Collegio Castiglioni-Brugnatelli
Il Collegio Castiglioni, un collegio universitario di Pavia, fu fondato dal cardinale Branda Castiglioni nel 1429, col nome di "collegio Sant'Agostino". Rimase aperto fino al 1803.
Il quadro di riferimento e le motivazioni del fondatore
All'epoca numerosi collegi, prevalentemente di fondazione ecclesiastica, costellavano l'Europa centro-occidentale. Destinati ad accogliere un numero considerevole di alunni, ebbero rapporti vicendevoli più o meno diretti. Creati con larghi mezzi, erano organizzazioni complesse, che dovevano soddisfare varie esigenze, non ultime quelle economiche. I fondatori, spesso grandi dignitari ecclesiastici (vedasi Egidio Albornoz a Bologna, lo stesso cardinale Branda, il papa Pio V e Carlo Borromeo, fondatori rispettivamente di Ghislieri e Borromeo a Pavia nel Cinquecento), fecero tesoro dell'altrui esperienza sia in ambito conventuale che universitario per evitare errori. Da qui le analogie fra istituzioni che influirono grandemente sulla società, la cultura, la formazione dei giovani nell'Europa del tempo.
Il cardinale Branda Castiglioni aveva compiuto a Pavia gli studi di diritto e vi aveva insegnato diritto canonico. Seguendo l'uso dell'epoca, fondò per l'appunto a Pavia un collegio, proponendosi di venire incontro alle necessità di alunni, laici ed ecclesiastici, capaci e bisognosi, che volessero proseguire gli studi in qualunque facoltà presente a Pavia ad fidei dilatationem, eruditionem simplicium, illuminationem mentium et illustrationem intellectuum[1]. Lo studio a livello universitario doveva servire a dare molti frutti di dottrina ad divini nominis laudem, ortodoxe fidei propagationem et reipublicae utilitatem[2][3], anche perché generava la classe dirigente dell'epoca in ambito sia laico che ecclesiastico (vedi facoltà di teologia e di diritto canonico).
La fondazione del collegio
Assegnò al collegio due case, donate alla famiglia Castiglioni da papa Martino V, nel luogo in cui ora sorge il Collegio Castiglioni Brugnatelli, allora zona di Santa Maria in Perticha, che dovevano ospitare ventiquattro studenti, sei dei quali di provenienza non italiana[4]. Branda lo dotò di un numero considerevole di rendite e di beni, da lui appositamente acquistati, oppure provenienti, per concessione del Papa, dal convento di Sant'Apollinare[5] di cui era abate commendatario, o ereditati da qualche personaggio importante[6]. Su tutti i territori il Collegio godeva di diritti di carattere feudale concessi dall'Imperatore Sigismondo il 6 gennaio 1434.
Nel 1429 il cardinale Castiglioni ottenne l'approvazione papale da Martino V e redasse gli statuti, riservando a se stesso ed al cardinal Giuliano Cesarini[7] il potere di modificarl., Questo avvenne, sia pure in modo ridotto, già nel 1437, accentuando gli elementi religiosi, con la supervisione del nipote Zenone Castiglioni, che fu vescovo di Lisieux[8] e poi di Bayeux.
Il collegio ottenne privilegi dai papi Martino V e Eugenio IV, dall'imperatore Sigismondo e dal vescovo di Pavia, in particolare l'esenzione dalle tasse, anche quelle per la laurea. L'istituzione presso il collegio da parte di Branda (ut ipsum collegium fons scientiarum fieret irriguus[9]) di una cattedra di teologia, patrocinata dalle autorità ecclesiastiche, ad imitazione del Collegio di Spagna di Bologna, venne fortemente osteggiata dall'Università di Pavia e probabilmente tale insegnamento non entrò in funzione.
