Odissea (Livio Andronico)

traduzione di Livio Andronico del poema omerico

L'Odissea o meglio Odussia o anche Odusia è un poema epico del poeta latino Livio Andronico, composto sul finire del III secolo a.C.

Odusia
Testa di Odisseo rinvenuta nella Villa di Tiberio a Sperlonga
AutoreLivio Andronico
1ª ed. originale
Generepoema
Sottogenereepica
Lingua originalelatino
AmbientazioneMediterraneo
ProtagonistiOdisseo


(latino)
«Virum mihi, Camena, insece versutum...»
(italiano)
«Narrami, o Camena, l'uomo astuto...»

L'opera

L'opera, una traduzione latina dell'Odissea di Omero di cui si conservano circa quaranta versi, costituisce la prima testimonianza letteraria dell'epica latina.[1]

Il genere epico era tuttavia già presente in Roma, seppure in forma non letteraria ma orale, come testimonia la diffusione dei carmina convivalia, canti eroici volti a celebrare la storia di Roma o di una singola gens. Essi permisero la formazione di un vasto patrimonio epico nazionale, formato da numerose storie e leggende che furono poi rielaborate in età letteraria per confluire in opere quali, ad esempio, quelle di Nevio, Ennio o Virgilio.[2]

Tuttavia, il primo testo epico in lingua latina non fu, dunque, una creazione originale, ma la traduzione dell'Odissea di Omero, che era, assieme all'Iliade, il principale poema epico greco. Livio Andronico era infatti di nascita e cultura greca,[3] ma aveva avuto modo, in lunghi anni di permanenza a Roma, di conoscere a fondo la cultura e le tradizioni latine. Con la composizione dell'Odusia, Livio intendeva creare un'opera destinata ad un uso pratico e scolastico, su cui si potessero formare i giovani esponenti delle famiglie dell'aristocrazia romana.[1] Infatti egli stesso era un grammaticus e, probabilmente, si servì del testo tradotto per insegnare agli allievi a fare un raffronto con l'originale greco.

Il linguaggio usato da Livio Andronico è necessariamente composito, e comprende calchi di termini greci (come il titolo stesso) e formazioni nuove, ma in gran parte si ricollega al latino degli annales pontificum e dei carmi religiosi o celebranti le glorie delle gentes aristocratiche; conseguentemente molti dei vocaboli utilizzati dovevano essere poco familiari ai lettori, e appartenevano ad un lessico alto e solenne. Grande merito di Livio Andronico è la vera e propria creazione dal nulla della traduzione intesa come opera letteraria a sé stante. La sua traduzione venne presa a modello dai poeti successivi, ponendo le basi per una poesia epica latina originale.

La traduzione mise a disposizione di quei romani che non conoscevano il greco un panorama mitologico totalmente nuovo, segnando così l'abbandono di gran parte della mitologia autoctona e contribuendo al processo di identificazione del pantheon romano con quello greco. Rispetto al modello greco c'è sia emulazione sia libertà d'azione. Infatti Livio Andronico si trovò di fronte al problema di non avere una tradizione epica romana su cui basare il linguaggio della sua traduzione. Dietro alla redazione dei poemi omerici erano i secoli di diffusione orale degli aedi, che ne avevano fissato i canoni stilistici, mentre la cultura latina precedente non aveva nulla di simile cui il poeta poteva attingere. Per questo l'unico spunto utilizzato dall'autore furono gli annali tenuti dai pontefici ed i carmi religiosi arcaici. L'imitazione si estese anche all'uso nei carmi di parallelismi per blocchi contrapposti, caratteristica delle composizioni che facevano uso del saturnio, e nell'abbondare di allitterazioni. Altre caratteristiche prettamente romane presenti nel testo sono i continui parallelismi e il pathos quasi opprimente, che da un tono quasi oracolare all'opera. Inoltre particolare è l'invocazione nel proemio alla Camena, divinità italica protettrice delle fonti e, secondo la tradizione, ispiratrice, al posto della più comune musa greca.

L'iniziativa di Livio ebbe insieme finalità letterarie e più genericamente culturali; Livio rese disponibile ai romani un testo fondamentale della cultura greca, anche se i romani più colti già leggevano Omero nell'originale. L'Odusia ebbe fortuna come testo scolastico, anche quando la sua lingua e ancor più il verso saturnio erano irrimediabilmente obsoleti; ce lo riferisce Orazio quando si lamenta di essere stato costretto a suon di nerbate dal suo maestro Orbilio ad impararla a memoria. Andronico stesso era maestro di scuola, e con il suo lavoro riuscì insieme a divulgare la cultura greca a Roma e a far progredire la cultura letteraria in lingua latina.

Note

  1. ^ a b Pontiggia; Grandi, p. 113.
  2. ^ Pontiggia; Grandi, p. 112.
  3. ^ Beare, p. 33

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni