Biblioteche riunite Civica e A. Ursino Recupero
Le Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero" di Catania nascono dalla fusione della Biblioteca Civica (Libreria dei PP. cassinesi, Congregazioni religiose catanesi soppresse, e Biblioteca-Museo Mario Rapisardi) con la Biblioteca del Barone Antonio Ursino Recupero.
| Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero"
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| Ubicazione | |
| Stato | |
| Regione | |
| Città | File:Catania-Stemma.png Catania |
| Indirizzo | Via Biblioteca, 13 - Catania |
| Caratteristiche | |
| Tipo | Storica |
| ISIL | IT-CT0063 |
| Specialistica | Pubblicazioni, stampe, atti e documenti che interessano specialmente Catania e la Sicilia |
| Numero opere | Oltre 270.000 volumi |
| Stile | Barocco |
| Architetto | Giovan Battista Vaccarini |
| Costruzione | 1702-1866 Monastero dei benedettini di San Niccolò l'Arena di Catania |
| Sito web | |
Storia: dalla “Libreria” Benedettina alle Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero"
Le Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero” (e questo il nome assunto dall’Ente nel 1931), occupano un ala del monumentale settecentesco ex-Monastero dei benedettini che accoglie anche il Sacrario dei caduti e la chiesa di San Nicolò. Il complesso monastico è sede anche del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università degli Studi di Catania. Occupano gli originali locali della Libreria benedettina, dell’ex-Museo, della Sala Guttadauro, del Refettorio piccolo o Sala "rotonda", del Corridoio dell’elefante, del Cellerario nella zona Nord del Monastero per complessivi mq. 1540 al netto delle muratura. Nascono dalla fusione della Biblioteca Civica (ex-Biblioteca dei Padri benedettini, Congregazioni religiose catanesi soppresse, e Biblioteca-Museo Mario Rapisardi) con la Biblioteca del barone Antonio Ursino Recupero, giusta suo testamento del 27 marzo 1924, comprendente circa 41.000 pezzi di carattere siciliano, nonchè con i libri e i fondi che perverranno all'Ente stesso in dono o per acquisto.
Le due Biblioteche vennero costituite nel 1931[1], Ente Morale, e ne fu approvato lo Statuto[2], e riunite di fatto sul finire del 1933 con il trasferimento della Ursino-Recupero presso la Comunale. Il 28 ottobre 1934 ultimati i lavori di restauro e di arredo degli ambienti, già sede del Museo benedettino poi Antiquarium comunale, appena trasferito al Castello Ursino, spostate le pregiate scaffalature bianche con finiture in oro zecchino settecentesche dalla quarta alla seconda Sala, del Refettorio piccolo o di "grasso", e della Sala Guttadauro,la Biblioteca venne inaugurata nel 1934. La Biblioteca oggi raccoglie, prevalentemente, materiale bibliografico di interesse locale e siciliano, per oltre 270.000 volumi. Sono patrimonio della Biblioteca, inoltre, codici miniati, manoscritti, pergamene, incunaboli, cinquecentine, erbari (secchi, dipinti, e a stampa), fogli volanti, disegni, giornali e periodici, fotografie, cartoline illustrate etc. La Biblioteca ubicata presso un edificio incluso tra i complessi monumentali della città, Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco oltre agli spazi dedicati alla lettura offre una vasta gamma di servizi tra i quali informazioni bibliografiche, visite guidate, tirocini e tirocini postlauream, manifestazioni culturali di vario genere, convegni, eventi espositivi, etc..
Patrimonio librario
Il patrimonio delle Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero" con oltre 270.000 volumi è particolarmente ricco e vario in quanto costituito da codici e libri che coprono i più svariati campi del sapere biblico, patristico, liturgico, giuridico, letterario, artistico, scientifico, musicale e con una notevole collezione di pergamene medievali, corali, incunaboli, cinquecentine, erbari secchi (Sabbato Liberato) e dipinti del ‘700, lettere e carteggi, stampe e fogli volanti, periodici e giornali,disegni, fotografie,etc. Il fondo più ricco e prezioso è tuttora quello dei PP. benedettini di San Nicolò l'Arena, basti ricordare la Bibbia miniata latina dei secoli XIII - XIV del Cavallini, l’Officium B.M.V. del XV secolo,il Salterio del XIII secolo, il Martirologio del XIII secolo, il Calendario in caratteri ebraici del Rabbino Emmanuel del XIII secolo, il De Priapea del XV secolo redatto in scrittura crittografica. Al Fondo Ursino-Recupero appartiene la Miscellanea di contenuto prevalentemente musicale, fra cui Boethius, De musica, Modarius iuxta regulas artis musicae secundum Guidonem, Marchettus de Padua, Lucidarium, Prosdocimus de Beldemandis, De musica, datata 1478.
