Relitto di Chiessi
Il relitto di Chiessi, largamente depredato sin dall'epoca della sua casuale scoperta (1966) da parte di Luciano Zamboni, giace su fondale sabbioso a 46 metri di profondità, sulla costa occidentale dell'isola d'Elba. La nave è datata intorno al 70 d.C. e all'origine conteneva alcune migliaia di anfore di produzione iberica e balearica, al 90% rappresentate dalla forma Beltràn IIA (destinate al trasporto di garum) e, in misura minore, da Dressel 20 con bollo SAENIAMES (anfora globulare per olio) e Ramón 25. Alcuni dei manufatti rinvenuti nel relitto (che per le dimensioni del cumulo anforico fu definito La Cattedrale di Chiessi) hanno trovato collocazione in vari musei (Museo archeologico di Marciana e Museo archeologico di Portoferraio), ma per il resto sono stati trafugati e dispersi.[1] In particolare sono state recuperate due lastre di piombo con scena di venatio, raffiguranti un cacciatore che incalza un orso stante sulle zampe posteriori.[2] Tra un'anfora e l'altra furono rinvenute diverse fascine composte da rametti di Erica sp., utilizzate per ridurre l'attrito del carico anforico durante la navigazione.[3]

Note
- ^ Legambiente, Arcipelago toscano.
- ^ Ruggeri, Paola (2000) Un naufragio di età augustea nella Sardegna settentrionale: le cistae inscriptae del relitto di Rena Maiore (Aglientu).
- ^ Michelangelo Zecchini, Relitti romani dell'isola d'Elba, Lucca 1982.
Bibliografia
- Michelangelo Zecchini, Relitti romani dell'isola d'Elba, Lucca 1982
- Morella Massa, Precisazioni in margine al relitto di Chiessi (Isola d'Elba), Rassegna di Archeologia XVI, 1999