Elezioni politiche in Italia del 1948

1ª elezione del Parlamento della Repubblica Italiana

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Le elezioni politiche italiane del 1948 per il rinnovo dei due rami del Parlamento Italiano – la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica – si tennero domenica 18 aprile 1948.

La Democrazia Cristiana si aggiudicò la maggioranza relativa dei voti e quella assoluta dei seggi, caso unico nella storia della Repubblica[1]. Questo straordinario successo rese il partito guidato da Alcide De Gasperi il punto di riferimento per l'elettorato anticomunista e il principale partito italiano per quasi cinquant'anni fino al suo scioglimento nel 1993. Netta fu la sconfitta del Fronte Democratico Popolare, lista che comprendeva sia il Partito Comunista Italiano che il Partito Socialista Italiano. Con circa il 30% dei voti il fronte della sinistra fu fortemente ridimensionato rispetto alle precedenti elezioni. Su questo dato influì pesantemente la scissione socialdemocratica avvenuta un anno prima e guidata da Giuseppe Saragat. Sull'altro fronte la destra, ancora divisa tra liberali, monarchici e i neonati missini, ottenne risultati mediocri perdendo consensi rispetto alle precedenti elezioni.

Le elezioni furono importanti perché fissarono per lungo tempo alcuni capisaldi della Repubblica italiana: il pluralismo polarizzato che prevedeva una DC sempre vincente; l'esclusione dei comunisti da ogni governo; l'adesione dell'Italia al blocco occidentale; la forte appartenenza ideologica; la presenza di forti partiti di massa; l'adesione a due concezioni della società oltre che a dei meri partiti politici; la bassa mobilità elettorale; il sistema elettorale proporzionale puro; una mappa geopolitica che vedeva le sinistre forti nel centro-nord, la DC nel Triveneto e le destre al Sud; la contrapposizione comunismo-anticomunismo; la trasformazione dell'avversario politico in nemico da delegittimare; l'influenza più o meno marcata delle gerarchie ecclesiastiche nella politica.

Sistema di voto

Le elezioni politiche del 1948 si tennero con il sistema di voto introdotto con il decreto legislativo luogotenenziale n. 74 del 10 marzo 1946, dopo essere stato approvato dalla Consulta Nazionale il 23 febbraio 1946. Concepito per gestire le elezioni dell'Assemblea Costituente previste per il successivo 2 giugno, il sistema fu poi recepito come normativa elettorale per la Camera dei deputati con la legge n. 6 del 20 gennaio 1948. Per quanto riguarda il Senato della Repubblica, i criteri di elezione vennero stabiliti con la legge n. 29 del 6 febbraio 1948 la quale, rispetto a quella per la Camera, conteneva alcuni piccoli correttivi in senso maggioritario, pur mantenendosi anch'essa in un quadro larghissimamente proporzionale.

Difatti secondo la suddetta legge, i partiti presentavano in ogni circoscrizione una lista di candidati. L'assegnazione di seggi alle liste circoscrizionali avveniva con un sistema proporzionale utilizzando il metodo dei divisori con quoziente Imperiali; determinato il numero di seggi guadagnati da ciascuna lista, venivano proclamati eletti i candidati che, all'interno della stessa, avessero ottenuto il maggior numero di preferenze da parte degli elettori, i quali potevano esprimere il loro gradimento per un massimo di quattro candidati.

I seggi e i voti residuati a questa prima fase venivano raggruppati poi nel collegio unico nazionale, all'interno del quale gli scranni venivano assegnati sempre col metodo dei divisori, ma utilizzando ora il quoziente Hare naturale ed esaurendo il calcolo tramite il metodo dei più alti resti.

Differentemente dalla Camera, la legge elettorale del Senato si articolava su base regionale, seguendo il dettato costituzionale (art.57). Ogni Regione era suddivisa in tanti collegi uninominali quanti erano i seggi ad essa assegnati. All'interno di ciascun collegio, veniva eletto il candidato che avesse raggiunto il quorum del 65% delle preferenze: tale soglia, oggettivamente di difficilissimo conseguimento, tradiva l'impianto proporzionale su cui era concepito anche il sistema elettorale della Camera Alta. Qualora, come normalmente avveniva, nessun candidato avesse conseguito l'elezione, i voti di tutti i candidati venivano raggruppati in liste di partito a livello regionale, dove i seggi venivano allocati utilizzando il metodo D'Hont delle maggiori medie statistiche e quindi, all'interno di ciascuna lista, venivano dichiarati eletti i candidati con le migliori percentuali di preferenza.

