Scavi archeologici di Ercolano

sito archeologico italiano

Gli scavi archeologici di Ercolano si trovano nel comune di Ercolano in Provincia di Napoli.

Ercolano
File:Ercolano1 Copyright2003KaihsuTai.jpg
Affreschi di Ercole ad Ercolano.
CiviltàOsci, Sanniti e Civiltà romana
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
ComuneErcolano
Dimensioni
Superficie45 000 
Amministrazione
PatrimonioAree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata
EnteSoprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei
ResponsabileTeresa Elena Cinquantaquattro
Visitatori563 165 (2023)
Sito webwww.pompeiisites.org/
Mappa di localizzazione
Map
 Bene protetto dall'UNESCO
Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata
 Patrimonio dell'umanità
TipoCulturale
Criterio(III)(IV)(V)
PericoloNon in pericolo
Riconosciuto dal1997
Scheda UNESCO(EN) Archaeological Areas of Pompei, Herculaneum and Torre Annunziata
(FR) Scheda

L'antica città di Herculaneum, già gravemente danneggiata dal terremoto del 62, venne distrutta dall'eruzione del Vesuvio (79), che la coprì con un'ingentissima massa di fango, cenere ed altri materiali eruttivi trascinati dall'acqua piovana che, penetrando in ogni apertura, si solidificò in uno strato compatto e duro di 15-20 metri.

Queste particolari circostanze che hanno portato al seppellimento di Ercolano, se da un lato ne hanno reso e ne rendono tuttora assai arduo lo scavo, dall'altro hanno permesso la conservazione di materiali altamente deperibili, come i papiri e gli stessi alimenti, sigillati nel fango secco. Questa sigillatura ha anche protetto materiali come il legno strutturale, che invece in presenza di ristagno d'acqua è più deperibile.

Gli scavi di Ercolano, con quelli di Pompei e Oplontis, sono inseriti dal 1997 nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO[1].

Nel 2008 sono stati visitati da 264.036 persone.[2]

Storia delle indagini archeologiche

Dopo secoli dal suo seppellimento causato dal Vesuvio e dopo che su parte del territorio s'era installata la città moderna di Resìna, la riscoperta d'Ercolano avvenne in circostanze del tutto casuali, nel 1709, quando il duca d'Elboeuf, proprietario d'una Villa d'Elboeuf a Portici, seppe che un pozzo scavato nell'orto dei Frati Alcantarini s'era imbattuto in un antico edificio adorno di marmi: il teatro di Ercolano[3]. L'Elboeuf continuò l'esplorazione del monumento, asportando statue, marmi di rivestimento, colonne, iscrizioni e bronzi, che vennero raccolti nella Villa Reale di Portici.

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Corridori della Villa dei Papiri di Ercolano

Fra il 1738 e il 1765 si svolse la prima regolare campagna di scavo sotto il patrocinio di Carlo di Borbone e la direzione di Rocque Joaquin de Alcubierre, assistito da Karl Jakob Weber prima e di Francesco La Vega poi. Condotta in condizioni d'estrema difficoltà, l'esplorazione si svolse tramite cunicoli sotterranei che, una volta asportate le opere d'arte, venivano richiusi; furono raggiunti alcuni templi, la cosiddetta Basilica e la Villa dei Papiri. Fortunatamente Weber iniziò la stesura di una planimetria in base alle scoperte effettuate, completata da Francesco La Vega, importantissima nel 1986 quando venne riaperto lo scavo.

Dal 1787 al 1799 e dal 1869 al 1875 gli scavi, condotti finalmente a cielo aperto, diedero modesti risultati. Ripresi nel 1927 da Amedeo Maiuri, hanno portato in luce circa un terzo della città. Scavi eseguiti dal 1980 da Giuseppe Maggi hanno dimostrato che la popolazione di Ercolano non era fuggita verso Napoli, come si era ritenuto in precedenza, ma si trovava in gran parte ammassata in ambienti prospicienti la spiaggia o sulla stessa spiaggia, individuata per la prima volta. Gli ercolanesi speravano infatti di potersi salvare via mare. Fu rinvenuta una barca intatta, col supposto nocchiero affogato, e resti di altre. Le vittime erano perfettamente conservate: uomini, donne, bambini d'ogni ceto sociale, colti dal fiume di fango mentre tentavano di fuggire, alcuni portando con sé preziosi gioielli, monete ed altri oggetti. Il fango si era subito solidificato, conservando ogni dettaglio di questi primi veri "personaggi dell'antichità", compresi indumenti e copricapi. Dal 1982 fu decisivo il supporto scientifico della National Geographic Society di Washington, particolarmente per lo studio degli scheletri, affidato alla paleopatologa Sara Bisel dello Smithsonian Institution.

Ercolano ci appare oggi solo in una parte della sua estensione, quella più vicina al mare, mentre restano ancora sepolti parte del Foro, i templi, numerose case e le necropoli, soprattutto per il fatto che vengono a trovarsi sotto il moderno abitato di Resìna, che dal 1969 ha mutato il nome della città in quello antico di Ercolano.

La visita della città può essere iniziata dal Cardine III, su cui affacciano numerose abitazioni.

Gli edifici

Casa di Aristide e Casa d'Argo

 
Casa d'Argo

La prima parte sulla sinistra è la Casa di Aristide, cui segue la Casa d'Argo, che deve il suo nome ad una scena con "Io ed Argo", già dipinta su una parete della grande sala del peristilio, oggi completamente scomparsa. Doveva essere questa una delle più nobili dimore ercolanesi, con un ampio giardino circondato da uno splendido peristilio con colonne e pilastri.

Casa del Genio

 
Affresco

L'adiacente Casa del Genio è ancora in parte da scavare, ma dalla zona attualmente visitabile, limitata all'ingresso secondario, pochi ambienti ed il peristilio, s'intuisce il suo carattere signorile. Il nome della casa deriva da una statuetta marmorea di amorino o genietto che fu qui rinvenuta e che costituiva la decorazione di un candelabro. Molto curata doveva essere la sistemazione del giardino, al centro del quale si vede ancora la vasca d'una fontana, di forma rettangolare piuttosto allungata e con due absidi sui lati corti.

Casa dello Scheletro

Nell'abitazione di fronte i primi esploratori del 1831 rinvennero dei resti umani, ed in virtù di questo fatto, essa viene tuttora denominata Casa dello Scheletro. Della costruzione, originariamente a due piani, rimane solo il pianterreno, col suo atrio dal tetto completamente chiuso e senza la vasca sul pavimento. Un elegante ninfeo s'affaccia sul vasto triclinio, mentre in un cortile che dava aria e luce ad una grande sala absidata è un altro ninfeo con un sacello finemente decorato.

Casa dell'Albergo

 
Casa dell'albergo

Tornando sui nostri passi, raggiungiamo la Casa dell'Albergo, così chiamata solo per la sua ampiezza, mentre era sicuramente un'elegante e ricca abitazione privata, in splendida posizione panoramica verso il mare. Le sue strutture architettoniche e la disposizione risultano molto interessanti, anche se la casa c'è pervenuta in pessimo stato di conservazione, per i danni causati durante l'eruzione dal torrente di fango e per i cunicoli scavati dai primi esploratori. Edificata in età augustea e successivamente alquanto modificata, comprende numerose stanze ai fianchi dell'atrio, un bagno privato, un grande peristilio (col giardino ad un livello inferiore a quello del portico) ed un ampio quadriportico-belvedere, sotto al quale erano stati ricavati alcuni ambienti. Da alcune trasformazioni subite dalla casa sembrerebbe che, danneggiata dal terremoto del 62 d.C., sia stata venduta a dei nuovi proprietari, che l'avrebbero convertita in abitazione mercantile con botteghe ed officine.

Casa dell'Atrio a Mosaico

Uscendo da quest'ultima casa, ci si trova di fronte alla Casa dell'Atrio a Mosaico, con l'ingresso e l'atrio a mosaico. Il tablino, in asse con gli altri due ambienti, è chiuso sul fondo e diviso da due file di pilastri in navate. I restanti ambienti si trovano di fianco a questi e sono orientati verso il mare, per goderne la vista. Un portico finestrato con al centro il giardino mette in comunicazione l'atrio col triclinio e le altre stanze di rappresentanza. Sul lato orientale del portico si aprono quattro cubicoli, con pitture su fondo rosso, disposti ai lati d'un'esedra finemente decorata con pitture architettoniche e con le scene del "Supplizio di Dirce" e di "Diana al bagno", entrambe ambientate in ariosi paesaggi. La casa termina, al di là del triclinio, con un loggiato ed una terrazza. Ai lati del loggiato sono due piccoli padiglioni che avevano anche la funzione di belvedere. Numerose parti lignee della casa sono state rinvenute e ricollocate al loro posto: ben conservati sono una culla ed un tavolino in legno massello

Casa dell'Erma di bronzo

 
L'Erma di bronzo

Poco oltre, a sinistra, c'è la Casa dell'Erma di bronzo, di forma stretta e allungata, che può essere considerata un esempio d'abitazione sannitica. Nel tablino è conservata un'erma vigorosa ed incisiva, anche se di fattura piuttosto grossolana, probabilmente raffigurante il proprietario della casa. A destra del tablino una scala conduceva alle stanze del piano superiore.

Casa a Graticcio

 
La Casa a Graticcio

Segue la Casa a Graticcio, interessante per la particolare tecnica costruttiva, l'opus craticium: le pareti, al piano inferiore come a quello superiore, sono realizzate con pilastri laterizi ed intelaiature lignee riempite di opus incertum. Si tratta d'un tipo di costruzione molto economico e di rapida realizzazione, che doveva essere piuttosto diffuso tra il ceto popolare, di cui però questo d'Ercolano è il più compiuto e meglio conservato esempio. Anche la disposizione degli ambienti lascia intuire che qui coabitavano più famiglie. La facciata della casa si presenta con un piccolo portico sovrastato da un loggiato. Il largo ingresso conduce, invece che nell'atrio, in un cortiletto scoperto da cui prendono luce gli ambienti dei due piani. Particolarmente interessanti sono le stanze del piano superiore, con la povera suppellettile ancora al suo posto: i telai lignei dei letti, una tavola di marmo, un armadio con le stoviglie e pochi oggetti di corredo, le statuette dei Lari, ci fanno sentire straordinariamente vicini alle persone che abitarono qui. La casa comprendeva un altro quartierino, reso indipendente da una scala e scarsamente illuminato, ad eccezione della facciata, dov'erano sistemati il letto tricliniare ed un piccolo larario domestico.

Casa dell'Alcova

File:Alcova.JPG
Casa dell'Alcova (part.)

Dall'altro lato della strada è la Casa dell'Alcova, risultato dall'unione di due abitazioni, la prima delle quali composta da ambienti piuttosto modesti, probabilmente rustici, mentre l'altra costituiva la dimora signorile, ed era riccamente decorata. L'atrio è coperto e conserva la pavimentazione in opus tessellatum ed opus sectile. Si apre su una sala bicliniare con pitture del quarto stile e su un grande triclinio originariamente pavimentato in marmo. Un corridoio conduce ad altri ambienti che prendono luce da un piccolo cortile, tra cui un'alcova absidata.

Casa della Fullonica

Adiacente è la Casa della Fullonica (lavanderia): una modesta dimora nella quale una famiglia d'artigiani viveva ed esercitava il proprio mestiere. Vi si possono ancora vedere le vasche in cui venivano lavati i panni.

Casa del tramezzo di legno

 
Mosaico nell'apodyterium delle terme femminili

Dirimpetto è la Casa del tramezzo di legno, risalente all'età sannitica, ma alquanto trasformata in epoca augustea. Particolarmente interessante è la facciata, in ottimo stato di conservazione. La casa, originariamente un'elegante e nobile dimora signorile, intorno alla metà del I secolo d. C., venne divisa in quartieri d'affitto per più famiglie, che potevano altresì usufruire di alcuni servizi comuni. Per realizzare questa trasformazione, fu necessario costruire un secondo piano al di sopra dell'atrio, mentre alcune stanze che s'affacciavano sulla strada vennero adibite a botteghe. Particolarmente maestoso è il grande atrio tuscanico con al centro l'impluvium [la vasca per la raccolta delle acque piovane, (vedi foto)], e dal quale si può accedere al cubicolo situato a destra della fauce, con un mosaico pavimentale a disegni geometrici. Qui è conservata una mensa in marmo rinvenuta al piano superiore, cui fa da base una statuetta della divinità frigia Atthis.

File:Tramezzo.JPG
L'impluvium nella Casa del tramezzo di legno

La casa deve il suo nome al grande tramezzo ligneo dividente l'atrio dal tablino, conservato per due terzi (manca una delle tre porte a due battenti): doveva trattarsi d'un elemento piuttosto comune nelle case romane, ma la facilità con cui questo materiale poteva essere rimosso per essere riutilizzato o bruciato per produrre calore rende il suo rinvenimento in questa casa quanto mai eccezionale. Nelle bacheche sistemate nell'atrio si vedono gli oggetti trovati nella casa, tra cui alcuni legumi secchi. Dal tablino si passa in un giardinetto con portico a pilastri, su cui affacciano alcune stanze ed il triclinio. Al piano terra, in una stanza sulla destra, è ancora presente il letto del proprietario della casa, ovviamente carbonizzato(le parti in metallo sono moderne).

Terme

Oltrepassata un'abitazione a pianta stretta ed allungata con la sala di fondo ornata da pitture di quarto stile, voltiamo a sinistra, trovandoci nel Decumano inferiore, di fronte all'imponente complesso delle Terme Centrali. Composte, com'era consueto per questo di tipo di edifici, da due parti, una riservata agli uomini e l'altra alle donne, risalgono all'età augustea, ma subirono rifacimenti in posteriore. Si accede alla sezione maschile dal Cardine III, dove un lungo corridoio immette nella palestra porticata su tre lati, che veniva usata dai frequentatori delle terme non solo per gli esercizi ginnici, ma anche come luogo d'attesa o di ritrovo. Di qui si passa nello spogliatoio (apodyterium), con volta a botte, sedili su tre lati e mensole per appendere le vesti. Una grande vasca a forma di labrum in marmo cipollino è ancora al suo posto, nell'abside della parete di fondo, mentre ben poco resta della piccola vasca rettangolare che si trovava nelle vicinanze. Dallo spogliatoio si passa direttamente nel frigidarium e nel tepidarium. Il primo, di dimensioni piuttosto ridotte, presenta una volta a cupola dipinte con animali marini raffigurati sul fondo d'un mare grigio-celestino, che, riflettendo nelle acque della vasca centrale, dava l'impressione di trovarsi, a chi vi s'immergesse, in un mare popolato di pesci.

Il tepidarium, riscaldato mediante circolazione d'aria calda sotto al pavimento (Ipocausto), rialzato da colonnine di mattoni (suspensurae), conserva un'interessante pavimentazione musiva, con un tritone circondato da quattro delfini. Una porta immette nel grande calidarium, riscaldato sempre col sistema delle suspensurae, dotato di vasca per i bagni d'acqua calda e di labrum per le abluzioni con acqua fredda. Più piccole e sobrie nella decorazione, ma meglio conservate, sono le terme femminili, con ingresso dal Cardine IV: una porta immetteva nella vasta aula che fungeva da vestibolo, ma sicuramente anche da sala d'attesa. Di qui un piccolo e stretto vestibolo conduce all'apodyterium, simile nella decorazione a quello della sezione maschile e con sul pavimento un mosaico (v. foto) del tipo di quello del tepidarium maschile, raffigurante un tritone con una pala di timone sulla spalla, circondato da un amorino, quattro delfini, un polpo ed una seppia. Sempre per quanto riguarda la parte femminile delle terme, interessante è il pavimento musivo del tepidarium a disegni geometrici e pannelli con emblemata decorativi; ampio e spazioso è il calidarium, illuminato da un occhio aperto sulla sommità della volta. A questi si devono aggiungere altri ambienti, come quello dov'erano sistemate le caldaie per il riscaldamento d'entrambe le sezioni; annessi alla palestra erano infine alcune stanzette ed uno sferisterio per il gioco della palla.

Casa di Galba

Tornando sul Cardine III, c'è sulla sinistra l'Insula VII, in gran parte ancora da esplorare, perché si trova al di sotto dell'abitato moderno. Vi è stata portata alla luce parte di due abitazioni, una delle quali, detta Casa di Galba, aveva un bellissimo peristilio d'epoca preromana, le cui colonne doriche in tufo furono poi ricoperte di stucchi, mentre si provvedeva a chiudere gli intercolunni con un podio.

Casa a due atri

Oltrepassate le terme, si raggiunge la Casa a due atri con una pianta piuttosto singolare, probabilmente scelta per sfruttare nel miglior modo possibile lo spazio, non molto ampio, a disposizione. Al primo atrio, col tetto sorretto da quattro colonne, segue il tablino, quindi un altro atrio ed infine una vasta sala; gli alloggi sono disposti lungo il lato sinistro. La facciata della casa, piuttosto semplice, presenta un portale con architrave tufaceo ed una cornice laterizia che segna all'esterno la divisione in due piani.

Casa del Colonnato Tuscanico

Antica e nobile era la Casa del Colonnato Tuscanico: fu eretta in epoca sannitica con grandi blocchi di tufo e successivamente restaurata. Dopo il terremoto del 62 d.C., dovette almeno in parte perdere il suo carattere signorile, poiché due ambienti prospicienti la pubblica via furono convertiti in botteghe. La casa si distingue per il suo splendido peristilio con un maestoso colonnato tuscanico, su cui affacciano il triclinio, alcune sale di rappresentanza e gli alloggi signorili. La decorazione degli ambienti venne effettuata in due epoche differenti, cosicché possiamo vedere pitture sia di terzo che di quarto stile. Nella casa è stata rinvenuta una grossa somma di monete d'oro (circa 1.400 sesterzi) nascosta dal suo ricco proprietario, probabilmente poco prima di lasciare la casa.

Poco oltre il cardine sbocca nel Decumano Massimo, la principale arteria di Ercolano, centro della vita cittadina.

Sacello degli Augustali

 
Pannello con Nettuno, Giunone e Anfitrite
File:SacelloAugustaliDx.JPG
Pannello con Ercole e Minerva

Il primo edificio che s'incontra, già nell'area del Foro, è il cosiddetto Sacello degli Augustali, probabilmente centro del culto imperiale e al tempo stesso sede del Collegio degli Augustali, o forse Curia cittadina. Si tratta di una grande sala simile ad un atrio tetrastilo d'abitazione privata: il tetto, infatti, è sostenuto da quattro colonne e la luce piove dall'alto, tramite un lucernario. Al centro della parete di fondo è un piccolo ambiente, il sacello vero e proprio, dove si dovevano svolgere i riti in onore dell'Imperatore; le sue pareti sono decorate da fini pitture, tra cui due pannelli figurate, uno con Ercole, Giunone, e Minerva e l'altro con Nettuno ed Anfitrite.

La Basilica

 
Statua di M. Nonio Balbo

Dall'altra parte della strada sorgeva l'edificio comunemente chiamato Basilica, parzialmente esplorato mediante cunicoli tra il 1739 ed il 1761. Era, come risulta dalle descrizioni e da una pianta del tempo, una vasta aula rettangolare, divisa in tre parti da file di colonne. Nella parete di fondo era un'esedra con ai lati due nicchie minori, dov'erano raffigurati "Teseo col Minotauro" ed "Ercole con Telefo". Tutte le pareti, del resto, erano ornate da un'interessantissima serie di dipinti, alcuni dei quali sono stati staccati e si trovano al Museo archeologico nazionale di Napoli, mentre altri sono andati irrimediabilmente perduti. Nell'edificio, inoltre, venne rinvenuto un gran numero di sculture marmoree e bronzee, tra cui due statue equestri.

In corrispondenza degli ingressi, sul decumano massimo, sorgevano due archi quadrifronti (con quattro arcate sui quattro lati) della prima metà del I secolo. Sono realizzati in opera laterizia e conservano tracce della decorazioni in stucco. Si sono conservati frammenti delle quadrighe trionfali in bronzo che li sormontavano[4]

Statua di M. Nonio Balbo

Nel piazzale di fronte alla Basilica è stata rinvenuta la statua del cavaliere e proconsole Marco Nonio Balbo, le statue-ritratto del padre, della madre e delle figlie di questi.

Il Foro

Il Foro di Ercolano era attraversato dal Decumano Massimo, la cui carreggiata raggiungeva la notevole ed inconsueta larghezza di 12-14 metri, venendo così a costituire la platea del Foro, riservata al traffico pedonale. Dei cippi posti alle sue estremità e gradini sistemati allo sbocco dei Cardini interdivano il traffico ad ogni tipo di veicolo. Il Foro civile era separato dal mercato da un grande arco quadriforme rivestito di marmi e stucchi e adorno di statue. Sul lato settentrionale della parte commerciale del Foro è stato portato alla luce un singolare complesso, preceduto da un portico a colonne e pilastri, sotto il quale si apre tutta una serie di botteghe; superiormente c'erano almeno altri due piani, con abitazioni d'affitto.

Casa del Salone Nero

 
Casa del Salone Nero

Dall'altro lato della strada, tra botteghe ed officine, è l'ingresso ad una delle più lussuose dimore d'Ercolano, la Casa del Salone Nero, che ancora conserva uno dei battenti in legno della porta. Deve il nome ad una grande sala che s'affaccia sul peristilio, decorata da pilastri e candelabri dipinti su fondo nero. Ben conservato è un larario a forma di tempietto, con colonnine lignee sormontate da piccoli capitelli marmorei.

