Guerra di Corinto

conflitto del 395-387 a.C.
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La guerra di Corinto fu un conflitto svoltosi in Grecia dal 395 a.C. al 387 a.C.; esso vide Sparta contrapposta ad una coalizione, formata da quattro [[poleis]: Tebe, Atene, Corinto e Argo, che venne inizialmente sostenuta dalla Persia. La causa scatenante della guerra fu un conflitto locale nel nord ovest della Grecia, in cui intervennero sia Tebe che Sparta, però la motivazione di fondo la si deve individuare nell'espansionismo della città di Lacedemone in Asia Minore, in Grecia centrale e settentrionale e in Occidente.[1]

La guerra fu combattuta su due fronti: sulla terraferma nei pressi di Corinto e a Tebe, e nel Mar Egeo. Sul fronte terrestre, l'inizio delle ostilità furono favorevoli agli Spartani, ma ciò non permise loro di godere di un reale vantaggio, e il combattimento giunse ben presto ad un punto morto. In mare, la flotta fu nettamente sconfitta da quella persiana all'inizio del conflitto; evento che pose fine ai tentativi di Sparta di diventare una potenza navale. Approfittando di questo, negli ultimi anni di guerra Atene lanciò diverse campagne navali riannettendo un certo numero di isole che avevano fatto parte dell'antico impero ateniese durante il V secolo a.C.

Allarmati dai successi ateniesi, i Persiani tolsero il sostegno agli alleati e iniziarono ad aiutare Sparta. Questa defezione costrinse gli alleati a cercare la pace. La Pace di Antalcida, comunemente nota come pace del Re, fu firmata nel 387 a.C. e rappresentò la fine della guerra. Questo trattato sancì il controllo della Persia su tutta la Ionia e l'indipendenza di tutte le altre città greche; Sparta sarebbe stata la custode della pace, con il potere di far rispettare le sue clausole. Gli effetti della guerra furono: il rafforzamento delle ingerenze della Persia nella politica greca e l'affermazione della posizione egemonica di Sparta nel sistema politico greco.[2]

Antefatti

 
Gli schieramenti alla vigilia della guerra.

Durante la guerra del Peloponneso, conclusa nel 404 a.C., Sparta aveva goduto del sostegno della maggior parte delle poleis greche e dell'Impero persiano, finito il conflitto un certo numero di isole del mar Egeo passarono sotto il suo controllo. Questa solida base di sostegno, tuttavia, si frammentò negli anni successivi alla guerra: nonostante la vittoria fosse stata ottenuta da più poleis, solo Sparta ricevette il bottino conquistato dagli sconfitti e i tributi dell'antico Impero ateniese.[3] Gli alleati furono ulteriormente delusi nel 402 a.C. dall'attacco subito da Elis, una città membro della lega peloponnesiaca, che aveva fatto infuriare gli Spartani nel corso della guerra del Peloponneso. Corinto e Tebe si rifiutarono di inviare truppe per aiutare Sparta nella sua campagna contro Elis.[4]

Tebe, Corinto e Atene rifiutarono inoltre di partecipare ad una spedizione in Ionia nel 398 a.C., mentre i Tebani osarono addirittura interrompere un sacrificio che il re di Sparta Agesilao aveva tentato di eseguire nel loro territorio prima della sua partenza.[5] Nonostante le assenze, Agesilao condusse una campagna efficace contro i Persiani in Lidia, avanzando nell'entroterra fino a Sardi. Il satrapo Tissaferne fu giustiziato per la sua incapacità di fermare Agesilao, e il suo sostituto, Titrauste, corruppe gli Spartani convincendoli a spostarsi verso nord, nella satrapia di Farnabazo. Agesilao lo fece, ma allo stesso tempo iniziò a preparare una poderosa flotta.[6]

Incapace di sconfiggere l'esercito di Agesilao, Farnabazo decise di costringerlo a ritirarsi sollevandogli contro le altre città greche: inviò Timocrate di Rodi, nativo di Rodi, a distribuire diecimila dracme d'oro nelle principali città del continente, incitandole ad agire contro Sparta.[7] Timocrate visitò Atene, Tebe, Corinto e Argo, riuscendo a persuadere consistenti fazioni in ciascuna di quelle città a perseguire una politica anti-spartana (Senofonte afferma che Atene non accettò questo denaro,[8] ma George Cawkwell, concordando colle Elleniche di Ossirinco, non gli crede); i Tebani, che già in precedenza avevano dimostrato la loro insofferenza verso Sparta, si impegnarono ad intraprendere una guerra contro l'odiata nemica.

Primo anno (395)

Scontri iniziali

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Aliarto.

Senofonte sostiene che, non volendo sfidare direttamente Sparta, i Beoti scelsero di far scoppiare la guerra incoraggiando i Locresi, loro alleati, a riscuotere le tasse dal territorio della Locride conteso con i Focesi. I quali, in risposta, invasero la Locride saccheggiandone il territorio; di conseguenza i Tebani attaccarono la Focide, che si appellò all'alleata, Sparta, la quale attendeva il pretesto per combattere contro la riottosa Tebe, venne ordinata la mobilitazione generale.[9] Un'ambasciata tebana fu inviata ad Atene per chiedere aiuto; gli Ateniesi votarono per assistere Tebe e venne stretta una alleanza perpetua tra Atene e la lega beotica.[10]

Il piano degli Spartani consisteva nel far convergere due eserciti, uno comandato da Lisandro e l'altro da Pausania, presso la città beota di Aliarto, dove dare battaglia.[11] Lisandro, arrivato prima di Pausania, persuase la città di Orcomeno a ribellarsi alla confederazione beota, e aggiunse alle sue truppe, una divisione di Orcomeno.

Durante la battaglia di Aliarto, che ne seguì trovò la morte; essa si concluse senza vincitori, con gli Spartani in iniziale difficoltà che ben presto riuscirono a superare. Pausania, arrivò il giorno dopo, ottenne una tregua per recuperare i corpi dei caduti tornò a Sparta. Giuntovi, fu processato per non essere arrivato in tempo e non aver sostenuto Lisandro al momento designato; prima di essere condannato, fuggì a Tegea.[12]

Argo e Corinto in guerra

Alla fine del 395 a.C., Corinto e Argo entrarono in guerra come alleati di Atene e Tebe. Un Consiglio fu istituito a Corinto per gestire gli interessi di questa coalizione; gli alleati poi inviarono ambasciatori ad un certo numero di stati più piccoli e ricevettero il sostegno di molti di loro.[13]

Allarmati da queste vicende, gli Spartani si prepararono ad inviare un esercito contro di loro, e mandarono un messaggero ad Agesilao ordinandogli di tornare in Grecia. Cosa che indispettì il comandante che invece si attendeva ulteriori incarichi in Asia Minore. Al momento di abbandonare l'Asia, Agesilao disse che veniva cacciato da diecimila arcieri del Re poiché le monete persiane avevano su di sé l'immagine di un arciere e tanto era il denaro versato dal Re ai Greci perché facessero guerra a Sparta.[14] Così tornò indietro con le sue truppe, attraversò l'Ellesponto e marciò attraverso la Tracia occidentale.[15]

Guerra per terra e per mare (394)

Nemea

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Nemea.
 
L'Antica Grecia e l'Asia Minore separate dal Mar Egeo.

Dopo il regolamento di conti tra la lega beotica e i Focesi, vinto dalla prima, gli alleati riunirono un grande esercito a Corinto; Sparta radunò un'armata di grandi dimensioni che ebbe ragione dei nemici presso il letto asciutto del fiume Nemea, nel territorio di Corinto.

Come spesso accadeva nelle battaglie oplitiche, il fianco destro di ogni esercito sopraffece quello sinistro dello schieramento opposto: gli Spartani sconfissero gli Ateniesi, mentre i Tebani, gli Argivi e i Corinzi batterono i vari Peloponnesiaci di fronte a loro; gli Spartani poi attaccarono e uccisero un consistente numero di Argivi, Corinzi e Tebani non appena queste truppe tornarono dall'inseguimento dei Peloponnesiaci sconfitti. L'esercito della coalizione perse 2800 uomini, mentre gli Spartani ed i loro alleati solo 1100.[16][17]

Cnido

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Cnido.