Circoscrizioni

Il territorio nazionale italiano venne suddiviso alla Camera dei deputati in 31 circoscrizioni plurinominali ed al Senato della Repubblica in 19 circoscrizioni plurinominali, corrispondenti alle regioni italiane.

Camera dei deputati

Le circoscrizioni della Camera dei deputati furono le seguenti:

  1. Torino (Torino, Novara, Vercelli);
  2. Cuneo (Cuneo, Alessandria, Asti);
  3. Genova (Genova, Imperia, La Spezia, Savona);
  4. Milano (Milano, Pavia);
  5. Como (Como, Sondrio, Varese);
  6. Brescia (Brescia, Bergamo);
  7. Mantova (Mantova, Cremona);
  8. Trento (Trento, Bolzano);
  9. Verona (Verona, Padova, Vicenza, Rovigo);
  10. Venezia (Venezia, Treviso);
  11. Udine (Udine, Belluno, Gorizia);
  12. Bologna (Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì);
  13. Parma (Parma, Modena, Piacenza, Reggio Emilia);
  14. Firenze (Firenze, Pistoia);
  15. Pisa (Pisa, Livorno, Lucca, Massa e Carrara);
  16. Siena (Siena, Arezzo, Grosseto);
  17. Ancona (Ancona, Pesaro, Macerata, Ascoli Piceno);
  18. Perugia (Perugia, Terni, Rieti);
  19. Roma (Roma, Viterbo, Latina, Frosinone);
  20. L'Aquila (Aquila, Pescara, Chieti, Teramo);
  21. Campobasso (Campobasso;
  22. Napoli (Napoli, Caserta);
  23. Benevento (Benevento, Avellino, Salerno);
  24. Bari (Bari, Foggia);
  25. Lecce (Lecce, Brindisi, Taranto);
  26. Potenza (Potenza, Matera);
  27. Catanzaro (Catanzaro, Cosenza, Reggio Calabria);
  28. Catania (Catania, Messina, Siracusa, Ragusa, Enna);
  29. Palermo (Palermo, Trapani, Agrigento, Caltanissetta);
  30. Cagliari (Cagliari, Sassari, Nuoro);
  31. Valle d'Aosta (Aosta).

Senato della Repubblica

Le circoscrizioni del Senato della Repubblica furono invece le seguenti:

  1. Piemonte;
  2. Valle D'Aosta;
  3. Lombardia;
  4. Trentino-Alto Adige;
  5. Veneto;
  6. Friuli-Venezia Giulia;
  7. Liguria;
  8. Emilia-Romagna;
  9. Toscana;
  10. Umbria;
  11. Marche;
  12. Lazio;
  13. Abruzzi e Molise;
  14. Campania;
  15. Puglia;
  16. Basilicata;
  17. Calabria;
  18. Sicilia;
  19. Sardegna.
 
Le circoscrizioni per la Camera dei deputati.
 
Le circoscrizioni per il Senato della Repubblica.

Dall'esclusione delle sinistre alla firma della Costituzione

Il clima di collaborazione che aveva animato le forze politiche in seguito alla Liberazione era stato presto sostituito da una violentissima contrapposizione ideologica, esacerbata dal contesto internazionale. Nel 1947, il presidente del Consiglio De Gasperi si recò negli Stati Uniti d'America, ottenendo dal presidente Truman l'assicurazione di poderosi aiuti economici per la ricostruzione del Paese. Il deficit statale era ingente, il carovita non permetteva a buona parte della popolazione una vita dignitosa, la guerra aveva distrutto edifici e infrastrutture. Il Piano Marshall divenne così un eccellente argomento propagandistico: esaltato dalla DC, fortemente osteggiato dalle sinistre, esso fu subordinato all'emarginazione dei comunisti dal governo presieduto da De Gasperi, che allora comprendeva ancora i partiti membri del Cln. Nel maggio 1947, il leader della DC formò un esecutivo che non prevedeva alcun membro del PCI e del PSI. Lo scontro si spostò ben presto nelle piazze, con scioperi e proteste in diverse occasioni cui seguirono le ferme risposte del governo che non potevano non rendere ancora più crudo lo scontro in atto.

La fine della collaborazione tra tutti i partiti antifascisti non bloccò i lavori, già avanzati, dell'Assemblea Costituente che terminarono il 22 dicembre 1947, con la firma della Costituzione da parte del capo di stato provvisorio Enrico De Nicola. A seguito di ciò l'Assemblea Costutente fu sciolta e furono indette le elezioni politiche.

Campagna elettorale

Terminata l'esperienza al governo, e divenuto evidente che l'Italia guidata da De Gasperi puntava sull'occidente e la NATO, PCI e PSI decisero di fondare un'alleanza elettorale, presentando liste comuni: nacque così il Fronte Democratico Popolare. L'ala destra del PSI si unì al PSLI (nato dalla cosiddetta "scissione di Palazzo Barberini" nel '47) a formare la lista Unità Socialista, mentre liberali e qualunquisti si unirono nel Blocco Nazionale.

La contrapposizione tra DC e FDP, creò una sorta di bipolarismo che rispecchiava fedelmente la divisione politica internazionale. La Guerra Fredda, infatti, e la divisione del mondo in sfere d'influenza ebbero una grossa ripercussione sulle elezioni Italiane. La Chiesa cattolica intervenne direttamente nella contesa con l'istituzione dei Comitati Civici, fondati da Luigi Gedda su suggerimento di papa Pio XII. La fede giocò un ruolo rilevante nella campagna elettorale, e fu probabilmente un potente fattore di mobilitazione per i cattolici non interessati alla dialettica politica.

La mobilitazione fu ingente. Centinaia di migliaia furono i militanti che in ogni parte d'Italia organizzavano comizi, affiggevano manifesti (quelle del '48 furono le prime elezioni in cui divenne rilevante il ruolo della propaganda cartellonistica), praticavano proselitismo convincendo casa per casa gli elettori indecisi. Per vastità della mobilitazione, numero di votanti, importanza della posta in gioco, le elezioni del 1948 segnano un unicum nella storia delle consultazioni elettorali italiane.

Tabella riepilogativa dei principali partiti

Partito Ideologia Segretario
Democrazia Cristiana Centro
Democrazia cristiana, Cristianesimo sociale
Attilio Piccioni
Fronte Democratico Popolare Sinistra
Comunismo, Marxismo, Leninismo
Palmiro Togliatti
Unità Socialista Centro-sinistra
Socialismo democratico, Liberalismo sociale
Ivan Matteo Lombardo
Blocco Nazionale della Libertà Destra
Monarchismo, Conservatorismo liberale, Anticomunismo, Liberalismo
Roberto Lucifero d'Aprigliano
Partito Nazionale Monarchico
Destra
Monarchismo, Conservatorismo nazionale, Anticomunismo
Alfredo Covelli
Partito Repubblicano Italiano Centro
Repubblicanesimo, Mazzinismo
Giulio Andrea Belloni
Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale Estrema destra
Neofascismo, Nazionalismo, Anticomunismo
Giorgio Almirante

Risultati

  Lo stesso argomento in dettaglio: Grafico delle elezioni politiche italiane.

Camera dei deputati

 
Partiti maggioritari per circoscrizione
totale percentuale (%)
Elettori 29.117.554  
Votanti 26.855.741 92,23 (su n. elettori)
Voti validi 26.264.458 97,8 (su n. votanti)
Voti non validi 591.283 2,2 (su n. votanti)
di cui schede bianche 164.392 0,6 (su n. votanti)
Partiti voti (%) voti seggi differenza (%)  / 
Democrazia Cristiana (DC) 48,51 12.740.042 305  13,30  98
Fronte Democratico Popolare (FDP)[2] 30,98 8.136.637 183  8,63  36
Unità Socialista (US)[3] 7,07 1.858.116 33 - -
Blocco Nazionale (BN)[4] 3,82 1.003.727 19  8,24  52
Partito Nazionale Monarchico (PNM) 2,78 729.078 14  0,01  2
Partito Repubblicano Italiano (PRI) 2,48 651.875 9  1,88  14
Movimento Sociale Italiano (MSI) 2,00 526.882 6 - -
Partito Popolare Sudtirolese (PPST) 0,47 124.243 3 - -
Partito dei Contadini d'Italia (PCd'I) 0,37 95.914 1  0,07  
Partito Cristiano Sociale (PCS) 0,28 72.854 0  0,06  1
Partito Sardo d'Azione (PSd'Az) 0,24 61.928 1  0,10  1
Movimento Nazionale per la Democrazia Sociale 0,21 56.096 0 - -
Unione Movimenti Federalisti 0,20 52.655 0 - -
Blocco Popolare Unionista 0,14 35.899 0 - -
Partito Comunista Internazionalista 0,08 20.736 0  0,02  
Fronte Democratico Progressista Repubblicano (FDPR) 0,06 14.482 0  0,03  1
Altre liste 0,31 83.294 0  1,48  
Totale 100,00 26.264.458[5] 574  18

