La difficoltosa salvezza dell'annata precedente spinse la dirigenza per un nuovo cambio di allenatore e per un rafforzamento della squadra. Ingaggiato in panchina Carlo Mazzone, vennero acquistati Bisoli, Calori, di nuovo Materazzi, Nicola Amoruso, Rivalta e Daino mentre le cessioni riguardarono Kaviedes, Colonnello, Mezzano, Bucchi, Melli e Petrachi mentre Zé Maria rimase in Brasile in prestito.[2] La stagione iniziò con l'eliminazione dall'Intertoto ad opera dei truchi del Trabzonspor che scatenò la contestazione dei tifosi,[3] i quali non erano affatto in simpatia con la dirigenza la quale aveva sempre sbandierato sogni di grandezza ma la realtà era una rosa con buoni giocatori che al massimo poteva puntare alla salvezza.[2] La squadra, che a gennaio vide partire Nakata alla Roma per 40 miliardi di lire più il cartellino di Alenitchev,[4] alla fine si piazzò al 10º posto al termine di un campionato che vide la squadra perdere 6 partite su 19 partite al Curi. La prima sconfitta avvenne il 6 novembre ad opera del Bari dei Matarrese (1-2) che scatenò la rabbia del dopo-partita del presidente Luciano Gaucci contro lo stesso Matarrese e l'arbitro Pellegrino, reo di non aver visto una gomitata di Innocenti a Olive che procurò al perugino la frattura dello zigomo destro che ha richiesto un intervento chirurgico.[5] Ma questo campionato è ricordato soprattutto per l'esito della lotta scudetto tra Lazio e Juventus che riguardò anche il Perugia.[6] All'ultima giornata, il 14 maggio, si giocava Perugia-Juventus, una partita passata alla storia: l'arbitro Pierluigi Collina, decise di sospendere la partita sullo 0-0 per impraticabilità del campo per pioggia, per poi farla proseguire non appena il campo, che divenne "pesante", ebbe drenato tutta l'acqua riversatasi sul terreno di gioco, fra le proteste dei bianconeri che volevano ripeterla, come da regolamento. In effetti, il secondo tempo comiciò alle 17:11, con oltre un'ora di ritardo a causa di pesanti piogge che avevano allagato il campo. E la squadra di Mazzone, grazie ad una giocata del capitano perugino Alessandro Calori che raccolse una respinta di testa dello juventino Conte, fece cadere la Juventus sul traguardo di un campionato che fino a pochi giorni prima sembrava vinto, consegnando di fatto il tricolore ai biancocelesti.