Possiede, inoltre, oltre 5.000 testate giornalistiche, in parte siciliane, e accoglie parecchi fondi privati, tra i quali, il Fondo Ursino Recupero e quello della Biblioteca-Museo Mario Rapisardi, ricco di 3.565 volumi (manoscritti e a stampa), 3.800 lettere, cimeli, quadri, mobili (che erano nel suo studio). Dal 1931 ad oggi moltissimi altri fondi hanno arricchito le Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero": Vincenzo Giuffrida, Ursino Trombatore, Geraci, Saverio Fiducia, N. Fallico, U. Galante, Scammacca, Giuseppe Perrotta, G. Mirone, D'Alessandro Falzone, Lo Presti, Lorenzo Vigo-Fazio, Francesco Granata, Giacomini, F. Pezzino, il carteggio Casagrandi, i disegni di C. Sada, le carte rapisardiane di A. Tomaselli, C. Maugeri, E. Ferrante, il fondo musicale del maestro Santonocito, G. Di Marco, G. Benzoni, etc.
La Biblioteca Civica di Catania
La Biblioteca Civica di Catania si era formata dalla Biblioteca benedettina o Libreria dei PP. cassinesi dell'Abbazia cassinese di San Niccolò l'Arena, un convento benedettino, dalle Librerie delle soppresse Congregazioni religiose catanesi e dalla Biblioteca-Museo Mario Rapisardi.
La Biblioteca benedettina, ricostituita dopo il terremoto del 1693, era stata incamerata dal nuovo Regno d'Italia nel 1866, insieme a tutti i beni ecclesiastici.
La struttura divenne comunale nel 1869[3].
Nel 1893 fu nominato "bibliotecario onorario" Federico De Roberto, che scrisse in uno scrittoio a schiena d'asino, ancora custodito nella Guttadauro della Biblioteca, molte pagine del suo romanzo I Viceré.
Nel 1925 Giuseppe Villaroel ebbe dal comune l'incarico di risistemazione del museo o "antiquarium comunale" e della Biblioteca.[4]
La Biblioteca Benedettina o "Libreria dei PP. cassinesi"
Il Fondo librario originario delle Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero", appartenne all’ex-Monastero benedettino di San Nicolò l’Arena e s’inquadra nel movimento di rinnovamento promosso a Catania da Giacomo De Soris, abate del suddetto convento nel secolo XIV. In seguito alle leggi eversive (1866) la Biblioteca benedettina divenne Biblioteca comunale e destinataria dei 20.000 volumi delle disciolte congregazioni religiose catanesi (1868). Ma, sfrattati gli ultimi 46 monaci (1867), il patrimonio librario rimase in preda all’umido ed ai vandali fino al 1872. Dal 1872 in poi ricomincia la rinascita della Biblioteca.