Senato della Repubblica

 
Partiti maggioritari per circoscrizione
totale percentuale (%)
Elettori 25.874.809  
Votanti 23.842.919 92,15% (su n. elettori)
Voti validi 22.657.290 95,03 (su n. votanti)
Voti non validi 1.185.629 4,97 (su n. votanti)
di cui schede bianche 480.104 2,01 (su n. votanti)
Partiti voti (%) voti seggi
Democrazia Cristiana (DC) 48,11 10.899.640 131
Fronte Democratico Popolare (FDP) 30,76 6.969.122 72
Blocco Nazionale (BN) 5,40 1.222.419 7
Unità Socialista (US)[6] 4,16 943.219 8
Unità Socialista - Partito Repubblicano Italiano[7] 2,68 607.792 4
Partito Repubblicano Italiano (PRI)[8] 2,62 594.178 4
Indipendenti 2,40 544.039 4
Partito Nazionale Monarchico (PNM) 1,74 393.51 3
Movimento Sociale Italiano (MSI) 0,72 164.092 1
Edelweiss (SVP) 0,42 95.406 2
Partito dei Contadini d'Italia (PCd'I) 0,29 65.925 0
Partito Sardo d'Azione (PSd'Az) 0,29 65.743 1
Unione Movimenti Federalisti 0,19 42.880 0
Movimento Nazionale per la Democrazia Sociale 0,12 27.152 0
Fronte Democratico Progressista Repubblicano (FDPR) 0,07 13.479 0
Altre liste 0,03 8.633 0
Totale 100,00 22.657.290[9] 237[10]

Eletti

Camera dei deputati

  Lo stesso argomento in dettaglio: Deputati della I Legislatura della Repubblica italiana.
 
La composizione della Camera dei Deputati della I Legislatura.

Di seguito viene proposta l'attribuzione finale dei seggi[11], per partito, alla Camera:

Partiti seggi
Democrazia Cristiana 305
Fronte Democratico Popolare 183
Unità Socialista 33
Blocco Nazionale 19
Partito Nazionale Monarchico 14
Partito Repubblicano Italiano 9
Movimento Sociale Italiano 6
Partito Popolare Sudtirolese 3
Partito dei Contadini d'Italia 1
Partito Sardo d'Azione 1
Totale 574

Senato della Repubblica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Senatori della I Legislatura della Repubblica Italiana.
 
La composizione del Senato della Repubblica della I Legislatura.

Di seguito viene proposta l'attribuzione finale dei seggi[12][13], per partito, al Senato:

Partiti seggi elettivi seggi antifascisti seggi totali
Democrazia Cristiana (DC) 131 17 148
Fronte Democratico Popolare 72 45 117
Indipendenti[14] 4 20 24
Unità Socialista[15] 10 13 23
Blocco Nazionale 7 6 13
Partito Repubblicano Italiano[16] 6 5 11
Partito Nazionale Monarchico 3 0 3
Edelweiss 2 0 2
Movimento Sociale Italiano 1 0 1
Partito Sardo d'Azione 1 0 1
Totale 237 106 343

Analisi territoriale del voto

La Democrazia Cristiana ottiene un notevole aumento di consensi in tutto il Paese. Particolarmente rilevanti sono quelli delle regioni centro-meridionali, con incrementi che superano il 20% dei voti nella Ciociaria e in Provincia di Salerno. Meno imponenti, seppur superiori al 5%, quelli delle regioni centrali, mentre nel nord la percentuale di voti guadagnati è allineata con quella nazionale. A seguito di ciò, la distribuzione del consenso democristiano risulta più omogeneo rispetto alle precedenti elezioni, anche se la DC resta ancora molto radicata nell'Alta Lombardia e nel Triveneto, superando il 70% dei consensi a Vicenza e Bergamo, ed in Abruzzo e nel Lazio. Si confermano invece ostili al partito le regioni del centro Italia. Infine si portano al di sopra della media nazionale le percentuali del sud mentre quelle del nord ovest scendono al di sotto del risultato nazionale.[9].