Secondo lo statuto, in analogia allo Studium Generale, il Collegio era dotato di autogoverno, anche perché gli studenti potevano avere anche più di trent'anni. Riuniti in assemblea eleggevano al loro interno il rettore e i tre consiglieri, che avevano il compito di amministrare la giustizia sui livellari del collegio e tra gli studenti dello stesso. Con l'aiuto di un "negotiorum gestor" essi si occupavano anche di amministrare i beni del collegio. Il controllo sul loro operato spettava al vescovo di Pavia e al patrono del collegio, che doveva appartenere alla famiglia Castiglioni.
Il cardinale dotò la sua fondazione di un giardino, di una ricca biblioteca[10] e di una cappella, affrescata intorno al 1475, probabilmente almeno in parte da Bonifacio Bembo, che in quel periodo soggiornava nelle case del Collegio, con la suggestiva parete Sud, in cui è rappresentata la visita dei Magi[11].
Gli statuti e la vita in un Collegio del Quattrocento
Il modello di vita applicato nel Collegio era quello suggerito dagli Statuti del 1429 e del 1437 e seguiva l'esempio delle regole conventuali e degli altri collegi che costellavano l'Europa occidentale. Il fine era quello di formare delle persone destinate a dare esempio di vita cristiana e ad occupare in seguito posizioni chiave sia in campo civile che religioso.
Due cappellani dovevano risiedere in Collegio e la scelta dei candidati, attraverso esame attento, competeva al Vescovo di Pavia ed ai priori dei monasteri pavesi degli Eremiti Agostiniani e dei Certosini. I collegiali dovevano ascoltare la messa e recitare le preghiere ogni giorno, dovevano confessarsi e comunicarsi, osservare il digiuno un certo numero di volte l'anno. Indossavano inoltre una divisa di tipo ecclesiastico e dovevano condurre un tipo di vita molto serio. Proibito era il gioco e vietati suoni, danze, canti mondani. Le festività religiose erano importanti, anche per il vitto migliore del solito che veniva imbandito.
All'inizio erano gli studenti a recarsi nei feudi del Collegio per farsi dare da ogni focolare la gallina, o l'equivalente in denaro, come segno di possesso e di diritto competente (sgallinazione) su tutti i beni esistenti nei comuni di Barona, Calignano e Cura di Strazago. in quell'occasione c'erano dei suonatori e si faceva un po' di baldoria, ma in seguito ciò venne impedito e la riscossione passò al patrono o agli amministratori. Non solo i dazi, i diritti di ricognizione ma anche le tasse sugli usi pubblici (mulini, fornaci, torchi, forni, pedaggi, traghetti dei fiumi, pesca, strade, ponti, acque) spettavano al Collegio. Nel 1582-86 ad esempio il Collegio, per difendere i suoi diritti, dovette sostenere una causa contro il magistrato di strade, ponti, acque, che a Barona, avendo fatto dei lavori, non riusciva a riscuotere il dovuto dagli abitanti, i quali sostenevano indebita la sua intromissione in una zona in cui valeva la giurisdizione del Collegio.
Quanto agli studi, era prevista una frequenza continua alle lezioni ed ogni giorno, dopo il pranzo, si discutevano pubblicamente gli argomenti di studio e, per evitare distrazioni, si chiudevano le porte del Collegio. Le assenze dal Collegio erano ridotte al minimo e le distrazioni, perfino l'assunzione di cariche all'Università, erano proibite. Il ritiro serale era previsto per tempo, sebbene gli studenti, ad esempio in teologia, finissero con l'avere un bel numero di anni. I collegiali a turno dovevano servire a tavola per evitare la presenza di un numero eccessivo di servitori e leggevano durante i pasti le Sacre Scritture. Era prevista una presenza massima in Collegio di sette anni, a meno che gli studi fossero prolungati dall'iscrizione ad una seconda facoltà.
Cenni storici
In tanti secoli di storia il Collegio attraversò vari periodi di difficoltà. Per esempio durante la prima fase del conflitto franco-imperiale, che coinvolse pesantemente Pavia, il Collegio dovette ospitare studenti Spagnoli e Tedeschi e fu per qualche periodo addirittura chiuso. Anche la peste contribuì al disinteresse dei patroni, sparsi per ogni dove; le autorità di Pavia diedero allora in enfiteusi i beni ancora affittati a breve scadenza secondo il volere del Cardinale, e questo contribuì fortemente alla crisi economica sempre maggiore del Collegio. Nel 1533 comunque il Collegio era aperto e nel 1535 ospitava sedici studenti. Nel 1546 vennero anche acquistati da Alessandro Castiglioni i beni di Zerbolate, oggi Zerbolò.
C' erano poi problemi morali e disciplinari che spinsero il cardinale Francesco Abbondio Castiglioni ad occuparsi del Collegio, migliorandone anche la situazione economica, tanto che nel 1570 gli studenti erano venti.
Alessandro Castiglioni si occupò poi degli Statuti, che dovevano essere osservati dagli studenti, mutandone lo spirito originario di autogoverno perché il rettore perse i suoi poteri in favore del patrono. Questi infatti nel 1622 nominò come rettore una persona di sua fiducia al di fuori del numero degli studenti, cosa che venne convalidata dagli Statuti nuovi del 1640, che pur seguivano la falsariga di quelli del cardinale fondatore.
Nel corso del Seicento, a somiglianza degli altri collegi di Pavia, anche al Castiglioni si sviluppò un'Accademia, quella degli Oziosi, che aveva l'insegna del levriero accucciato con lo spiritoso motto Otior ut ocior (Me ne sto in ozio per essere poi più veloce). Del Collegio si occuparono sia l'arciprete Giulio Castiglioni sia il giureconsulto Branda Castiglioni, che redassero nuovi statuti ed un sommario di questi ad uso degli studenti.
La decadenza e l'annessione al Collegio Ghislieri
Nel corso del tempo il Collegio ebbe alcuni rettori del tutto incapaci ed indegni della carica, cosa che contribuì a peggiorare la situazione economica. Nel 1770 il Conte Carlo di Firmian, occupandosi a nome dell'Imperatrice Maria Teresa dell'assetto dell'Università, decise di accorpare al Castiglioni altri due collegi pavesi, il Griffi ed il Cazzaniga, allo scopo di farli risorgere all'antico loro lustro, regolando meglio le spese e gli introiti ed ispirandosi ai nuovi ordinamenti universitari. Gli studenti furono in questo periodo cinque per ogni fondazione. La trasformazione però non bastò e, divenuta insostenibile la situazione durante il periodo napoleonico, il Vicepresidente della Repubblica Italiana stabilì con decreto la concentrazione del Castiglioni nel Collegio Nazionale, ex Collegio Ghislieri, dal 1 luglio 1804. Il numero degli studenti, che godevano di un trattamento uguale a quello del Collegio Ghislieri e dovevano osservarne i regolamenti, non superarono mai il numero di quattro.
La fondazione del Castiglioni Brugnatelli
L'edificio del Castiglioni, venduto nel 1805, divenne possesso della famiglia Brugnatelli, e, per lascito di Luigi Brugnatelli [12], passò al Comune di Pavia ed infine all'Università. Per merito del Rettore Magnifico prof. Plinio Fraccaro, che dovette combattere una vera e propria lotta contro le concezioni arretrate del tempo e cercare finanziamenti, venne istituito per la prima volta a Pavia un collegio laico universitario femminile, il Castiglioni Brugnatelli, aggiungendo nell'ampio giardino una spaziosa ala, con numerose camere singole e con il refettorio, alle case più antiche, per l'occasione rinnovate ed unificate[13]. Il Collegio, di cui era Rettrice la prof. Enrica Malcovati, venne aperto nell'anno accademico 1954-55, per ospitare, in posti in parte gratuiti ed in parte a pagamento, studentesse provenienti da ogni regione d'Italia insieme a talune borsiste straniere.
