Complesso archeologico di San Pietro a Corte
Il complesso archeologico di San Pietro a Corte, è un'area nel centro storico di Salerno, in cui sono documentate e visibili le testimonianze archeologiche dei vari avvicendamenti storici a partire dal I secolo d.C. L'ingresso è sul Larghetto San Pietro a Corte.
Complesso archeologico di San Pietro a Corte | |
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Stile | Architettura longobarda |
Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Comune | Salerno |
Amministrazione | |
Ente | Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Salerno ed Avellino |
Responsabile | Gruppo Archeologico Salernitano |
Mappa di localizzazione | |
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L'area si estende nel sottosuolo ed in superficie, a diversi livelli stratigrafici, ed evidenzia documenti di particolare interesse storico, archeologico ed artistico. In particolare il sito risulta, in assoluto, l'unica testimonianza archeologica di architettura palaziale di epoca longobarda.[1][2][3]
Sono visibili, inoltre, le terme romane, un luogo di culto paleocristiano, un oratorio del XII secolo e le varie ristrutturazioni ed opere d'arte introdotte a partire dal 1500.
Nel 2012 il sito risulta escluso dal percorso UNESCO Longobardi in Italia: i luoghi del potere, teso a salvaguardare luoghi ricchi di testimonianze di arte e architettura longobarda, a causa di carenze dal punto di vista di servizi, info e accessibilità al sito. [4] Attualmente (2013) si sta cercando di inserirlo nel percorso attraverso un ripescaggio.[5]
Le terme romane
Alla base dell'intera struttura vi è un impianto termale d'età medio-imperiale (fine del I - inizio del II secolo). Il complesso si sviluppava in altezza per circa 13 m, mentre si articolava secondo il susseguirsi dinamico di ambienti con volte a a crociera e a botte. In particolare l'aula del frigidarium era separata in due ambienti il primo dei quali era coperto da una volta a crociera mentre il secondo, che ospitava una vasca in marmo per tutta la sua lunghezza, da una volta a botte. Attualmente questi spazi si trovano nell'area ipogea a circa 5 metri sotto l'attuale livello stradale.
Gli ambienti proseguono verso sud-est, dove probabilmente era collocato il calidarium, all'altezza dell'attuale edificio della chiesa del Santissimo Salvatore. La chiesa infatti ha uno schema a pianta ottagonale che presumibilmente riprende quello dell'antico calidarium alla base delle sue fondamenta.[6]
Le terme vennero abbandonate, probabilmente a causa di un'alluvione, nel IV secolo.
Luogo di culto e cimitero paleocristiano
L'aula del frigidarium fu riutilizzata nel V secolo da una comunità di cristiani che adibirono l'area a ecclesia con annesso cimitero. Una delle prime tombe databili è quella di un certo Socrates, probabilmente una personalità molto importante poiché sulla sua lapide v'è scritto "VIR SPECTABILIS". Il suo sepolcro si trova sotto uno degli archi d'ingresso del frigidarium, chiuso formando un arcosolio (di tradizione paleocristiana).
L'analisi dei nomi che compaiono sulle epigrafi di questo ed altri sepolcri (databili fino al VII secolo), testimonia la presenza in città di una popolazione di origini variegate: romane, gote e bizantine.
Il palazzo di Arechi II
Nell'774, dopo la discesa di Carlo Magno a Pavia, la resa di Desiderio e la conseguente fine della Longobardia maior, Arechi II, duca di Benevento si autoproclamò princeps gentis longobardorum dichiarandosi di fatto ultimo baluardo delle genti longobarde nella penisola.
La nuova corte tuttavia aveva bisogno di una città ben fortificata e capace di difendersi dalle continue minacce sia da parte di Carlo Magno che dei Bizantini. Salerno ben si prestava a questo ruolo: era sita sul mare, protetta alle spalle dai monti e dotata di un ottimo sistema difensivo con una solida cinta muraria romana perfezionata dai bizantini.
Il Chronicon Salernitanum recita: in ea (Salerno) mire magnitudinis immo et pulcritudinis palacio construxit ed ancora racconta che nel luogo in cui fu costruito il palazzo il principe trovò un idolo d'oro dalla fusione del quale sarebbero state ricavate le decorazioni dorate che ornavano tutto l'edificio.
Di fatto il palazzo fu costruito in pieno centro cittadino ribadendo le scelte già fatte dai Longobardi a Pavia e a Benevento, e non considerando quindi ostili le popolazioni locali. La residenza si doveva articolare su due livelli e si estendeva sull'asse nord-sud. La parte meridionale era innestata, probabilmente con una torre, sulle mura che affacciavano sulla spiaggia. Quindi aveva ad est ed ovest due corti: ad est il più grande, ovvero l'area della cosiddetta curtis dominica che comprendeva officine, caserme e scuderie; ad ovest la corte minore, in cui era posizionata la scalinata monumentale che introduceva al palazzo.
Ciò che rimane del palazzo arechiano sono gli archi, i capitelli e le colonne disseminati negli edifici che hanno inglobato il complesso, e che richiamano lo stile dell'architettura romanica frammentaria, presentando analogie chiesa di Santa Sofia di Benevento, costruita dallo stesso principe.