Il Fronte Democratico Popolare non conferma i risultati di PCI e PSIUP nelle precedenti elezioni, ma la distribuzione geografica di questo calo di consensi non è per niente omogenea. Infatti è nel nord Italia che può essere localizzata l'emorragia di voti, con decrementi generalmente superiori al 10% e talvolta anche oltre il 20%, che sono solo in parte compensati dal risultato dei socialdemocratici. Anche nel centro Italia si registrano decisi cali per le forze di sinistra, ma più contenuti. In netta controtendenza i risultati del centro-sud, dove il FDP incrementa i propri consensi, soprattutto in Calabria e Campania. In queste zone, tuttavia, sia i socialisti che i comunisti si erano rivelati particolarmente deboli e infatti, nonostante gli incrementi, le percentuali restano inferiori alla media nazionale, salvo alcune eccezioni come il sud della Sicilia e la Provincia di Foggia. Le sinistre si confermano molto deboli anche nel Triveneto e nell'Alta Lombardia. Nonostante il calo di consensi, gli ottimi risultati delle precedenti elezioni rendono le cosiddette regioni rosse (Emilia Romagna, Toscana e Umbria) le zone più forti del FDP, con risultati anche superiori al 60%. A queste si aggiungono, seppur con risultati più modesti, anche il nord ovest, il mantovano ed il Polesine[9].

L'Unità Socialista ottiene ottimi risultati nel nord Italia dove si aggira tra l'8 ed il 10% dei voti. Particolarmente rilevanti sono i risultati tra le province di Belluno e Udine, dove tocca il 15%. Nel centro Italia i consensi sono in linea con la media nazionale (anche se in qualche caso inferiori), mentre i risultati del sud Italia sono nettamente al di sotto della media, con qualche eccezione come la Basilicata e la Sicilia orientale, dove riscuote ottimi consensi[9].

Il Blocco Nazionale perde gran parte del consenso che avevano accumulato, nelle precedenti elezioni, l'UDN e il FUQ. Nel centro-nord il calo è piuttosto contenuto, ma in queste zone i due partiti non avevano ottenuto grande successo. Al contrario al sud, con pochissime eccezioni, si assiste a dei veri e proprio tracolli, spesso superiori al 20%, con punte del -30% registrate in Provincia di Napoli. Nonostante ciò i liberali si confermano radicati quasi esclusivamente al sud dove ottengono risultati molto al di sopra della media nazionale, con l'eccezione della Sicilia centrale. Nel centro-nord si registrano risultati rilevanti solo nel Piemonte Occidentale ed in Friuli[9].

Il Partito Nazionale Monarchico risulta stabile rispetto alle precedenti elezioni. Ciò è conseguenza di un calo di consensi nel nord, non compensato dal fatto che si presenta in molte circoscrizioni dove prima era assente, e di una leggera crescita al sud. In quest'area però il confronto è molto variegato. Si alternano crescite considerevoli in Campania, Sicilia e Basilicata e drastici cali in Calabria e nel Salento, dove arriva a perdere anche il 20% dei voti. Il PNM conferma il suo forte radicamento nel Mezzogiorno, con l'eccezione di Calabria e Sardegna. Pessimi risultati invece provengono dalle regioni del centro-nord, dove molto spesso non raggiunge il punto percentuale[9].

Il Partito Repubblicano Italiano arretra su tutto il territorio nazionale. In particolare perde molti consensi nel centro Italia, che però si conferma ancora la zona più forte dei repubblicani, soprattutto nella Romagna, nelle Marche e sulla costa Toscana. Altre zone in cui percepisce un buon consenso sono la Calabria e la Provincia di Trapani. Nel resto del Paese il PRI risulta piuttosto debole e generalmente in calo rispetto alle precedenti consultazioni[9].

Il Movimento Sociale Italiano vede pervenire la maggior parte dei suoi consensi dal centro-sud, dove ottiene risultati superiori al 5% in Calabria e nelle province di Roma e Napoli. Al Nord invece risulta molto debole, spesso sotto l'1% dei voti[9].

Rispetto alle precedenti elezioni la DC conferma il primato in quasi tutte le province, conquistando Ancona e Aosta e perdendo Vercelli. Inoltre i vantaggi aumentano considerevolmente soprattutto nelle zone più forte dei democristiani, cioè nel nord-est e nel centro-sud, dove talvolta riesce superare il 50% di vantaggio. Meno consistenti i distacchi in Calabria, in alcune parti della Puglia e nel sud della Sicilia mentre il nord-ovest si conferma una zona molto contesa, con vantaggi da parte di entrambi i pariti molto risicati. Il FDP si rafforza notevolmente nelle regioni rosse accumulando vantaggi anche superiori al 30%.

