La famiglia Passaguai fa fortuna

film del 1952 diretto da Aldo Fabrizi

La famiglia Passaguai fa fortuna è un film del 1952 diretto, sceneggiato, prodotto e interpretato da Aldo Fabrizi, anche se non mancano altri interpreti di eguale spessore come Erminio Macario, Ave Ninchi e Luigi Pavese. Questo film costituisce la seconda parte di una trilogia insieme ai due film La famiglia Passaguai e il terzo capitolo Papà diventa mamma.

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Una scena del film
Paese di produzioneItalia
Durata93 min
Generecommedia
RegiaAldo Fabrizi
SoggettoAldo Fabrizi, Mario Amendola, Ruggero Maccari
SceneggiaturaAldo Fabrizi, Mario Amendola, Ruggero Maccari
ProduttoreAldo Fabrizi
FotografiaMario Bava
MontaggioNella Nannuzzi
MusicheCarlo Innocenzi e Rico Simeone
Interpreti e personaggi
«"È un po' autoritaria mia moglie. Era allieva carabiniere"»

Trama

Il cavalier Passaguai, che alla fine de La famiglia Passaguai ha perduto il posto di lavoro, si mette in affari con un vecchio commilitone incontrato casualmente. Entrambi si fingono milionari pensando che l'altro lo sia veramente, si fanno coinvolgere in una speculazione edilizia e soltanto un inatteso colpo di fortuna li salverà dalla sicura galera.

Cast

  • Aldo Fabrizi, regista e sceneggiatore, sulla scia del successo del primo film girò praticamente in contemporanea gli altri due episodi. Come per La famiglia Passaguai, finanziò come produttore la pellicola e richiamò quasi al completo il cast del primo episodio.
  • Ave Ninchi indossò nuovamente i panni di Margherita, la moglie ossessiva di Peppe proseguendo nel sodalizio con Aldo Fabrizi che li aveva visti recitare insieme fin dal debutto dell'attrice marchigiana, nel 1944 con il film Circo equestre Za-bum. L'attrice era ormai collaudatissima nel ruolo avendo già interpretato in Guardie e ladri (1951) di Steno e Mario Monicelli, Giovanna, moglie del poliziotto Aldo Fabrizi, massaia e donna di casa dal cuore tenero, apparentemente burbera ma in fondo assai generosa. Lo stesso personaggio di casalinga straripante, che replica, oltre che ne la serie Passaguai, anche in Parigi è sempre Parigi, 1951 di Luciano Emmer, sempre nel ruolo della moglie di Fabrizi[1]. Come altri attori, rispetto al primo episodio, Ave Ninchi ha minore spazio e appare in poche scene, all'inizio della pellicola e durante il pranzo organizzato per ingannare Giocondo in cui, comunque, riesce a rubare la scena con la sua straripante fisicità e la petulante gelosia.
  • Giovanna Ralli è di nuovo Marcella, la figlia maggiore di Peppe e Margherita. Ma anche lei avrà qui pochissimo spazio, e la sua storia con il fidanzato timido e segreto che aveva avuto spazio nel primo capitolo non è mai accennata, seppur la brevissima comparsa di Pietro De Vico nello stesso ruolo dimesso del primo film fa immaginare che sia ancora in corso. Giovanna, all'epoca sedicenne, racconta: "mi recavo sul set accompagnata da mamma e papà che seguivano trepidanti le riprese del film giorno per giorno"[2].
  • Pecorino, il figlio di Peppe e Margherita, è interpretato ancora da Carlo Delle Piane che, dopo i calzoncini corti del primo capitolo, qui appare in una formidabile tenuta da marinaretto. Si dimostra fondamentale nel riuscire ad entrare sempre e comunque, illegalmente o con furbizia, nella dimora del vicino padrone di casa.
  • Gnappetta, il più piccolo dei Passaguai è Giancarlo Zarfati, all'epoca 4 anni. Bambino prodigio del cinema degli anni 50 e 60 fu notato da Fabrizi quando lo sentì emettere una sonora pernacchia. Interpretò anche Bravissimo (1955), di Luigi Filippo D'Amico, e Totò, Peppino e...la dolce vita (1961), di Sergio Corbucci. Si ritirò dal cinema nel 1963. In questo seguito le sue pernacchie sono ridotte di molto ma se ne ricordano due assolutamente riuscite per efficacia e tempistica. La prima in risposta ad uno dei noiosissimi monologhi teatrali del padrone di casa e un'altra in risposta ad una ramanzina di Cosimo (Virgilio Riento) poco prima presentato da Gnappetta come "burino".
  • Per il ruolo di spalla di Peppe, che era stato interpretato da Peppino De Filippo nel primo capitolo, Fabrizi pesca ancora nella tradizione del teatro, andando a chiamare "Il Re della rivista", ovvero il cinquantenne Erminio Macario qui nella parte del suo commilitone e ancor più squattrinato, Giocondo. L'attore torinese aveva un'esperienza vastissima nel teatro italiano ma aveva sempre dimostrato di funzionare meno nell'ambito cinematografico. Proprio all'inizio del decennio, degli anni 50, Macario cominciò a dare dare segni di usura, nello stesso periodo girò Adamo ed Eva (1950) di Mario Mattoli, che deluse profondamente anche in seguito a grane con la censura. Peggio ancora andò Il monello della strada, 1950, di Carlo Borghesio e Io, Amleto del 1952. La sua comicità nonsense e prettamente mimica non riuscì a sposarsi con quella, tutta fisica, di Fabrizi.
  • Luigi Pavese, il fenomenale "uomo dei cocomeri" del primo film, torna ad interpretare in pratica lo stesso personaggio di vittima dei Passaguai e di Peppe in particolare. È qui il vicino e padrone di casa al quale i Passaguai devono diversi arretrati. Mangiatore di cipolla, ex attore teatrale in pensione. Peppe Passaguai ogni qual volta si trova in difficoltà o nella necessità di chiedergli un favore lo lusinga ricordandogli che grande attore è stato e lo invita a recitare un brano teatrale che si trasforma presto in una quantità infinita di Atti. I Passaguai gli occupano casa sfruttando il suo telefono e convincendolo ad indossare più volte i panni dell'attore. Durante il pranzo tra i finti milionari Peppe e Giocondo farà in maniera memorabile il maggiordomo e la cuoca.
  • Come detto in questo seguito scompare ogni riferimento alla storia segreta tra la figlia, Marcella, e il suo fidanzato segreto, timido e dimesso. In realtà Pietro De Vico compare brevemente e, apparentemente, nello stesso ruolo. È un autista privato e si offre, ad inizio film, di accompagnare Peppe (il quale continua a non capirne la generosità) che lo spaccerà per suo autista con Giocondo e al quale gli farà pagare i caffé dei due.
  • Cosimo Pedrozza, il proprietario dei terreni, è un bravissimo Virgilio Riento nella parte del "burino" (come lo presenta Gnappetta) un po' sempliciotto. Nella pellicola aveva 62 anni, morirà pochi anni dopo, nel 1959, a 70 anni.
  • Non trovando adeguata sua moglie per interpretare la finta Contessa, Giocondo (Macario) chiede di farlo a una brava Marisa Merlini, una delle più grandi caratteriste del cinema italiano del dopoguerra. Con Fabrizi girò nello stesso periodo Signori, in carrozza! (1951) di Luigi Zampa.
«"Come dice l'antico detto romano: Fortuna Juventus!"
"E la Roma?"»

Ambientazione

A differenza della spiaggia del primo capitolo La famiglia Passaguai fa fortuna si svolge quasi esclusivamente in interni. In comune con la prima pellicola c'è solo una scena a Ponte Flaminio. Dove prendevano l'autobus per recarsi al mare qui vanno per cercare la casa di Giocondo che si rivelerà essere nella spianata sotto il ponte dove all'epoca c'era una vera e propria baraccopoli di sfollati poi sostituita, nel 1960, dalla costruzione del Villaggio Olimpico.

