Viola
Una moderna viola, con cassa da 42 cm.
Informazioni generali
OrigineEuropa
InvenzioneXVI secolo
Classificazione321.322-71
Cordofoni composti, con corde parallele alla cassa armonica, ad arco
FamigliaViole da braccio
Uso
Musica barocca
Musica galante e classica
Musica europea dell'Ottocento
Musica contemporanea
Musica folk
Estensione
Viola – estensione dello strumento
Genealogia
 AntecedentiDiscendenti 
viella, ribecaviola elettrica
Ascolto
Allegro, dal concerto per viola, archi e basso continuo in sol maggiore di Georg Philipp Telemann (info file)

La viola è uno strumento musicale cordofono della famiglia del violino, nella quale occupa il posto del contralto-tenore[N 1][1][S 1], con una tessitura intermedia tra il violino ed il violoncello. Il termine è stato usato (non sempre in maniera precisa) per riferirsi a vari strumenti: la viola moderna propriamente detta nasce assieme alla famiglia del violino, probabilmente nel nel nord Italia e non più tardi del 1535[2].

Lo strumento è simile al violino ma più grande di circa il 15-20% e, a differenza di quest'ultimo, non ha una taglia standard. Ha quattro corde accordate per quinte, una quinta sotto il violino, rispetto al quale ha anche un timbro più profondo e meno brillante; risulta quindi un'ottava sopra il violoncello. La tecnica della mano sinistra e dell'arco sono simili al violino e la chiave musicale di lettura utilizzata più frequentemente è quella di contralto. Il musicista che suona la viola è detto violista.

Caratteristiche

La viola è analoga al violino sotto molti aspetti tecnici e costruttivi, per la cui trattazione generica si rimanda alla voce violino. Di seguito si trattano principalmente le sue caratteristiche proprie.

Materiali, componenti e costruzione

  Lo stesso argomento in dettaglio: Violino § Com'è fatto.

La forma, i materiali impiegati, le componenti e la costruzione della viola sono analoghe al violino.

Dimensioni

La viola ha le forme e le proporzioni di un violino su scala maggiore, ma dal punto di vista acustico non può semplicemente essere definita come "un violino più grande". Cecil Forsyth, ad esempio, apre il capitolo sulla viola nel suo trattato di orchestrazione definendola "un violino più grande, ma non sufficientemente grande"[3]. Mentre infatti le misure e proporzioni ideali del violino sono state trovate empiricamente dai primi grandi liutai (come Andrea Amati e Gasparo da Salò), non è stato possibile fare altrettanto per la viola che, per sostenere adeguatamente il registro sul quale è accordata (una quinta più in basso del violino), avrebbe bisogno di una cassa più grande di circa il 50%[N 2] rispetto a quest'ultimo (ovvero lunga circa 53 cm), risultando impossibile da suonare in spalla alla maniera del violino[4].

Questo problema di acustica ha causato l'assenza di definizione di una dimensione standard[N 3] per la viola e la continua ricerca di un compromesso tra sonorità e praticità d'uso[5]. La cassa armonica dello strumento ha lunghezza che varia, salvo rare eccezioni, tra i 38 ed i 46 cm[N 4], le misure più comuni sono tra i 41 e i 43 cm[6]. Gli strumenti da studio per i bambini partono solitamente dai 30 cm (dimensioni di un violino da ½), se si ha necessità di strumenti più piccoli si usa in genere un violino di frazione ridotta accordato come una viola[S 2]. Le viole di piccole dimensioni (da 38 a 40 cm) hanno una voce nasale ma più brillante, che ne esalta il registro acuto; quelle grandi (da 40 a 44) un timbro caldo e rotondo, che ne enfatizza il registro grave.

Le differenze tecniche sono notevoli fra strumenti di misura piuttosto differente, come tra una viola tenore del Seicento e una viola moderna da 41-42 cm, al punto che a volte è difficile considerarli lo stesso strumento[5]. Gli strumenti di grandi dimensioni (oltre i 42-43 cm) sono piuttosto scomodi da suonare, mentre quelli più piccoli solitamente non hanno sufficiente profondità di suono nel registro grave[4]: per tale motivo, anticamente le viole venivano realizzate in due diverse misure accordate però alla stessa maniera, contralto e tenore, che coprivano differenti registri nell'insieme. Storicamente i liutai costruiscono strumenti di varie misure cercando un compromesso tra le caratteristiche sonore dello strumento e la comodità esecutiva, anche a seconda delle caratteristiche fisiche del musicista[4] e vari esperimenti sono stati condotti, nel corso della storia, nel tentativo di progettare nuovi tipi di viola che con forme e proporzioni innovative riuscissero a conservare i vantaggi sonori di uno strumento grande limitandone al contempo la scomodità fisica[7].

Per quanto riguarda invece gli strumenti tradizionali, vi sono diverse scuole di pensiero su quale sia la dimensione più opportuna. Tertis preferiva viole di grandi dimensioni, non inferiori ai 43 cm, ed era contrario all'uso di strumenti piccoli[8]. Altri grandi violisti, come Primrose, erano meno severi sulla dimensione dello strumento, riconoscendo che non si potessero avere pretese sonore da strumenti troppo piccoli ma evidenziando anche i problemi degli strumenti troppo grandi, come l'impossibilità o la grande difficoltà nell'eseguire passaggi tecnici troppo complessi e il rischio di andare incontro a problemi muscolari alla mano e al braccio sinistro. Primrose indica come limite minimo una misura che non sia inferiore a quelle usate da Stradivari o Guarneri e come misura da non superare, se non con particolare attenzione, quella di 43 cm[9]. Robert Dolejší, per gli stessi motivi, indica come compromesso "ideale" le viole tra 42 e 43 cm[7].

Corde e accordatura

  Lo stesso argomento in dettaglio: Corda (musica) e Violino barocco § Corde.

La viola monta usualmente quattro corde, accordate per quinte. Analogamente al violino, le corde vengono numerate dalla più acuta alla più grave e sono accordate come segue:

  • 1° corda: La3
  • 2° corda: Re3
  • 3° corda: Sol2
  • 4° corda: Do2

Anche la lunghezza della porzione di corda vibrante della viola non è standard, così come le alttre misure dello strumento. Per le viole di grandi dimensioni (circa 42,5 cm) tipicamente si aggira intorno ai 38,5 cm[4].

 
Tiracantino sulla prima corda di una viola, montato su una cordiera modello Hill. Si notano le estremità delle quattro corde, il la in acciaio fasciato e le altre in sintetico a più fili intrecciati e fasciatura metallica (argento il re e il sol, argento e tungsteno il do).

L'accordatura viene eseguita tramite i piroli. Sulla cordiera possono essere anche montati dei tiracantini che permettono di ottenere più facilmente un'accordatura precisa. I professionisti di solito impiegano il tiracantino solo sulla prima corda (da cui anche il nome stesso di tiracantino[N 5]), mentre di solito vengono usati su tutte e quattro le corde dai violisti alle prime armi[N 6]. Un altro metodo per effettuare correzioni temporanee all'accordatura consiste nell'alterare manualmente la tensione corda, tirandola lateralmente con un dito per abbassarla oppure premendo con un dito la porzione di corda nel cavigliere, tra il capotasto ed il pirolo, per alzarla. Queste correzioni sono solitamente poco stabili e non sono un buon modo per accordare, ma possono essere usate come artifizio di emergenza mentre si suona su uno strumento che si è scordato, in attesa di un momento opportuno per ripristinare correttamente l'accordatura con i piroli. Alcuni violisti preferiscono scambiare i piroli della III e IV corda, per evitare di piegare al capotasto la corda più spessa, il do, con un angolo troppo pronunciato.

Le corde possono essere di diverso tipo. Anticamente erano realizzate in budello budello animale, ricavato tipicamente dall'intestino di agnello[N 7][N 8]. Verso la metà del XVII secolo viene introdotta, probabilmente nel bolognese[10], la tecnica di fasciatura delle corde in budello con un filo metallico, che permette di aumentarne la densità lineare (e quindi abbassarne l'intonazione[N 9]) mantenendo un calibro contenuto e quindi avendo corde meno rigide e più responsive. L'utilizzo della quarta corda fasciata sulla viola era comune almeno a partire dal XVIII secolo, e dal secolo successivo anche la fasciatura della terza corda; nelle mute moderne tipicamente tutte le corde sono fasciate[4]. Per la fasciatura si utilizzano diversi metalli, come rame (nelle corde antiche), argento, alluminio, cromo, oro, tungsteno (usato solitamente nelle mute moderne per la IV corda). Nelle corde moderne, inoltre, le due estremità sono fasciate con un rivestimento colorato che aumenta l'aderenza sul pirolo e permette di distinguere a colpo d'occhio, tramite i colori stessi, il produttore e il modello di corda, ma anche la tensione o il calibro.