Il fronte marino contrapponeva i Persiani agli Spartani. I due rivali disponevano di grandi flotte, armate durante la campagna di Agesilao in Asia. Alle proprie navi egli aggiunse quelle messe a disposizione dagli stati dell'Egeo sotto il suo controllo, ritrovandosi al comando di una forza di 120 triremi, che pose sotto il comando di suo fratello Pisandro, il quale non aveva mai avuto un incarico di tale importanza prima di allora.[18] I Persiani, nel frattempo, avevano già raggruppato una flotta fenicia, cilicia e cipriota sotto il comando dell'esperto Conone, ammiraglio ateniese che aveva conquistato Rodi nel 396 a.C.; oltre al peso dell'esperienza del comandante, le 80 navi fenicie al comando di Farnabazo, le 10 cilicie e le forse 80 greche costituivano una forza superiore a quella dell'alleanza spartiate[19].

Le due flotte si scontrarono al largo di Cnido nel 394 a.C.: Conone pose le navi ateniesi davanti a quelle fenicie, ed attaccò per primi gli alleati degli spartani, mettendoli in fuga[19]; gli Spartani combatterono con determinazione, in particolare intorno alla nave di Pisandro, ma alla fine furono sopraffatti; un gran numero di navi venne affondato o catturato e la flotta spartana fu sostanzialmente distrutta. A seguito di questa vittoria, Conone e Farnabazo navigarono lungo la costa della Ionia, destituendo i governatori spartani e smantellandone le guarnigioni dalle città. Non riuscirono a rimuovere le basi spartane di Abido e Sesto.[20]

Coronea

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Coronea (394 a.C.).

Agesilao, dopo aver difeso la Tessaglia dagli attacchi ateniesi e tebani, mosse con il suo esercito verso la Beozia con l'intento di sconfiggere in una battaglia campale l'esercito della lega anti-spartana. Acquartieratosi in Beozia, l'esercito del re, composto principalmente dai reduci dei diecimila e dagli iloti liberati, ottenne in rinforzo una mora proveniente da Orcomeno e un'altra, a ranghi ridotti, trasportata dal golfo di Corinto.

La battaglia si svolse a Coronea, in territorio tebano. L'ala destra tebana ruppe le linee nemiche, sulla sinistra, invece, gli spartani misero in fuga gli alleati di Tebe. Di conseguenza, vedendo che il resto dell'esercito era stato sconfitto, i tebani ripiegarono ordinatamente verso il loro accampamento. Agesilao cercò di impedirlo e, scontratosi con l'avanguardia tebana, inflisse loro alcune perdite prima che questi potessero passare e ricongiungersi agli alleati[21][22] Il grosso delle truppe spartane fece ritorno nel Peloponneso.

Eventi successivi (393 a.C. - 388 a.C.)

Gli eventi del 394 a.C. lasciarono una situazione bilanciata: Sparta manteneva l'iniziativa terrestre, gli alleati il controllo dei mari; la coalizione non era riuscita a sconfiggere in una battaglia campale i lacedemoni ma questi non potevano attraversare la Grecia centrale senza combattere. In seguito a ciò, Sparta tentò di indurre Corinto e Argo ad uscire dalla coalizione e dal conflitto; gli alleati anti-spartani tentarono di preservare il loro fronte unito contro Sparta mentre Atene e Tebe consolidavano il proprio dominio rispettivamente nell'Egeo e in Beozia.

Aiuti persiani e rivoluzione a Corinto

Nel 393 a.C., Conone e Farnabazo navigarono verso la Grecia continentale costeggiando le coste della Laconia dove conquistarono l'isola di Citera. Poi, lasciato sull'isola un presidio, ripiegarono verso Corinto ove Conone distribuì i fondi concessigli dal Gran Re ed esortò gli altri alleati ad aver fiducia nell'aiuto persiano.

Ciò fatto, Farnabazo mandò Conone, con ingenti fondi e parte della flotta ad Atene affinché arruolasse operai e manodopera utile alla ricostruzione delle Lunghe Mura da Atene al Pireo, un progetto che era stato avviato da Trasibulo nel 394 a.C. La costruzione, completata anche con l'ausilio dei rematori, rafforzò il prestigio di Atene[23] la quale poté riconquistare in breve tempo le isole di Sciro, Imbro e Lemno dove furono poste alcune clerurchie[24].

Nel frattempo, scoppiò a Corinto una guerra civile tra la fazione democratica e quella oligarchica, dove i primi con l'appoggio degli argivi, cacciarono i secondi dalla città. Gli oligarchi, allora, si diressero alla base spartana di Sicione ad implorare aiuto mentre ateniesi e beoti promisero supporto ai democratici.

Poco tempo dopo, con un attacco notturno, gli spartani e gli esuli conquistarono Lecheo, il porto di Corinto sul Golfo omonimo e, la mattina seguente, sconfissero l'esercito democratico che tentava di riprendere le posizioni.[25][26]

Inizio delle conferenze di pace

Nel 392 a.C., gli Spartani inviarono un ambasciatore, l'eforo Antalcida, presso il satrapo Tiribazo per informarlo dell'intenzione di Conone di ricostruire l'impero ateniese e di conseguenza per convincerlo a togliere l'appoggio del Gran Re alla coalizione antispartana.

Gli Ateniesi, appresa la notizia, inviarono da Tiribazo lo stesso Conone e chiesero anche agli alleati Argo, Corinto e Tebe di inviare ambascerie al satrapo. Ne derivò una conferenza: gli spartani proposero una pace basata sull'indipendenza di tutti gli stati; gli alleati respinsero tale proposta poiché Atene desiderava mantenere le conquiste, Tebe il controllo della Beozia e Argo si proponeva di assimilare Corinto.

Fallita quindi la conferenza, Tiribazo, allarmato comunque delle intenzioni di Conone, lo pose in arresto e fornì segretamente a Sparta una somma di danaro affinché riarmasse una flotta[27]. Conone fuggì o fu liberato ma in ogni caso morì probabilmente a Cipro pochi mesi dopo[24].

Nello stesso anno, a Sparta, fu tenuta una seconda conferenza di pace, anche questa senza esito poiché: le proposte furono respinte dagli alleati, sia per le implicazioni del principio di autonomia, sia perché gli Ateniesi erano indignati dal fatto che i termini proposti avrebbero comportato l'abbandono della Ionia alla Persia[28].

Finita la conferenza di pace, Tiribazo tornò a Susa a riferire sugli eventi, venne destituito e in sua vece prese il comando il generale Struta.

Questi perseguì una politica anti-spartana inducendo il generale lacone Tibrone a devastare il territorio persiano finché fu ucciso insieme ai suoi soldati in un'imboscata architettata dallo stesso Struta[29].

Tibrone fu quindi sostituito da Difridate che continuò la strategia del predecessore ottenendo diversi piccoli successi e catturando anche il genero di Struta, senza prevalere, però nettamente sul nemico[30].

Sconfitta spartana a Corinto

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia del Lecheo.
 
Corinto e il territorio circostante.

A Corinto, il partito democratico continuò a reggere la città, mentre gli esuli ed i loro sostenitori spartani governavano Lecheo. Da qui gli Spartani potevano addentrarsi nel territorio corinzio. Così nel 391 a.C. Agesilao effettuò una campagna militare nella zona, conquistando diverse roccaforti, insieme a una grande quantità di prigionieri e bottino. Di rimando il generale ateniese Ificrate, con un esercito composto quasi interamente di truppe leggere e peltasti, ottenne una vittoria decisiva contro la divisione spartana di stanza presso il Lecheo.

Durante la battaglia, Ificrate approfittò della mancanza dei peltasti spartani per disturbare ripetutamente il reggimento con attacchi improvvisi e brevi, logorando lentamente gli Spartani fino a quando fuggirono e corsero via, momento in cui alcuni di loro furono uccisi. Agesilao tornò poco dopo questi fatti, ma Ificrate continuò a guerreggiare intorno a Corinto, riconquistando molte delle cittadelle che gli Spartani avevano catturato in precedenza, anche se non fu in grado di riprendere il Lecheo.[31] Egli compì anche una campagna contro Fliunte e l'Arcadia, sconfiggendo nettamente la prima e saccheggiando il territorio della seconda, quando gli oppose il rifiuto di combattere.[32][33]

Il saccheggio in territori protetti da Argo ebbe come conseguenza l'invio di un esercito arcade a Corinto che catturata l'acropoli, pose fine all'unione tra Argo e Corinto:[34] le pietre che segnavano il confine tra le due città furono abbattute e i rispettivi organi cittadini si fusero.[35]

Campagne militari successive

Dopo la vittoria di Ificrate vicino a Corinto, non furono più effettuate grandi campagne di terra in quella regione. Le operazioni militari continuarono nel Peloponneso e nel nord-ovest. Agesilao condusse una campagna con successo nel territorio argivo nel 391 a.C.[36] e lanciò due altre spedizioni importanti prima della fine della guerra. Nella prima di queste, nel 389 a.C., un corpo di spedizione spartano attraversò il Golfo di Corinto per attaccare l'Acarnania, membra dell'alleanza. Gli abitanti della regione si rifugiarono in montagna, rifiutando combattimenti diretti. Ben presto però, Agesilao fu in grado di attirarli in una battaglia campale nella quale, gli Acarnani, furono sconfitti subendo per di più un gran numero di perdite. Poi il comandante spartano tornò alla sua città navigando attraverso il Golfo di Corinto.[37] L'anno successivo, gli Acarnani strinsero una pace con gli Spartani per evitare ulteriori invasioni.[38]

Nel 388 a.C. Agesipoli condusse un esercito spartano contro Argo. Dal momento che nessun esercito argivo lo sfidò, saccheggiò la campagna per un periodo, poi, dopo aver ricevuto diversi presagi sfavorevoli, tornò in patria.[39]

Egina e il Pireo

Nel 389 a.C. gli Ateniesi attaccarono l'isola di Egina, al largo della costa dell'Attica. Gli Spartani allontanarono subito la flotta ateniese, ma questi continuarono a mantenere un presidio a terra. Antalcida comandante di una flotta spartana salpò da Rodi, ma venne bloccata ad Abido dai comandanti ateniesi del luogo. Gli Ateniesi ad Egina, nel frattempo, ben presto si trovarono sotto attacco e si ritirarono dopo alcuni mesi.[40]

Sempre una flotta spartana, il cui navarca era Gorgopa, tese un'imboscata alla flotta ateniese nei pressi di Atene, catturando diverse navi. Gli Ateniesi riorganizzatisi inviarono Cabria, il cui compito era di dirigersi a Cipro, sbarcò le sue truppe ad Egina e tese un agguato agli abitanti e ai loro alleati Spartani, uccidendo un buon numero di essi tra cui Gorgopa.[41]

Gli Spartani quindi inviarono un altro navarco di nome Teleutia ad Egina per prendere il comando della flotta; questi, notando che gli Ateniesi avevano abbassato la guardia dopo la vittoria di Cabria, eseguì un attacco a sorpresa nel Pireo, catturando numerose navi mercantili.[42]

Altre campagne nell'Egeo

Dopo la loro sconfitta a Cnido, gli Spartani cominciarono a ricostruire una flotta e dal 392 a.C. ripresero il controllo del golfo di Corinto[43] In seguito al fallimento delle conferenze di pace del 392 a.C. inviarono nell'Egeo una piccola flotta, al comando di Ecdico, con l'ordine di assistere gli oligarchi in esilio a Rodi. Quando Ecdico arrivò a Rodi trovò l'isola completamente dominata dai democratici, che disponevano di una flotta più grande della sua, decise perciò di ritirarsi a Cnido in attesa di rinforzi. Sparta spostò Teleutia e la sua flotta dal Golfo di Corinto. Approdò prima a Samo, dove radunò le triremi dell'isola e dopo aver preso il comando a Cnido anche delle navi di Ecdico, iniziò le operazioni contro Rodi.[44]

 
Una trireme greca.

Allarmati dalla flotta spartana, gli Ateniesi inviarono una squadriglia di 40 triremi comandato da Trasibulo. Questi, sapendo che avrebbe potuto vincere solo se non avesse affrontato frontalmente gli Spartani, salpò per l'Ellesponto. Quì, sconfisse diverse comunità anettendole ad Atene e imponendo una tassa sulle navi che salpavano da Bisanzio, ripristinando così, una fonte degli introiti che gli Ateniesi avevano perso alla fine della Guerra del Peloponneso. Poi navigò verso Lesbo, dove, con il supporto delle Mitileni, prese la guarnigione spartana sull'isola e sconfisse un numero significativo di città. Mentre era ancora a Lesbo, tuttavia, Trasibulo fu ucciso dai predoni provenienti dalla città di Aspendo.[45]

