Giovan Battista Perasso
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"Che l'inse?" - il celebre motto con cui Giovan Battista Perasso lanciò la rivolta del popolo insofferente alle angherie delle truppe dell'impero asburgico che occupavano la città
è una tipica forma interrogativa della lingua genovese pre-ottocentesca che prevedeva l'uso della preposizione che seguita dal congiuntivo. Può essere tradotta con "La comincio?" o semplicemente "Comincio?" oppure "Volete che cominci?" , "Devo cominciare?".
Nell'immagine: monumento al Balilla in piazza Portoria
Giovan Battista Perasso (o Giambattista), detto il Balilla, è una popolare figura storica della Genova del Settecento. La sua reale identità è rimasta dubbia. In lui viene identificato il giovane da cui il 5 dicembre 1746 prese le mosse la rivolta popolare contro gli occupanti dell'impero asburgico nel quartiere genovese di Portoria. La popolazione venne incitata dal ragazzo a sollevarsi attraverso il lancio di un sasso contro le truppe austriaco-piemontesi che sotto il comando del ministro plenipotenziario Antoniotto Botta Adorno occupavano la città, a quel tempo alleata con i francesi e gli spagnoli. Il 10 dicembre 1746 la città fu così liberata dalle truppe austriache.
L'arroganza dei soldati austriaci, che pretendevano di essere aiutati ad estrarre fuori dal fango un pezzo di artiglieria, fu la miccia che fece esplodere la risolutiva - per le sorti di Genova - rivolta popolare. Nessuna testimonianza storica accertata e accertabile, né alcun documento ufficiale forniscono il nome esatto del protagonista di questo storico episodio, tanto che a lungo attorno a questa figura - che pure è stata, questa sì, storicamente accertata, è aleggiato un alone di leggenda.
Approfondite ricerche sulla esatta identità dell'eroe di Portoria furono peraltro portate avanti nell'Ottocento con esiti controversi. Si giunse però ad accertare che due Giovan Battista Perasso (o Giambattista Perasso) erano nati rispettivamente uno nel 1729 a Pratolongo di Montoggio, sulle colline di Genova; l'altro nel 1735 nello stesso quartiere di Portoria. Entrambi quindi sono i possibili Balilla della storia.

Come ricorda il giornalista e scrittore Paolo Lingua nel suo libro Breve storia dei Genovesi, il mito del Balilla fu alimentato (e ingrandito) principalmente in pieno Risorgimento, ovvero cento anni dopo gli accadimenti che portarono alla rivolta popolare contro le truppe austro-piemontesi guidate dal plenipotenziario asburgico Antoniotto Botta Adorno. Fu poi ulteriormente ingrandito, sempre in chiave fortemente patriottica, nel ventennio dell'era fascista.
Le cronache dell'epoca non registrarono in effetti l'esatta identità del monello che, unica cosa che si seppe, era soprannominato Mangiamerda. E il particolare - appurato da una commissione storico-scientifica - indispettì non poco il duce Benito Mussolini, che preferì far metterla a tacere.
Nell'immagine: Botta Adorno
Etimologicamente, la parola balilla equivale a monello (o ragazzo), ma molte fonti la fanno derivare da Baciccia, nella Genova antica adoperato come diminutivo del nome Giovan Battista (o Giambattista). È appurato comunque che un tale ragazzo sia esistito realmente: ne fa fede un resoconto dell'avvenimento inviato al governo austriaco che riferisce come: "la prima mano onde il grande incendio si accese, fu quella di un picciol ragazzo, quel dié di piglio ad un sasso e lanciollo contro un ufficiale tedesco".
La Società Ligure di Storia Patria nel 1927 ha messo, per così dire, una parola definitiva sulla questione stabilendo che non è possibile - sulla base dei documenti di cui si dispone - identificare con sicurezza il "ragazzo delle sassate".
Anche per lo storico Federico Donaver, del resto, il monumento eretto a ricordo dell'episodio di Portoria rappresenta, oltre che l'eroe in sé stesso, "l'ardire generoso d'un popolo che, giunto al colmo dell'oppressione, spezza le sue catene e si rivendica la libertà".