Antonio Maccanico

politico e funzionario italiano (1924-2013)

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Antonio Maccanico

Segretario generale della
Presidenza della Repubblica
Durata mandato12 giugno 1978 –
23 aprile 1987
PresidenteAlessandro Pertini, Francesco Cossiga
PredecessoreFranco Bezzi
SuccessoreSergio Berlinguer

Ministro delle Poste e Telecomunicazioni
Durata mandato17 maggio 1996 –
21 ottobre 1998
PresidenteRomano Prodi
PredecessoreGiovanni Motzo
SuccessoreSalvatore Cardinale

Ministro per le Riforme Istituzionali
Durata mandato21 giugno 1999 –
11 giugno 2001
PresidenteMassimo D'Alema,
Giuliano Amato
PredecessoreGiuliano Amato
SuccessoreUmberto Bossi

Ministro per gli Affari regionali
Durata mandato13 aprile 1988 –
12 aprile 1991
PresidenteCiriaco De Mita,
Giulio Andreotti
PredecessoreAristide Gunnella
SuccessoreFrancesco D'Onofrio

Dati generali
Partito politicoPRI;
Unione Democratica;
I Democratici;
La Margherita

Antonio Maccanico (Avellino, 4 agosto 1924) è un alto funzionario pubblico, manager e politico italiano, più volte Ministro della Repubblica.

Biografia

Laureatosi in giurisprudenza nel 1946 presso il Collegio Mussolini dell'Università di Pisa (attuale Scuola Superiore Sant'Anna), nel 1947 intraprese la carriera di funzionario parlamentare. Nel 1962 fu nominato Capo dell'Ufficio legislativo del Ministero del Bilancio per volontà del leader repubblicano Ugo La Malfa, appena insediatosi quale ministro. Tornò alla Camera dei deputati dove divenne nel 1964 Direttore del Servizio delle Commissioni. Fu nominato Vice Segretario Generale della Camera nel 1972 e Segretario Generale il 22 aprile 1976.

Nel 1978 il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, appena eletto, lo chiamò a ricoprire il ruolo di Segretario Generale della Presidenza della Repubblica, nominandolo anche consigliere di Stato. Mantenne l'incarico di segretario Generale della presidenza della Repubblica anche con Francesco Cossiga, sino al 1987, quando fu nominato presidente di Mediobanca subentrando[1] ad Enrico Cuccia, che veniva collocato a riposo dal Governo per raggiunti limiti d'età. Detenne la presidenza dell'istituto fino all'aprile 1988. Fu quindi ministro degli Affari Regionali e dei Problemi Istituzionali nel Governo De Mita e nel VI Governo Andreotti, fino al 1991.

Senatore per il Partito Repubblicano Italiano nel 1992-1994 e sottosegretario alla presidenza del Consiglio durante il Governo Ciampi, fondò nel 1995 l'Unione Democratica.

Dopo la caduta del Governo Dini nei primi mesi del 1996, fu incaricato dal Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro di formare un nuovo Governo: il tentativo di costituzione di un governo tecnico presupponeva un'intesa di fondo tra i due poli. Per superare il nodo delle televisioni Telecom Italia presentò un ambizioso progetto di cablatura delle città italiane che avrebbe permesso la trasmissione via cavo, superando perciò le riserve espresse dalla Corte Costituzionale sulle trasmissioni televisive via etere. Il tentativo di Governo andò però a vuoto per l'opposizione quasi completa degli opposti schieramenti parlamentari e così si giunse allo scioglimento anticipato delle Camere.

Alle successive elezioni l'Unione Democratica presentò liste comuni con il Partito Popolare Italiano e Maccanico fu eletto deputato nel 1996. Fu quindi Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni nel Governo Prodi I. In tale veste presentò un disegno di legge per l'istituzione della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi di telecomunicazioni e radiotelevisivone (Legge n. 249 del 31 luglio 1997, nota appunto come legge Maccanico).

Nel 1999 partecipò alla fondazione de I Democratici con Romano Prodi e nel giugno dello stesso anno sostituì Giuliano Amato quale Ministro per le Riforme Istituzionali nel Governo D'Alema I, mantenendo l'incarico anche nei successivi governi fino al 2001. Dopo la confluenza dei Democratici ne La Margherita è stato eletto nel 2001 alla Camera dei deputati. Nel corso della legislatura, fu estensore del cosiddetto Lodo Maccanico, ossia la norma che prevede la non procedibilità e la sospensione dei processi in corso per le cinque più alte cariche dello Stato (il Presidente della Repubblica, e i presidenti di Camera, Senato, Corte costituzionale e Consiglio dei ministri). A seguito di un maxiemendamento della maggioranza di centrodestra, a prima firma Schifani, Maccanico ha disconosciuto il testo della legge, da allora conosciuta come lodo Schifani.

Nel 2006 è stato eletto per la quarta volta in Parlamento nelle liste della Margherita in Campania. Appartiene al Gruppo dell'Ulivo al Senato della Repubblica ed è membro della 4ª Commissione permanente (Difesa).

Ha deciso di non candidarsi alle elezioni politiche del 2008

Accanto all'attività politica, Antonio Maccanico ricopre attualmente numerose cariche:

Legami familiari

La madre era sorella di Sinibaldo Tino e Adolfo Tino, ambedue avvocati: il primo, giornalista del "Giornale d'Italia", fu autore di una delle prime monografie sul regime fascista e svolse funzioni di pubblico ministero nel processo al governatore della Banca d'Italia svoltosi nel 1944 per l'asportazione dell'oro della riserva aurea da parte della Repubblica sociale italiana[2]; il secondo - con il padre, Alfredo Maccanico e Guido Dorso tra i fondatori del partito d'azione[3] - fu il primo presidente di Mediobanca. Il nipote di questi, Giorgio Tino, sarebbe poi diventato direttore generale dei Monopoli di Stato.

Il figlio Nicola Maccanico è direttore generale della Warner Bros Italia.

Onorificenze

Pubblicazioni

Autore di vari libri, fra cui Intervista sulla fine della Prima Repubblica (1994), Sud e Nord: democratici eminenti (2005) ed il recente Costituzioni e riforme (2006).

Note

Collegamenti esterni


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