Dopo questi avvenimenti gli Spartani inviarono un nuovo navarco, Anassibio, ad Abido. Per un certo periodo di tempo riportò alcuni successi militari contro Farnabazo, catturando un certo numero di navi mercantili ateniesi che, preoccupati di perdere i vantaggi derivanti dalle operazioni condotte da Trasibulo, inviarono Ificrate nella regione. I due contingenti si limitarono, nei primi tempi, ad irrompere nei rispettivi territori di pertinenza, finchè Ificrate riuscì a carpire informazioni riguardanti il luogo dove Anassibio avrebbe portato le sue truppe di ritorno dalla campagna intrapresa contro Antandro. L'esercito spartano in formazione di marcia mentre attraversava l'aspro terreno tortuoso sulla strada del ritorno venne sorpreso un'imboscata in cui Anassibio assieme a molti altri trovarono la morte.[46]

La pace di Antalcida

  Lo stesso argomento in dettaglio: Pace di Antalcida.

Antalcida, nel frattempo, aveva avviato delle trattative con Tiribazo e aveva raggiunto un accordo in base al quale i Persiani sarebbero entrati in guerra al fianco degli Spartani se gli alleati avessero rifiutato la pace. Sembra che i Persiani, innervositi dalla politiva espansionistica ateniese e la loro ingerenza politica nello scacchiere orientale, tra cui il sostegno ad Evagora re di Cipro e ad Achoris d'Egitto, che erano in guerra con la Persia, decisero che la loro politica di indebolimento di Sparta, attraverso il sostegno dei suoi nemici, non era più vantaggiosa.[47] Dopo aver liberato Nicoloco, bloccato ad Abido dagli Ateniesi, Antalcida attaccò e sconfisse un contingente ateniese, unendo la sua flotta con una inviata da Siracusa; l'armata navale, ulteriormente potenziata dalle navi fornite dai satrapi del nord ovest dell'Anatolia, continuò a girare l'Ellesponto ostacolando le rotte commerciali che portavano grano ad Atene. Gli Ateniesi, memori della loro sconfitta subita nello scacchiere in questione durante la guerra del Peloponneso, decisero prontamente di stringere la pace.[48]

In questo contesto, quando Tiribazo convocò una conferenza di pace alla fine del 387 a.C., le fazioni in guerra erano pronte a discutere i termini dell'accordo. La struttura di base del trattato fu stabilita da un decreto del re persiano Artaserse:

«Re Artaserse pensa solo che le città in Asia dovrebbero appartenere a lui, così come Clazomene e Cipro tra le isole, e che le altre città greche, piccole e grandi, dovrebbero essere lasciate indipendenti, tranne Lemno, Imbro e Sciro; e queste dovrebbero appartenere, come nel passato, agli Ateniesi. Ma a seconda di quale delle due parti non accetta questa pace, a loro farò la guerra, insieme a coloro che desiderano questo accordo, sia per terra che per mare, con le navi e con il denaro.»

In una conferenza di pace generale tenutasi a Sparta, gli Spartani (la cui autorità era rafforzata dalla minaccia dell'intervento persiano) assicurarono l'accettazione del trattato da parte di tutti le principali poleis greche. L'accordo raggiunto fu comunemente conosciuto come la Pace del Re, il nome ne sottolinea l'influenza persiana. Questo avvenimento segnò il primo tentativo pace comune nella storia greca; secondo il trattato tutte le città dovevano essere indipendenti, una clausola che avrebbe dato maggior importanza alla città Lacedemone, come custode della pace.

Sotto la minaccia di un intervento spartano, Tebe sciolse la lega, mentre Argo e Corinto terminarono il loro tentativo di governo condiviso; Corinto, privata della sua forte alleata, fu incorporata di nuovo nella Lega peloponnesiaca. Dopo otto anni di combattimenti, la guerra di Corinto era finita.[49]

Conseguenze

Negli anni successivi, i due principali attori politici della pace, impero Achemenide e Sparta, sfruttarono al meglio la loro condizione di supremazia. Il primo, libero dalle interferenze ateniesi e spartane nelle province asiatiche, consolidò il suo potere sul Mar Egeo orientale e riannesse l'Egitto e Cipro nel 380 a.C. Mentre la seconda, si avvalse della clausola di autonomia della pace per rompere qualsiasi coalizione che venisse percepita come una minaccia. Gli alleati sleali furono duramente puniti: Mantinea, per esempio, fu suddivisa in cinque villaggi. Agesilao adottatò una politica aggressiva che vide gli Spartani effettuare campagne militari dal Peloponneso alla lontana penisola Calcidica. Il dominio spartano sulla Grecia continentale sarebbe durato altri sedici anni prima di venire distrutto dai Tebani a Leuttra.[50]