Alla fine del XIX secolo sono state introdotte le corde in acciaio armonico (inizialmente solo il mi del violino, gradualmente anche le altre), la cui diffusione è stata però abbastanza limitata fino alla prima guerra mondiale, durante la quale vi era difficoltà nel reperire materiale di qualità per la fabbricazione di corde in budello. Le corde metalliche si sono diffuse prima in America (dove era più difficile reperire corde in budello europee di buona fattura) e solo più lentamente nel vecchio continente. La nuova tipologia di corde non era inizialmente ben vista, fino a quando è stata usata per necessità da grandi violinisti, come Heifetz, Kreisler e Thibaud, ed è stata tenuta in scarsa considerazione ancora per diverso tempo[S 3].

Le corde in acciaio presentano alcuni vantaggi rispetto al budello. Questo infatti ha tempi di assestamento dopo l'installazione abbastanza lunghi e l'accordatura è poco stabile, risentendo soprattutto delle variazioni di umidità e temperatura atmosferiche. Le corde in acciaio si assestano molto rapidamente, tengono bene l'accordatura, risentendo poco[N 10] delle variazioni climatiche ambientali, hanno una durata maggiore e costano molto meno delle corde in budello. Negli anni settanta del XX secolo sono state introdotte le corde in materiale sintetico (tipicamente perlon o polimeri simili), che hanno un suono più morbido rispetto all'acciaio e una buona tenuta dell'accordatura[S 4]. Tuttavia le corde sintetiche, e ancor di più le corde in acciaio, hanno un suono più povero rispetto al budello, che infatti viene ancora impiegato da molti professionisti[S 5][S 6].

Al giorno d'oggi si usano mute di corde per viola di tutte le precedenti tipologie (acciaio fasciato, con anima a filo singolo o più fili intrecciati; sintetico fasciato con anima a filo singolo o più fili intrecciati; budello fasciato o budello nudo), talvolta miste (tipicamente, la prima corda in acciaio con le tre corde basse in sintetico o in budello fasciato). Per le esecuzioni filologiche di musica barocca e classica si impiegano tipicamente mute storiche con corde in budello nudo o fasciato[N 11].

Arco

 
Dall'alto verso il basso, tre talloni di archi per violino, viola e violoncello rispettivamente.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Arco (musica).

L'arco da viola è tecnicamente analogo, nella meccanica della curvatura, a quello da violino[S 7], dal quale differisce principalmente per il maggiore peso (68-74 g, contro i 58-61 g dell'arco da violino). Il fascio di crini è solitamente più consistente e tipicamente il nasetto ha lo spigolo posteriore maggiormente arrotondato rispetto all'arco da violino (che ha invece uno spigolo vivo) ma meno rispetto a quello da violoncello. La lunghezza della bacchetta è praticamente la stessa, talvolta l'arco da viola può essere più corto di qualche millimetro rispetto all'arco da violino medio.

La tecnica d'arco è influenzata dal maggior peso della bacchetta, dalla minore responsività delle corde, dal punto di contatto dell'arco con la corda (meno prossimo al ponticello) e dal maggior peso richiesto per sostenere il suono[11]. Inoltre, poiché lo strumento è più grande, l'arco deve essere tenuto più lontano dal busto. In linea di principio, tutti i colpi d'arco della tecnica violinistica si usano anche sulla viola, anche se i colpi più leggeri come lo jeté risultano meno efficaci rispetto al violino, per via del maggior peso dell'arco e della minore prontezza delle corde[11]. La tecnica d'arco del violino gode di grandi libertà di scelta, dovute al fatto che lo strumento è molto responsivo. La viola necessita invece di maggiore attenzione e cura nella produzione del suono, e questo comporta una tecnica d'arco meno libera e più attenta. A causa di questo motivo la tecnica d'arco di un violinista non sempre è adatta anche alla viola. Quella di alcuni violinisti tuttavia si adattava invece molto bene; un notevole esempio, a detta di Primrose, è Eugène Ysaÿe, grazie alla sua estrema cura nei passaggi fra le corde e all'impostazione del braccio, su un piano più basso rispetto alla bacchetta[N 12][12]. In generale l'arcata sulla viola richiede maggiore energia rispetto a quella usata sul violino, e i didatti sottolineano che il maggior peso[N 13] non debba essere dovuto ad un mero e rigido aumento di pressione, che non consente di ottenere un suono curato[13]. Secondo Primrose, la posizione delle dita della mano destra deve abbracciare la bacchetta con una curva più ampia rispetto al violino, più simile alla presa dei violoncellisti[14].

Scrittura e tecnica esecutiva

 
Chiave di contralto.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Violino § Suonare il violino.

La musica per viola è scritta principalmente in chiave di contralto, che nella musica moderna è usata raramente in altri contesti. In caso di passaggi acuti, per evitare l'uso di troppi tagli addizionali si usa di solito la chiave di violino.

La tecnica dello strumento è simile a quella del violino[5], ma presenta comunque alcune importanti differenze sia per la mano sinistra che per l'arco[15]. Lo strumento si tiene in maniera analoga, tra la spalla e il mento; da questo deriva anche il nome tedesco della viola, Bratsche (dall'italiano braccio), che si riferiva al modo di suonare lo strumento da braccio, in contrasto agli strumenti da gamba[S 1]. Essendo lo strumento più lungo e pesante, solitamente il riccio viene tenuto leggermente più basso rispetto al violino per avere una posizione meno stancante[16].

Lo strumento ha una estensione di ampiezza analoga a quella del violino ma, a causa della difficoltà a salire in posizioni molto alte con la mano sinistra per via delle dimensioni dello strumento, l'agilità nel registro più acuto è minore rispetto al violino e anche rispetto al violoncello (che ha il vantaggio di poter usare il pollice capotasto). Per i precedenti motivi, i passaggi acuti nella viola sono tecnicamente impegnativi come i corrispondenti sul violino un'ottava sopra e perciò nella scrittura orchestrale classica l'estensione delle parti di viola usualmente non supera il mi4[N 14], in tutto poco più di tre ottave[17], anche se i moderni strumenti coprono sulla tastiera un'estensione di oltre quattro ottave, come il violino, che viene pienamente sfruttata nel repertorio solistico e dai compositori moderni.

Le distanze fra le note sulla tastiera sono maggiori, richiedendo tipicamente maggiore forza fisica della mano sinistra, diteggiature spesso differenti rispetto allo stesso passo suonato una quinta sopra sul violino e, se il musicista non ha le mani grandi, un più frequente uso della mezza posizione. I violisti di statura ridotta, con le braccia non molto lunghe o le mani piccole possono preferire strumenti di dimensioni ridotte, per comodità fisica. Come detto, le diteggiature ritenute più opportune sulla viola sono spesso differenti rispetto al violino. Oltre che per le questioni tecniche legate alle maggiori dimensioni dello strumento, questo è dovuto anche alle differenti esigenze sonore già evidenziate. La semplice trasposizione di una diteggiatura da violino infatti, oltre ad essere a volte molto scomoda, può penalizzare l'emissione e portare ad un suono troppo opaco[18]. In genere sulla viola si preferisce un uso più libero delle corde vuote (che sul violino hanno spesso, invece, un effetto acido), degli armonici e del bariolage. Alcuni revisori la cui opera ha segnato una fase importante nella rinascita della viola nel Novecento, come Primrose, hanno impiegato nelle loro revisioni diteggiature inusuali all'epoca, con l'intento dichiarato di stimolare una maggiore ricerca da parte degli esecutori e sviluppare un approccio virtuosistico anche sulla viola[19].

La tecnica degli accordi è analoga a quella del violino. I bicordi sulla viola sono considerati assai efficaci nell'orchestrazione ed ampiamente impiegati mentre, per quanto riguarda gli accordi, in passato nell'orchestrazione erano spesso considerati più efficaci se costruiti sulle tre corde basse, per evitare il suono nasale della prima croda, e si preferiva usarli nelle tonalità che permettevano ampio uso delle corde vuote[20]. I passaggi cromatici sono ritenuti più efficaci sulla viola, per via delle distanze maggiori rispetto al violino, che permettono maggiore chiarezza e più precisione nelle differenze fra suoni enarmonici[21]. Il vibrato impiegato sulla viola è solitamente più ampio ma meno rapido ed intenso rispetto al violino[16].

