Forte di Fenestrelle
La Fortezza di Fenestrelle, più comunemente nota come Forte di Fenestrelle, è un complesso fortificato eretto dal secolo XVIII al secolo XIX in località Fenestrelle in Val Chisone (provincia di Torino).
Piazzaforte di Fenestrelle Fortezza di Fenestrelle Piazza di Fenestrelle e dell'Assietta | |
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Stato | File:Blasone dei Savoia.JPG Regno di Sardegna |
Stato attuale | ![]() |
Regione | ![]() |
Città | Fenestrelle |
Indirizzo | Via del Forte 100, 10060 Fenestrelle e Via Del Forte, 10060 Fenestrelle |
Coordinate | 45°01′48.19″N 7°03′34.29″E |
Informazioni generali | |
Stile | Settecentesco con minime influenze barocche |
Costruzione | 1728-1850 |
Costruttore | Regno di Sardegna |
Materiale | Pietra, legno e ferro |
Primo proprietario | Regno di Sardegna |
Condizione attuale | In stato di recupero come monumento storico |
Proprietario attuale | Agenzia del Demanio |
Visitabile | Sì, esclusivamente con visite guidate |
Sito web | www.fortedifenestrelle.com |
Informazioni militari | |
Funzione strategica | Arrestare e trattenere eventuali eserciti francesi d'invasione |
Termine funzione strategica | 1946 |
Armamento | 150 cannoni |
Presidio | Associazione Progetto San Carlo - Forte di Fenestrelle onlus |
Note | In corso di recupero e in buona parte visitabile |
voci di architetture militari presenti su Wikipedia | |
Per le sue dimensioni e il suo sviluppo lungo tutto il fianco sinistro della valle, la fortezza è anche detta la grande muraglia piemontese. Dal 1999 è diventata il simbolo della Provincia di Torino[1] e nel 2007 il World Monuments Fund l'ha inserita nella lista dei 100 siti storico-archeologici di rilevanza mondiale più a rischio (insieme ad altri 4 siti italiani).[2]
Progettata inizialmente dall'ingegner Ignazio Bertola nel XVIII secolo con funzione di protezione del confine italo-francese, la fortezza venne completata solamente nel secolo successivo e non fu mai coinvolta in assedi o assaltata in forze, ma fu protagonista di alcune schermaglie minori e di un breve scontro nel corso della seconda guerra mondiale. Dopo un lungo periodo di abbandono, durato praticamente dal 1946 al 1990, è iniziato un illimitato progetto di recupero, tuttora in corso, che l'ha riaperta al grande pubblico. Attualmente vi si recano circa 40.000 visitatori l'anno.
La costruzione, definita erroneamente "forte", è in realtà un insieme ininterrotto di strutture fortificate, per questo motivo il termine più corretto per definirla è "fortezza". Nella fattispecie questa fortezza è formata da 3 forti e 7 ridotte, uniti ed indipendenti fra loro, collegati da spalti, bastioni, scale e da ben 28 risalti, per una superficie complessiva di 1.350.000 m2. La struttura si sviluppa per oltre 3 chilometri su un dislivello di circa 635 metri.[1][3] La fortezza viene oggi ricordata anche per le sue due lunghe scalinate: la scala interna, detta "Scala Coperta" composta da circa 4.000 gradini, che permetteva di raggiungere tutti i forti che compongono la struttura senza dover mai uscire, e la scala esterna, detta "Scala Reale" composta da 2.500 gradini che veniva utilizzata dal re quando si recava in visita.[4]
Nella sua tipologia costruttiva è la più grande fortezza settecentesca a serravalle esistente al mondo ed è, più genericamente, la seconda costruzione militare antica in termini di lunghezza complessiva (seconda solo alla grande muraglia cinese). Inoltre, insieme al Forte di Exilles a al Forte di Vinadio, rappresenta una delle più significative strutture difensive del Piemonte. Il più antico dei 3 forti che la costituiscono, il Forte delle Valli, è l'ultimo forte alpino originale settecentesco esistente in Italia, giacché tutti gli altri sono stati demoliti o ammodernati.
Storia
Dalle origini al 1882
La storia delle fortificazioni nella zona di Fenestrelle inizia nel 1694 quando, su consiglio del celebre generale francese Nicolas de Catinat[5], il re di Francia, Luigi XIV ordinò la costruzione di un forte, il Fort Mutin, a protezione del confine con il Ducato di Savoia.[6] Tale fortificazione fu completata nel 1705 e fu poi coinvolta nella guerra di successione spagnola, che vide i francesi e il Ducato di Savoia su fronti opposti. Nel 1708, proprio nel corso di quella guerra, le truppe di Vittorio Amedeo II conquistarono il Fort Mutin e l'alta valle, con un assedio durato 15 giorni.[7]
Il trattato di Utrecht del 1713, sancì questa situazione spostando il confine tra la Francia e il Ducato di Savoia (chiamato Regno di Sardegna dopo il 1720) sullo spartiacque alpino Dora-Durance, assegnando le valli di Susa e Chisone ai Savoia.
Ritenendo insufficiente il Fort Mutin, posto sul lato destro della valle, Vittorio Amedeo II incaricò l'ingegnere e architetto militare Ignazio Bertola conte di Exilles di progettare un complesso di fortificazioni che, includendo il Fort Mutin (restaurato dopo il trattato di Utrecht), proteggesse la pianura torinese da eventuali tentativi francesi di invasione passando per la Val Chisone. I lavori iniziarono nell'estate del 1728 e proseguirono fino al 1850, con una lunga interruzione nel periodo dal 1793 al 1836.[8]
Nella progettazione dell'opera e nella direzione dei lavori, si susseguirono poi a Ignazio Bertola diversi altri ingegneri e architetti militari, tra cui si ricordano: Vittorio Amedeo Varino de La Marche, Lorenzo Bernardino Pinto (che fu allievo del Bertola e si occupò anche del Forte di Exilles),[9] Nicolis di Robilant e Carlo Andrea Rana. Vittorio Amedeo II, che nel 1720 era stato proclamato re del Regno di Sardegna a seguito dell'annessione del regno al Ducato di Savoia, vide realizzata solo una parte del forte di cui aveva richiesto l'edificazione perché abdicò nel 1730 a favore del figlio Carlo Emanuele III, incaricandolo della prosecuzione dell'opera.[7]
Il progetto originale del Bertola prevedeva la realizzazione di un'opera che sbarrasse l'intero versante sinistro della valle, ma all'inizio dei lavori di costruzione fu data priorità alle opere nella parte più alta, sul monte Pinaia, poiché il fondovalle era ben protetto dal Fort Mutin che, dopo i lavori di ricostruzione, era tornato pienamente in funzione.[5] In definitiva, nella fase iniziale di realizzazione della fortezza si costruirono la Ridotta dell'Elmo, la Ridotta Sant'Antonio e la Ridotta Belvedere che, separate tra loro da profondi fossati e collegate solamente attraverso una serie di ponti, formavano il Forte delle Valli.
In seguito venne realizzato il collegamento con il fondo valle inglobando una preesistente ridotta francese, chiamato poi Forte Tre Denti, e costruendo, a partire dal 1731 l'imponente Forte San Carlo. Il collegamento tra le varie componenti del complesso, oltre che dalla strada che risale da Fenestrelle fino al Forte delle Valli (la strada dei Cannoni) era garantito da una scala coperta di 3.996 scalini che risale tutto il fianco sinistro della valle collegando la piazza d'armi del Forte San Carlo con le ridotte del Forte delle Valli.
Al fine di proteggere il fondovalle da eventuali azioni nemiche, tra il 1836 e il 1837, in sostituzione dell'ormai obsoleto e pericolate Fort Mutin, venne realizzata la Ridotta Carlo Alberto posta a cavallo della strada risalente la valle.
Dopo l'Unità d'Italia, tra il 1874 e il 1896 la fortezza venne ulteriormente potenziata ed ammodernata. Infatti i risalti del Forte San Carlo furono trasformati in casematte in grado di ospitare i "nuovi" cannoni ad anima rigata da 12 GRC/Ret e da 15 GRC/Ret.[10]
Nel 1882, in occasione della firma del patto della Triplice Alleanza il forte di Fenestrelle venne ulteriormente potenziato con l'aggiunta di due avamposti: il Forte Serre-Marie ed il Corpo di guardia del Falouel, detto il dado a causa della sua forma cubica, posto verso il Colle delle Finestre.
Dal 1887 ad oggi
A partire dal 1887 fin dopo la fine della prima guerra mondiale, il forte di Fenestrelle fu la sede del Battaglione alpino Fenestrelle inquadrato nel 3º Reggimento Alpini. In memoria di questi soldati è gratuitamente visitabile un piccolo museo all'interno della fortezza, composto da cimeli originali.
Con l'avvento del fascismo la struttura venne nuovamente usata come prigione per detenuti politici ostili o non sufficientemente collaborativi col regime. Come facilmente s'intuisce dalla forma dei caratteri utilizzati, risale al quel periodo l'iscrizione: Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto produce essa infatti si trovava in uno degli uffici allora destinati come fureria e stava ad indicare come si venisse giudicati per ciò che fattivamente si faceva per lo stato fascista e non per i propri natali, conoscenze politiche o possibilità economiche in genere.
Nel corso della seconda guerra mondiale la fortezza conobbe il suo unico vero momento di azione militare quando, nel luglio del 1944, la parte orientale della Ridotta Carlo Alberto venne fatta esplodere dai partigiani della divisione "A. Serafino" allo scopo di rallentare l'avanzata delle truppe nazi-fasciste che avevano lanciato una vasta operazione antipartigiana nelle vallate alpine.[11]
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel 1946, l'esercito italiano decise di dismettere completamente la struttura del Forte di Fenestrelle che era ormai obsoleta da un punto di vista militare. La fortezza venne quindi abbandonata e subì danni dovuti al degrado, alle intemperie e al saccheggio. In pratica, nel corso degli anni, venne rimosso tutto ciò che era possibile asportare: infissi, porte e persino le travi dei solai delle caserme. A partire dal 1990, grazie all'azione di un gruppo di volontari, è iniziato il recupero della struttura: al suo interno vengono realizzate visite guidate ed organizzate rappresentazioni teatrali e culturali. Nel 1992 è stato redatto per conto del Demanio e del Ministero dei Lavori Pubblici un progetto generale di rifunzionalizzazione per opera dell'arch. Donatella D'Angelo, che ha portato a conoscere le problematiche costruttive e di riuso del più grande Forte d'Europa.
I tre ruoli detentivi
Durante tutta la sua attività come struttura militare, durata fino al termine della seconda guerra mondiale, la fortezza venne usata, in alcuni momenti storici, come luogo di detenzione: la fortezza, al naturale e sempre attivo ruolo di deterrente militare, aggiunse, quindi, quello di prigione per criminali comuni, prigione di stato e bagno penale.
La prigione dei detenuti comuni
In alcuni limitati casi furono detenuti anche criminali comuni, che avevano commesso crimini nelle aree limitrofe o di competenza del governatore della fortezza. In casi eccezionali vi giunsero, per motivi vari, anche detenuti da altre aree geografiche. Essi condividevano gli stessi ambienti del bagno penale con i militari, ma erano trattati in modo diverso essendo soggetti alla giurisdizione civile e non militare.
Lo storico campano Giacinto de' Sivo affermò che, in epoca napoleonica, nel forte vennero rinchiusi anche civili meridionali catturati con l'accusa di brigantaggio[12], il sito ufficiale della fortezza di Fenestrelle, tuttavia, non fa menzione di questa situazione e parla solo di prigionieri politici affermando che "Napoleone ruppe la tradizione di reclusorio militare aprendo le porte del San Carlo ai primi detenuti politici."[13]
La prigione di Stato
La prigione di stato venne usata come luogo di detenzione degli ufficiali condannati, appunto, in fortezza e degli oppositori politici del governo che in quel momento governava la fortezza, fossero essi laici o religiosi. Nei primi anni del XIX secolo, vi furono rinchiusi gli oppositori di Napoleone, soprattutto prelati borbonici, poi, in seguito ai primi moti risorgimentali, Fenestrelle ospitò anche ufficiali di ideali mazziniani. Nel 1850, vi fu recluso anche monsignor Luigi Fransoni, arcivescovo di Torino, prima di essere espulso dallo Stato per la sua opposizione al Governo.
In alcuni casi, su richiesta dei genitori, vennero detenuti anche minorenni detti "discoli", rei d'aver compiuto crimini o d'aver scontentato genitori nobili o facoltosi. Con loro veniva tenuto un regime equiparabile a quello d'un moderno collegio militare.
Ogni prigioniero aveva a disposizione una stanza privata, in rari casi più d'una, con caminetto e mobilio. Nel periodo napoleonico ogni prigioniero/a dovette provvedere a mantenersi a proprie spese (comprando la legna affittando i mobili ecc..). Sotto i Savoia provvedeva lo Stato.
Durante il fascismo venne limitatamente usata come luogo di confino.
Il bagno penale
Il bagno penale fu anche una prigione militare in cui furono rinchiusi, oltre ai militari che avevano commesso crimini o gravi infrazioni al regolamento, anche i soldati di quegli eserciti che si erano opposti al Regno di Sardegna prima e al Regno d'Italia in seguito, durante il Risorgimento e i primi decenni del XX secolo; in particolare austriaci ed italiani degli stati preunitari che avevano combattuto durante le guerre d'indipendenza, componenti del disciolto Esercito delle Due Sicilie fatti prigionieri durante gli anni dell'unificazione risorgimentale del Sud Italia, 6 garibaldini in seguito ai falliti tentativi di Garibaldi di occupare lo Stato della Chiesa, 462 papalini dopo la presa di Roma, militari austro ungarici durante la prima guerra mondiale. I detenuti del bagno penale avevano a disposizione camerate comuni.
In particolare, nel decennio tra il 1860 e il 1870, la fortezza divenne un campo di concentramento in cui furono deportati circa 24.000 militari del Regno delle Due Sicilie che si erano opposti alla conquista e alla successiva annessione delle Due Sicilie al neonato Regno d'Italia[14]. Gli internati erano soprattutto soldati borbonici, ma anche contadini. I reclusi erano tenuti in pessime condizioni: "laceri e poco nutriti era usuale vederli appoggiati a ridosso dei muraglioni, nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi solari invernali, ricordando forse con nostalgia il caldo di altri climi mediterranei[15]". "Senza pagliericci, senza coperte, senza luce, in posti dove la temperatura era quasi sempre sotto lo zero, vennero smontati i vetri e gli infissi per rieducare con il freddo i segregati[16]".
Il 22 agosto 1861, si ebbe un tentativo di ribellione: i reclusi in rivolta cercarono di assumere il controllo della fortezza. L'insurrezione fu sventata in maniera quasi fortuita dalle autorità piemontesi ed ebbe come solo risultato l'inasprimento delle pene (i più furono costretti con palle al piede da 16 chili, ceppi e catene). Rari erano i casi di scarcerazione per proscioglimento della condanna. Con la morte i corpi venivano disciolti nella calce viva collocata in una grande vasca situata nel retro della chiesa (che sorgeva all'ingresso del Forte): "una morte senza onore, senza tombe, senza lapidi e senza ricordo, affinché non restassero tracce dei misfatti compiuti[16]".
La definizione di Fenestrelle quale "campo di concentramento" da parte di autori revisionisti, ha stimolato la ricerca storica da parte di studiosi piemontesi. Juri Bossuto, consigliere regionale piemontese di Rifondazione Comunista, in un libro del 2012 ridimensiona notevolmente il numero delle vittime, riportandone solo quattro nel novembre del 1860 e tende a smentire il maltrattamento ai danni dei prigionieri borbonici, poiché sarebbero stati assistiti con vitto e cure sanitarie.[17][18] Lo storico Alessandro Barbero ha sostenuto che la fortezza fu solo una delle strutture in cui furono momentaneamente detenuti "anche" militari del Regno delle Due Sicilie, che le condizioni di vita non erano peggiori di quelle degli altri luoghi di detenzione e che la documentazione, sia militare, sia amministrativa, sia parrocchiale, sul numero dei detenuti, sul numero delle morti e loro cause, sulle modalità di seppellimento è ampia e rintracciabile. In sostanza, per il Barbero, quanto avvenne a Fenestrelle deve essere molto ridimensionato e, comunque, ancora di più scientificamente studiato, sebbene egli riconosca che tali eventi siano da inquadrarsi nei sussulti, anche dolorosi, del neonato Stato unitario[19].