L'unico ambiente superstite della residenza è l'aula settentrionale, costruita sulle preesitenti terme romane. Quando Arechi decise di fare erigere la reggia, il piano stradale risultava rialzato rispetto al livello del luogo di culto paleocristiano e delle terme, probabilmente a causa di una nuova alluvione. Quindi i longobardi elevarono dei pilastri ed un muro per reggere il pavimento del nuovo palazzo. Questo muro divise il frigidarium in due parti ma fece sì che il complesso paleocristiano rimanesse intatto e contribuisse alle fondamenta del nuovo edificio, testimoniando di fatto il rispetto e la continuità delle tradizioni cristiane del luogo.
I primi studi hanno fatto pensare che questa struttura fosse la cappella palatina. Oggi,invece, si pensa anche che potesse essere l'aula di rappresentanza, a causa della presenza di alcuni elementi del titulus dettato da Paolo Diacono, che cantava le lodi di Arechi. Si era giunti a dubitare della reale esistenza di tale titulus, finché non vennero rinvenuti i frammenti con ".. GE DUC CLEME ..", facenti parte dell'esametro "DUC AGE DUC CLEMENS ARICHI PIA SUSCIPE VOTA". Le singole lettere sono incise nel marmo ed erano rivestite di bronzo dorato e delimitate sopra e sotto da listelli, anche essi rivestiti di bronzo dorato.
L'aula era circondata da un loggiato di cui sono visibili delle bifore con archi in mattoni che poggiano al centro su una colonna con capitello altomedievale. La parete destra è stata aggiunta sicuramente in un periodo posteriore giacché da quel lato l'aula doveva comunicare con il palazzo.
Anticamente l'aula doveva essere caratterizzata da una pavimentazione in opus sectile di stile tardoromano, e da stucchi e marmi, di cui sono conservati alcuni frammenti, che rimandavano agli esempi longobardi di Cividale del Friuli, San Salvatore di Brescia e di Sant'Ilario di Port'Aurea di Benevento. [7]
Dal XI al XIV secolo
Durante il periodo normanno ed fino al periodo svevo, gli ambienti del palazzo vennero utilizzati per usi pubblici. L'aula di rappresentanza del palazzo fu utilizzata per le riunioni del parlamento cittadino ed anche per le cerimonie di consegna delle lauree della Scuola medica salernitana. Nell'ambiente ipogeo fu disposto un oratorio. Il vano di comunicazione tra i due ambienti fu chiuso: nel primo ambiente si riscontrano delle vasche per la preparazione di materiale edilizio, mentre nel secondo ambiente, l'oratorio, furono rinforzate con ciottoli e malta le pareti sia dei muri laterali romani che del setto divisorio realizzato in epoca arechiana. Sono visibili un sedile e due altari mentre gli intonaci risultano affrescati con dipinti del XII e XIV secolo.
Dal XVI secolo ai nostri giorni
Nel 1576 la chiesa superiore subì un restauro. Nel 700 fu realizzata una scala d'ingresso alla stessa chiesa che conduce ad un protiro con un timpano sostenuto da colonne. Caduta in disuso, durante la prima guerra mondiale fu utilizzata come deposito militare. Nel 1939 fu data in concessione alla confraternita di Santo Stefano dall'arcivescovado.
Gli ambienti a livello stradale fino agli anni cinquanta erano occupati da un fornaio, un carbonaio e dalla cappella di Sant'Anna. A partire dagli anni 70 partirono gli scavi della sovrintendenza per mettere in luce gli ambienti ipogei.
Cappella di Sant'Anna
La piccola chiesa fu fondata nel 1725 da Monsignore Fabrizio di Capua sotto richiesta di Domenico Cardillo. Nel 1785 sappiamo che la chiesa era ancora adibita al culto ed era dotata di due altari e di una sacrestia per poi essere ampliata nei secoli successivi. Nel 1937 la cappella è adibita a bottega di un fabbro e successivamente a rivendita di carboni. Negli anni novanta risulta completamente abbandonata ma in seguito viene ristrutturata ed annessa ai vicini scavi di San Pietro a Corte.
La cappella sorge sul lato nord della Chiesa di San Pietro a Corte ed in seguito a degli scavi volti a verificare la consistenza del campanile, furono scoperte nel lato nord della cappella delle tracce di terme romane caratterizzate dall'opus reticolatum su muratura listata su tufarelli a doppi corsi di laterizi.
Bibliografia
- P. Peduto, Arechi II a Salerno: continuità e rinnovamento, in Rassegna Storica Salernitana, n. 29, XV/1, pp. 7-28, 1998.
- P. Peduto, et al., Un accesso alla storia di Salerno: stratigrafie e materiali dell’area palaziale longobarda, in Rassegna Storica Salernitana, n. 10, 1988, pp. 9-63.
- Mariano Grieco, San Pietro a Corte. Recupero di una memoria nella città di Salerno, Napoli: Altrastampa, 2000.
- M. Fiore, La badia di S. Pietro a Corte in Salerno, in Rassegna Storica Salernitana, n. 5, pp.141-157, 1944.
Voci correlate
Note
Altri progetti
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