Casa del Bicentenario

La casa più grande ed elegante della zona del Foro era però la Casa del Bicentenario, portata alla luce nell'ottobre del 1938, quando ricorreva il secondo centenario degli scavi di Ercolano. Regolare nell'impianto, la casa presenta un ampio e solenne atrio tuscanico con tetto compluviato e pavimento a mosaico bianco e nero. Le pareti sono decorate con finte architetture ed animali, secondo il quarto stile pittorico. Sul fondo è il tablino, fiancheggiato dalle due alae, di cui quella a destra risulta separata dall'atrio mediante un elaborato cancello ligneo a transenna: forse qui erano conservati degli oggetti preziosi, oppure vi s'esponevano le imagines maiorum. Ben conservato è il tablino, col pavimento in opus tessellatum bianco listato di nero includente al centro un quadro rettangolare in opus sectile contornato da una fascia a treccia. La decorazione pittorica è finissima: in basso corre uno zoccolo nero con elementi vegetali; quindi la parete risulta divisa da eleganti fasce con tralci, volute, mascherette e vasi in tre pannelli, di cui quello centrale ornato da un quadro figurato, mentre in quelli laterali sono dei piccoli medaglioni; al di sopra è una fascia con amorini cacciatori su fondo nero. Al piano superiore erano dei modesti alloggi, probabilmente dati in affitto a qualche famiglia quando la casa perse, almeno in parte, il suo carattere nobile. Qui, sulla parete di fondo d'un piccolo ambiente, si vede un pannello d'intonaco con un grande segno di croce tracciato in profondità, nel quale poteva essere incassata una croce lignea in seguito asportata. Due pannelli in legno dovevano proteggere da sguardi indiscreti la croce, al di sotto della quale era un piccolo armadio ligneo, vicino nella forma agli altari sui quali venivano innalzati i larari domestici ad Ercolano e Pompei. Tutti questi elementi sembrerebbero provare che ci troviamo di fronte alla più antica testimonianza del culto della Croce e quindi un elemento importantissimo per la storia della religione cristiana, che sappiamo diffusa in Campania da San Paolo, sbarcato a Pozzuoli nel 61 d.C.

Casa del Bel Cortile

 
Casa del Bel Cortile

Imbocchiamo il Cardine IV dove, dopo una modesta abitazione a carattere utilitario con bottega sul Foro, sorge la Casa del Bel Cortile, articolata su due piani e con una disposizione degli ambienti piuttosto insolita ed originale. La stanza d'ingresso, allungata e con un basso soffitto, svolge la duplice funzione di vestibolo e di atrio. Alla sua destra sono tre piccole stanze rustiche, mentre dal fondo s'accede al suggestivo cortile. Qui una scala esterna con parapetto e ballatoio, simile a quelle tipiche dell'architettura civile italiana del Medioevo, conduce al piano superiore, dove sono gli alloggi, messi in comunicazione l'uno con l'altro dal ballatoio, ed una balconata in legno sporgente dal prospetto della casa.

Casa del Mosaico di Nettuno e Anfitrite

 
Casa di Nettuno e Anfitrite

Adiacente è la Casa del Mosaico di Nettuno e Anfitrite, appartenuta all'ignoto mercante, ricco e raffinato, che esercitava il suo commercio nella vasta bottega aperta sulla strada e comunicante col resto dell'edificio. Arredata con estrema cura, la bottega è giunta sino a noi in ottimo stato di conservazione, con ancora le merci sul bancone e le anfore vinarie sistemate in ordine in una scansia. La sistemazione degl'ambienti della casa è semplice: dall'atrio s'accede al tablino, e quindi al triclinio estivo con una mensa tricliniare in muratura rivestita di marmo e con le pareti coperte da fini mosaici. Sul lato di fondo è un ninfeo con una nicchia centrale absidata affiancata da due nicchie rettangolari di minori dimensioni, il cui prospetto è rivestito da un mosaico a paste vitree: da quattro vasi (cantaroi) posti alla base degli stipiti delle nicchie prendono origine altrettanti cespi di vite che salgono sinuosamente fino agli architravi delle nicchie laterali; qui iniziano due scene di caccia (con cani e cervi su un fondo azzurro intenso) sovrastate da festoni di foglie e frutta e riquadrate da un'elegante cornice. Gli orli delle nicchie ed il loro fondo sono ornati da conchiglie e madreperla, mentre alcune maschere teatrali ed una vigorosa testa di sileno sono collocate sul fastigio del ninfeo e sulla parete di fondo del cortile. Sulla parete a lato del ninfeo è il quadro musivo che ha dato il nome alla casa, con Nettuno ed Anfitrite inquadrati in una fantasiosa ed elaborata composizione architettonica. Le stanze del piano superiore, il cui interno ci appare fin dalla strada, in quanto il terremoto che s'accompagnò all'eruzione abbatté le loro pareti sul prospetto, conservano parte della loro decorazione pittorica e della loro suppellettile. Una statuetta di Giove che si trovava nell'atrio ed una piccola erma bronzea di Ercole confermano il gusto raffinato del proprietario della casa.