La maggior parte delle tecniche particolari (sul ponte, col legno, sul tasto) sono analoghe al violino. Anche la sordina è analoga e sulla viola è molto efficace nel creare un suono etereo, anche se anticamente si preferiva far suonare le viole in sordina il meno possibile, in quanto il timbro dello strumento era considerato già sufficientemente velato[22].

Avendo la tecnica molti punti in comune, la maggior parte dei metodi e delle raccolte di studi e capricci per violino vengono adattati alla viola, trasportandoli una quinta sotto, come i metodi di scale di Carl Flesch e Ivan Galamian o gli studi e i capricci di Mazas, Sitt, Kreutzer, Ševčík, Schradieck, Rode, Gaviniès, Dont, Paganini.

Storia

Nata come taglia intermedia della famiglia delle viole da braccio, lo strumento si è affermato con un ruolo importante nella musica rinascimentale e fino al Seicento non era da meno al violino nella musica d'insieme. Lo strumento ha gradualmente perso importanza, scadendo in una posizione più umile rispetto a quella del violino o del violoncello. Dalla fine del Settecento la viola ha cominciato a riprendere importanza nella scrittura cameristica e nel corso dell'Ottocento si è gradualmente riavvicinata al livello degli altri archi nella scrittura orchestrale. Dagli inizi del Novecento, soprattutto grazie all'opera di grandi violisti come Lionel Tertis, Paul Hindemith e William Primrose, ha riconquistato una nuova dignità solistica.

Un problema che ha caratterizzato la viola è stato quello del basso livello medio degli esecutori. È per lungo esistito un circolo vizioso per il quale la viola veniva percepita come strumento limitato e poco espressivo, disdegnato dai compositori, e questo causava il disinteresse dei musicisti e del pubblico, limitandone lo sviluppo delle sue potenzialità in musica. Percezione errata perché, come faceva notare Primrose nel 1941 analizzando queste considerazioni, anche una viola economica in mano ad un buon violista produce un suono soddisfacente[S 1]. Secondo Primrose la mancata conoscenza della tecnica propria della viola da parte da parte dei più è stata in passato causa di incomprensione e relegamento dello strumento ad un ruolo marginale, e la riabilitazione dello strumento è dovuto allo studio e alla comprensione delle sue caratteristiche[S 1].

Origine del termine

La viola nel senso moderno del termine (intesa cioè come contralto/tenore della famiglia del violino) si afferma intorno al 1535 ma all'epoca, come in precedenza, il termine viola era usato in riferimento a più strumenti diversi. All'inizio del Cinquecento poteva indicare più o meno qualunque strumento cordofono, pizzicato o ad arco, evolvendosi poi nel XVI e XVII secolo verso l'indicazione più specifica di una famiglia di strumenti. A metà del Cinquecento con viola si indicava anche il violino rinascimentale o la lira da braccio (ma non la ribeca). In alcuni casi, come nella scuola veneziana intorno al 1600, anche il termine violino veniva usato per indicare la viola, oltre che il violino propriamente detto[16].

Nel Seicento e Settecento, la viola era indicata spesso assieme ad un aggettivo che ne esplicava il registro nella partitura (tipicamente viola tenore oppure viola contralto). Tali indicazioni potevano riferirsi a strumenti di differente misura, ma che non differivano nell'accordatura (la stessa della viola moderna). Alcuni esempi si trovano nelle Sinfonie e concerti a cinque op. 2 (1700) di Albinoni[23], che usa viola contralto e viola tenore, nell'edizione gallese dei Sei Concerti Grossi op. 3 (1734) di Händel, che nel concerto n. 1 usa Alto viola e Tenor.

Dal XVIII secolo il termine viola era equivalente a viola da braccio o da brazzo (da cui deriva anche il nome in tedesco della viola, Bratsche). Un'equivalenza tra le due famiglie viene indicata da Sébastien de Brossard nel suo Dictionnaire de musique[24]. Nel Settecento anche il termine violetta era talvolta usato per riferirsi alla viola, mentre nel secolo precedente indicava tipicamente il violino o la viola da gamba; violetta marina indicava tuttavia la viola d'amore[16].

La viola nel XVI e XVII secolo

Nel XVI e XVII secolo la viola aveva il ruolo di "strumento di mezzo" della famiglia delle viole da braccio. Nelle ensemble a quattro parti del Seicento le due parti centrali erano solitamente viole (contralto e tenore). Nelle orchestre d'archi a cinque parti, molto comuni all'epoca ad esempio in Francia, le tre parti centrali erano viole di differenti taglie ma con la stessa accordatura. Anche nell'organico dei Vingt-quatre Violons du Roi vi erano tre tagli di viola: haute-contre (contralto) o haute-contre taille (contralto-tenore), taille (tenore) e quinte o cinquiesme (quinta [voce])[16].

Usata inizialmente come strumento di ripieno e raddoppio dei violini o del basso, aveva già una propria parte scritta nella scuola operistica veneziana[25]. Nell'opera barocca la viola era usata soprattutto per effetti particolari. Esempi significativi di impiego sono nel Creso (1678) di Antonio Draghi, con due viole concertanti nel ritornello o una parte completa nel quintetto d'archi che accompagna un'aria del secondo atto. L'uso della viola concertante si è diffuso nelle lamentazioni, di cui sono esempi notevoli quelle dell'Onorio in Roma (1692) di Carlo Francesco Pollaroli o del Candaule (1679) di Pietro Andrea Ziani[26].

Nella musica antica la viola ricopriva soprattutto il ruolo di tenore o (specialmente nella musica antica) di contralto. Occasionalmente veniva impiegata in altri ruoli, soprattutto per effetti coloristici particolari, ad esempio come basso nell'aria per soprano See, even Night herself is Here dalla Regina delle fate di Purcell (il cui accompagnamento si componeva di due violini in sordina e viola) o nel secondo movimento del concerto per violino in la minore n. 6 dall'estro armonico di Vivaldi (accompagnamento di due violini e viola)[27].

Il massivo utilizzo dello strumento nella musica d'insieme giustifica l'abbondante produzione da parte dei liutai dell'epoca, tra i quali spiccano la famiglia Amati a Cremona, Gasparo da Salò e la famiglia Maggini a Brescia. Inoltre, la divisione in più parti che coprono differenti registri spiega la gran varietà di dimensioni degli strumenti dell'epoca. I tenori potevano arrivare alle ragguardevoli dimensioni di 47-48 cm, come il tenore Amati del 1574 costruito per Carlo IX [N 15] (47 cm) o un tenore Stradivari del 1690 (48 cm). Ben pochi strumenti dell'epoca sono giunti ad oggi in condizioni originali. Oltre a quelli perduti a seguito di incidenti, incendi o guerre, gli strumenti sopravvissuti sono stati per la maggior parte ridotti di dimensioni in epoca successiva, per poter essere usati comodamente in maniera più moderna[16]. Fino alla metà del XVII secolo venivano costruite principalmente viole di grandi dimensioni, mentre nella seconda metà del secolo si ha un cambio di tendenza, con una drastica diminuzione nella produzione di tenori e una crescente richiesta di contralti[28].



Viola Gasparo da Salò, tardo XVI secolo, 44,5 cm cassa, 36,2 cm corde (manico originale, corto)[4].

La viola nel XVIII secolo

Al tramonto del Rinascimento il quartetto d'archi orchestrale abbandona la doppia viola e si avvia verso la moderna forma, con due violini, viola e violoncello/basso. Anche se nell'orchestra le parti di viola si riducono ad una, essa gode di maggiore attenzione rispetto al passato. Un primo esempio che anticipa questa tendenza è già nel Seicento, nella sinfonia della Messalina (1680) di Carlo Pallavicini. Tra la fine del XVII e l'inizio del XVIII secolo la viola fa la sua prima comparsa nell'opera come strumento concertante solo: il primo esempio noto è una sonata nelle Promesse degli dei (1697) di Ferdinand Tobias Richter. Nell'Almira (1704) di Händel la viola è usata come solista nell'accompagnamento di un'aria. Anche Reinhard Keiser usa la viola sola nelle sue opere, come in Diana (1712) o nell'Ottavia (1705), nella quale la viola concertante è un tratto distintivo dell'accompagnamento di diverse arie di Nerone. Analogamente, la viola distingue diverse arie d'amore di Antioco nell'Antioco e Stratonice (1708) di Christoph Graupner[29].

