Discussione:Impero partico
Ultimo commento: 12 anni fa, lasciato da Casmiki in merito all'argomento Contenuti senza fonte rimossi
c'è un errore di formattazione...
Da uno tanti
Penso si dovrebbe separare questa voce in più voci, una dedicata ai Parti in quanto popolazione (questa), una dedicata alla dinastia arsacide ed ev. un'altra dedicata alla voce della storia dell'Iran nel periodo arsacide.--Desyman (msg) 18:27, 4 gen 2010 (CET)
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- La Partia era una regione del Medio Oriente che più o meno corrispondeva all'attuale parte nord-orientale dell'Iran (a sud-est del Mar Caspio). Il clima caldo e l'ambiente quasi totalmente montuoso e occupato da steppe non erano molto adatti all'agricoltura. L'economia della popolazione di questa regione era basata essenzialmente sulla pastorizia e sui commerci con l'Oriente (era infatti una zona di transito per la Via della Seta).
- La Partia era originariamente una satrapia dell'Impero persiano che venne conquistata da Alessandro Magno intorno al 330 a.C. Dopo la caduta della dinastia achemenide ad opera di Alessandro Magno, la Persia fu governata dai Seleucidi. Dopo la morte di Alessandro Magno, il governo della Partia fu affidato, nel contesto della cosiddetta "spartizione di Babilonia" (323 a.C.) a Nicanore. Alla spartizione di Triparadiso (320 a.C.), il governo della Partia venne affidato a Filippo. A Filippo successe Peitone.
- Dal 311 a.C. la Partia divenne parte dell'Impero seleucide, venendo governata da vari satrapi sotto un re seleucide. Lo scarso interesse di questi monarchi per i loro territori orientali si concretizzò subito nello spostamento della capitale da Seleucia, in Mesopotamia, ad Antiochia, in Siria, accentuando quindi la divisione tra l'elemento greco e quello persiano dell'impero. Ne approfittarono alcuni satrapi delle province più orientali, Partia e Battriana, che si resero indipendenti.
- Andragora (morto nel 238 a.C.) fu l'ultimo satrapo seleucide della provincia di Partia, sotto i regni di Antioco I Soter e Antioco II Theos (Giustino, XII. 4). Andragora approfittò del fatto che i Seleucidi erano impegnati nella terza guerra siriaca con l'Egitto e riuscì ad ottenere l'indipendenza dall'Impero seleucide.
- La società partica mescolava le tradizioni dell’antica civiltà di origine della Partia, elementi greci presi dal precedente governo dei Seleucidi, i discendenti dei generali di Alessandro Magno, ed infine antiche tradizioni achemenidi. Plinio il vecchio parlava del regno partico come un insieme di regni, e la sua analisi non si scosta di molto dalla realtà. Difatti le regioni assoggettate dal regno partico è vero sì che erano sottomesse al Gran Re sia sul piano fiscale e militare, in verità gli stati vassalli godevano di una grandissima autonomia, e a volte anche una politica a sé stante. Ciò favoriva il mantenimento delle tradizioni religiose e culturali delle singole regioni, che non deve essere visto come un segno di debolezza da parte dei Re, poiché se le province fossero state turbolente ci sarebbe stato bisogno di farle sentire più “partiche”, quindi di cambiarne le tradizioni. Questo non è accaduto, ed è sintomo della lungimiranza e della forza dei Re dei Parti, che riuscirono a mantenere delle regioni molto diverse culturalmente sotto un unico regno.
- L'aristocrazia era composta dai grandi proprietari terrieri, divisi in tre classi di rango, ovvero i megistanes, gli iberi e gli eleutheroi. Formavano il consiglio del Re, invece, i parenti del re stesso, i "saggi" e i "maghi". La classe nobiliare era svincolata politicamente, grazie al potere sull’incoronazione del re e la loro indipendenza economica.
- Tuttavia il re esercitava il suo potere non vincolato da questi ultimi: egli possedeva grandi terreni, le colonie, e grandi strumenti di “persuasione”, come i mercenari. Gli interessi del re e l’aristocrazia coincidevano abbastanza spesso, e la rivalità fra le famiglie nobiliari permetteva al re di manovrarle come meglio credeva.
- Il re aveva diversi appellativi ed epiteti, come quello usato dagli antichi sovrani achemenidi, “re dei re”. Altri epiteti erano ephanites, “colui che risplende”, dikaios (giusto), o philellen, “amico dei greci”, e molti altri. Dapprima erano usati con cognizione di causa, mentre poi divennero solo espressioni di circostanza. Si sa poco delle forme di comportamento che adottava il Re. Sicuramente esistevano Paramenti e insegne regali, come il Doppio Diadema, e che egli dimostrava la sua generosità e la benevolenza con lauti banchetti e cerimonie fastose. Il sovrano portava avanti l’idea iranica che il Re fosse sul trono per volere divino, d’altra parte egli si presentava come un uomo con qualità divine, tradizione ereditata dai Seleucidi e dalla loro influenza ellenica. Durante il loro regno le saghe eroiche dell’Iran orientale, che inglobarono anche le gesta dei principi vassalli arsacidi, fecero scomparire il ricordo delle imprese degli Achemenidi e dei Medi, e si sovrapposero alle altre tradizioni locali e regionali.--Casmiki Βασιλεὺς τῶν Ῥωμαίων 11:42, 3 nov 2012 (CET)