Casa del Mobilio Carbonizzato

Elegante dimora signorile, anche se sobria e di modeste dimensioni, la Casa del Mobilio Carbonizzato è stata edificata in epoca preromana, come dimostra la disposizione degli ambienti intorno all'atrio e al piccolo cortile posteriore, e venne completamente ridecorata con pitture di terzo e quarto stile in età claudia. L'ampio portale immette in una fauce che ha sulla destra il triclinio, con alle pareti pitture di quarto stile: finte architetture in cui sono inseriti i realistici quadretti d'un galletto e d'una natura morta. Sul fondo dell'atrio s'aprono due ambienti: il tablino ed una stanza con un finestrone che dà sul cortiletto. Da questo medesimo cortile prende luce, mediante tre finestre, una saletta dove si possono ancora vedere un letto tricliniare ed un tavolino di legno, insieme con del vasellame in terracotta ed in vetro. Il cortiletto, che poteva fungere anche da piccolo giardino, con un'aiuola centrale ed alcune piante, era usato per la raccolta dell'acqua piovana, conservata poi in una cisterna. Sul fondo è un larario domestico a forma di tempietto decorato da stucchi e pitture, con un grazioso timpano sorretto da due colonnine.

Casa del Telaio

Del tutto diverso era il carattere della vicina Casa del Telaio dove un artigiano aveva la sua umile abitazione ed il suo laboratorio.

Casa Sannitica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Casa Sannitica.

La Casa Sannitica è tra le più antiche dimore di Ercolano e conserva ancora in parte il suo aspetto originario, risalente agli ultimi decenni del II secolo a.C. La facciata è preceduta da un marciapiedi eseguito molto accuratamente; l'elegante portale con i piedritti in blocchi di tufo sovrastati da capitelli corinzi dà accesso alla fauce, con decorazione di primo stile (bugnato in stucco policromo ad imitazione del marmo). Interessantissimo è l'atrio, nella cui parte alta è un elegante loggiato di colonnine ioniche i cui intercolunni sono chiusi da una graziosa transenna marmorea rivestita di stucco. Vi si possono anche vedere alcuni oggetti rinvenuti nella casa, come una statuetta frammentaria di Venere e parte dei piedi d'un tavolo in legno, a forma di cani. Gli ambienti del pianterreno mostrano, con la loro fine decorazione, l'originario carattere signorile della casa. Per quanto riguarda il piano superiore, invece, si vede chiaramente che in un secondo tempo vi furono ricavati piccoli appartamenti d'affitto, resi indipendenti grazie ad una ripida scala di legno. La casa originariamente possedeva un giardino, in seguito ceduto all'attigua Casa del Gran Portale.

Casa del Gran Portale

Si entra nella Casa del Gran Portale per il suo elegante ingresso affiancato da due colonne laterizie inizialmente stuccate e dipinte in rosso, sormontate da capitelli in pietra, corinzi ma con figurette di "Vittorie alate". Sopra i capitelli corre l'architrave in mattoni, sormontata da una cornice dentellata. All'interno, la disposizione degli ambienti è piuttosto inconsueta: manca l'atrio, e le varie stanze affacciano su un vestibolo molto allungato, comunicante col cortiletto scoperto da cui prendono luce gli ambienti e dove avveniva la raccolta delle acque piovane. Le pareti dei vari ambienti mostrano fini pitture di quarto stile. Notevole è la decorazione del triclinio, che ha sulla parete di fondo un quadretto dionisiaco. Sul fondo del vestibolo si nota una parete con eleganti architetture dipinte su fondo nero, includenti al centro un grazioso quadretto con farfalle ed uccelli che beccano ciliegie. Fa parte dell'edificio anche una bottega aperta sulla strada, completamente indipendente dal resto della casa e forse concessa in affitto.

Casa della Stoffa

Percorrendo il Cardine V verso sud, vediamo sulla destra la Casa della Stoffa, dove abitava e lavorava una famiglia di artigiani e mercanti di stoffe, com'è provato dai numerosi brani di tessuto rinvenuti in uno stanzino del pianterreno.

Casa dei Cervi

Quella seguente è la più raffinata ed elegante dimora finora rinvenuta nella città. Fa parte di quel gruppo di case dette "panoramiche", in quanto costruite in modo da poter sfruttare al massimo lo splendido panorama del golfo che s'apriva dinanzi a loro. Databile all'epoca claudio-neroniana, la Casa dei Cervi appare razionalmente divisa in due zone distinte: quella dell'ingresso, con l'atrio ed il triclinio, e quella delle terrazze panoramiche, messe in comunicazione da un grande portico chiuso da finestre. La fauce immette in un atrio di modeste dimensioni e privo dell'apertura del tetto (compluvium) che della vasca per la raccolta delle acque (impluvium). Segue una grande sala tricliniare con le pareti ornate sobriamente da fini architetture ed altri motivi su fondo nero e con un pavimento in mattonelle di diversi tipi di marmo. Qui si possono ammirare i due celebri gruppi marmorei raffiguranti "Cervi assaliti da cani", rinvenuti nel giardino della casa.

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La casa dei Cervi

Sempre in questa parte dell'edificio sono due salette, una delle quali è finemente decorata con pitture sempre di quarto stile, su fondo rosso, e ha al centro una statuetta in marmo di un "satiro con l'otre". Un'anticamera conduce alla dispensa, alla cucina e ad una latrina. Il vasto quadriportico non ha colonne, ma è costituito da quattro bracci d'un corridoio coperto finestrato, includente al centro il giardino, un grande triclinio e due saloni di soggiorno. Il quadriportico era variamente decorato con quadretti di diverso soggetto, molti dei quali, staccati, si trovano al Museo Nazionale di Napoli. Il confortevole giardino era ornato da sculture e mense di marmo, mentre il grande portale che dal portico conduce nel giardino era decorato a mosaico: al centro del frontone si vede ancora la personificazione di "Oceanus", simboleggiato da una grande testa barbuta; sull'architrave corre un fregio con amorini cavalcanti ippocampi. Sul giardino si apre il grande triclinio estivo, che conserva,solo una minima parte della sua sontuosa decorazione, affiancato da due spaziose sale. La magnifica loggia panoramica comprendeva al centro una pergola col tetto sostenuto da quattro pilastri (viridarii) e due cubicoli ove riposarsi durante il giorno. Sul davanti era una grande terrazza scoperta, il solarium. Nel cubicolo orientale si può vedere un'altra interessante statuetta, quella dell' Ercole ebbro.

