Partenope (città antica)

primo nucleo urbano della città di Napoli
Voce principale: Storia di Napoli.

Partenope (in greco antico Παρθενωπη)[1] è il nome del primo nucleo urbano della città di Napoli sorto nell'VIII secolo a.C. Venne successivamente chiamato Palepolis (città vecchia), in contrapposizione alla nuova zona urbana della Neapolis (città nuova) sorta nel prospiciente pianoro nel VI secolo a.C.

Monte Echia da via Santa Lucia: luogo dove nacque la polis

Etimologia

Il nome Partenope, che significa “verginale”, fu scelto per identificare una delle sirene che erano adorate nella Magna Grecia. La sede principale del culto era situata nel golfo di Napoli, sul promontorio di Sorrento. Secondo Norman Douglas il sacello sireneo sarebbe insito nel nome della città di Massa Lubrense delubrum che significa “i beni del tempio”[2].

Storia

Fondazione

Strabone poneva la fondazione del sito di Partenope da parte dei Rodii, in un'epoca anteriore all'istituzione delle Olimpiadi (776 a.C.).[3]In realtà, si ritiene possibile un primissimo scalo emporico rodio del IX secolo a.C. sull'isolotto di Megaride. Tale insediamento sarebbe stato in un secondo momento esteso anche al Monte Echia (ricollegandosi all'altra tradizione che parla, invece, di una fondazione cumana della città). Tuttavia, studi recenti ritengono che la fondazione del sito sia da ricondurre ai cumani e che le fondazioni rodie siano tali solo per tradizione rodia.[4]

I dati archeologici hanno confermato l'insediamento cumano.

La presenza dell'insediamento cumano, che si estendeva sul Monte Echia (Pizzofalcone) e sull'isolotto di Megaride (dove oggi sorge Castel dell'Ovo), è riscontrata dal ritrovamento nel 1949 di una necropoli del VII secolo a.C. (nei pressi di via Nicotera nel quartiere di Chiaia) e da un gruppo di materiali di insediamento ritrovati verso la fine del XIX secolo durante i lavori di riqualificazione urbana al borgo Santa Lucia. In particolare, lo studio circa i materiali d'abitato ha mostrato una fase iniziale riconducibile alla fine dell'VIII inizio del VII secolo a.C. ed una fase tardoarcaica che parrebbe arrestarsi nella prima metà del V secolo a.C. Ciò andrebbe messo in relazione all'inizio della crescita di Neapolis sul pianoro[4][5]. Dalla seconda metà del V fino al III secolo a.C. lo scarico ha dato scarsi materiali.[5]Il sito visse ad ogni modo fino al IV-III secolo a.C.[6][5]

Tuttavia, gli studi archeologici più recenti (2011) avvicinano l'epoca di fondazione di Parthenope a quella di Cuma e Pithecusa[7][8].

A valle, verso l'attuale piazza del Municipio era situato il porto. Partenope si inserisce nella logica di una creazione di approdi e caposaldi nel golfo. Non si sa molto sulla storia di Partenope. Lutazio, come di seguito, parla di una sua distruzione per mano cumana a causa della sua crescente potenza. Probabilmente Lutazio si riferiva ad una "distruzione" frutto delle staseis, ovvero di quei periodi di instabilità sociale e politica. Può darsi che fin da allora Partenope servisse come rifugio per le fazioni "perdenti" cumane [5].

Neapolis

Neapolis (città nuova) venne fondata dai cumani. Tale responsabilità di fondazione è abbondantemente riscontrata dalla tradizione storica, sia dagli autori che assumono un'ottica cumana, dipendendo da fonti cumane (Strabone, Velleio Patercolo, Scimno di Chio), sia da quelli che assumo un'ottica neapolitana, dipendendo da fonti neapolitane (Lutazio, Tito Livio).[4] Neapolis nasce dalla dialettica interna ai gruppi sociali Cumani e si colloca nel periodo di Aristodemo.[9]

I ritrovamenti archeologici dimostrano che il pianoro prospiciente alla collina di Pizzofalcone era diffusamente frequentato già dalla metà del VI secolo a.C. e che la "Città Nuova" sia da ricondurre alla fine dello stesso.[10] Neapolis, in base alla pianta ippodamea, si estendeva nel pianoro compreso tra le attuali chiese di Sant'Aniello a Caponapoli (p.zza Cavour), dei SS. Apostoli (San Lorenzo) e di Santa Maria Egiziaca (Forcella). L'insediamento sorto su Pizzofalcone assunse via via il nome di Palepolis (città vecchia).[4]

Partenope nelle fonti storiche

Di questo primo insediamento non fanno espressa menzione le fonti che fanno riferimento ad un'ottica cumana, eccetto Strabone che ne dà un'idea.[4] Per quanto riguarda l'ottica neapolitana, ne parlano sia Lutazio che Livio.[4]

