guerra non era comunque esclusa. E per 10 mesi l'Italia rimase fuori dal conflitto.

Però inseguito, la situazione tracollò con la Germania vincitrice su tutti i fronti: il prestigio mondiale di Hitler, a quel punto, surclassò e di parecchio quello di Mussolini, ridotto nell'ombra dal potente alleato. La Francia era caduta e l'Inghilterra umiliata. Apparve naturale che Mussolini fosse infuriato con chi lo aveva consigliato di restarne fuori, in primis Ciano. Il 10 giugno 1940 il Duce si affrettò a dichiarare guerra "contro le plutocrazie democratiche e reazionarie dell'occidente", per avere l'ultimo posto a sedere al tavolo della pace. Ciano ascolta il discorso dalla radio, è triste e invoca che "Dio salvi l'Italia"; aveva capito a quale brutta avventura si era condannato il Fascismo, il suo Duce e l'Italia intera. Da qui i rapporti col suocero si inaspriscono e non sono più quelli di un tempo. Sempre sul suo diario Ciano scrive che anche se i nemici avessero dato a Mussolini tutto quello che voleva, egli sarebbe entrato in guerra ugualmente.

La guerra fu un disastro e nel 1943 Mussolini cambia il governo e defenestra Ciano che sceglie di andare a fare l'ambasciatore in Vaticano. Ciò fu un'ulteriore umiliazione per Ciano che ormai vedeva sorpassato e declassato il suocero, che non era più quel dio in terra per il quale stravedeva. Questo rancore sfocerà nel voto contrario di Ciano contro Mussolini al Gran Consiglio del 25 luglio 1943. La guerra era persa, la Sicilia era stata invasa dagli Alleati e Roma bombardata: il capo del Fascismo venne quindi costretto ad accettare la richiesta di convocazione del Consiglio per fare il punto della situazione. In realtà era un colpo di Stato già pianificato. Si trattava di votare sfiducia a Mussolini tramite l'Ordine del giorno Grandi e togliergli il Comando di tutte le Forze Armate per riaffidarlo al Re.

Ciò avrebbe comportato, nei calcoli dei gerarchi cospiratori, le dimissioni dell'irresoluto Mussolini e la sua sostituzione con un nuovo capo del Fascismo in grado di operare lo sganciamento dalla Germania. In realtà il piccolo Re Vittorio Emanuele III d'accordo con la vecchia volpe di Badoglio, ha già pronto un altro suo retroscena che prevede l'arresto di Mussolini proprio nella sua stessa casa e la nomina di Badoglio Capo del Governo. Alla diramazione radiofonica delle "Dimissioni del Cavalier Benito Mussolini" il popolo fa il resto: esplode in una reazione antifascista da sommossa, distruggendo sedi, stemmi, caserme e statue del Regime, addirittura attuando la "caccia al fascista". Il Fascismo finisce qui e per sempre. Hitler dirà: "Cos'è dunque questo Fascismo che si è sciolto come neve al sole?"; fu l'unico caso nella storia di un regime autoaffondatosi.

Ciano è distrutto e preda di rimorsi lancinanti; ora si ritrova chiuso nella sua casa di via Angelo Secchi ai Parioli a Roma. Alla vista del Regime crollato e il suocero arrestato vuole suicidarsi; addirittura prega la moglie Edda di sparagli. Non immaginava certo che sarebbe andata a finire così. Mussolini viene portato via in un posto segreto; c'è chi lo sente imprecare: "Ah!Il quarantenne!" riferendosi a Ciano. I due si rincontreranno in Germania nella sontuosa residenza che Hitler a messo a disposizione per il Duce dopo la sua liberazione dal Gran Sasso. Mussolini a cena con tutta la famiglia riunita perdona Ciano in lacrime per l'occasione. Ciano doveva andare in Spagna ma i tedeschi lo avevano dirottano in Germania: l'ombra della vendetta di Hitler si allunga su di lui.