Non è possibile ricostruire nel dettaglio le complesse vicende della Biblioteca dei benedettini di San Nicolò l’Arena, ma va almeno ricordato che, poco dopo il 1558, anno in cui i monaci benedettini si trasferirono a Catania dal loro cenobio sull’Etna, di essa si occuparono con grande impegno. Nel 1593 l’abate Romano Giordano pose la prima pietra e l’opera fu completata nel 1629 per le cure dell’abate Gregorio Motta, risultando così grande da superare ogni altra esistente in Catania. Passati appena quindici giorni dal terribile e catastrofico terremoto del 1693, i monaci realizzarono “un abituro” in legno per riporvi i libri e dare un luogo di “lettura” agli studiosi sopravvissuti. Nella successiva opera di ricostruzione del monastero, la Biblioteca fu uno dei principali pensieri dei benedettini catanesi: dopo una serie di scelte non proprio felici, essa venne alloggiata in quella che è oggi chiamata Sala Vaccarini – dal nome dell’autore del suo progetto, il grande architetto Giovan Battista Vaccarini – inaugurata nel 1773.Fondatore della Biblioteca fu il ricco monaco Niccolò Riccioli e Paternò (1695-1783), che nel monastero insegnò filosofia e teologia morale e per quarant’anni tenne una cattedra di teologia nell’Università degli studi catanese. Egli non risparmiò spese per l’apprestamento della Sala, e soprattutto “per fornirla di ogni specie di libri” come scrive Francesco di Paola Bertucci nella sua Guida del Monastero dei PP. sassinesi di Catania (1846). Della precedente consistenza della Biblioteca abbiamo, invece, notizia da Vito Maria Amico e Statella (1697-1762), storico e abate dello stesso monastero, il quale nel 1733 documenta che essa allora contava 4.600 volumi attinenti a varie scienze, 600 dei quali erano stati donati dall’abate Anselmo Daniele. Molti dei “vecchissimi manoscritti” che facevano parte dei fondi del precedente monastero erano invece scomparsi tra le rovine del terremoto del 1693. Oltre al Riccioli, all’Amico, al Daniele figura cardine per la formazione e lo sviluppo della Biblioteca del Monastero di San Nicolò nei decenni centrali del Settecento fu il priore Placido Scammacca (1700 ca-1787), che ad essa insieme al museo, dislocato nelle stanze vicine, dedicò tutte le sue cure. L’interesse rivolto dal priore al museo e alla biblioteca è ben rappresentato nel suo ritratto, custodito nel Museo Civico di Castello Ursino, in cui abbraccia, per così dire, un vaso ‘greco’ (una pelike apula per l’esattezza) e ha alle sue spalle due scaffali colmi di volumi in folio. Scammacca contribuì in due modi alla fioritura della Biblioteca del Monastero. In primo luogo, nel corso della sua permanenza romana negli anni Quaranta del Settecento, provvide all’acquisto di codici miniati, manoscritti e incunaboli che giunti a Catania destarono subito l’ammirazione di tutti i visitatori, accrescendo così il prestigio del Monastero com’era nei desideri di tutti i monaci. Tra i codici miniati sono in particolare da menzionare la Bibbia latina del XIII-XIV secolo attribuita a Pietro Cavallini, che Scammacca scovò presso uno dei tanti venditores librorum presenti nella Roma settecentesca, e l’Officium Beatae Mariae Virginis del XV secolo sul cui foglio di guardia si legge il nome del monastero catanese, quello del priore e la data della compera: Romae 1750. L’altro modo in cui Scammacca contribuì alla crescita della Biblioteca fu meno appariscente, ma forse anche più significativo se si pensa agli studi e alle ricerche dei monaci in specie nel campo dell’antiquaria. A lui risale infatti l’acquisto – con fondi del monastero, s’intende – di tante opere come, per dare solo un esempio, i tre volumi di Giovan Battista Passeri Picturae Etruscorum in vasculis (1767-1775), indispensabili per lo studio delle collezioni di antichità conservate nel museo benedettino. Molto probabilmente dovette allora essere proprio Scammacca a far trasferire, con grande lungimiranza, dalla Biblioteca alla quinta stanza del museo i libri necessari per lo studio degli antichi manufatti, libri che ancora negli anni Quaranta dell’Ottocento in cui Bertucci scrisse la sua Guida vi facevano bella mostra di sé. Dopo la morte di Scammacca nel 1787 s’individua un deciso calo nell’acquisto di volumi di antiquaria da parte dei monaci, sostituiti da testi pertinenti alle scienze naturali. Ciò appare in sintonia con il mutamento degli interessi scientifici nel monastero che lasciando al margine il mondo antico prendono a rivolgersi al regno della natura. Figura emblematica di una tale trasformazione può essere ritenuta quella del già citato Emiliano Guttadauro per il quale, secondo quanto scrive ancora il Bertucci, “la botanica era la scienza che formava tutta la sua applicazione, e lo special diletto”. Il dotto monaco pertanto non solo si adoperò per dotare il