Quinto Publilio Filone
Quinto Publilio Filone[1] (latino: Quintus Publilius Philo) (fl. 359 a.C.-314 a.C.; ... – ...) è stato un politico e generale romano.
Quinto Publilio Filone | |
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Console e Dittatore della Repubblica romana | |
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Consolato | 339 a.C., 327 a.C. |
Dittatura | 339 a.C. |
Biografia
Fu eletto console nel 339 a.C. con Tiberio Emilio Mamercino. Nonostante Quinto Publilio avesse sconfitto alcune tribù latine e per questo gli venisse attribuito il trionfo, Livio accusa il console di aver pensato soprattutto alle faccende personali ed agli interessi della propria fazione[2].
Nominato dittatore dal collega console[3], si adoperò in funzione anti-senatoriale, promulgando tre leggi, tra le quali la Lex Publilia, per la quale i plebisciti avevano valore anche per i patrizi.
Due anni più tardi, nel 337 a.C., durante il consolato di Gaio Sulpicio Longo e di Publio Elio Peto, fu il primo plebeo ad ottenere la carica di pretore, nonostante l'opposizione del Senato.
Nel 335 a.C. fu sclelto come magister equitum dal dittatore Lucio Emilio Mamercino Privernate, eletti per l'elezione dei consoli per l'anno successivo[4].
Nel 332 a.C. fu censore con Spurio Postumio Albino Caudino; istituirono le nuove tribù Mecia e Scapzia.
Fu eletto console nel 327 a.C. con Lucio Cornelio Lentulo[5]. Gli fu affidato il comando dell'esercito nell'assedio della città di Paleopolis, mentre il Lucio Cornelio entrava nel territorio dei Sanniti, alleati ai greci di Palopolis[6]. In seguito all'elezione dei nuovi consoli, a Publilio fu accordato il potere proconsolare, per continuare la campagna militare contro Palopolis[7]. La città fu conquistata l'anno successivo e a Quinto Publilio fu decretato il trionfo.
Fu eletto console per la terza volta nel 320 a.C. con Lucio Papirio Cursore.
Fu eletto console per la quarta volta nel 315 a.C. con Lucio Papirio Cursore.
Note
- ^ William Smith, Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, 1, Boston: Little, Brown and Company, Vol.2 p. 297
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, VIII, 12.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, VIII, 12.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, VIII, 16.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, VIII, 22.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, VIII, 23.
- ^ Tito Livio, Ab urbe condita libri, VIII, 23.