Progetto Daedalus

studio di progettazione
Versione del 5 set 2013 alle 02:02 di FrescoBot (discussione | contributi) (Bot: correzione mesi e modifiche minori)

Progetto Daedalus è uno studio condotto fra il 1973 e il 1978 dalla società inglese interplanetaria (British Interplanetary Society) per progettare una sonda spaziale interstellare senza equipaggio. Una dozzina di scienziati e ingegneri, guidati da Alan Bond, hanno lavorato al progetto e hanno deciso di proporre una propulsione con un razzo a fusione.

Il criterio di progetto ha stabilito che la navicella deve utilizzare tecnologie attuali o di prossima realizzazione e devono essere in grado di raggiungere la loro destinazione entro la durata della vita media di un uomo (è stato stabilito un tempo di volo di 50 anni). Nonostante questo, l'astronave non avrebbe equipaggio, ma possiederebbe solo sonde scientifiche.

L'obiettivo scelto è la Stella di Barnard, lontana 5,9 anni luce, la quale, si credeva avesse almeno un pianeta (la prova di questo è poi stata screditata). Nonostante questo al progetto viene richiesta flessibilità sufficiente per poterlo utilizzare su altre stelle obiettivo.

Progetto

La sonda spaziale Daedalus dovrebbe essere costruita in orbita terrestre e possedere una massa iniziale di 54 000 t, tra cui 50 000 t di carburante e 500 t di carico scientifico. L'astronave avrebbe due stadi, il primo dei quali opererebbe per due anni, portando l'astronave ad una velocità pari al 7,1% di quella della velocità della luce (0,071 c). Successivamente il primo stadio verrebbe espulso e il secondo verrebbe attivato per 1,8 anni, aumentando la velocità a circa il 12% di quella della luce (0,12 c), prima di essere spento. Dopo questa accelerazione iniziale l'astronave procederebbe nella sua rotta per 46 anni. A causa dell'intervallo estremo di temperature operative richieste (da 1 600 °C a quasi lo zero assoluto), le strutture dei propulsori dovrebbero essere costruite in berillio, che conserva la sua robustezza anche a temperature criogeniche.

La velocità richiesta è ben oltre le capacità dei razzi ad energia chimica, e anche oltre ai motori che utilizzano la propulsione nucleare ad impulso, studiata nel progetto Orione. Per questo motivo, Daedalus dovrebbe essere spinta da un razzo a fusione nucleare, alimentato da una miscela di deuterio/elio-3 che verrebbe iniettata nella camera di reazione tramite un meccanismo di confinamento inerziale. Il plasma derivato dalla fusione verrebbe diretto verso un ugello magnetico. A causa della rarità dell'elio-3, dovrebbe essere raccolta dall'atmosfera di Giove tramite strutture robotiche sostenute da grandi mongolfiere che opererebbero per 20 anni.

Il secondo stadio avrebbe due telescopi ottici da 5 metri di apertura e due radio telescopi da 20 metri di apertura. Dopo 25 anni di viaggio essi inizierebbero ad esaminare l'area attorno alla stella di Barnard per individuare e studiare i pianeti del sistema. Queste informazioni verrebbero inviate sulla Terra utilizzando la "campana" del propulsore del secondo stadio come parabola di comunicazione. Poiché l'astronave non decelererebbe nell'avvicinamento alla destinazione, essa trasporterebbe 18 sonde autonome. Queste verrebbero lanciate in un periodo variabile tra 7,2 e 1,8 anni prima di raggiungere il sistema stellare. Le sonde sarebbero spinte da propulsori ionici alimentati da generatori elettonucleari e trasporterebbero telecamere, spettrometri e altri sensori. Esse volerebbero nei pressi delle destinazioni prescelte, viaggiando a 12% della velocità della luce per trasmettere le scoperte alla nave madre.

La stiva di carico della Daedalus conterrebbe le sonde, i telescopi e gli altri equipaggiamenti che devono essere protetti dal mezzo interstellare durante il viaggio da un disco di berillio spesso 7 mm. Questo scudo ablativo verrebbe costruito in questo materiale per la sua leggerezza e l'elevato calore latente di vaporizzazione. Gli ostacoli più grandi incontrati durante il passaggio attraverso il sistema stellare sarebbero dispersi tramite una nuvola di particelle generate da velivoli di supporto che circondano l'astronave. La Daedalus trasporterebbe vari robot in grado di riparare autonomamente i danni o i malfunzionamenti.

Specifiche

  • Lunghezza: 190 m
  • Massa propellente del primo stadio: 46 000 t
  • Massa propellente del secondo stadio: 4 000 t
  • Massa a vuoto del primo stadio: 1 690 t
  • Massa a vuoto del secondo stadio: 980 t
  • Tempo di accensione del primo stadio: 2,05 anni
  • Tempo di accensione del secondo stadio: 1,76 anni
  • Spinta del primo stadio: Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido.
  • Spinta del secondo stadio: Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido.
  • Velocità scarico del propulsore: 10 000 km/s
  • Massa del carico: 450 t

Varianti

Una variante del progetto, che considerava una astronave auto-replicante, venne pubblicata nel 1980 da Robert Freitas[1]. Il progetto originale è stato modificato per includere tutti i sottosistemi necessari per l'auto-replicazione. Esso utilizzerebbe una sonda per inviare una fabbrica con una massa di circa 443 t verso un sito distante. Questa fabbrica si replicherebbe varie volte per incrementare la propria capacità totale di produzione e successivamente inizierebbe a costruire altre sonde con una singola fabbrica autoreplicante in un periodo di tempo pari a 1000 anni.

Note

  1. ^ Robert A., Jr. Freitas, A Self-Reproducing Interstellar Probe, in J. Brit. Interplanet. Soc., vol. 33, luglio 1980, pp. 251-264.

Voci correlate

Collegamenti esterni

  Portale Astronautica: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di astronautica