La guerra segnò anche l'inizio della rinascita di Atene come potenza nel mondo greco. Con le loro mura e la loro flotta ricostruite, gli Ateniesi furono in grado di volgere lo sguardo al di là del mare. Entro la metà del IV secolo, riorganizzarono l'Egeo in una comunità di Stati comunemente nota come Seconda lega delio-attica, recuperando almeno una parte di ciò che avevano perduto con la loro sconfitta nel 404 a.C.

La libertà dei greci ionici era stata un argomento caldo fin dall'inizio del V secolo, ma dopo la guerra di Corinto gli Stati della terraferma non effettuarono ulteriori tentativi di interferire sul il controllo persiano della regione. Dopo oltre un secolo di lotte, la Persia finalmente poté governare la Ionia per oltre cinquant'anni, fino all'avvento di Alessandro Magno.

Note

  1. ^ Hornblower, p. 391.
  2. ^ Fine, pp. 556–559.
  3. ^ Fine, p. 547.
  4. ^ Senofonte, III, 2, 25.
  5. ^ Pausania, III, 9, 2–4.
  6. ^ Senofonte, III, 4, 25–29.
  7. ^ Fine, p. 548.
  8. ^ Senofonte, III, 5, 2.
  9. ^ Senofonte, III, 5, 3-5.
  10. ^ Fine, pp. 548–549.
  11. ^ Senofonte, III, 5, 6–7.
  12. ^ Senofonte, III, 5, 17–25.
  13. ^ Diodoro, XIV, 82, 1–3.
  14. ^ Plutarco, 15
  15. ^ Senofonte, IV, 2, 1–8.
  16. ^ Senofonte, IV, 2, 16–23.
  17. ^ Diodoro, XIV, 83, 1–2.
  18. ^ Senofonte, III, 4, 27–29.
  19. ^ a b [Battle of Cnidus, (394 b.c.) 6 dicembre 2013].
  20. ^ Fine, pp. 546–547.
  21. ^ Senofonte, IV, 3, 15–20.
  22. ^ Diodoro, XIV, 84, 1–2.
  23. ^ Senofonte, IV, 8, 7-10.
  24. ^ a b Fine, p. 551.
  25. ^ Senofonte, IV, 4, 4.
  26. ^ Diodoro, XIV, 86. Secondo George Cawkwell, in questo caso, la cronologia di Diodoro è più precisa di quella di Senofonte, che tende a confondere gli eventi.
  27. ^ Senofonte, IV, 8, 12-15.
  28. ^ Fine, p. 551.
  29. ^ Senofonte, IV, 8, 17-19.
  30. ^ Senofonte, IV, 8, 20-22.
  31. ^ Senofonte, IV, 5, 19.
  32. ^ Senofonte, IV, 4, 15-16. Questi eventi sono descritti meglio da Senofonte, ma la successione temporale dataci da Diodoro Siculo è più attendibile.
  33. ^ Diodoro, XIV, 91, 3.
  34. ^ Diodoro, XIV, 92, 1.
  35. ^ Senofonte, IV, 4, 6.
  36. ^ Senofonte, IV, 4, 19.
  37. ^ Senofonte, IV, 6.
  38. ^ Senofonte, IV, 7, 1.
  39. ^ Senofonte, IV, 7.
  40. ^ Senofonte, V, 1, 1–7.
  41. ^ Senofonte, V, 1, 8–13.
  42. ^ Senofonte, V, I, 13–24.
  43. ^ Senofonte, IV, 8, 10–11.
  44. ^ Senofonte, IV, 8, 23–24.
  45. ^ Senofonte, IV, 8, 25–31.
  46. ^ Senofonte, IV, 8, 31–39.
  47. ^ Fine, pp. 554–555.
  48. ^ Senofonte, V, 1, 24–29.
  49. ^ Fine, pp. 556–557.
  50. ^ Fine, pp. 557–559.

Bibliografia

Fonti primarie
Fonti secondarie

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