Gruppo Gamma "Licio Visintini"

Dario Vitali

Gian Gaetano Cabella

Squadrista genovese negli anni '20.

Nel 1943 divenne direttore del bisettimanale[1] "Popolo di Alessandria" che, edito dalla Federazione dei Fasci Repubblicani di Combattimento, uscì per la prima volta in Piemonte il 2 ottobre 1943 e si diffuse anche in Lombardia, Liguria e nel piacentino[2] Tra coloro che vi collaborarono sia pur saltuariamente vi fu Ezra Pound[3] L'ultima copia fu del 19 aprile 1945[4].

Cabella che nel 1945 si trovava a Milano chiese ed ottenne una udienza a Mussolini il quale a partire dal 20 aprile 1945 fino al 22 aprile gli dettò il suo testamento politico. L'intervista fu molto importante poiché fu l'ultima che Mussolini fece e particolare importante fu che quest'ultimo volle rivederla e correggerla[5]. Il documento fu reso pubblico tre anni dopo la fine della guerra, precisamente il 6 settembre 1948[6], per un preciso impegno preso da Cabella con Mussolini[7].

Bartolomeo Fronteddu

Bartolomeo Fronteddu
 
NascitaDorgali, 6 maggio 1890
MortePadova, 14 agosto 1944
Dati militari
Paese servito  Italia
  Repubblica Sociale Italiana
Forza armataRegio esercito
Esercito Nazionale Repubblicano
ArmaFanteria
CorpoGuardia Nazionale Repubblicana
Gradotenente colonnello
GuerreGrande Guerra-Seconda Guerra Mondiale
CampagneBattaglie dell'Isonzo
Comandante diBattaglione Volontari di Sardegna - Giovanni Maria Angioy
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Bartolomeo Fronteddu (Dorgali, 6 maggio 1890Padova, 14 agosto 1944) è stato un militare e a partire dal 1943 fu il comandante del Battaglione Volontari di Sardegna - Giovanni Maria Angioy della Repubblica Sociale Italiana italiano.

Biografia

Durante la Grande Guerra, con il grado di tenente prese parte alle offensive sull'Isonzo finchè fu gravemente ferito nel 1915 subendo l'amputazione del braccio destro[8]. Ripreso presto servizio fu preso prigioniero dagli austriaci nel 1916 che lo rilasciarono l'anno seguente nel corso di uno scambio di prigionieri[9][10].

All'atto dell'armistizio dell'8 settembre 1943 Fronteddu si trovava presso l'isola della Maddalena al comando del 591° Battaglione costiero[11]. Nell'ottobre 1943 su decisione del sottosegretario alla Presidenza della Repubblica Sociale Italiana Francesco Barraccu, assunse il comando del neocostituito Battaglione Volontari di Sardegna - Giovanni Maria Angioy, un reparto formato esclusivamente da sardi. L'interesse suscitato da un reparto a carattere etnico Nella Repubblica Sociale portò un giornalista della rivista Signal a fare una lunga intervista a l colonnello Fronteddu in cui ricordandone i precedenti bellici della Prima guerra mondiale lo presentò ai lettori:

«Il mio ospite aveva un solo braccio; l'altro, il destro, lo aveva perduto da giovane tenente nel 1915 in una battaglia dell'Isonzo. Appena guarito da questa ferita, raggiunse nuovamente il fronte quale comandante di una compagnia e combatté in prima linea, ove nel 1916 venne fatto prigioniero dagli Austriaci della "K.K. Edelweis - Division". I nemici gli lasciarono la pistola e dopo alcuni mesi lo scambiarono»

Nel gennaio 1944 Fronteddu cedette il comando al capitano Achille Manso e assunse un nuovo incarico, a Padova presso il Comando provinciale e dove, il 14 agosto 1944, fu ucciso insieme all'autista da un gruppo di gappisti del Partito d'Azione[13][14]. L'attentato in realtà aveva per obiettivo il generale Piatti[15]. Per rappresaglia vengono impiccati e fucilati una decina di partigiani, fra cui il medico oristanese Flavio Busonera, componente del CLN di Padova[16].

Onorificenze

Risultano cinque decorazioni[17]

Bibliografia

  • Carlo Cocut: "Forze armate della R:S:I: sul confine orientale" - 2009.

Note

Luciano Usai

Luciano Usai
 
NascitaSan Gavino Monreale, 18 dicembre 1912
MorteJundiaí do Sul, 11 settembre 1981
Dati militari
Paese servito  Italia
  Repubblica Sociale Italiana
Forza armataRegio esercito
Esercito Nazionale Repubblicano
Corpocorpo dei cappellani militari
Specialitàcappellano militare
Reparto31º Battaglione Guastatori d'Africa del Genio - Battaglione Volontari di Sardegna - Giovanni Maria Angioy
Gradotenente cappellano
GuerreSeconda guerra Mondiale
CampagneCampagna del Nord Africa-Campagna d'Italia (1943-1945)
BattaglieAssedio di Tobruch
Decorazioni1 Medaglia d'argento al valor militare e 2 medaglie di bronzo al valor militare
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Luciano Usai (San Gavino Monreale, 18 dicembre 1912Jundiaí do Sul, 11 settembre 1981) è stato un cappellano militare e a partire dal 1943 fu il ispiratore del Battaglione Volontari di Sardegna - Giovanni Maria Angioy della Repubblica Sociale Italiana italiano.

Biografia

Dopo essersi diplomato al liceo frequenta si trasferì a Parma presso l'Istituto delle missioni estere dei padri Saveriani e nel maggio 1939 ottenne i voti pertanto partì come cappellano per la Libia italiana al seguito dei lavoratori[1].

La campagna di Libia

 
Padre Usay a Tobruch il 21 giugno 1942

Nel 1940, all'inizio della guerra divenne cappellano del 31º Battaglione Guastatori d'Africa del Genio, reparto comandato da Paolo Caccia Dominioni e impiegato nella campagna del Nord Africa. Padre Usai non si limitò a svolgere le mansioni di cappellano militare ma prese più volte parte agli scontri guadagnandosi diverse decorazioni al Valor militare sia italiane che tedesche[2] Il 21 giugno 1942 dopo la presa di Tobruch che era occupata dalle truppe britanniche padre Usai fu il primo religioso italiano a celebrarvi la messa[3].

Il battaglione Volontari di Sardegna - Giovanni Maria Angioy

Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 padre Usai, che rientrava da una licenza da Asiago, tentò di rientrare nella sua natia Sardegna raggiungendo Civitavecchia. Il rientro si rivelò impossibile sia per lui che per molti altri sardi che nel frattempo erano autonomamente affluiti anch'essi nel porto laziale. Padre usai vedendo altri sardi in difficoltà e impossibilitati al rientro incominciò a richiedere aiuto sia presso il Vaticano sia presso il comando tedesco che gli concede un lasciapassare più alcuni autocarri e viveri con l'impegno di costituire presso Capranica un centro raccolta per sardi[4][5]. La notizia, diffusa anche via radio, fece affluire diversi volontari sardi, oltre a quelli che reclutò direttamente padre Usai sottraendoli alle carceri i cui erano stati reclusi per essersi opposti all'occupazione tedesca[6].

Con la costituzione della Repubblica Sociale Italiana il sardo Francesco Maria Barracu di Santu Lussurgiu fu nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri. Padre Usai che aveva stretto con lui rapporti di profonda amicizia[7], fin da quando Barracu era stato federale del PNF di Bengasi, ottenne da lui un incontro in cui gli sottopose la questione dei sardi presenti a Capranica. Barracu decise pertanto di formare un'unità organica composta interamente da sardi volontari nella RSI[8] in buona parte reduci dalla disciolta Brigata meccanizzata "Sassari", così nel settembre del 1943 venne quindi aperto l'arruolamento. Ai sardi già presenti a Capranica furono sottoposte alcune soluzioni al loro status di sbandati: andare a lavorare in Germania o nelle fabbriche del nord, o comunque abbandonare Capranica dove sarebbero rimasti solo coloro che si sarebbero arruolati nelle forze armate della Repubblica Sociale Italiana[9].

Barraccu inviò il tenente colonnello della GNR Bartolomeo Fronteddu per organizzare e addestrare il reparto che costituì l'organico del "Battaglione Volontari di Sardegna" che fu intitolato a Giovanni Maria Angioy, rivoluzionario e politico sardo considerato un patriota dall'autonomismo ed indipendentismo isolano. Padre Usai ne divenne il cappellano militare.