monastero di “un orto [...] ove potrebbe viemmeglio fare le sue osservazioni”, ma riuscì anche ad indirizzare gli acquisti della Biblioteca verso le opere di scienze naturali che poi custodiva nel suo “gabinetto”. Non sorprende allora che il monastero possedesse quasi tutte le opere di Linneo (1707-1778) da varie edizioni delle Species plantarum al Systema naturae alla Flora Suecica, e possedesse ancora nelle più varie edizioni, e solo per fare qualche nome, le opere di botanici e scienziati come Ferrante Imperato, Fabio Colonna, Francesco Cupani, Paolo Silvio Boccone, Giovanni Alfonso Borelli, Giovanni Battista Ferrari, Filippo Arena, Filippo Ingrassia, o le stesse opere a stamoa di Pietro Andrea Mattioli e Athanasius Kircher. A loro vanno aggiunti i due erbari di Liberato Sabbati – uno con essiccata (Collectio nonnullarum plantarum quae in horto medico Sapientiae Romanae luxuriantur [...], 1740-1751) in cinque volumi e l’altro a stampa (Hortus Romanus, 1772-1793) in otto volumi – che furono fatti giungere a Catania da Placido Scammacca, e con molta probabilità con le loro tavole e i loro esemplari essiccati furono all’origine della passione botanica di Guttadauro. Una passione questa che venne perseguita nel monastero soprattutto da Francesco Tornabene (1813-1897), il quale nel 1843 avrebbe ottenuto la cattedra di botanica nell’Università degli studi catanese e successivamente vi avrebbe creato l’Orto Botanico; ma Tornabene al monastero fu anche bibliotecario in un momento di rapida crescita delle acquisizioni che seppe adeguatamente fronteggiare, senza tralasciare la valorizzazione del patrimonio librario a sé affidato. Scrisse infatti, tra l’altro, sugli incunaboli e sui codici botanici posseduti dalla biblioteca. Il 25 ottobre 1866 in seguito alle leggi eversive ebbe fine la vita del Monastero di San Nicolò l'Arena[5] .
Al momento del passaggio in mano pubblica viene acquisita insieme all'Archivio e al Museo anche la Biblioteca, quest’ultima constava di 80.000 volumi: una lunga strada era stata percorsa dai 4.600 del 1733, e nelle stratificazioni degli scaffali si potevano individuare i molteplici interessi culturali e scientifici che nel corso di più di un secolo avevano contraddistinto i benedettini di San Nicolò l’Arena, si potevano rintracciare le donazioni che monaci dediti al sapere come Anselmo Daniele, Vito Maria Amico, Emiliano Guttadauro avevano fatto delle loro biblioteche personali, si poteva infine cogliere l’orgoglio di una istituzione ecclesiastica che nella cultura aveva riposto una delle sue massime ragioni di prestigio. Divenuta la componente fondamentale delle Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero”, la Biblioteca del Monastero di San Nicolò l’Arena con la sua ricca collezione libraria,assume il ruolo di testimonianza concreta dell’evoluzione culturale della città
La Biblioteca–Museo Mario Rapisardi
Nel 1912, dopo la morte di Mario Rapisardi, il Consiglio direttivo della Seconda Esposizione Agricola Siciliana, acquisto dagli eredi, per donarli al Comune, libri e cimeli del poeta. In sintesi: 3.565 volumi ed opuscoli con le sei librerie a vetri che li contenevano (altre due saranno realizzate successivamente); 3.800 lettere costituenti un nutrito carteggio; i suoi manoscritti; lo scrittoio; una poltrona; mobili ed oggetti che formavano il suo studio, compresi alcuni quadri ad olio. La raccolta di Mario Rapisardi, fatta confluire, dall’Amministrazione Comunale, nella biblioteca Civica, riunisce armonicamente le opere più importanti non solo della letteratura italiana, delle letterature antiche e moderne ma anche le opere più notevoli relative agli studi filosofici, religiosi e politico-sociali che il poeta raccolse e custodì con amore, nonchè altre opere inviategli in omaggio dagli autori con dediche autografe - tra le quali si trovano quelli dei maggiori letterati e scienziati del tempo. Nella Biblioteca di Mario Rapisardi non figura alcun testo di diritto, pur essendo stato suo padre un uomo colto e preparato, che esercitò la professione di procuratore legale. Nel 1944, dal 25 al 27 febbraio, le Biblioteche Riunite “Civica e A.Ursino Recupero”, hanno esposto una parte del materiale “della Biblioteca-Museo di Mario Rapisardi” in una mostra dedicata al grande “Poeta”, nel primo centenario della sua nascita. Il Museo-Biblioteca Mario Rapisardi, ospitato nella sala fronteggiante l’ex-museo benedettino, oggi ingresso della Biblioteca, costituisce una importante sezione delle Biblioteche Riunite sia per il valore dei libri rari e pregevoli, sia per l'epistolario inedito, sia per le memorie di un nostro passato che essi custodiscono. Il cospicuo fondo della Biblioteca–Museo Mario Rapisardi e ricca di opere, per lo più letterarie e filosofiche, che il poeta raccolse e custodi con amore.