Nel XVIII secolo la produzione di viole è nettamente inferiore rispetto al passato e si costruiscono principalmente viole di piccole dimensioni[28]. Ciò è in parte dovuto alle mutate esigenze musicali: oltre alla già citata riduzione del numero di parti in ensemble, la viola è esclusa dai generi cameristici imperanti all'epoca, ovvero la sonata a tre e la sonata per violino e basso continuo. D'altra parte la necessità di strumenti, minore rispetto al passato per via dei motivi appena esposti, era già in buona parte sopperita dall'abbondanza di viole di varie taglie prodotte in gran numero nel secolo precedente. Non stupisce quindi, per esempio, che nella produzione di Stradivari si abbia notizia di meno di una ventina di viole contro centinaia di violini[16] e ne sono sopravvissute una decina, fra le quali solo un tenore (il tenore toscano[N 16]).

Nel Settecento la viola decade in un ruolo subalterno. Con il mutamento dello stile di scrittura e la minore importanza della polifonia contrappuntistica a favore della melodia accompagnata, la parte di viola perde molta dell'importanza che aveva in passato, mentre il violino acquista un ruolo preminente in orchestra. Nella scrittura galante posteriore a Bach, la viola rimane in orchestra quasi per convenzione, retaggio del passato, il cui unico scopo era arricchire il ripieno orchestrale[30]. Essendo tali parti di viola tecnicamente più semplici rispetto alle parti di violino, il ruolo di violista in orchestra era spesso riservato a musicisti poco competenti, spesso violinisti incapaci. Quantz riferiva nel suo trattato Versuch einer Anweisung die Flöte traversiere zu spielen che la viola era solitamente tenuta in scarsa considerazione nell'orchestra, suonata da principianti oppure musicisti incapaci di suonare bene il violino, mentre i musicisti validi erano scoraggiati dal suonarla per via degli scarsi vantaggi che offriva. Quanz suggeriva tuttavia che per realizzare un accompagnamento orchestrale senza difetti fosse necessario avere dei violisti il cui livello tecnico sia pari almeno a quello dei secondi violini[31].

La viola nel XIX secolo

Verso il 1800 la viola, analogamente al violino, è andata incontro a numerosi perfezionamenti tecnici volti ad aumentare le possibilità sonore degli strumenti ad arco. In particolare, il manico viene leggermente allungato ed inclinato, con la tastiera non più portata all'angolo corretto tramite un cuneo di legno. Questo permette di aumentare la tensione delle corde, che ora sono anche più spesse e, almeno i bassi, quasi sempre rivestite in metallo. La catena viene allungata ed inspessita, anche per sostenere meglio le maggiori sollecitazioni delle corde, e il ponticello diventa più alto[32]. Queste modifiche, associate ad un profondo rinnovamento dell'arco portato avanti dal 1785 e dovuto principalmente a Tourte, permettono agli strumenti di aumentare notevolmente la loro potenza sonora.

Nel XIX secolo il livello tecnico dei violisti è gradualmente cresciuto, assorbendo i progressi della tecnica violinistica[33]. I compositori dell'Ottocento non richiedevano alla viola il virtuosismo o l'agilità del violino, ma la utilizzavano soprattutto per via della sua sonorità particolare o degli effetti che si potevano ottenere da essa, e per sfruttarli le affidavano interventi su tutti i registri. Un esempio di questo genere è l'Aroldo in Italia, nel quale Berlioz sfrutta diversi colori dello strumento, uno su tutti il particolare effetto degli arpeggi sul ponticello della viola, accompagnata dal resto dell'orchestra in sordina, nella Marche del pélerins. Berlioz aveva già un certo interesse per la viola, che riteneva essere lo strumento orchestrale le cui eccellenti qualità sono state ignorate per più tempo[33].

La difficoltà tecnica nelle parti degli archi è cresciuta notevolmente da Beethoven in poi, e nelle composizioni di Richard Strauss o Wagner la tecnica richiesta alle viole non è inferiore a quella delle altre sezioni[33].

La viola nel XX secolo

Fino all'inizio del Novecento i violisti spesso erano ancora visti come dei violinisti incapaci, tuttavia il XX secolo ha visto un grande sviluppo della tecnica. Ai violisti era richiesta sempre più la padronanza di posizioni alte, non solo in prima corda, e i compositori hanno cominciato a fare uso anche nelle parti di viola di effetti particolari, come il pizzicato alla Bartók, le arcate col legno, il glissando o gli armonici artificiali. In alcune composizioni la tecnica richiesta alla viola è superiore rispetto a quella delle parti di violino, come ad esempio nel trio per archi di Schönberg o nei quartetti di Bartók[33].

Forsyth considerava ancora la viola uno strumento ibrido[N 17] ed imperfetto, difficile da suonare e dal suono insoddisfacente, affetto dalla presenza di lupi maggiore rispetto agli altri archi. Tuttavia, molte accuse erano probabilmente legate al livello medio insoddisfacente dei violisti[S 1]; Forsyth annota come fosse nasale e di qualità scadente il suono delle viole in prima corda[22], ben lontana dal timbro brillante del violino. Reputava invece più ricco il suono delle corde centrali, meglio impastato con il resto dell'orchestra, sulle quali la viola eseguiva la maggior parte degli accompagnamenti, cui era destinata la maggior parte della sua esistenza secondo Forsyth[34]. L'unica caratteristica distintiva dello strumento era il suono in quarta corda, scuro e austero[35][S 1]. Egli annota anche che il registro acuto della viola deve essere usato con attenzione dai compositori, tenendo conto che non era studiato ed usato con costanza dagli esecutori[36].

Modelli sperimentali

Molti liutai dal tardo XIX secolo in poi hanno condotti vari esperimenti volti a migliorare le caratteristiche sonore della viola, principalmente cercando un modo per aumentarne le dimensioni in lunghezza o in larghezza[32].

Un esempio significativo è la Viola Alta, progettata da Hermann Ritter e realizzata da Karl Adam Horlein[N 18]. Tale strumento aveva una cassa di circa 48 cm[N 19] pensato per le opere wagneriane[S 8][S 9][37][38]. Nel 1889 infatti cinque suoi studenti suonavano nell'orchestra di Wagner a Bayreuth[7].

Il modello Tertis invece è più largo ed ha le fasce più alte per guadagnare volume senza allungare troppo lo strumento. Altri esperimenti sono stati condotti per realizzare strumenti dal suono più profondo. Tuttavia, poiché i compositori hanno scritto pensando alla viola standard, l'esecuzione di musiche del passato su strumenti con caratteristiche innovative può fraintenderne le intenzioni (ed alterare il bilanciamento dell'insieme).

Altri tentativi sono stati condotti per costruire strumenti più ergonomici, quindi più corti e leggeri, cercando di non perdere il tradizionale suono di viola. Ne sono un esempio la viola di Otto Erdesz, che ha una spalla molto ridotta per semplificare i passaggi nelle posizioni più acute[39] la viola a "foglia di quercia" (Oak Leaf), che ha delle curve aggiuntive; strumenti che ricordano la viola da gamba, come il modello Evia di Joseph Curtin, che ha un manico mobile e un fondo in fibra di carbonio per ridurre il peso[40]. Altri strumenti sono suonati in verticale, alla maniera del violoncello, come il violino contralto (o viola verticale) della nuova famiglia del violino[41][S 10]; gli strumenti di Bernard Sabatier, che ricordano le opere di Salvador Dalí con le loro particolari forme, oppure i modelli Pellegrina di David Rivinus[S 11].

Un altro modello sperimentale è stato proposto dal compositore statunitense Harry Partch, che ha montato una viola con un manico da violoncello, per coprire una scala di 43 toni. Sono state costruite anche viole a cinque corde, che hanno una estensione molto ampia: ne è un esempio la "controviola"[S 12] costruita da Francesco Bissolotti per Salvatore Accardo, progettata per suonare la Sonata per la Grand Viola di Niccolò Paganini (sulla base dell'infondata convinzione che la grande viola tanto apprezzata dal violinista genovese fosse uno strumento a cinque corde).

Viola elettrica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Viola elettrica.

Esistono versioni elettrificate della viola che trovano impiego nella musica pop e rock. Si parla solitamente di viola amplificata quando si tratta di uno strumento acustico sul quale è montato un pick-up, mentre le viole elettriche vere e proprie hanno pick-up (e a volte preamplificatore) integrati e solitamente corpo solid body[S 13].