Il reparto, a novembre del 1943, si trasferì nella caserma "Lungara" di Roma, dove rimarrà sino al 12 dicembre[10]. Durante il soggiorno romano, un gruppo sardi del reparto disertò e trovò rifugio nella stessa Capranica. Padre Usai, anche accompagnato dal colonnello Fronteddu, si recò più volte a Capranica tentando inutilmente di convincerli a fare rientro al reparto[11]. Nel frattempo il partigiano Salvatore Alessi preso prigioniero dai tedeschi rivelò a questi ultimi della presenza dei disertori sardi a Capranica offrendosi anche di accompagnarli[12]. Il 17 novembre due autocarri delle SS giunsero a Capranica e bloccate le arterie principali rastrellarono diciotto disertori. Solo Francesco Zuddas, scampò fortunosamente alla morte e, ignaro della delazione dell'Alessi[13], accusò della strage Padre Usai quando questo, dopo la prigionia fu processato in Sardegna.

Il battaglione a carattere etnico suscitò l'interesse della rivista rivista Signal che inviò un giornalista a fare una lunga intervista al colonnello Fronteddu il quale presentò la figura di padre Usai: "Avrete occasione di conoscere degli uomini veramente interessanti, come ad esempio un cappellano militare che é fregiato del distintivo germanico dei carristi d'assalto oltre che della croce di ferro di seconda classe"[14]. Dopo lo scioglimento del battaglione padre Usai divenne cappellano presso la Presidenza del Consiglio della RSI. Incarico che sfruttò nel tentativo di mitigare le asprezze della guerra civile. Venuto a conoscenza che il suo vecchio comandante di reparto in Libia, Paolo Caccia Dominioni, passato nel fronte antifascista si sarebbe trovato in un certo albergo milanese avvertì per tempo il personale permettendogli di sfuggire ad una irruzione di polizia[15].

La missione in Sardegna

Venuta a crearsi la necessità per il governo della RSI di inviare degli agenti in Sardegna ove svolgere azione informativa e di sabotaggio si ricercarono persone che parlassero il dialetto sardo[16] La scelta ovviamente cadde sui sardi che avevano aderito alla Repubblica sociale Italiana così padre Usai si dedicò alla scelta degli uomini traendoli dal disciolto battaglione Volontari di Sardegna[17]. Dato che il gruppo di agenti, cui si aggiunse anche lo stesso Usai sarebbe stato paracadutato in Sardegna tutti i partecipanti furono sottoposti a duro addestramento da parte dei tedeschi per conseguire anche l'abilitazione al lancio.

I primi lanci sulla Sardegna avvennero nel marzo 1944, proseguendo poi scaglionati. Padre Usai si sarebbe dovuto lanciare a metà maggio nei dintorni di Cabras ma, decollato da Bergamo, un incendio ad uno dei motori dell'aereo fece rimandare l'operazione e il padre saveriano dovette paracadutarsi lungo la costa francese per poi rientrare in Italia[18]. L'operazione fu ripetuta il 23 giugno e padre Usai si paracadutò nelle campagne di Cabras. Da qui prese la direzione di Santulussurgiu dove risiedeva la madre di Barraccu alla quale consegnò una somma di denaro datagli dal figlio infatti la donna dopo l'armistizio viveva in condizioni di indigenza[19]. Poi da qui si spostò a San Gavino Monreale dove risiedeva invece la sua famiglia. Si spostò quindi ad Alghero dove in un ristorante fu però intercettato ed arrestato dal Servizio informazioni militare dei carabinieri. Usai, insieme agli altri agenti che nel frattempo erano stati tutti arrestati furono rinchiusi in un campo di concentramento vicino ad Oristano e processati nel marzo 1945 per collaborazionismo oltre che per spionaggio, accusa che poteva comportare la condanna a morte.

Padre Usai nel corso della della sua difesa sostenne che tutti gli agenti paracadutati in Sardegna in realtà non avessero intenzione di compiere azioni di spionaggio ma semplicemente di ritornare presso le proprie famiglie dalle quali erano rimasti separati dagli eventi della guerra[20]. L'accusa, tenuta dal tenente Francesco Coco, che divenuto magistrato a Genova verrà ucciso dalle Brigate Rosse nel 1976, chiese la condanna a morte mediante fucilazione alla schiena di Padre Usai e l'assoluzione per tutti gli altri imputati. Il tribunale, però, mentre confermò l'assoluzione per gli altri soldati, commina al cappellano militare trent'anni di carcere.

Il dopoguerra

Morì nel 1981 nello sperduto villaggio di Jundiaí do Sul mentre celebrava messa[21].

Onorificenze

Bibliografia

  • Carlo Cocut: "Forze armate della R:S:I: sul confine orientale" - 2009.
  • Daniele Lembo: "I servizi segreti nella Repubblica Sociale Italiana" - 2009

Note

  1. ^ http://www.centrostudisea.it/documenti/ammentu_n1_2011/abstracts/18_di_biase_cappellani_salo.pdf
  2. ^ Daniele Lembo, p. 148
  3. ^ http://www.guastatori.it/i-guastatori-nel-2%C2%B0-conflitto-mondiale/xxxi-btg-gua/
  4. ^ Daniele Lembo, p. 148
  5. ^ http://www.vicosanlucifero.it/excal/excal18/ex18spe1.html
  6. ^ Carlo Cocut, p. 47
  7. ^ Daniele Lembo, p. 148
  8. ^ Carlo Cocut, p. 47
  9. ^ Daniele Lembo, p. 148-149
  10. ^ Carlo Cocut, p. 47
  11. ^ http://www.anpipianoro.it/memoria-nazionale/capranica-17-novembre-1943.html: " ...Padre Usai, il quale nei giorni precedenti il rastrellamento era stato visto più volte a Capranica, anche in compagnia del colonnello Fronteddu (i testimoni oculari riferiscono genericamente di un “comandante dei sardi”), con l’intento di convincere i disertori a tornare nei ranghi del battaglione. "
  12. ^ http://www.anpipianoro.it/memoria-nazionale/capranica-17-novembre-1943.html: Relazione della tenenza dei carabinieri "I suddetti giovanotti, capirono in quale tranello erano caduti e mentre due di essi nonostante le torture subite rimasero sempre muti, il terzo e precisamente 1'Alessi Salvatore, nella speranza di potersi salvare, disse che a Capranica vi erano dei militari sardi sbandati che possedevano armi e che aspettavano il momento opportuno per marciare contro i tedeschi e che lui stesso li avrebbe accompagnati a Capranica".
  13. ^ http://www.anpipianoro.it/memoria-nazionale/capranica-17-novembre-1943.html: Relazione della tenenza dei carabinieri "Ma sia dell'uno che dell'altro addebito, non esistono elementi fondati a loro carico e da tutti è ritenuto frutto di fantasia della esponente e degli altri familiari dei fucilati nella speranza di addossare a qualcuno la responsabilità dei tristi fatti. Mentre è parere concorde della quasi totalità della popolazione che l'accaduto è stato causato dalle indiscrezioni e dalla leggerezza dell'Andreotti Virgilio nel rivelare il possesso delle armi e dell'Alessi Salvatore, nel riferire la presenza in Capranica di militari sardi sbandati; e per le ragioni su esposte, come pure per lo svolgimento dei fatti, si ritiene che nessuna responsabilità esiste a carico dei suddetti XXX e YYY; e mentre il primo seguì i tedeschi al nord ed ignorasi la fine toccatagli, il secondo risiede in quel comune elemento innocuo e lontano da ogni politica".
  14. ^ http://www.vicosanlucifero.it/excal/excal18/ex18spe1.html
  15. ^ Daniele Lembo, p. 149
  16. ^ Daniele Lembo, p. 149
  17. ^ Daniele Lembo, p. 149
  18. ^ Daniele Lembo, p. 149-150
  19. ^ Daniele Lembo, p. 150
  20. ^ Daniele Lembo, p. 150
  21. ^ http://www.centrostudisea.it/documenti/ammentu_n1_2011/abstracts/18_di_biase_cappellani_salo.pdf
  22. ^ http://www.centrostudisea.it/documenti/ammentu_n1_2011/abstracts/18_di_biase_cappellani_salo.pdf
  23. ^ http://www.centrostudisea.it/documenti/ammentu_n1_2011/abstracts/18_di_biase_cappellani_salo.pdf
  24. ^ http://www.centrostudisea.it/documenti/ammentu_n1_2011/abstracts/18_di_biase_cappellani_salo.pdf
  25. ^ http://www.centrostudisea.it/documenti/ammentu_n1_2011/abstracts/18_di_biase_cappellani_salo.pdf

Achille Manso

Achille Manso (Cagliari, 18 dicembre 1912Jundiaí do Sul, 11 settembre 1981) è stato un cappellano militare e a partire dal 1943 fu il ispiratore del Battaglione Volontari di Sardegna - Giovanni Maria Angioy della Repubblica Sociale Italiana italiano.

