Favor debitoris (principio generale)

Il principio del favor debitoris è un principio non scritto ma immanente al sistema, secondo cui il rapporto fra debitori e creditori deve essere un rapporto paritario, sostanzialmente neutro nei confronti sia degli uni che degli altri.

Origine storica

Nato intorno alla fine del 1700, quando la legislazione rivoluzionaria francese volle iniziare a proteggere la classe sociale popolare, oppressa dai debiti. In questo disegno si inseriva pure una legge del 1793, che abolì in Francia l’arresto personale per debiti.
Nel Codice Napoleonico, a tale principio si ispirarono varie norme, soprattutto quelle in materia di credito ipotecario, che consentivano ad ogni cittadino di iscrivere ipoteca su sé stesso a fini di finanziamento.
Lo scopo indirettamente perseguito era però quello di tutelare non tanto i piccoli contadini e il popolino, bensì le nuove classi sociali emergenti dalla media borghesia, cioè quei mercanti che impegnavano il proprio capitale non solo per acquistare i beni tolti alla chiesa ed all’aristocrazia, ma anche per incrementare la produzione e gli scambi.
Nella codificazione italiana dell'Ottocento, si evidenziava una distinzione tra disciplina civilistica (che ad esempio prevedeva il principio nominalistico, i soli interessi legali per il danno da mora nel pagamento dei debiti pecuniari, ecc.) e la disciplina del commercio (dove al contrario era assecondata una politica ispirata al favor creditoris, cioè di favore per i commercianti e gli imprenditori, artefici del fenomeno di accumulazione capitalistica).

Normativa attuale

Dalla Relazione al Codice civile del 1942 emerge chiaramente l'idea secondo cui il rapporto fra debitori e creditori deve essere un rapporto paritario, sostanzialmente neutro nei confronti sia degli uni che degli altri.
Tendenzialmente, il Codice civile non dà rilievo particolare alla situazione economica e sociale del debitore nè del creditore (salvo ipotesi eccezionali), e ripudia il principio del favor debitoris, collocandolo alla stregua di un "antico pregiudizio", dando invece spazio alle regole macroeconomiche di politica monetaria e fiscale.
La giurisprudenza, addirittura capovolgendo l'impianto ottocentesco, individua nella prassi i creditori deboli nei confronti dei debitori forti (quelli che beneficiano del fenomeno inflativo e svalutativo, delle clausole protettive dell'erosione del potere di acquisto della moneta, nonché della distribuzione di alcuni oneri sociali su tutta la collettività) ed individua alcune norme che ancora darebbero rilievo al principio del favor debitoris.

L'articolo 1189 del Codice civile

L'art. 1189 del Codice civile dispone testualmente che il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in buona fede.
Per la Cassazione, la norma in esame determina una scissione tra estinzione dell'obbligazione e realizzazione del diritto e perciò si presenta come norma di carattere eccezionale, la cui ratio va ravvisata nel trattamento favorevole del debitore al quale il legislatore concede di non ripetere il pagamento, attribuendo a quello già eseguito in buona fede un effetto liberatorio.
In altri termini, nel caso di pagamento effettuato al rappresentante apparente del creditore, il Codice civile dispone la rilevanza della buona fede e quindi la rilevanza dell'errore scusabile da parte del debitore.
Tra l'altro, la Cassazione ritiene che l'art. 1189 citato si applichi anche in relazione alle obbligazioni pubbliche contributive, comprese quelle verso gli Enti previdenziali, ritenendo di prescindere dalla natura pubblica di una delle parti di questo rapporto obbligatorio.

L'articolo 1224 del Codice civile

E' la norma cardine in tema di inadempimento delle obbligazioni pecuiarie: la Cassazione ha dato dell'art. 1224 un'interpretazione più favorevole per il debitore, affermando che:

  • le obbligazioni pecuniarie producono automaticamente interessi moratori, per il principio della «naturale fecondità del denaro», ma il creditore non può chiedere al debitore inadempiente sia gli interessi moratori che il tasso di svalutazione (in caso contrario, il creditore realizzarebbe un ingiustificato arricchimento).

Gli articoli 1370, 1371 e 1469-quater del Codice civile

Queste tre norme, per la dottrina, ribadiscono il principio della cd. interpretatio contra stipulatorem, e dunque del favor debitoris, rispettivamente per i contratti di massa, per i contratti a titolo gratuito e per i contratti del consumatore, dove il predisponente (o il dante causa o il professionista) gode di una maggiore forza contrattuale della quale, però, non può approfittarne a discapito dell'altro contraente.

Voci correlate