Repertorio

Le caratteristiche sonore già esposte e le maggiori difficoltà tecniche rispetto al violino o al violoncello hanno condizionato il linguaggio musicale violistico, nel quale sono meno frequenti i passaggi di grande agilità per la mano sinistra, per l'arco e i passaggi a corde doppie. Tuttavia, la tessitura centrale e le risorse espressive ne hanno determinato un ruolo importantissimo nell'orchestra e ancor di più nella musica da camera[6].

La letteratura per viola è stata a lungo considerata molto limitata, ma questa percezione è errata ed è dovuta a scarso studio e ricerca sul repertorio violistico, unito al fatto che molte composizioni per viola del passato, anche tra le più significative, non sono state pubblicate se non alla fine del Novecento. Il repertorio per viola è di dimensioni minori rispetto a quello di altri strumenti, come il violino o il pianoforte, ma è comunque molto significativo. Franz Zeyringer ha raccolto le composizioni dal XVI secolo in poi, sia per viola sola che con altri strumenti: ha documentato al 1985 un repertorio di oltre 14 000 composizioni, di cui almeno 750 per viola sola, 1300 con accompagnamento orchestrale e 3000 con acompagnamento di pianoforte[42]. Questi pezzi sono in buona parte originali per viola e non trascrizioni; chiaramente non tutti sono capolavori, ma questo vale per il repertorio di ogni strumento. Pesa invece il fatto che i grandi compositori non abbiano scritto, se non in minimo numero, composizioni solistiche per viola, che quindi non può contare nel proprio repertorio concerti o sonate di Bach, Beethoven, Mozart e altri grandi compositori, che pur conoscevano bene lo strumento e addirittura prediligevano suonarlo, e che hanno arrichito di capolavori solistici il repertorio di molti altri strumenti. Aspetti positivi sono invece legati al fatto che il repertorio violistico, anche nei suoi lavori più raffinati, è molto meno conosciuto (anche perché meno eseguito), quindi ha il vantaggio di apparire spesso nuovo agli ascoltatori nei recital e concerti[S 1].

Essendo la viola accordata un'ottava sopra il violoncello, risulta abbastanza semplice trascrivere musica del repertorio violoncellistico un'ottava sopra, mantenendo le note e la tonalità originali, oppure trascrivere la musica per violino una quinta sotto, cambiando la tonalità ma sfruttando l'affinità tecnica fra i due strumenti (maggiore rispetto al violoncello). Sulla viola vengono frequentemente eseguite composizioni per questi due strumenti, che fanno parte anche dei programmi accademici di studio, in particolare le suites per violoncello solo e le sonate e partite per violino solo di Johann Sebastian Bach. Anche la maggior parte dei metodi e delle raccolte di studi e capricci per violino vengono trascritti per viola.

La pratica di trasportare sulla viola composizioni originariamente scritte per altri strumenti ad arco si è mantenuta anche in seguito. Vengono eseguite spesso sulla viola, infatti, composizioni per violoncello quali Kol nidrei di Max Bruch e Schelomo di Ernest Bloch, composizioni per violino come Nigum di Bloch o la sonata per arpeggione di Franz Schubert.

Musica antica e barocco

Nonostante i problemi legati al dimensionamento dello strumento e la loro influenza sull'acustica, i migliori liutai hanno costruito ottimi strumenti che minimizzavano tali problematiche e che, in mano a validi musicisti, avevano comunque ottime possibilità espressive. Tuttavia la minore brillantezza e potenza sonora rispetto al violino o al violoncello hanno a lungo penalizzato la viola, facendola ritenere uno strumento inadatto ad un ruolo solistico con accompagnamento orchestrale[32]. Fino alla metà del Settecento la viola ha goduto di pochissimo rilievo ed era principalmente relegata a parti armoniche di ripieno nella musica d'insieme, e le poche parti melodiche erano di solito eseguite all'unisono o in ottava con altre sezioni.

Il repertorio solistico per viola manca di concerti solistici fino alla metà del Settecento circa. Il primo concerto per viola conosciuto è quello in sol maggiore di Georg Philipp Telemann, tutt'ora piuttosto eseguito. Telemann è anche autore di un meno noto concerto per due viole e di un secondo concerto per due viole andato perduto (TWV 52:A3). È conosciuto anche un concerto in si minore attribuito a Händel, ma si tratta di un falso storico realizzato da Henri Casadesus all'inizio del XX secolo[27]. Lo stesso Casadesus è autore di un analogo falso anche più noto rispetto al precedente, ovvero un altro concerto per viola in do minore attribuito a Johann Christian Bach. Gli altri concerti per viola conosciuti del barocco sono quelli in do maggiore di Johann Martin Dömming e di August Heinrich Gehra e quello in mi bemolle maggiore di Johann Gottlieb Graun[32]. Graun è stato anche autore di un concerto in do minore per violino e viola e tre sonate per viola e basso continuo (rispettivamente in si bemolle maggiore, fa maggiore e do minore)[43].

Tra i pochi esempi di musica concertante per viola, vi è il concerto brandeburghese n. 6 in si bemolle maggiore di Johann Sebastian Bach, che impiega due viole da braccio concertanti e un ripieno di due viole da gamba, violoncello e basso continuo. Geminiani ha impiegato anche la viola anche nel concertino dei suoi concerti grossi[27], ruolo dal quale era solitamente esclusa dagli altri compositori della scuola italiana, come Corelli e Locatelli, che impiegavano la viola solo nel ripieno.

Nella musica orchestrale, invece, la viola ha spesso parti interessanti, specialmente quando le composizioni sono contrappuntistiche o fanno uso di effetti descrittivi, anche se le potenzialità dello strumento non vengono sfruttate se non in minima parte (è assai raro che le parti di viola in questo periodo superino la terza posizione). Ne sono un esempio le composizioni orchestrali sacre e profane di Bach, Händel, Vivaldi, Corelli, Gluck, Mozart, Monteverdi. A volte la viola eseguiva parti tematiche, ma solitamente era all'unisono con i violini o i violoncelli. Ne è un esempio la seconda passepied della suite orchestrale in do minore di Bach, dove il tema è eseguito dai violini II e dalle viole[27].

Stile galante e classicismo

Nel periodo classico vi sono alcuni esempi di concerto per viola, molto meno numerosi rispetto a quelli per violino o per altri strumenti. I più celebri, nonché i più frequentemente eseguiti al giorno d'oggi, sono quello in re maggiore di Carl Stamitz (autore di altri due concerti, di cui uno in scordatura) e quello nella medesima tonalità di Franz Anton Hoffmeister (autore anche di un secondo concerto in si bemolle maggiore e di una raccolta di dodici studi per viola). Altri concerti significativi sono quelli di Benda, Amon, Reicha, Schneider, Hoffstetter, Joseph Schubert, Rolla, Vanhal, Pleyel, Zelter e Dittersdorf[44].

Wolfgang Amadeus Mozart prediligeva la viola e amava suonarla. Una delle più importanti composizioni concertanti per viola di questo periodo è la sua sinfonia concertante per violino, viola e orchestra. La concertante è di fatto un concerto doppio nel quale la viola è assolutamente alla pari con il violino, nei soli e nella cadenza (che è originale del compositore). Questo richiede un'abilità tecnica fino ad allora pressoché mai vista nel repertorio violistico, sia per il virtuosismo che per la presenza di passi piuttosto acuti (nel terzo movimento la viola suona fino in settima posizione). Nella concertante Mozart cerca di recuperare il divario in fatto di brillantezza sonora tra i due strumenti, impiegando la tonalità di mi bemolle maggiore, assai poco brillante per il violino (che in essa può usare poco le corde vuote) e scrivendo la parte della viola in scordatura un semitono sopra (con la parte trasposta in re maggiore), aumentando la tensione delle corde e quindi la brillantezza del suono e consentendo allo stesso tempo alla viola di avere le note principali della scala di mi bemolle sulle corde vuote[N 20][33]. Altre sinfonie concertanti che impiegano la viola come solista sono state scritte da Dittersdorf (viola e contrabbasso), Carl Stamitz e Pleyel (violino e viola).

Con il classicismo viennese si ha una visione rinnovata della musica da camera, che porta anche una rivalutazione del ruolo della viola[27]. Haydn nei suoi quartetti arricchisce le parti interne, affidandogli anche parti tematiche, soli e figurazioni virtuosistiche. A Mozart si devono alcune composizioni che affermano un più significativo ruolo cameristico della viola. Tra essi, i sei quintetti per archi (per due violini, due viole e violoncello), nei quali le viole hanno un ruolo più attivo e molti passaggi tematici, soprattutto la viola I. Mozart si serve di violino e viola I come strumenti principali del quintetto, ad esempio in quello in sol minore K 516, riservando ad entrambi eguale importanza solistica[N 21]; in particolare, la viola I ha un doppio ruolo, in quanto nella divisione delle parti funge alternativamente da basso per il trio superiore o da strumento più acuto per il trio inferiore[33]. Anche nei quartetti prussiani la viola ha un ruolo più attivo rispetto agli altri quartetti mozartiani, visto anche lo stile concertante che caratterizza queste composizioni. Soprattutto nel suo ultimo quartetto, il terzo prussiano K 590, c'è grande uguaglianza tra le parti e la viola ha molti soli e passi tecnicamente impegnativi. Mozart è anche autore di due duetti per violino e viola, e anche in questo caso si tratta di parti molto attive e meno limitate all'accompagnamento, diversamente da altre composizioni del periodo quali ad esempio i duetti per violino e viola di Michael Haydn. La viola ha un ruolo significativo anche nell'unico trio per archi originale di Mozart, il divertimento in mi bemolle maggiore[N 22], e nel trio dei birilli per clarinetto, viola e pianoforte. Anche Beethoven sfrutta le sonorità della viola nella sua musica da camera. In alcuni casi ne esplora le possibilità in maniera all'epoca inusuale, ad esempio scrivendo dei passi da suonare sulla quarta corda in posizioni alte (nell'ultimo movimento del quartetto op. 59 n. 3 raggiunge la quinta posizione sulla corda del do). Anche nella scrittura orchestrale Beethoven si serve della viola in maniera rinnovata, anche se meno audace rispetto alla sua produzione cameristica[27]. Beethoven ha anche scritto un notturno per viola e pianoforte op. 48[N 23] e il duo per viola e violoncello "con due paia di occhiali obbligati" (WoO 32)[S 14].

Per quanto riguarda il genere della sonata, quelle per viola composte prima dell'Ottocento sono state poche. Tra esse, vi sono quella in do minore (G 18) di Luigi Boccherini[N 24] e le sonate per viola (tra cui le quattro sonate op. 2[45]) di František Kočvara[46]. Nel periodo classico sono degne di nota la sonata in mi bemolle maggiore e la fantasia per viola e orchestra di Hummel, le sonate di Dittersdorf e di Vanhal. Viene spesso eseguita anche una sonata in si bemolle di Carl Stamitz, scritta originariamente per viola d'amore[47][S 15].

Romanticismo e post-romanticismo

Nel romanticismo si ha una minore produzione concertistica per la viola, ma vengono scritte diverse sonate sonate che rimangono tutt'ora di grande interesse. Una tra le prime sonate per viola pubblicate è quella di Ernst Naumann, edita nel 1854. Ben precedenti sono la giovanile sonata in do minore, scritta da Mendelssohn all'età di 15 anni, nel 1824, ma pubblicata postuma solo nel tardo Novecento, e l'incompleta sonata di Glinka, scritta tra il 1825 e il 1828, pubblicata a Mosca nel 1932[48]. Robert Schumann ha scritto nel 1851 i Märchenbilder per viola e pianoforte, che non sono propriamente una sonata canonica bensì una raccolta di quattro pezzi caratteristici. Il virtuoso violinista e compositore Henry Vieuxtemps ha scritto diverse composizioni cameristiche per viola e pianoforte, la nota Elegia op. 30 (1854), la sonata in si bemolle maggiore op. 36 (1863) e Allegro e Scherzo op. 60 (1884)[49].

Pochi sono in questo periodo i lavori per viola e orchestra di ampia portata. Ben noto è l'Aroldo in Italia di Hector Berlioz, scritto nell'estate del 1834 su richiesta di Niccolò Paganini. È una inusuale sinfonia con viola sola, caratterizzata da un tema che ricorre ciclicamente nei quattro movimenti e che incorpora alcuni elementi tipici del concerto. La parte solistica era ritenuta però da Paganini troppo modesta ed egli non volle mai eseguirla, ma apprezzò notevolmente la composizione e in segno di gratitudine fece dono a Berlioz di 20 000 franchi[50]. Lo stesso Paganini aveva sviluppato un particolare interesse per la viola come strumento solistico[51][S 16], che ha suonato spesso in concerto, e scriverà per essa una composizione particolarmente virtuosistica con accompagnamento orchestrale, la Sonata per la Grand Viola.

I compositori da Beethoven in poi hanno iniziato a distribuire il materiale musicale in maniera più equilibrata nel quartetto e nell'orchestra, e compositori come Brahms, Dvořák e Wagner le riservano un ruolo non secondario nell'orchestrazione. Nella musica di Richard Strauss la tecnica richiesta alle viole non è inferiore a quella dei violini e degli altri strumenti. Un lungo solo di viola è anche presente nel suo Don Quixote, poema sinfonico per grande orchestra con ampie parti di solo della viola e del violoncello. Analoga importanza si ha nella variazione Ysobel dalle Variazioni Enigma di Edward Elgar e ne La Paix del balletto Coppélia di Léo Delibes.

La viola ha un ruolo importante nei quintetti con pianoforte di Brahms, Dvořák e Schumann. Sempre a Schumann si deve una raccolta di quattro pezzi per clarinetto, viola e pianoforte, i Märchenerzählungen. Brahms ha impiegato spesso la viola nella sua musica da camera; nei suoi sestetti per archi op. 18 e op. 36 sono presenti in organico due viole, alle quali è affidato spesso materiale tematico ad entrambe. Nel 1894 ha pubblicato le due sonate per clarinetto e pianoforte op. 120, delle quali ha trascritto anche una versione adattata per viola. Significative sono anche le due canzoni per contralto, viola e pianoforte (Gestillte Sehnsucht, "Desiderio appagato", e Geistliches Wiegenlied, "Ninna nanna spirituale") dedicate a József Joachim e sua moglie Amalie. L'Agitato del quartetto di Brahms op. 67 inizia con un solo della viola accompagnata dagli altri strumenti in sordina, nel quale il compositore sfrutta il timbro della viola su tutte le corde. Sempre Brahms, nella Serenade op. 16 e nel primo movimento del Requiem tedesco, usa la della viola come strumento più acuto, omettendo i violini nell'orchestrazione[33].

Dvořák suonava la viola e le ha riservato parti importanti nelle sue composizioni cameristiche. Il quartetto per archi n. 1 di Bedřich Smetana è caratterizzato da un ruolo preminente della viola, ed inizia con un lungo solo accompagnato dai violini e dal violoncello.

Novecento e contemporaneità

All'inizio del Novecento è fiorito un nuovo interesse per la viola come strumento solistico, sostenuto dal successo di violisti di fama, soprattutto Lionel Tertis, Paul Hindemith William Primrose. In Inghilterra si ha una notevole produzione di musica per viola, e compositori quali Arthur Bliss, York Bowen, e Benjamin Dale hanno scritto pezzi da camera e concerti dedicati a Tertis. Anche la suite per viola, la romanza per viola e pianoforte e la suite Flos Campi di Ralph Vaughan Williams sono a lui dedicate.

Tra le più importanti composizioni solistiche vi sono il concerto di William Walton e l'incompleto concerto di Béla Bartók, portato a termine dopo la morte del compositore dal suo allievo Tibor Serly. Un gran numero di altri concerti per viola è stato scritto dall'inizio del secolo, tra i quali quelli di Milhaud, Martinů, Nystroem, Piston, Porter, Röntgen, Rosenberg. Ben noto è il concerto per clarinetto, viola e orchestra di Max Bruch, autore anche di otto pezzi per clarinetto, viola e pianoforte. Frank Bridge ha composto diversi pezzi per viola e pianoforte (tra cui il noto Allegro appassionato), due duetti per due viole e una sonata per viola rimasta incompleta. Benjamin Britten ha composto l'Elegia per viola sola, Lachrymae per viola e pianoforte, sulla canzone Flow My Tears di John Dowland (arrangiata poi per viola e archi da Cecil Aronowitz), e un giovanile concerto doppio per violino e viola, quasi completo ma non ultimato, portato a termine da Colin Matthews. Max Reger ha scritto diverse sonate per viola o clarinetto e tre note suite per viola sola.

Significativa è la produzione di Hindemith, compositore di fama e violista egli stesso, che ha scritto numerose sonate per viola, un concerto (Der Schwanendreher), la Kammermusik n. 5 (anch'essa in forma di concerto), la Konzertmusik per viola e orchestra e la suite Trauermusik. Un altro violista e compositore inglese è stato Cecil Forsyth, autore anche di un concerto per viola. La viola è impiegata anche da Claude Debussy nella sua sonata per flauto, viola e arpa, che ha ispirato in seguito altre composizioni analoghe.