Achille Manso
NascitaCagliari, 18 dicembre 1912
MorteJundiaí do Sul, 11 settembre 1981
Dati militari
Paese servito  Italia
  Repubblica Sociale Italiana
Forza armataRegio esercito
Esercito Nazionale Repubblicano
Corpocorpo dei cappellani militari
Specialitàcappellano militare
Reparto31º Battaglione Guastatori d'Africa del Genio - Battaglione Volontari di Sardegna - Giovanni Maria Angioy
Gradocapitano
GuerreSeconda guerra Mondiale
CampagneCampagna del Nord Africa-Campagna d'Italia (1943-1945)
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Note


 
Salvatore Giacomazzi

Salvatore Giacomazzi (Trapani, 31 luglio 1901Trapani, 1 gennaio 1947) è stato un giornalista italiano. Fu direttore dei giornali La "Vanga", "Il Baluardo", "Cronache Nostre" e "Il Nostro Impero".

Partecipò all'Impresa di Fiume[1] e al suo ritorno a Trapani prese parte alla fondazione del Fascio trapanese e alla marcia su Roma[2]. In seguito fu direttore dei giornali fascisti La "Vanga", "Il Baluardo", "Cronache Nostre" e "Il Nostro Impero".[3].


Note

Cesare Augusto Carnazzi

Template:Membro delle istituzioni italiane

Cesare Augusto Carnazzi (Bergamo, ...) è un politico e prefetto italiano. Fu prefetto della Provincia di Aosta tra il 1943 e il 1945 e in seguito di quella di Asti.

Pur di origini bergamasche, fu segretario federale di Aosta del Partito Nazionale Fascista dal maggio 1941 al luglio 1943[1], alla costituzione della Repubblica Sociale Italiana fu richiamato nell'ottobre 1943[2] a ricoprire il ruolo di prefetto della Provincia di Aosta. Dopo la costituzione dei primi nuclei partigiani sulle montagne Carnazzi decise di eliminarli secondo Luciana Nissim, infiltrandoli con ex Ufficiali del Regio Esercito che avevano aderito alla RSI al fine di raccogliere informazioni. In seguito procedendo al rastrellamento. Fu nel corso di uno di questi rastrellamenti avvenuto nella notte tra il 12 e il 13 dicembre 1943 che cadde prigioniero anche il partigiano Primo Levi. Lo stesso Levi, probabilmente in accordo con i suoi compagni scelse di qualificarsi come ebreo invece che come partigiano combattente[3]. Infatti in una relazione del 7 marzo 1944 il prefetto Carnazzi scrisse che "Nell'albergo Ristoro (...) alloggiavano tre individui di razza ebraica ivi rifugiatesi (sic) (per sfuggire) alle recenti disposizioni razziali: dottor Levi Primo, Dottor Nissim Luciana e Dottor Maestro Vanda: non essendo risultato altro a loro carico sono stati inviati al campo di concentramento di Carpi[4]"

Il 3 gennaio 1945 Carnazzi fu trasferito alla guida della Provincia di Asti, incarico che mantenne fino al 24 aprile[5]. Nel dopoguerra Carnazzi fu sottoposto a giudizio della Corte d'Assise Speciale ma la sua difesa fu assunta da numerose personalità antifasciste come il capo partigiano Guido Usseglio che era primario all'ospedale Le Molinette che chiese la sua intercessione per far liberare il fratello e che lo descrisse come "una figura aperta, leale, buona"[6]. Anche nella sua ricerca di materiale d'archivio per il libro "Partisa" lo storico Sergio Luzzatto rinvenne dei documenti del 7 luglio 1945 in cui la famiglia ebraica dei Gerber nel corso del processo testimoniò l'intervento di Carnazzi per sottrarre un loro congiunto alla pena di morte "senza alcun interesse ma solo per grande bontà"[7].

Note

Collegamenti esterni

http://www.corriere.it/cultura/13_aprile_16/I-compagni-dimenticati-del-partigiano-Primo-Levi_f7dd888c-a676-11e2-bce2-5ecd696f115c.shtml