Tra le edizioni rare, moderne e antiche, ricordiamo le Opere latine del Petrarca, stampate a Venezia nel 1503 da Simone da Pavia, detto Bevilacqua, e contenente infine il Bucolicum Carmen, impresso anche esso a Venezia da Marco Horigano, con la data errata 1416, che, probabilmente, va letta 1496. Del Petrarca, inoltre, vi sono tre pregevoli edizioni cinquecentine Sonetti e Canzoni, con la esposizione del Vellutello,Venezia 1563, le Opere stampate a Basilea nel 1581 e la bellissima edizione di Sonetti e Canzoni con la esposizione di G. A. Gesualdo, Venezia 1533. Delle altre rare edizioni segnaliamo le Opere di Machiavelli, stampate a Roma nel 1550, la Gerusalemme Liberata, del Tasso, nelle edizioni Napoli, 1582 e nell'altra di Genova del 1590 le Rime e le Satire dell Ariosto, stampate a Venezia da G. Giolitto de Ferrari nel 1567. L'Orlando Furioso, stampato pure a Venezia dal Valgrisi nel 1580,e la rarissima edizione del Pontano,stapata a Basilea nel 1530,in 3 volumi l Opus macaronium del Folengo, stampata ad Amstelodami nel 1768 e i due volumi Della Famosissima Compagnia della lesina, stampati a Venezia nel 1767. Tra i classici latini e greci spiccano tre incunaboli,stapati a Venezia le Opere di Ovidio per Cristoforo de Pensis, nel 1498, la Farsaglia, di Lucano, coi tipi del Bevilacqua, nel 1493, e le Opere di Orazio col commento di Cristoforo Landino, nel 1493. Tra le cinquecentine citiamo le opere di Cicerone, in caratteri aldini, l'Argonauta, di Valerio Flacco, edita a Venezia nel 1501, le Noctes Acticae, del Gallio, stampate da Sebastiano Grifo nel 1550, le Opere di Platone interpretate da Marsilio Ficino, Lugduni, 1557, e poi ancora Rerum gestarum libri di Ammiano Marcellino, nella edizione di Parigi del 1554, le Vite di Plutarco, impresse a Basilea nel 1549, le Opere di Giovenale, annotata dal Poliziano, Milano,1514, le Historiae di Tito Livio, uscite dai torchi dell'officina Frobenia di Basilea nel 1535 etc.
La Biblioteca "Ursino Recupero"
La Biblioteca "Ursino Recupero" rispecchia gli interessi politico-letterari del barone e conserva testi siciliani ed in particolare catanesi, dalla fine del XVIII secolo agli inizi del XIX. Molti di questi testi furono donati personalmente dal barone e quindi sono autografi. Il fondo del barone Antonio Ursino Recupero e ricco di nove incunaboli e 316 cinquecentine, fra le quali ricordiamo De successione feudalium del Cumia, al quale si deve l'introduzione della stampa a Catania. Tra le opere moderne ricordiamo Il Duomo di Monreale del Gravina con le sue meravigliose tavole a colori e I Carbonari della montagna di Giovanni Verga, stampati in quattro volumi a Catania, dalla Tipografia Galatola, nel 1861-62. Oltre ai circa 19.000 opuscoli, alla raccolta di giornali catanesi e siciliani, ai fogli volanti, notevole importanza per la storia locale i 621 manoscritti inventariati dal Casagrandi e tra i quali figurano quelli di Alessandro Recupero, Vito Coco, Domenico Tempio, venerando Gangi, Giuseppe e Francesco Bertuccio, Vincenzo Bondice, Pasquale Castorina, Francesco Strano, Domenico Strano, Carlo Gemmellaro etc. Una collezione interessantissima di questa Biblioteca è costituita infine dalla raccolta dei libretti delle opere liriche italiane rappresentate a Catania nei primi decenni dell'800, nello scomparso Teatro Comunale G. Coppola.