Goebbels lo chiama "fungo velenoso da estirpare". Hitler fa chiaramente intendere a Mussolini di arrestare e condannare i traditori del Gran Consiglio. Lui obbedisce e fa arrestare i gerarchi traditori che ancora non sono scappati (Ciano è tra loro), che vengono tradotti poi nel Carcere degli Scalzi, un ex convento di frati a Verona. Niente importa che abbia già perdonato Ciano. Quest'ultimo e i suoi camerati reclusi si chiamano tra di loro ironicamente "fraticelli". Ciano è segretamente scaramantico come il suocero e la cella numero 27 che gli viene assegnata ha un numero sinistro che non gli piace: secondo la numeralogia vuole dire morte. Incredibilmente da qui riesce a tenere contatti epistolari persino con Winston Churchill, il re Vittorio Emanuele III e l'amante del Duce Clara Petacci la quale, nonostante gli attriti del passato, ha per lui parole di conforto e pregherà Mussolini di salvarlo ma inutilmente: "Ben salva quell'uomo!" gli ripeterà più volte.

Considerazioni sul film

Il film "Io e il Duce" vuole cogliere proprio la realtà storico - romanzesca di quello che avvenne tra il 25 luglio 1943 e l'11 gennaio 1944, cioè tra la caduta del Fascismo e la fucilazione dei traditori del Gran Consiglio. Fu una tragedia che coinvolse le due più potenti famiglie d'Italia, quella dei Mussolini e dei Ciano.

Genialmente il regista Negrin, pur essendo un attento riportatore dei fatti storici accaduti, vuole però saltare la ripetitività di cronaca di fatti oramai arcinoti e famosi per evidenziare il lato umano di questa storia, che altro non è che una meravigliosa storia d'amore, apolitica, sullo sfondo della tragedia della più sanguinosa guerra mai avvenuta; ed è proprio questa il motivo portante del film, una storia d'amore bella da sembrare un romanzo mai scritto, stupefacente perché vera. Quello che sembrava un matrimonio di regime combinato, si rivelò invece un legame indissolubile di affetti, complicità, coraggio e dedizione estrema che neanche la morte sciolse. Galeazzo ed Edda divisero tutto, anche la più profonda disperazione. Alla sua scomparsa nel 1995, Edda, come da sua decisione, fu tumulata vicino a Galeazzo nel Cimitero della Purificazione a Livorno e non nella cripta di famiglia a Predappio. Rimase per sempre una Ciano.

"Io e il Duce" sembra una sorta di continuazione dei famosi Diari di Ciano in un momento in cui era difficile scriverli; ecco perché il titolo in prima persona. Il regista Negrin entra così nel punto di vista personale del soggetto principale aumentandone l'ottica e l'efficacia descrittiva.

Trama

Gian Galeazzo Ciano aveva sposato la difficile figliola del Duce, Edda, chiamata affettuosamente in famiglia "la Deda" o più verosimilmente "l'Aquilaccia" per il suo carattere ostinato e diretto. Edda fumava, beveva e giocava d'azzardo, delapidando ingenti somme; di certo non accettava ruoli di dama di compagnia o di femmina sottomessa. Ciano saldava regolarmante i debiti di gioco. I due si amavano ma con il tempo il rapporto si deteriorò, ciò anche per i continui tradimenti di Ciano con donne aristocratiche ma anche popolari come la figlia del mugnaio di Ostia Antica.)[1]

E questo già dai primi tempi della Cina dove la coppia era andata a vivere subito dopo il matrimonio; si vociferò di una relazione tra Ciano e Wallis Simpson, la futura moglie di Edoardo VIII, il re inglese che per lei abdicò; la relazione pare che finì con un aborto clandestino. Mussolini giudicava queste scappatelle di Ciano ovvie per un uomo sposato e annuiva positivamente; anche lui regolarmante e per vent'anni a Palazzo Venezia, tra un'udienza e l'altra, fruiva di avventure sbrigative con giunoniche donne che la Questura gli reclutava; a detta del suo cameriere personale Quinto Navarra neanche si toglieva i pantaloni della divisa. Non così per Donna Rachele che, vedendo la figlia Edda in lacrime per i tradimenti del marito, appioppò un sonoro schiaffo in pieno viso al genero che se lo prese "diplomaticamente"; Rachele evidentemente ancora non sapeva di Claretta e della furia motoria sessuale del marito.

