Jigai

Jigai (自害?) era un tradizionale metodo di suicidio rituale praticato dalle donne in Giappone per mezzo del taglio della vena giugulare, con un coltello tantō (una lama di 15-30 cm) o kaiken (di 15 cm). Spesso veniva nascosto prima dell'atto sotto la cintura (chiamata obi) del kimono.[1]
Il jigai è l'equivalente femminile del seppuku (più noto come harakiri), il suicidio rituale praticato dai guerrieri samurai, conseguito tramite un profondo taglio dell'addome. A differenza del seppuku, si può compiere jigai senza assistenza (nel seppuku veniva individuato un kaishakunin che tagliava, durante il rituale, una parte del collo al suicida) e per questo motivo si può notare un minimo sfiguramento del volto dopo la morte.
Prima di commettere jigai spesso una donna si legava insieme le ginocchia per far trovare il proprio corpo in una posa dignitosa, passate le convulsioni ante-mortem. Questo atto era spesso praticato per preservare l'onore se ci fosse stata un'imminente sconfitta militare o per prevenire uno stupro.L'esercito invasore, una volta entrato in una qualche abitazione, avrebbe visto la padrona di casa, seduta da sola, con la faccia rivolta dalla parte opposta rispetto alla porta ma una volta arrivato da lei, avrebbero scoperto che la stessa si era precedentemente e silenziosamente tolta la vita.[non chiaro]
Voci correlate
- ^ Joshua S. Mostow Iron Butterfly Cio-Cio-San and Japanese Imperialism dans A Vision of the Orient: Texts, Intertexts, And Contexts of Madame Butterfly J. L. Wisenthal 2006 -page 190 "Lafcadio Hearn, in his Japan: An Interpretation of 1904, wrote of 'The Religion of Loyalty': In the early ages it appears to have been ... jigai [lit., 'self-harm,' but taken by Hearn to mean the female equivalent of seppuku], byway of protest against ..."