La Sala Vaccarini
La Sala Vaccarini o Libreria dei PP. Cassinesi (Libreria dei monaci benedettini) progettata da Giovanni Battista Vaccarini, a pianta ovale, arricchita da un pavimento maiolicato, e da un soffitto affrescato, è completamente arredata con scaffali contenenti libri rari e di pregio dei secoli XVII-XIX. La sequenza degli spazi vaccariniani, dal corridoio del Noviziato alla grande Biblioteca, è uno dei pochi esempi dell’architettura del Settecento catanese in cui la libertà dalle rigide regole trattatistiche, dalla simmetria e dalla staticità, trovano espressione. In questo vastissimo ambiente rettangolare la luce che penetra dalle finestre laterali illumina uniformemente le pareti, lungo le quali si distendono gli scaffali lignei sui quali sono disposti i libri. Al ballatoio, pure in legno, che corre lungo l’ordine superiore degli scaffali, separati l’uno dall’altro da comode panche, si accede con una scaletta di legno situata sulla destra dell’ingresso. Al di sopra della cornice, che chiude in alto le librerie, corre una serie di dodici medaglioni incorniciati contenenti ritratti di santi. Un cornicione policromo determina la volta, ripartita in grandi riquadri affrescati da Giovanni Battista Piparo che vi rappresentò le allegorie delle Virtù, delle Arti e delle Scienze. L’arredo della Sala è completato dal magnifico pavimento d’epoca realizzato in maiolica napoletana L'impianto originario, sia per esigenze funzionali che per modesti adattamenti dei committenti, si articolava in spazi segregati (cucina e museo) e in sequenze con cerniera nell'antirefettorio (antirefettorio-refettorio grande, ortogonale a questo capolino corridoio noviziato-antirefettorio-refettorio piccolo-gabinetto padre La Via-libreria). Le mutate destinazioni d'uso hanno portato ad una fruizione dinamica e articolata che coinvolge tutti gli spazi. La sala Vaccarini è l'unico ambiente del monastero che si conserva pressochè integro nella configurazione originaria (a parte la modesta modifica della scaffalatura dal lato nord e la trasformazione in finestre dei balconi a ovest). Oltre la conservazione degli elementi connotativi dello spazio si conserva ancora il ricco e raro patrimonio librario. Agli scaffali curvi nei quattro angoli della sala è affidato il compito di fare scivolare lo sguardo da una parete all'altra conferendo dinamicità a tutto l'impianto. La splendida libreria o Sala Vaccarini ci piace immaginare che sia stato F. Fichera, nel febbraio del 1915, nel celebrare il 147° della morte del Vaccarini oltre alla lapide e al busto abbia battezzato la vecchia libreria benedettina dedicandola all'amato architetto.
Note
- ^ Regio decreto dell'11 Maggio 1931, N. 765.
- ^ Successivamente abrogato e sostituito dal nuovo Statuto con decreto del Presidente della Repubblica del 22 Maggio 1969 N. 594
- ^ Alla presa di possesso da parte del governo, dopo l'incameramento, nel febbraio 1867, fu presente l'allora abate del monastero benedettino il beato Giuseppe Benedetto Dusmet. Ne furono responsabili dall'11 luglio 1872 il canonico Giuseppe Coco Zanghì e dal 1878 il canonico Francesco Fisichella, nel 1902 Carmelo Ardizzoni, anche archivista comunale. I successivi direttori furono dal 1907 al 1923 Vincenzo Finocchiaro, dal maggio 1931 al 1950, anno della morte, Orazio Viola, già bibliotecario della Biblioteca universitaria, dal 1951 al 1956 Filippo Di Benedetto, dal 1956 al 1968 Elvira Ursino, dal 1968 al 1998 Maria Alessandra Salmeri e dal 1998 ad oggi Rita Angela Carbonaro.
- ^ Nel 1943 egli ricorda le "immense sale polverose dove il silenzio denso di echi, a volte, pareva mosso dalle tonache e dal respiro dei monaci morti".