Altra grande violista e compositrice inglese è stata Rebecca Clarke, una delle prime donne orchestrali di professione ed una delle più importanti compositrici inglesi nel periodo tra le due guerre mondiali. Celebri sono la sua sonata per viola, il duo con pianoforte Morpheus e diversi piccoli pezzi per viola e pianoforte, tra i quali la Passacaglia on an Old English Tune e altri ispirati ad antiche musiche britanniche. Nonostante l'elevata qualità della sua musica, Rebecca Clarke ha però scritto poco e pubblicato pochissimo[N 25], principalmente a causa delle discriminazioni di genere all'epoca in ambito compositivo, e la sua musica è stata riscoperta solo intorno al 1976[52].

Elliott Carter è stato autore di diverse notevoli composizioni per viola, tra le quali la sua Elegia per viola e pianoforte (1943), successivamente trascritta per clarinetto. Ernest Bloch, compositore americano di origini svizzere, noto per le sue composizioni ispirate da musiche ebraiche, ha scritto due suite per viola, la Suite 1919 e la Suite hebraïque. Nino Rota ha scritto due sonate per viola (in sol maggiore e do maggiore) e un intermezzo per viola e pianoforte.

Una ulteriore fioritura del repertorio violistico si ha nel tardo Novecento, e molti grandi compositori hanno scritto concerti per viola, come Miklós Rózsa, Revol Bunin, Al'fred Šnitke, Sofija Gubajdulina, Giya Kancheli e Krzysztof Penderecki. Il compositore americano Morton Feldman ha scritto una serie di composizioni con viola concertante, intitolate The Viola in My Life.

Nella musica spettrale la viola è stata oggetto di interesse per via dei suoi armonici più facilmente udibili rispetto a quelli del violino. Compositori spettrali come Gérard Grisey, Tristan Murail e Horațiu Rădulescu hanno scritto composizioni solistiche per viola.

Musica folk

 
Una kontra, viola a tre corde impiegata nella musica folk ungherese e rumena.

La viola è impiegata anche nella musica folk, sebbene in misura minore rispetto al violino. Tra i violisti folk spiccano i nomi di Eliza Carthy, Mary Ramsey, Helen Bell e Nancy Kerr. Clarence "Gatemouth" Brown è stato invece uno dei più significativi violisti blues.

La viola ha anche un ruolo di accompagnamento di rilievo nella musica slovacca, ungherese e rumena, specialmente nella Transilvania, dove si usano viole a tre corde dette kontra o brácsa (dal tedesco Bratsche, "viola"). Sono tipicamente accordate sol-re-la (con il la un'ottava sotto l'accordatura della viola standard) ed un ponte meno curvato, che permette di eseguire facilmente gli accordi.

Pop, rock, jazz e cinema

È abbastanza inusuale trovare strumenti ad arco individuali come violino o viola in questi generi, in quanto vengono facilmente coperti dagli ottoni o dagli strumenti elettrici.

La viola trova a volte impiego nella musica pop, principalmente nelle correnti d'avanguardia. Inoltre lo strumento, fornito di pick-up e amplificatori o nella variante elettrica, è stato spesso utilizzata nel rock. John Cale, componente dei Velvet Underground, è uno dei musicisti più conosciuti tra quelli che hanno usato viole elettriche, sia nel suo lavoro da solista che nei dischi della band (per esempio, in Venus in Furs e Heroin). Ne hanno fatto uso anche il gruppo alternative rock 10,000 Maniacs, il duo folk John & Mary, i Defiance, Ohio, i Flobots, i British Sea Power e gli Hangedup.

La viola è stata usata marginalmente anche nel jazz, principalmente nelle sezioni di archi delle orchestre jazz di inizio Novecento o nei quartetti degli anni Sessanta.

Anche nella musica per il cinema la viola ha avuto posto come solista, ed è stata impiegata da compositori come Ennio Morricone (ad esempio, in Romeo e Giulietta, Mosè, I promessi sposi e Marco Polo).

La figura del violista

Johann Sebastian Bach, eccellente tastierista e violinista, in orchestra prediligeva tuttavia suonare la viola in quanto la parte gli permetteva di essere al centro dell'armonia e di goderne appieno[53]. Nella prima biografia di Bach, redatta da Johann Nikolaus Forkel e pubblicata nel 1802, è annotato[54]:

(tedesco)
«In musikalischen Gesellschaften in welchen Quartette oder vollstimmingere Instrumentalstücke ausgeführt wurden, und er sonst nicht daben beschäfeight war, machte es ihm Bergnügen, die Bratsche mit zu spielen. Er befand sicht mit diesem Instrument gleichfam in der Mitte der Harmonie, aus welcher er sie von benden Seiten am besten hören und genießen tonnte.»
(italiano)
«Nelle esecuzioni musicali, quando si suonavano quartetti o altra musica strumentale, a Bach piaceva suonare la viola, strumento che lo metteva, dove essa era, al centro dell'armonia, in una posizione dalla quale poteva sentire e godere di essa da entrambe le parti.»

Un'altra testimonianza proviene dalla seconda moglie di Bach, Anna Magdalena, che riporta: “Qualunque problema ci fosse [durante i primi anni come Thomaskantor], esso non trovava posto nella nostra casa. I problemi erano all'esterno, e ivi rimanevano quando Sebastian sedeva alla tastiera o prendeva la sua viola.”[S 1].

Mozart [...]

Beethoven da giovane ha suonato la viola per tre anni, dal 1789, nelle due orchestre di Bonn (del teatro e della cappella di corte)[55]. In quel periodo infatti suo padre, alcolista, non era più in grado di sostenere economicamente la famiglia e il diciannovenne Beethoven si manteneva con il lavoro di violista orchestrale[S 17]. Suonava una viola Sebastian Dalinger del 1780 circa; lo strumento è poi passato a Franz Anton Ries, suo insegnante di violino e membro della cappella, e in seguito ha continuato ad essere utilizzato e ha subito diversi lavori di manutenzione (cambio del manico, della tastiera, dei piroli e della cordiera). La viola è ora esposta alla Beethoven-Haus, il museo presso la casa natale del compositore[S 18].

Anche Rossini da giovane ha suonato la viola in teatro[56].

Forsyth annota che, al suo tempo, fortunatamente era già conclusa per sempre l'abitudine di selezionare i violisti tra i violinisti troppo incompetenti o troppo anziani[57][S 1].

Nel Novecento è anche aumentato il rispetto nei confronti dei violisti, che hanno trovato una loro identità nel mondo musicale[S 1].

Parallelamente al grande sviluppo del repertorio nel Novecento, è aumentata notevolmente anche la preparazione tecnica media dei violisti, il numero delle donne e soprattutto il numero di violisti che hanno cominciato subito a studiare musica sulla viola, non passando ad essa dopo aver studiato violino, cosa quasi impensabile in precedenza[S 1].

Il ruolo del violista è stato oggetto anche di considerazioni di tipo psicanalitico. Il direttore ungherese Arthur Nikisch sosteneva che ci fosse una relazione tra la psiche di un musicista e lo strumento, ed egli riteneva i violisiti come persone calme e serene. Anche il violinista Henry Ellis Dickson, definiva i violisti come i musicisti meno problematici dell'orchestra[58]. Lo psicanalista americano Ralph Greenson, violinista per diletto, riteneva il violista "uomo medio", in contrasto con il "violinista primadonna", il "violoncellista bon vivant" e il "contrabbassista da pompe funebri"; secondo lui, il violista non è tagliato per la corsa al primo leggio, motivo per il quale ha abbandonato il violino in passato, prediligendo piuttosto la musica da camera, che offre maggiori possibilità al suo strumento. Il critico e storico musicale Irving Kolodin disse a proposito dei violisti: "Come violista principiante, ritengo naturalmente tutti gli altri violisti tipi studiosi che non hanno la facilità nelle dita dei mangia-note che rende agili i primi violini, ma hanno migliore lettura, hanno sentito più musica e sono, in tutto, uomini di gusto superiore."[S 1].