Note
- ^ a diffusione della fede, istruzione delle persone semplici, illuminazione delle menti, illustrazione degli intelletti
- ^ a gloria di Dio, diffusione della fede ortodossa e utilità pubblica
- ^ cfr. statuti del '37
- ^ Negli statuti del '37 potevano presentare i candidati il Vescovo di Piacenza, gli abati e i capitoli dei monasteri benedettini di S. Celso fuori le mura di Milano e di S. Giovanni Evangelista di Parma, i capitoli delle chiese milanesi del Duomo, di S. Ambrogio, di S. Nazzaro, i capitoli delle chiese di Rouen, Liegi, Bayeux, Lisieux, Cartagena, Veszprem: Si trattava di località in cui Branda deteneva dei benefici: era ad esempio Vescovo di Piacenza
- ^ Il Convento era infatti stato chiuso, ma venne riaperto in seguito per intervento del Pontefice Eugenio IV e cercò in tutti i modi di recuperare i beni che erano passati al Collegio
- ^ Numerose case in Pavia e le proprietà (fra le 20000 e le 22000 pertiche di terreno) di Albaredo, Montalino presso Stradella, Siccomario, Voghera, Barona, Calignano, Sterzago, Cascina de' Mensi, Sommo e Marzano, Lirio
- ^ collaboratore di Branda, di cui era nipote per parte di madre
- ^ 1424-1432-si rifiutò nel 1431 di prendere parte al processo di Giovanna d'Arco; partecipò al Concilio di Basilea come inviato del re d'Inghilterra; il suo nome è legato all'Università di Caen
- ^ affinché il collegio stesso diventasse fertile fonte di scienza
- ^ si era occupato anche della biblioteca di S. Apollinare che aveva arricchito; amava acquistare libri e procurarsene, tanto da essere una volta assediato in casa a Milano perché si era diffusa la voce che avesse trafugato un prezioso manoscritto
- ^ Bonifacio Bembo era stato anche a Firenze ed aveva forse visto i Magi di Benozzo Gozzoli da poco affrescati nella cappella di Palazzo Medici Riccardi
- ^ professore di Mineralogia
- ^ il compito fu affidato all'arch. Emilio Aschieri
Bibliografia
- Bendiscioli M., I Collegi e l'Università, in Discipline e maestri dell'Ateneo Pavese, Pavia 1961
- Codecà G., Il cardinal Branda Castiglioni ed il suo Collegio in Pavia, Ticinum, maggio-giugno 1952
- Galli E., Barona, B.S.P.S.P., XLVIIII 1950, p. 68-98
- Malcovati E. , Il Collegio Universitario femminile Castiglioni Brugnatelli, Pavia Economica n. 12, 1964
- Pagnin B., Collegi universitari medievali, in I quattro secoli del Collegio Borromeo di Pavia, Milano 1961, pp. 229-242
- Visintin A. L. Il più significativo precedente del Collegio Ghislieri: il Collegio Universitario Castiglioni, in Il Collegio Universitario Ghislieri di Pavia, Giuffrè editore, Milano 1966, a cura dell'Istituto di Storia Moderna dell'Università di Pavia, collana diretta da Mario Bendiscioli
- Visintin A. L., Due collegi universitari del tardo Medioevo, in Il Collegio Universitario Gjislieri di Pavia, Tomo II, Giuffrè editore, Milano 1970, a cura dell'Istituto di Storia Moderna dell'Università di Pavia, collana diretta da Mario Bendiscioli
Fonti documentarie
- Fondo Castiglioni nell' Archivio del Collegio Ghislieri
- Maiocchi R., Codice diplomatico dell'Università di Pavia, Pavia 1913
- Maiocchi R., Memorie e documenti per la storia dell'Università di Pavia, Pavia 1877-78