Critica

La trilogia dei Passaguai rientra nel boom di incassi del cinema leggero e leggerissimo del cinema italiano dei primi anni 50. È di moda il film-rivista, quello ottenuto registrando più o meno frettolosamente uno spettacolo, o meglio, singoli numeri di varietà. A caratterizzare il periodo sono soprattutto i tentativi di replicare l’operazione Totò imperniando filmetti a basso costo su di un comico prelevato dal teatro[3]. In questo contesto nasce la trilogia Passaguai che ebbe in effetti grande successo e incassi nonostante che, è opinione comune di molti critici, questo seguito risulti essere meno ispirato e originale del primo film. Si perde la forza comica slapstick dell'originale, qui le gag sono rivolte più ad una comicità "classica", siamo nell'ambito della commedia degli equivoci, meno innovativa, estrema e divertente dell'episodio originario. Il linguaggio comico, che nel primo capitolo era corale e rivolto sia all'avanspettacolo che alle comiche degli anni 20 e 30 è qui più convenzionale. Il film è tutto incentrato sui due protagonisti e, a parte un grande Luigi Pavese, per il resto del cast rimane poco spazio.

Un'analisi centrata seppur severa è quella di Giuseppe Rausa: "Sequel meno popolaresco e più vicino alla commedia degli equicvoci classica. Di nuovo il film è all’insegna della romanità più sguaiata, con Macario che fatica, con la sua comicità misurtata, a tener testa allo strabordante Fabrizi. L’inserimento di Macario quale coprotagonista non aiuta il film a decollare. La vicenda è pretestuosa: Fabrizi e Macario sono due poveracci, si fingono milionari e alla fine lo divengono realmente attraverso una fantasiosa speculazione edilizia. Il logoro repertorio di moine e mossette non diverte e la pellicola si snoda stancamente attraverso gag ripetitive, in quello che va definito più che cinema, “avanspettacolo fotografato” (tra l’altro la vicenda si svolge tutta in interni, accentuando l’atmosfera teatrale). L’unico elemento di interesse è il riferimento sarcastico al recente Miracolo a Milano (febbraio 1951): tra sfollati, baracche e costruttori senza scrupoli, Fabrizi e Macario - appena si offre loro una fortunata occasione - non mostrano alcuna esitazione ad abbandonare gli originari panni proletari per assumere quelli dei gran signori, mostrandosi così - al contrario dei protagonisti della favola desichiana - una coppia di cinici opportunisti, privi di “coscienza di classe"[4].

Ne "Il Mereghetti. Dizionario dei film" Paolo Mereghetti scrive che a non funzionare perfettamente è "la combinazione dello stile comico popolaresco di Fabrizi con l'umorismo stralunato e surreale di Macario"[5].

Ne Il Morandini Morando Morandini scrive: "Ancora col supporto dello sceneggiatore Ruggero Maccari (affiancato da Ettore Scola), di nuovo prendendo lo spunto dall'umorista Anton Germano Rossi, Fabrizi cerca di ripetere il successo del film precedente, ma con minore brio: non gli si addicono né il vecchio schema teatrale della commedia degli equivoci né la combinazione con la comicità di Macario. Seguito da Papà diventa mamma".

A conferma che la critica dell'epoca apprezzava più una pellicola come questa che il suo fenomenale primo capitolo possiamo leggere che: "Dopo la grossa delusione procurata da 'La famiglia Passaguai' (che per altro ha ottenuto un successo commerciale più che notevole), questa seconda avventura della stessa famiglia contribuisce a rialzare le azioni di Fabrizi come regista, in virtù di una più abile e più spigliata sceneggiatura, di un dialogo piacevole e soprattutto di un buon numero di graziose e divertenti trovate"[6].