Ricerca e associazioni

L'interesse di esecutori e compositori per la viola, fiorito nel XX secolo, ha portato un maggiore studio di ricerca e la nascita di diverse associazioni a suo sostegno. Un primo tentativo si deve a Paul Hindemith e Vadim Borisovsky, che nel 1927 hanno fondato la Violists' World Union. I risultati significativi dovranno però attendere il 1968, anno di fondazione della Viola-Forschungsgellschaft, che sarebbe poi divenuta l'attuale International Viola Society (IVS). La IVS conta dodici sezioni sparse in tutto il mondo, la più grande delle quali è la American Viola Society (AVS), editrice del Journal of the American Viola Society, sponsor della David Dalton Research Competition e della Primrose International Viola Competition.

Dagli anni sessanta del Novecento sono apparse le prime importanti pubblicazioni di ricerca sullo strumento, a partire dalla Literatur für Viola di Franz Zeyringer, ripubblicata in diverse versioni, l'ultima nel 1985. Risale al 1980 la pubblicazione del primo testo comprensivo di storia della viola, la History of the Viola di Maurice Riley (presidente della AVS dal 1981 al 1986), arricchita nel 1991 da un secondo volume complementare. La IVS ha pubblicato dal 1979 al 1994 un annuario, e molte sue sezioni hanno pubblicato newsletter. L'archivio ufficiale di materiale della IVS e della AVS è il Primrose International Viola Archive[S 19] (PIVA), presso la Harold B. Lee Library (Brigham Young University)[S 20]. L'archvio nasce dalla raccolta di spartiti di William Primrose e raccoglie molto materiale tra spartiti, strumenti, registrazioni e materiale d'archivio.

Concorsi e competizioni

Note

Annotazioni
  1. ^ Storicamente ha ricoperto entrambi i ruoli. Nella moderna famiglia del violino è il secondo strumento su quattro, quindi occupa il posto del contralto, ma nell'insieme (ad esempio nel quartetto d'archi) ricopre spesso anche il ruolo di tenore. Riferimenti storici correlati sono anche la scrittura in chiave di contralto e il nome stesso dello strumento in francese, alto (contralto).
  2. ^ Ponendo la dimensione dello strumento in proporzione all'accordatura ed essendo l'intervallo tra le accordature una quinta, che corrisponde al rapporto tra le frequenze (e lunghezze della corda vibrante) di 3:2, risulta che la misura "ideale" della viola sia 3:2 (ovvero 1,5 volte) quella del violino. Cfr. Robert Dolejší, What Size Viola?, in Violins and Violinists, vol. 5, dicembre 1943.
  3. ^ Sia per quanto riguarda la lunghezza della cassa, sia l'altezza delle fasce, la larghezza delle varie sezioni dello strumento e la lunghezza delle corde vibranti.
  4. ^ Le misure degli strumenti indicate d'ora in poi si riferiscono sempre alla lunghezza del fondo della cassa armonica.
  5. ^ Il cantino è la corda più acuta di uno strumento.
  6. ^ I tiracantini sono inoltre poco efficaci con le corde in budello per via della loro corsa limitata, che spesso non basta a coprire le oscillazioni d'intonazione di questo tipo di corde, e per gli spigoli che possono facilmente sfibrare e tagliare la corda. Per questo si usano solitamente sulle corde in acciaio e su quelle sintetiche.
  7. ^ Al giorno d'oggi si utilizzano di solito bestie adulte, tuttavia quest'uso era cominciato (e talvolta deprecato) nel tardo Cinquecento. Cfr. Mimmo Peruffo, Tipologie, tecniche manifatturiere e criteri di scelta delle montature di corda per violino tra il XVIII e XIX secolo in Italia (PDF), 7 giugno 2011, pp. p.9.
  8. ^ Nella produzione dei cordai italiani si ha notizia, almeno fino a metà Seicento, dell'uso indistinto di budelli di agnello, pecora, capra, castrato, montone, lupo o manzo, cfr. Athanasius Kircher, Musurgia Universalis, Roma, 1650.
    È invece una leggenda infondata quella secondo la quale le corde venissero realizzate con budello di gatto, e deriva dalla errata interpretazione del nome inglese usato per indicare il filo di budello lavorato, catgut, che letteralmente potrebbe tradursi con "budello di gatto" ma la cui etimologia non ha niente a che vedere con il felino, derivando probabilmente da cattlegut (budello di mucca) o da kit gut (corda di pochette). Cfr. Daven Hiskey, Violin Strings Were Never Made Out of Actual Cat Guts, su todayifoundout.com, 11 novembre 2010. URL consultato il 27 luglio 2013.
  9. ^ Le oscillazioni si propagano nella corda secondo la legge
     
    dove f indica la frequenza, λ la lunghezza d'onda (che per l'armonica fondamentale di un'onda stazionaria su una corda vibrante è pari a due volte la lunghezza L della corda stessa), τ la tensione della corda e μ la sua densità lineare. Da questa equazione si capisce immediatamente che un aumento della densità lineare della corda causa una diminuzione della frequenza delle oscillazioni, e quindi una intonazione più grave della nota.
  10. ^ Ne risentono meno le corde stesse, in maniera diretta; tuttavia il legno dello strumento e quindi indirettamente l'accordatura ne risentono comunque.
  11. ^ Le corde costruite secondo i dettami storici presentano alcune differenze tecniche rispetto alle corde moderne e differenti lavorazioni di finitura, differenti a seconda dell'epoca. Per dettagli sulle differenze tra corde storiche e moderne, cfr. Dimitri Badiarov, Good Gut Strings: Modern Criteria versus Historical, in Historical Violin, vol. 2, n. 2, aprile 2004.
  12. ^ Impostazione che chiaramente non è condivisa da tutte le scuole violinistiche e violistiche.
  13. ^ Con questo termine si indica comunemente la forza esercitata dall'arco sulle corde. Il termine sottolinea l'importanza del contributo dovuto al peso del braccio rilassato, che viene scaricato sulla corda, piuttosto che la deprecata impressione di una forza irrigidendo la muscolatura.
  14. ^ Tre tagli addizionali sopra il rigo in chiave di violino.
  15. ^ Lo strumento è ora conservato presso l'Ashmolean Museum, ad Oxford.
  16. ^ Lo strumento, la cui cassa è lunga 47,8 cm, è oggi conservato presso il Museo degli strumenti musicali del Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze. Oltre al tenore toscano, si ha notizia della costruzione da parte di Stradivari di almeno altri due tenori. Cfr. C.E. Mertzanoff, Large Violas, in Violins and Violinists, vol. 5, dicembre 1943.
  17. ^ Egli stesso la considera né carne né pesce:
    (inglese)
    «[...] a betwixt-and-between instrument imperfect in construction, 'difficult' and somewhat uneven in tone-quality, and undeniably clumsy to manage. [...]»
    (italiano)
    «[...] uno strumento ibrido e intermedio imperfetto nella costruzione, 'difficile' e in qualche modo impari nella qualità sonora, e innegabilmente scomodo da maneggiare. [...]»
  18. ^ Karl Adam Horlein (1829-1902), liutaio di Würzburg.
  19. ^ Questa misura non è inedita, era stata già usata da Stradivari nella costruzione del tenore toscano (1690). Cfr. Robert Dolejší, What Size Viola?, in Violins and Violinists, vol. 5, dicembre 1943.
  20. ^ L'artificio della scordatura è stato usato all'epoca anche da Carl Stamitz nella sonata per viola in si bemolle e da Vanhal nel concerto per viola in fa maggiore.
  21. ^ Questo stile di scrittura quintettistica è probabilmente stato mutuato da Michael Haydn.
  22. ^ Nel quale, secondo Alfred Einstein, "ogni strumento è primus inter pares", cfr. Alfred Einstein, Arthur Mendel e Nathan Broder, Mozart: His Character, His Work, Oxford University Press, 1945, p. 188.
  23. ^ Trascrizione della serenata per violino, viola e violoncello op. 8.
  24. ^ Benché talvolta collocata tra le sonate per violoncello, la sonata è scritta per viola, come riporta anche il forntespizio del manoscritto. Anche secondo Pina Carmirelli, curatrice dell'edizione critica di Boccherini, la composizione è scritta chiaramente per viola. La parte del solo è scritta interamente in chiave di contralto; la stessa chiave veniva usata talvolta da Boccherini nella scrittura violoncellistica nelle posizioni con pollice capotasto, ma non viene mai impiegata in una intera composizione per violoncello.
  25. ^ Ha scritto in tutto circa un centinaio di composizioni, delle quali solo venti sono state pubblicate mentre era in vita. La sua musica è stata riscoperta a partire dal 1976, anno del suo novantesimo compleanno.
Note bibliografiche
  1. ^ Boyden, Woodward (2004)
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Bibliografia

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