- ^ Gli ultimi 46 monaci, con il cuore spezzato, accompagnati dall' “abate di sante virtù”, Giuseppe Benedetto Dusmet lasceranno per sempre il cenobio. L'Abate, il suo segretario e il cellerario resteranno nel Monastero per le operazioni della presa di possesso che inizieranno il 4 gennaio del 1868 e si concluderanno il 12 gennaio dell'anno successivo.
Bibliografia
- R. A. Carbonaro, Storia delle Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero” di Catania, Catania, 1975.
- R. A. Carbonaro, Un patrimonio da salvaguardare: Le Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero” di Catania, in "Kalòs - Luoghi di Sicilia. Catania. Le Istituzioni municipali", Palermo Kalos, 2001, pp.16-25.
- R. A. Carbonaro "Erbari e Manoscritti di materia medica nel pianeta dei Cassinesi. Balsami, unguenti, cosmetici e ricette per ogni malanno. In Medici Medicine a Catania.Dal Quattrocento ai primi del Novecento". Catania G. Maimone editore, 2001.
- R. A. Carbonaro(a cura di Maria Maddalena Milazzo, Maro Palma...Rita Carbonaro). I manoscritti datati della Sicilia. "'Catania - Biblioteche Riunite Civica e A. Ursino Recupero". "Miscellanea di contenuto prevalentemente musicale 1473". Firenze, Sismel edizioni Galuzzo, 2003
- I manoscrittti datati della Sicilia...con il contributo di... Rita Carbonaro, Firenze, 2003.
- R. A. Carbonaro, M. Alberghina, L'iconografia scientifica negli Atti e nel Giornale, in L'Accademia Gioenia: 180 anni di cultura scientifica (1824-2004)..., Catania G. Maimone editore, 2004, pp. 86-93.
- R. A. Carbonaro, I luoghi del pensiero: le Biblioteche Riunite "Civica e A. Ursino Recupero" di Catania, in Catania: la città, la provincia, le culture, vol. II, Catania, 2008, pp. 73-106.
- Maria Salmeri (a cura di), "Catalogo dei periodici delle Biblioteche Riunite "Civica e A.Ursino Recupero" di Catania", voll. I, II, III; Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali, Catania 1992, 1993, 1995.
- Francesco Giordano (a cura di), "Fondo Francesco Granata, Inventario - Biblioteche Riunite "Civica e A.Ursino Recupero", Catania 1998 (dattiloscritto).
- P. Bertucci, Guida del Monastero dei PP. Benedettini di Catania, Catania 1846.
- R.A. Carbonaro, Storia delle Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero” di Catania, Catania 1975.
- R.A. Carbonaro, Un patrimonio da salvaguardare: Le Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero” di Catania, in “Kalòs”, Luoghi di Sicilia. Catania. Le Istituzioni municipali, Palermo 2001, pp.16-25.
- V. Casagrandi, Il palazzo dei Bendettini e il Tempio di S. Nicolò l’Arena di Catania, Catania 1923.
- F. De Roberto, Catania, Bergamo 1907.
- C. Naselli, Letteratura e Scienza nel Convento Benedettino di S. Nicolò l'Arena di Catania,in Archivio Storico per la Sicilia Orientale. Seconda serie - Anno V, Fasc. II-III, 1929, Catania 1930, pp. 245-349.
- A. Leonardi, Monastero di S. Nicolò l'Arena di Catania. Bibliografiain Archivio di Stato di Catania, Un millennio di storia tra le carte d'archivio..., 2003, pp.55-74
- Per la bibliografia generale sulle Biblioteche Riunite “Civica e A. Ursino Recupero” di Catania (oltre che nella stessa Biblioteca) e sul Monastero dei benedettini fino al 2003, comprensiva di oltre 460 titoli, è contenuta nelle Appendici I Saggio di bibliografia benedettina catanese di Carmelina Naselli e Appendice II Il Monastero di S.Nicola l’Arena - Bibliografia, di Antonino Leonardi del Saggio di Cristina Grasso, I PP. Benedettini dall’Etna alla Cipriana, nel volume Un millennio di storia tra le carte d’archivio. Documenti dall’XI al XX secolo, a cura di C. Grasso, L’Almanacco editore, Catania, 2003. Gli aggiornamenti dal 2003 al 2013 sono consultabili presso il Museo della Fabbrica del Dipartimento di Scienze Umanistiche dell'Università degli Studi di Catania.