Le detenute
Nel corso di tutta la sua storia solo due donne furono detenute nella prigione di stato. La marchesa piemontese Polisenna Gamba Turinetti di Priero e sua figlia Clementina in quanto oppositrici politiche di Napoleone. Esse vennero tenute separate dagli uomini ed ebbero a loro privata disposizione più stanze del padiglione degli ufficiali.
Note
- ^ a b Sito web Provincia di Torino
- ^ Monumenti da salvare: 4 sono italiani, in Il Corriere della Sera, 7 giugno 2007. URL consultato il 27 ottobre 2013.
- ^ Sito ufficiale della Fortezza di Fenestrelle, su fortedifenestrelle.com.
- ^ Sito ufficiale della Fortezza di Fenestrelle: La Scala Coperta, su fortedifenestrelle.com. URL consultato il 28 Ottobre 2013.
- ^ a b Mauro Minola, Fortezze del Piemonte e Valle d'Aosta, Seconda Edizione, Susalibri, 2012, p. 127.
- ^ Fino a quel momento l'alta Val Chisone era sempre appartenuta alla Francia
- ^ a b Sito ufficiale della Fortezza di Fenestrelle: La Storia, su fortedifenestrelle.com. URL consultato il 28 ottobre 2013.
- ^ Sito ufficiale della Fortezza di Fenestrelle: Studio Storico, su fortedifenestrelle.com. URL consultato il 29 ottobre 2013.
- ^ Valle di Susa - Tesori di Arte e Cultura Alpina, su vallesusa-tesori.it. URL consultato il 28 ottobre 2013.
- ^ Mauro Minola, Fortezze del Piemonte e Valle d'Aosta, Seconda Edizione, Susalibri, 2012, p. 128.
- ^ Sito ufficiale della Fortezza di Fenestrelle: La Ridotta Carlo Alberto, su fortedifenestrelle.com. URL consultato il 30 ottobre 2013.
- ^ Giacinto de' Sivo, Storia delle Due Sicilie, dal 1847 al 1861, Roma, Tipografia Salviucci, 1863, pag. 64. URL consultato il 29 settembre 2010. ISBN non esistente
- ^ Sito ufficiale della Fortezza di Fenestrelle: Prigionieri, su fortedifenestrelle.com. URL consultato il 29 ottobre 2013.«Napoleone ruppe la tradizione di reclusorio militare aprendo le porte del San Carlo ai primi detenuti politici.»
- ^ Fenestrelle non fu come Auschwitz
- ^ Prigionieri, su fortedifenestrelle.com, Sito Ufficiale della Fortezza di Fenestrelle. URL consultato il 25 aprile 2010.
- ^ a b La pagina più nera della storia d’Italia, tra segreti e omissioni, su eleaml.org, Fora!. URL consultato il 26 aprile 2010.
- ^ I morti borbonici a Fenestrelle non furono 40mila, ma quattro - Torino - Repubblica.it
- ^ Massimo Novelli, Fenestrelle e il genocidio (inesistente) dei borbonici, in La Repubblica, Torino, 3 agosto 2012. URL consultato il 30 ottobre 2013.
- ^ Alessandro Barbero, I prigionieri dei Savoia. La vera storia della congiura di Fenestrelle, Laterza, Bari-Roma, 2012.
Bibliografia
- Mario Reviglio, La Valle contesa, Editrice Il Punto, Torino 2006
- Dario Gariglio, Le Fenestrelle, Roberto Chiaramonte editore, Torino 1999
- Juri Bossutto, Luca Costanzo, Le catene dei Savoia. Cronache di carcere, politici e soldati borbonici a Fenestrelle, forzati, oziosi e donne di malaffare, Edistrice Il Punto, 2012
- Alessandro Barbero,I prigionieri dei Savoia, Editori Laterza, Roma-Bari 2012
- Mauro Minola, Fortezze del Piemonte e Valle d'Aosta, Seconda Edizione, Susalibri, 2012, pp. 127-136
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