Il Centrismo

L'esito delle elezioni fu nettamente favorevole alla Democrazia Cristiana. La propaganda anticomunista, gli aiuti economici americani, il ruolo della fede, l'adesione ad un sistema democratico occidentale piuttosto che a uno socialista ebbero quindi la meglio. Dando prova di intelligenza politica, al fine di non inimicarsi altri settori dello scacchiere politico, De Gasperi scelse di non costituire un governo monocolore democristiano, pur avendone i numeri, ma di avvalersi dei partiti minori che lo avevano appoggiato nei precedenti esecutivi: PRI, PLI e i PSDI. Nacque così il quinto governo De Gasperi, cui sarebbero succeduti altri due esecutivi sempre presieduti dal leader democristiano. Iniziava quindi una nuova fase politica, dopo quella della collaborazione, imperniata sulla Democrazia Cristiana come forza dominante e che, per tale motivo, venne chiamata fase del Centrismo.

Voci correlate

Bibliografia

  • Costituzione della Repubblica Italiana
  • E. Novelli, Le elezioni del Quarantotto. Storia, strategie e immagini della prima campagna elettorale repubblicana, Roma, Donzelli, 2008.

Note

  1. ^ E. Novelli, Le elezioni del Quarantotto. Storia, strategie e immagini della prima campagna elettorale repubblicana, Donzelli, Roma 2008.
  2. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore FDP=PCI+PSIUP
  3. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore US
  4. ^ Considerata la differenza tra il risultato del BN e quello di UDN e FUQ nelle precedenti elezioni
  5. ^ Ministero dell'Interno - Archivio Storico Elezioni
  6. ^ Lista presentata in tutte le circoscrizioni, ad eccezione di Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Liguria, nelle quali vi erano una lista unica US-PRI
  7. ^ Lista unica presentata in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Liguria; risultarono eletti 2 repubblicani e 2 socialdemocratici.
  8. ^ Lista presentata in tutte le circoscrizioni, ad eccezione di Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Liguria, nelle quali vi erano una lista unica US-PRI
  9. ^ a b c d e f g h Ministero dell'Interno - Archivio storico delle Elezioni
  10. ^ Ai senatori elettivi vanno aggiunti quelli di diritto previsti dalla III disposizione transitoria della Costituzione, che prevede la nomina, per la sola prima Legislatura, per i perseguitati dal Fascismo, per coloro che sono stati destituiti dalla seduta della Camera del 9 novembre 1926, per chi ha fatto parte del disciolto Senato del Regno d'Italia e altre caratteristiche descritte nell'articolo. I senatori non elettivi furono 106 (vedi), che hanno quindi portato il totale a 343, rendendo così il Senato della I Legislatura il più numeroso di sempre nella Repubblica italiana. Inoltre, sempre durante la prima Legislatura, furono nominati otto senatori a vita più Enrico De Nicola, senatore a vita di diritto in quanto ex-Presidente della Repubblica.
  11. ^ Ministro dell'Interno - Archivio storico delle Elezioni
  12. ^ In ottemperanza delle disposizioni transitorie e finali della Costituzione italiana, il primo senato ebbe in realtà una composizione speciale, dato che vennero aggiunti di diritto 106 senatori perseguitati dal fascismo. Se ne avvantaggiarono ovviamente le sinistre, ma anche l'area liberale, che portò nel gruppo misto in sostanza il vertice della sopravvissuta classe di governo prefascista. Il dato è tutt'altro che secondario: contrariamente a quanto sostengono molte fonti, e come si vede dai numeri sotto riportati, la Democrazia Cristiana non scelse liberamente ma fu obbligata a costituire un governo di coalizione perché, non potendo ascrivere che pochi senatori di diritto, essa non aveva la maggioranza reale nella camera alta.
  13. ^ Ministero dell'Interno - Archivio storico delle Elezioni
  14. ^ Gruppo di vari antifascisti di centrodestra non ufficialmente iscritti al PLI.
  15. ^ Compreso gli eletti del partito candidati nella lista unica US-PRI, presentata in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Liguria
  16. ^ Compreso gli eletti del partito candidati nella lista unica US-PRI, presentata in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Liguria

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