La trilogia

La pellicola è il secondo dei tre film della trilogia Passaguai. Dopo il primo La famiglia Passaguai Peppe tornerà in un terzo (non dichiarato ed esplicito) episodio: "Papà diventa mamma" che riporterà i toni comici ai livelli del primo capitolo alzando, se possibile, il livello surreale del soggetto con lo scambio di ruoli tra la Ninchi e Fabrizi. Qui l'attore romano è eccezionale nel suo atteggiarsi a mamma/casalinga/moglie accentuando i vizi e le virtù delle donne (matrone) della Roma di decenni fa. Dal litigare per i panni stesi, dal cicchettare i propri compagni (ribaltando la gelosia della moglie), dal lamentarsi senza sosta. Ave Ninchi, qui costretta a lavorare mentre Peppe fa il casalingo, come sempre grande spalla

Gli incassi e il successo di pubblico fecero ipotizzare a Fabrizi anche un quarto episodio, mai realizzato. Secondo alcuni il soggetto del quarto episodio sarebbe stata una parodia di Bellissima con protagonista Peppe e suo figlio Delle Piane. Il titolo? ovviamente Bruttissimo[7]. "Il quarto, vagheggiato episodio della Famiglia Passaguai non sarebbe più stato realizzato. Del resto, il terzo, quello della metamorfosi del padre in madre, era cosi' sconvolgente e inesorabile da non accettare una continuazione."[8]

Pubblico e Incassi

Il successo del primo film spinse Aldo Fabrizi a girare in brevissimo tempo e uno dietro l'altro i due seguiti. Durante il mese d'ottobre 1951, mentre La famiglia Passaguai stava in missaggio iniziarono le riprese del film La famiglia Passaguai fa fortuna che terminarono a fine novembre appena prima del 20 dicembre in cui era programmata l'uscita de La famiglia Passaguai alla sala dei Filodrammatici di Milano. La prima del secondo film della trilogia fu programmata per il 20 febbraio 1952 al cinema Fiamma di Terni, a metà di quello stesso mese iniziarono le riprese del terzo film Papà diventa mamma che il 25 settembre 1952 fu presentato alla sala Umberto di Bari. I tre film nel 1952 e 1953 incassarono molto, ben distribuiti dalla Rank Film che li diffuse, debitamente doppiati, nei Paesi del Sud America, nel Nord Africa e in Europa, incrementando il successo internazionale. Tra premi statali e diritti di sfruttamento avevano incassato alcune centinaia di milioni, mentre gli incassi lordi parevano ammontare, in totale, a circa un miliardo al confronto delle spese delle tre produzioni che secondo calcoli approssimativi non superavano i conto milioni. Insomma, un trionfo[8].

Curiosità

Il lancio pubblicitario del film recitava: "Fabrizi+Macario = 1000000 di risate".[9]

Il sonoro della pellicola è stato restaurato nel 1999: "Da una lavanda sonoro infiammabile proveniente dal deposito Technospes della Cineteca Nazionale è stato stampato un controtipo sonoro su poliestere e da questo una copia positiva. La preservazione è stata eseguita presso il laboratorio Studio Cine nel 1999"[10].

Note

  1. ^ 100 caratteristi del cinema italiano: gli interpreti "minori" Di Massimo Giraldi,Enrico Lancia,Fabio Melelli
  2. ^ www.fregeneperfellini.it/fregene2006.pdf
  3. ^ Il cinema comico in Italia dal 1945 al 1975 Di Masolino D'Amico
  4. ^ Note personali
  5. ^ Il Mereghetti
  6. ^ Alberto Albertazzi, "Intermezzo", 5, 15 marzo 1952
  7. ^ I film di Peppino De Filippo Di Enrico Giacovelli,Enrico Lancia
  8. ^ a b Oreste del Buono "Signor Passaguai" La Stampa - 30.12.1995 - numero 987 - pagina 5 http://www.archiviolastampa.it/
  9. ^ LaStampa - 13.03.1952 - numero 62 - pagina 2 - www.archiviolastampa.it/
  10. ^ Cinema italiano 1945-1985: restauri e preservazioni Di D. Minutolo

Voci correlate

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