Uscendo dalle mura cittadine per la Porta Marina (in fondo al Cardine V) si può visitare l'area suburbana, all'estremo limite meridionale della città, dove recenti scavi hanno portato alla luce un'area sacra, con sacelli ed altri ambienti, accanto alla quale è lo spiazzo per la statua onoraria di uno dei più influenti cittadini di Ercolano, Nonio Balbo. Oggi restano solo un'area marmorea con l'iscrizione onoraria, la testa e la base della statua.

Terme Suburbane

Su questo spiazzo si apre l'ingresso principale alle Terme Suburbane, costituito da un portale le cui colonne sostengono un timpano triangolare. Una breve gradinata conduce in un vestibolo illuminato da un lucernario a pozzo, sorretto da quattro colonne a fusto liscio su cui s'impostano archetti a tutto sesto. Qui si può ancora ammirare la bella e malinconica erma marmorea di "Apollo", sostenuta da un pilastro da cui sgorgava l'acqua che s'andava a raccogliere nel bacino posto di fronte. Da questo ambiente si può accedere alle varie parti, tutte ottimamente conservate, delle terme che non avevano, come di consueto, una sezione maschile ed una femminile. Probabilmente era riservata ai soli uomini o veniva usata, alternativamente, dagli appartenenti ad entrambi i sessi. Un'unica sala, in gran parte occupata dalla piscina, fungeva sia da apodyterium (spogliatoio) che da frigidarium. Fra tepidarium e frigidarium è una stanza elegantemente decorata da stucchi e marmi e dotata di sedili e marmorei sistemati lungo le pareti: si doveva trattare d'una sorta di sala d'aspetto. Le pareti presentano un zoccolo ed un podio rivestiti di marmi policromi, sopra i quali, in una campitura di stucco bianco, sono grandi pannelli riquadrati da cornici e separati da pilastrini, in ognuno dei quali è una figura a rilievo di guerriero in stucco. La decorazione delle pareti è conclusa, in alto, da un largo fregio su fondo rosso. È notevole anche il pavimento, con quadrelli di marmo nero. Piuttosto ampia era la vasca del tepidarium, collegato col laconicum, piccola stanza a pianta circolare, nella quale si prendevano bagni di sudore. Il calidarium, come di norma, ha una vasca di modeste dimensioni, per l'acqua calda, ed un bacino per le abluzioni d'acqua fredda. Dietro il calidarium è l'ambiente con le caldaie per il riscaldamento delle terme: il praefurnuim.

Casa della Gemma

Tornati al Cardine V si trova la Casa della Gemma, che deve il nome ad un gioiello d'età claudia ivi rinvenuto. L'atrio, di tipo tuscanico, ha le pareti dipinte in rosso e nero ed è diviso dal tablino mediante colonne; dal tablino s'accede ad un cubicolo e ad un gran terrazzo originariamente chiuso da finestre. Dal fondo dell'atrio, attraverso un vestibolo ed un corridoio, si raggiungono gli ambienti affacciati sulla terrazza panoramica: l'ampia sala usata come triclinio conserva ancora la fine decorazione musiva del pavimento, con un disegno geometrico a tappeto. Attraverso uno stretto corridoio alla destra dell'ingresso si raggiungono la cucina ed una latrina.

Casa del Rilievo di Telefo

 
La casa del rilievo di Telefo
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Il rilievo di Telefo

L'adiacente Casa del Rilievo di Telefo è una delle più nobili abitazioni della parte meridionale della città, nonostante le numerose irregolarità della sua pianta, dovute soprattutto alla natura del terreno su cui l'edificio sorge. Tramite un arioso vestibolo si entra nell'atrio, di forma alquanto originale, vicina a modelli tipici dell'architettura privata del mondo greco: esso risulta diviso in tre navate da due file di colonne, nei cui intercolunni sono appesi "oscilla" marmorei con maschere teatrali e figure di satiri. In una vetrina sono esposte alcune suppellettili domestiche, un'interessante collana di amuleti e delle vivande. La suggestiva atmosfera dell'ambiente è accresciuta dal vivace colore rosso delle colonne e delle pareti. Sul fondo dell'atrio si apre il tablino; sulla sinistra, invece, due piccole porte conducono al quartiere rustico, dotato anche d'una stalla (stabulum) dal soffitto molto basso. La restante parte della casa, oltre a seguire un diverso orientamento, si trova ad un livello più basso e viene raggiunta mediante un ripido corridoio in discesa situato a fianco del tablino. Un grande peristilio con colonne in laterizio circonda lo spazioso giardino, che conserva ancora al centro una vasca rettangolare e sul quale s'affacciano tre sale di rappresentanza, con ricca decorazione marmorea. Tramite un altro corridoio si giunge ad una terrazza panoramica, sulla quale si aprono altre sale, una delle quali è di stupefacente bellezza per la lussuosa decorazione in marmi pregiati, degna d'una dimora imperiale. In una piccola stanza nei pressi di questa sala fu trovato il rilievo neoattico col "mito di Telefo" (o di Oreste), che ha dato il nome alla casa.

Casa del Sacello di legno

Dal lato opposto del Cardine, superato l'incrocio col Decumano Inferiore, sorge la Casa del Sacello di legno, antica e nobile dimora, per quanto di modeste dimensioni. Conserva frammenti della decorazione pittorica di primo e terzo stile, e dove la sua denominazione ad un sacello in legno a forma di tempietto “in antis” con sotto un armadio, rinvenuto nell'ambiente a destra dell'ingresso.

Casa dell'atrio Corinzio

 
Casa dell'atrio Corinzio

La Casa dell'Atrio Corinzio s'affaccia sulla strada con un grazioso portichetto ed è caratterizzata da un atrio con sei colonne tufacee rivestite di stucco. Nella stanza a destra della fauce, pavimentata a mosaico con disegni geometrici, è una vetrina dove sono esposte una “trapeza” lignea ed un castello di fibra vegetale col coperchio, mentre altri oggetti rinvenuti nella casa si trovano in un'altra vetrina, sistemata nel triclinio.

Pistrinum

Dal lato opposto del Cardine V è l'Insula Orientalis II, singolare testimonianza del rinnovamento edilizio iniziato ad Ercolano già nel I secolo d.C. L'intera insula è costituita da un unico corpo di fabbrica, edificato tutto nello stesso periodo in opus reticulatum, che si apre sul Cardine V, per oltre 80 metri, fino al Decumano Massimo, con botteghe e case d'affitto a più piani. Notevole è il Pistrinum, ossia un forno dove avveniva anche la macinazione del grano. In un cortiletto sono tuttora due macine in pietra, che erano azionate da un asinello (di cui sono state ritrovate le ossa); alla bottega sono annessi una stalla, due latrine e, ad un livello superiore, un quartiere d'alloggio elegantemente decorato.

La Palestra

Tutta la parte orientale dell'insula è invece costituita da una grandiosa Palestra, con al centro un ampio spazio scoperto, nel quale si trovano una piscina di notevoli dimensioni ed una più piccola. Quest'area scoperta era circondata per tre lati da un portico con colonne ed aveva un criptoportico sul lato rimanente. La palestra, cui s'accedeva da due ingressi monumentali, uno sul Cardine V e l'altro sul Decumano Massimo, aveva tutta una serie d'ambienti accessori, destinati a vari usi.

L'Antiquarium

Nell' Antiquarium, di recente costituzione, si trovano numerosi oggetti d'uso comune e alcune pregevoli opere d'arte rinvenute nel corso degli scavi. Fra queste spiccano la statua della divinità egizia "Athum" e la statua marmorea di "Eros fanciullo".

Il Teatro

Infine sul Corso Ercolano, a 350 metri dall'ingresso degli scavi c'è il Teatro. L'edificio, le cui possenti strutture poggiavano su un doppio ordine d'archi e pilastri, aveva una capacità di 2.000-2.500 spettatori ed era elegantemente decorato. Il muro alla sommità della cavea era ornato da una serie di statue bronzee di grandi dimensioni, raffiguranti personalità ercolanesi e membri della famiglia imperiale. Ricchissima poi era la decorazione della scena, ricoperta da lastre di marmi pregiati, con colonne di marmo africano e di giallo antico. Il teatro appare oggi completamente spoglio. L'Elboeuf prima e Carlo di Borbone, infatti, asportarono ogni opera d'arte ed ogni lastra marmorea, smembrando così irrimediabilmente quello che altrimenti sarebbe stato il teatro meglio conservato di tutta l'antichità.

Villa dei Papiri

  Lo stesso argomento in dettaglio: Villa dei Papiri.

La sontuosa villa fu inizialmente esplorata dal 1750 al 1765 attraverso una rete di cunicoli che furono scavati nel duro banco di roccia vulcanica, sotto la direzione dell'ingegnere svizzero Karl Jakob Weber il quale realizzò anche una accuratissima mappa della villa, che resta a tutt'oggi per gran parte sepolta.

Gli scavi della villa sono tuttora in corso, e proseguono lentamente sia a causa delle oggettive difficoltà negli scavi sia per la cronica mancanza di fondi. Recente è il ritrovamento[5] di un prezioso trono in legno e avorio.

Note

  1. ^ Scheda dal sito dell'UNESCO
  2. ^ Touring Club Italiano - Dossier Musei 2009
  3. ^ Mario Pagano (2005) I primi anni degli scavi di Ercolano, Pompei e Stabiae. Roma, L'Erma di Bretschneider Editore
  4. ^ Silvio De Maria, voce "Arco onorario e trionfale", in Enciclopedia dell'arte antica. II supplemento, 1994.
  5. ^ articolo sul Corriere del mezzogiorno

Voci correlate

Bibliografia

  • Maggi Giuseppe, "Ercolano. Fine di una città", Napoli 1985
  • Pagano Mario, Ercolano: itinerario archeologico ragionato, Napoli 1997
  • Fonti documentarie per la storia degli scavi di Pompei Ercolano e Stabia, a cura degli archivisti napoletani, Napoli 1979
  • Paderni Camillo, Monumenti antichi rinvenuti ne reali scavi di Ercolano e Pompej, delineati e spiegati da d. Camillo Paderni romano / trascrizione e note di Ulrico Pannuti, Napoli 2000
  • Garcia y Garcia Laurentino, "Nova Bibliotheca Pompeiana", 2 vols., Roma 1998

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Collegamenti esterni

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