Impero Gupta
L'impero Gupta è stato uno dei maggiori imperi politici e militari dell'antica India. Fu governato dalla dinastia Gupta tra il 240 e il 550 d.C. e occupò la maggior parte dell'India settentrionale, degli attuali Pakistan orientale e Bangladesh.

Sotto questo impero si ebbe un periodo di pace e prosperità che favorì lo sviluppo culturale: viene considerata l'"età dell'oro" della cultura indiana dal punto di vista artistico, letterario e scientifico (in modo analogo alle dinastie Han e Tang in Cina e alla cultura greco-romana per la civiltà occidentale).
I Gupta stabilirono un efficace sistema amministrativo e un forte potere centrale, permettendo tuttavia una sviluppata autonomia locale in periodo di pace, quando solo la raccolta delle tasse confluiva verso la capitale. La società era ordinata secondo le credenze indu, con una rigida divisione in caste.
Storia
La dinastia Gupta proveniva probabilmente dal Bengala, sebbene la questione sia tuttora oggetto di disputa, e il regno di Sri-Gupta, il fondatore della dinastia, si data agli anni 240-280 circa, mentre il suo successore, Ghatotkacha, indicato nelle iscrizioni come maharaja, regnò probabilmente tra il 280 e il 319 circa. Sri Gupta aveva regnato probabilmente su una parte del Bengala, ma agli inizi del IV secolo il dominio dei Gupta si era esteso su alcuni piccoli regni hindu a Magadha (attuale stato indiano di Uttar Pradesh). La dinastia Gupta governò quindi l'India a nord della catena dei Vindhya nel IV e V secolo.
Chandragupta I (319 ca.-335)
Chandragupta I, figlio di Ghatotkacha, aveva sposato Kumarâ Devî, una principessa Licchavi, che gli portò in dote il regno di Magadha, con capitale Pataliputra. Grazie a questa alleanza allargò quindi i suoi domini, che arrivarono ad estendersi dal fiume Gange a Prayaga (odierna Allahabad) e fu il primo dei Gupta a cui ci si riferì come maharajadhiraja ("re dei re").
Samudragupta (335-375)
Chandragupta morì nel 335 and gli successe il figlio Samudragupta, instancabile conquistatore e patrono delle arti.
Agli inizi del suo regno si impadronì dei regni di Shichchhatra e di Padmavati, e successivamente estese il suo dominio al regno di Kota e attaccò le tribù (Yaudheyas, Arjunayanas, Maduras e Abhiras) della regione di Malwa (attuale stato indiano di Madhya Pradesh). Prima della sua morte nel 375 i suoi dominini si estesero dall'Himalaya al fiume Narmada e dal Brahmaputra al Yamuna. Assunse il titolo di "re dei re" e di "monarca del mondo". Praticò per celebrare le sue conquiste il rito del sacrificio del cavallo (ashvamedha) e coniò monete d'oro raffiguranti questo animale.
Alla corte di Samudragupta vissero importanti studiosi, come Harishena, Vasubandhu e Asanga, e lo stesso re fu poeta e musicista. Fu un sostenitore dell'induismo e devoto al dio Vishnu, ma manifestò tolleranza verso le altre religioni e permise al re buddhista dello Sri Lanka di costruire un monastero a Bodh Gaya.
Chandragupta II (375-413)
A Samudragupta successe il figlio Ramagupta (375?), che venne preso prigioniero dai Saci e fu sostituito dal fratello Chandragupta II, detto Vikramaditya ("Sole del Potere"). Questi si alleò con il regno del Deccan, dandò sua figlia Prabhavatigupta in sposa al re Rudrasena II (della dinastia Vakataka). Espanse il suo regno verso ovest, combattendo contro i Saci: sconfisse il suo principale oppositore, Rudrasimha III, nel 395, ma la campagna militare si prolungò fino al 409. Sottomise inoltre i capi Vanga nel Bengala. Il suo dominio si estese da una costa all'altra e fu stabilita una seconda capitale, prevalentemente commerciale a Ujjain. Il suo regno fu l'apogeo dell'impero Gupta.
Durante il suo regno si ebbe inoltre una fioritura in campo artistico, letterario, culturale e scientifico. A questo periodo appartengono i pannelli scolpiti del tempio di Dashavatara a Deogarh e nell'arte si sviluppò uno stile caratterizzato dalla sintesi di elementi sacri e sensuali. Si sviluppò anche l'arte [Gainismo|giainista]] e buddhista, che ebbe grande influenza nell'Asia orientale e sud-orientale. Il periodo venne documentato dallo studioso e viaggiatore cinese Fa-hsien nel suo diario, pubblicato in epoca successiva.