Catulo riportò che Partenope nacque per l'iniziativa di alcuni cumani oppositori. Tuttavia, la città madre decise ben presto di distruggerla in quanto cominciò a sentirsi minacciata dalla sua crescente potenza. Per questo atto i cumani subirono una punizione divina e per ordine di un oracolo furono costretti a restituire sia la città che il culto della Sirena Partenope[4]. Per questo rinnovamento posero alla città il nome di Neapolis. Gli studi di questa sorgente storica inducono a captare una consolidata tradizione neapolitana che mostra una marcata equivalenza fra il culto della Sirena e l'esistenza del sito. I chiari atteggiamenti polemici ed anticumani sono da riscontrare nel passato dei rapporti tra Cuma e Neapolis, non nel II secolo a.C.: come si evince dalla tradizione cumana, le diatribe sono da ricondurre in particolar modo a quel diverso interfacciarsi nei confronti delle popolazioni dell'entroterra, i sanniti e i campani (periodo che riguarda la fine del V secolo a.C.)[4]. A questo lasso di tempo risale quindi quel particolare modo di ripercorrere il passato di Neapolis, ovvero di mostrare Cuma sotto una luce di città invidiosa e astiosa[4]. Tuttavia, lo stesso lessico della fonte implicherebbe, come già accennato precedentemente, piuttosto una decifrazione delle vicende in senso politico-istituzionale anziché verso cancellazioni e ripristinamenti fisici.[4]

Strabone ne dà un'idea nel passo in cui parla di Neapolis ma la lascia sostanzialmente senza nome. Si distinguono due momenti: la fondazione di Neapolis per mano cumana come fase d'inizio e quello della venuta degli epoikoi ateniesi e pithecusani che demarca il nome del sito. Il racconto continua sottintendendo la polemica cumana nei confronti di Neapolis, per aver accettato all'interno delle sue mura una parte di campani. I cumani si sentirono traditi da quel sito che avevano loro stesso fondato[4]. Da qui si possono quindi riscontrare: la motivazione di una determinata modalità percorsa nel descrivere le vicende passate del sito, il grado temporale della fonte immessa nel geografo in oggetto, le generalità di quest'ultima.[4] Sull'occultamento dei rapporti tra Partenope e Cuma, la spiegazione si evince tenendo conto della parentesi distruttiva circa l'accrescimento di Partenope, presente nel racconto Lutaziano[4]. Il nome del sito fu dovuto ad un arrivo di nuovi coloni non ad una rifondazione avvenuta in un secondo momento come atto riparativo ad una punizione divina (la pestilenza), l'oracolo affiancò la seguente ricostituzione e si riferì esclusivamente all'agone ginnico per la Sirena, non alla fondazione in sé per la quale si riporta solamente che si verificò per mano cumana. L'inciso di Strabone lo si decifra dunque col raffronto con quello lutaziano. Se il nome di Partenope non compare in questa sede è solo a causa delle tendenze centrifughe della fonte, a cui Strabone è rimasto semplicemente congruente.[4]

Livio, rifacendosi ad una tradizione neapolitana di fine IV secolo a.C., parla di una Palepolis in riferimento alle guerre sannitiche. Quest'ultima assume l'importanza sia di abitato antico che di centro di rappresentanza per l'intera civitas (Palepolis-Neapolis), ricevendo la dichiarazione di guerra da parte di Roma, le guarnigioni sannite e nolane, su Palepolis si celebrano i fasti trionfali, ecc. Insomma Palepolis costituisce la guida, il centro di potere[4]. Dal resoconto si evince in maniera molto limpida[11] la nascita dei gruppi neapolitani: una zona vecchia ed una nuova inseritasi in un secondo momento[4]. Se né Livio né i fasti riportano il nome della Palepolis (Partenope), o ne parlano in maniera approfondita ciò è da ricercare nell'ambito della vicenda bellica che riguarda quest'ultima e Roma (vedi storia di Napoli).

In definitiva Neapolis va considerata come una sorta di "quartiere nuovo": in maniera molto analoga alla Neapolis di Siracusa.[12]

Nel tempo che ne seguì Palepolis cadde in disuso[4]. Nel I secolo a.C. la collina di Pizzofalcone e l'isolotto di Megaride si presentavano occupati dall'enorme Villa di Licinio Lucullo. Nel V secolo d.C. tale struttura venne fortificata ed ospitò Romolo Augustolo, ultimo imperatore dell'Impero romano d'Occidente[13].

Con il termine dell'età antica la popolazione di Neapolis si chiuse nella cinta fortificata e l'intera zona in questione cadde in declino, del tutto preda delle invasioni barbariche e dell'incuria.

Miti e leggende su Partenope

  Lo stesso argomento in dettaglio: Partenope (mitologia).