Il matrimonio di Galeazzo ed Edda era naufragato da tempo ma nell'olimpo gerarchico e politico era impossibile separarsi, quindi le apparenze dovevano rimanere in linea con la morale del matrimonio di quei tempi mentre i due, invece, si tradivano costantemente e reciprocamente. Edda e Galeazzo erano irreprensibili nelle apparizioni ufficiali della coppia, non molte per la verità. L'importante era salvare la facciata. Ma con l'arresto di Ciano tutto cambiò. Edda si mise per lui di traverso, lottò come una leonessa a cui avevano strappato il piccolo, per salvare il marito contro tutto e contro tutti: l'antico amore si riaccese ed esplose inarrestabile. È in quei momenti di pericolo supremo che si riscopre la realtà di un sentimento che sembrava per sempre sopito. La guerra era persa e di lì a pochi mesi sarebbe finita e i maggiori gerarchi nazisti volevano mettere le mani sui Diari di Ciano e per cancellare prove compromettenti che li coinvolgevano nelle responsabilità della guerra o trovare eventuali escamotage per i loro comportamenti, quindi i Diari diventavano merce di scambio per la vita di Galeazzo. Von Ribbentrop, Kaltenbrunner e lo stesso Himmler allungavano gli occhi su quei Diari.

Si combinò un piano per liberare Ciano dagli Scalzi in cambio dei suoi Diari e l'autorevole Edda Ciano Mussolini era l'intermediaria con le alte gerarchie naziste. Nel frattempo Ciano si è fatto installare nella sua cella una stufetta con un lungo tubo che esce dai vetri della finestra opacata; ne cura la combustione e ama il dolce tepore che emana, è uno dei suoi passatempi preferiti. Una notte viene svegliato da due guardie che hanno portato le loro donnine a vedere il famoso Ciano in cella come fosse un animale raro dello zoo; questa e tante altre umiliazioni ferirono il carattere assai emotivo e ipersensibile di Galeazzo, tenendolo in uno stato continuo di abbattimento e afflizione. La cella era la sua alcova, in cui mentalmente si sentiva protetto tra quei muri dalla realtà turbolenta del di fuori; i pasti gli venivano preparati da un noto ristorante di Verona.

Mille pensieri attraversavano la mente di Galeazzo e il capolinea di essi erano sempre le lacrime per i tre figli che ora vivevano senza di lui. Poi si ritrovava nell'autocommiserazione a singhiozzare in silenzio ma rapidamente si ricomponeva per non farsi beccare in quello stato. Lo consolava la promessa di una liberazione forzata a cui anelava con tutte le sue speranze, un po' come quella di Mussolini sul Gran Sasso, giurando e spergiurando a se stesso che mai e poi mai sarebbe rientrato in politica in futuro. Il pensiero di un processo da affrontare lo mandava in deliquio.

Edda nel frattempo riuscì a farsi ricevere dal Führer per perorare la causa del marito. Davanti a lui, presenti anche gli sbigottiti Himmler e il piccolo ministro per la propaganda Goebbels, disse senza mezzi termini che oramai era notorio la guerra era perduta (e questo già dal 1943) e che praticamente giustiziare Galeazzo per una guerra persa aveva poco senso. Arrivò anche a offrire a Hitler i famosi diari accennando a grandi guadagni per i diritti d'autore, cosa che fece inorridire Goebbels come poi annotò nei suoi diari. Certamente Edda fu salvata dal cognome che portava se non fece la fine di Mafalda di Savoia. Dopo il colloquio, ci si può giurare, un attacco di collera isterica da parte di Hitler, cosa che di certo non aiutò la condizione di Ciano.

In passato Edda e Galeazzo avevano preso in considerazione che il loro matrimonio era fallito; come già detto molti tradimenti da ambo le parti lo comprovavano. Nello spirito complice della coppia razionale e anticonformista che tanto piaceva a Galeazzo e a Edda, ne avevano discusso e parlato ed erano arrivati alla conclusione che divorziare non potevano, nè legalmente, nè per motivi di immagine politica e d'altronde i figli erano ancora piccoli. Erano arrivati alla conclusione di uno status di lealtà e di buona amicizia che permetteva loro di tirare avanti la famiglia e di essere svincolati: due ottimi amici era il loro nuovo ruolo reciproco.

Nei pochi colloqui in carcere Galeazzo vede Edda, Galeazzo la vede buttarsi anima e corpo per salvarlo... Le domanda:"Edda fai questo solo per amicizia?" Gli occhi di Edda gli risposero. Tornò in cella e si mise a piangere, distrutto, commosso; in quel momento di vita supremo, forse per la prima volta si era accorto cos'era amare, cos'era l'amore. Amare disperatamente ad un passo dalla morte è qualcosa che avvicina a Dio e di molto; Galeazzo lo provò in cuor suo.

Collegamenti esterni

  1. ^ Da Giuseppe Bottai - Diario 1935-1944, BUR Biblioteca Universale Rizzoli, 2001