Si ritiene che alla sua corte abbia vissuto il celebre poeta Kalidasa.
Kumaragupta I (413-455)
A Chadragupta II successe nel 414, forse dopo un breve regno di Govindagupta Balâditya, il figlio Kumaragupta I, conosciuto come Mahendraditya, che regnò sino al 455. Verso la fine del suo regno si accrebbe la potenza della tribù Pushyamitra, originaria della valle del fiume Narmada, che giunse a minacciare l'impero Gupta.
Skandagupta (455-467)
A Kumaragupta I successe il figlio Skandagupta, generalmente considerato l'ultimo dei grandi sovrani Gupta. Riuscì a debellare la minaccia dei Pushyamitra e difese l'impero dalle invasioni degli Unni Bianchi dal nord-est e per le sue vittorie si assunse il titolo di Vikramaditya. Le spese di guerra prosciugarono tuttavia le risorse dell'impero, com'è visibile dalla diminuzione del titolo delle monete coniate in questo periodo, causando l'inizio del declino dell'impero dopo la sua morte, nel 467.
Il declino e la fine
A Skandagupta successe prima il fratello Pûrugupta (467-472) e quindi il figlio Narasimhagupta I Baladitya (472-473), seguito da Kumaragupta II (473-476) e da Budhagupta (476-495?). Durante il regno di quest'ultimo gli Unni Bianchi, guidati dal loro re Toramana, superarono le difese ai confini nord-orientali e l'impero si disgregò. Gli Unni, sotto Toramana e il suo successore Mihirakula si impadronirono della maggior parte delle province dell'impero e in alcune regioni si installarono delle dinastie locali, mentre i Gupta continuavano a regnare nella parte più occidentale.
Si conoscono i nomi di alcuni re successivi, sebbene la linea di successione non sia del tutto chiara: Chandragupta III (data incerta),Prakâshâdityagupta e Vainyagupta (508?), Narasimhagupta II (510?), Bhanugupta Baladitya (510-530?) Kumaragupta III (530-540?) e l'ultimo sicuro appartenente alla dinastia, Vishnugupta (540-550?). Le iscrizioni provano che la sovranità di questi re doveva essere ancora riconosciuta nella valle del Narmada nel 528 e nel Bengala settentrionale nel 543-544 ma il loro potere entro la metà del VI secolo si era ridotto a quello di semplici capi locali.
L'organizzazione militare
Rispetto ai loro nemici gli eserciti dei Gupta erano probabilmente meglio disciplinati e organizzati. La loro tattica militare, sulla quale siamo informati dal trattato militare classico di Siva-Dhanur-veda e dalle fonti cinesi e persiane, si basava sull'utilizzo combinato degli elefanti da guerra, della cavalleria pesante e di arcieri di fanteria.
I Gupta utilizzarono elefanti da guerra, tradizionali negli eserciti indiani, dotati di armature. L'uso dei carri da guerra era stato abbandonato, e sostituito dalla cavalleria pesante, con soldati e cavalli dotati di armature di maglia, armati con mazze e lance, in modo simile ai contemporanei cibanarii degli eserciti sassanide e bizantino. I finimenti comprendevano le staffe, permettendo attacchi più efficaci. Non è chiaro se il loro uso fosse in appoggio a quello degli elefanti.
Il cuore dell'esercito era costituito da arcieri di fanteria e gli archi, che erano la principale arma dell'esercito. Si trattava di archi lunghi medioevali, costruiti prevalentemente in bambù, ma anche in metallo, per i nobili. Lanciavano lunghe frecce con aste di bambù e punta metallica, capaci di grande penetrazione; frecce con aste in ferro erano usate contro gli elefanti e venivano inoltre utilizzate frecce incendiarie. Gli arcieri venivano protetti dalla fanteria equipaggiata con scudi, giavellotti e lunghe spade. Nonostante fossero frequentemente in uso tra i loro nemici, non sembra abbiano invece utilizzato arcieri a cavallo.
I Gupta erano inoltre a conoscenza di macchinari per assedio, di catapulte e di altre sofisticate macchine da guerra. Disponevano inoltre di una marina da guerra, che permetteva loro di controllare le acque interne.
Bibliografia
- (EN) Karls, Farah. World History The Human Experience.
- (DE) Hermann Kulke, Dietmar Rothermund: Geschichte Indiens, C.H.Beck, München 1998, ISBN 3406433383