Nell'Alessandra di Licofrone, Partenope e le sue sorelle (Leucosia e Ligeia) morirono per l'insensibilità di Ulisse alla magia del loro canto essendosi esse gettate nel mare che ne trasportò, in vari luoghi, i corpi. Partenope giunse sul luogo dove sarebbe sorta Neapolis[9].

Apollonio Rodio riferisce che Orfeo, traversando il Mediterraneo, trasse la lira e cantò meglio di loro per impedire ai propri commilitoni di cadere vittime dell'inganno delle sirene che si mutarono in rocce; solo uno dei marinai cercò di seguirle, scampando la morte grazie all'intervento fortuito di Afrodite[14]. L'argonauta, al fine di ringraziare adeguatamente l'eroico atto, decise di fondare un piccolo villaggio laddove fosse sbarcato, chiamandolo col proprio nome “Falero”. Secondo un'altra versione l'uomo, mentre era in viaggio verso Cuma con la sua famiglia, perse la figlia Partenope in mare, laonde conservarne imperituro ricordo, conferì alla zona il nome proprio della fanciulla[15].

Altre tradizioni ricollegano Partenope al rituale di passaggio tra la vita e la morte. Ovidio racconta che le sirene non furono solo dei mostri ma che in principio erano delle ancelle di Persefone, dea degli inferi e che, in seguito al suo rapimento da parte di Plutone, ottennero il permesso di cercarla nelle profondità della terra, cioè nella “ctonia” e che da qui furono ricacciate in mare con l'ordine di ricevere i naviganti sfortunati, di incantarli con melodie incantevoli e di introdurli presso di lei[16].

Note

  1. ^ Si presume, secondo la pronuncia di Erasmo, che la pronunzia corretta sia Partènope ovvero con l'accento sulla seconda sillaba, cfr. Partenone
  2. ^ Douglas N. (1983) Biglietti da visita, Milano, Adelphi, p. 309.
  3. ^ Books.google.it
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q Lombardo M. e Frisone F., Colonie di colonie. Le fondazioni sub-coloniali greche tra colonizzazione e colonialismo. Atti del Convegno Internazionale Lecce, 22-24 giugno 2006, Galatina 2010
  5. ^ a b c d Daniela Giampaola (Sopraintendenza archeologica di Napoli e Caserta), Bruno D'Agostino, Noctes Campanae, Luciano Editore, Napoli 2005
  6. ^ Books.google.it
  7. ^ 5082 frammenti (riguardanti l'epoca di fondazione di Partenope e non solo) rinvenuti nel fossato riempito in epoca vicereale (2011)
  8. ^ Ritrovamenti degli scavi della linea 6 su sito di Archemail.it
  9. ^ a b Academia.edu
  10. ^ Un tratto di fortificazione messo in luce in vico Soprammuro a Forcella, datato alla fine del VI - inizi V secolo a.C., una testina votiva tardo-arcaica rinvenuta nell'area dell'antica acropoli a Sant'Aniello a Caponapoli, un frammento di coppa attica a figure nere nell'area di San Domenico Maggiore, frammenti di impasto, di bucchero, di una kotyle corinzia rinvenuti nella zona di San Marcellino, ecc. dimostrano tutti che il pianoro di Neapolis era diffusamente frequentato già nella seconda metà del VI secolo a.C. Questi e altri materiali ancora sono esposti nella sezione "Neapolis" del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (da: Daniela Giampaola, Francesca Longobardo "Napoli greca e romana tra Museo Archeologico e centro antico", Electa Napoli, Napoli 2000)
  11. ^ Tito Livio, De urbe condita, VIII, 22, 5
  12. ^ "La fondazione di Neapolis fu in realtà un aggiungersi di un insediamento ad un altro (lo dimostra Livio e lo conferma l'archeologia), un aggiungersi di nuovi residenti epoikoi a vecchi" (M. Lombardo e F. Frisone, Colonie di colonie. Le fondazioni sub-coloniali greche tra colonizzazione e colonialismo. Atti del Convegno Internazionale Lecce, 22-24 giugno 2006, Galatina 2010)
  13. ^ Cir.campania.beniculturali.it
  14. ^ Apollonio Rodio, Argonautiche, IV, 890-912.
  15. ^ Lazzarini A. (1998) Neapolis: civiltà, tradizioni, miti e leggende di Partenope, Napoli, Tavernier, p. 104 ISBN non esistente
  16. ^ Ovidio, Metamorfosi, V, 51.

Bibliografia

  • M. Lombardo e F. Frisone, Colonie di colonie. Le fondazioni sub-coloniali greche tra colonizzazione e colonialismo, Atti del Convegno Internazionale, Lecce, 22-24 giugno 2006, Galatina 2010
  • Daniela Giampaola (Sopraintendenza archeologica di Napoli e Caserta), Bruno D'Agostino, Noctes Campanae, Napoli, Luciano Editore, 2005

Voci correlate