Caso dell'Enrica Lexie

incidente diplomatico-giudiziario tra Italia e India

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Crisi diplomatica fra India e Italia del 2012-2014
La nave Enrica Lexie nel porto di Kochi
Data15 febbraio 2012 - in corso 2014
LuogoMare Arabico
CausaUccisione di due pescatori indiani attribuita a due militari italiani
Schieramenti
Voci di crisi presenti su Wikipedia

La crisi diplomatica fra India e Italia del 2012-2014 è una controversia internazionale riguardante la morte di due pescatori indiani avvenuta nel Mar Arabico il 15 febbraio 2012, al largo della costa del Kerala (sud dell'India). Di questo episodio esistono due versioni discordanti. Secondo la versione ufficiale italiana, nel corso di un'operazione di scorta volta a contrastare atti di pirateria, alcuni membri del nucleo militare di protezione (NMP) della Marina Militare italiana presenti a bordo della petroliera Aframax Enrica Lexie ed appartenenti al corpo dei marò sarebbero stati costretti ad usare graduali misure di dissuasione contro un'imbarcazione da pesca con a bordo 5 persone armate che avrebbero mostrato evidenti intenzioni di attacco, arrivando ad usare le armi in dotazione con tre serie di colpi d'avvertimento.[1] Secondo la versione indiana l'incidente avrebbe causato la morte di Ajesh Pink e Valentine, altrimenti detto Gelastine, nativi rispettivamente del Tamil Nadu e del Kerala, imbarcati su un peschereccio impiegato in normali operazioni di pesca.[2][3]

L'incidente ha provocato uno scontro diplomatico tra Italia ed India, dopo l'immediata apertura di un'indagine per omicidio e il successivo arresto dei due sottufficiali di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone: le autorità italiane, infatti, sostengono la giurisdizione italiana sul caso, in conformità al diritto internazionale generale e convenzionale, in quanto il fatto sarebbe avvenuto in acque internazionali su una nave battente bandiera italiana, ed essendovi coinvolti militari italiani, operanti nell'ambito di un'operazione antipirateria raccomandata da norme internazionali.[3] Secondo le autorità indiane, l'incidente sarebbe invece avvenuto nella cosiddetta fascia contigua, in cui vige comunque il diritto di giurisdizione dello Stato costiero.[4]

L'incidente

 
Mappa delle aree minacciate da pirati nell'oceano Indiano

Il 15 febbraio 2012 al largo delle coste indiane del Kerala, la petroliera battente bandiera italiana Enrica Lexie, in trasferimento da Galle (Sri Lanka) a Gibuti, con un equipaggio di 34 tra ufficiali, sottufficiali e comuni, inclusi 19 indiani, accompagnati da 6 fucilieri di marina del 2º Reggimento "San Marco" della Marina Militare in missione di protezione della nave mercantile nelle acque internazionali a rischio di pirateria, è stata avvicinata, con manifesta intenzione d’attacco, da un natante.[5]

L’imbarcazione non identificata, procedeva nella sua direzione senza rispettare l’alt intimato dai segnali luminosi del mercantile italiano, che rappresentano un codice di comunicazione tra navi, necessario per identificarsi a distanza in quelle acque ad alto rischio pirateria. Nel corso dell’episodio i militari del reggimento San Marco imbarcati sulla Enrica Lexie, con compiti antipirateria, hanno esploso alcuni colpi di avvertimento per mettere in fuga l’imbarcazione sospetta. Successivamente, il peschereccio St. Antony, che aveva lasciato Neendakara, nello Stato del Kerala con un equipaggio di 11 persone per la pesca del tonno, rientrava nel porto di Kochi (sulla medesima costa del Kerala), con due marittimi uccisi da diversi colpi di arma da fuoco.

La Enrica Lexie al porto di Kochi

La Guardia Costiera indiana comunicava alla Enrica Lexie di avere fermato un'imbarcazione coinvolta nell'evento, chiedendo alla petroliera di tornare indietro per un riconoscimento dei presunti pirati. La Enrica Lexie, avvertito l'armatore e preventivamente informata la catena di comando militare nazionale, invertiva la rotta per venire in contatto con la Guardia Costiera indiana, da cui era scortata nella rada di Kochi, nelle acque territoriali indiane. Successivamente, l'armatore della Enrica Lexie informava l'Unità di Crisi della Farnesina in merito ad una comunicazione del comandante della petroliera che riferiva dell'intenzione della Guardia Costiera indiana di salire a bordo.

Il comandante chiedeva che tale incontro potesse avvenire la notte stessa, per riprendere la navigazione il giorno seguente, ma la Guardia Costiera indiana riferiva al comandante di non potere rispettare tali tempi. Il Ministero degli Esteri, d'intesa con la Marina Militare, istantaneamente informava dell'accaduto l'ambasciata a New Delhi per intervenire sulle autorità indiane. L'ambasciatore a New Delhi disponeva di inviare a Kochi il console generale a Mumbai, competente per il Kerala, immediatamente recatosi sul luogo, viaggiando sul primo volo disponibile.

Il 16 febbraio il console era già a bordo della Enrica Lexie e poteva avviare l'azione di difesa degli interessi italiani. L'azione del console a bordo, dapprima da solo, poi già dal giorno seguente assistito dall'addetto militare, da un legale di Delhi, nonché da un gruppo di ufficiali di Marina giunto da Roma, ha consentito, in stretto coordinamento con l'ambasciata a Delhi e con il Ministero degli Esteri, di tenere sotto controllo la situazione, evitando che precipitasse, per ben 72 ore: un tempo lunghissimo, viste le incessanti, minacciose insistenze della polizia del Kerala, che ha per tutto il tempo presidiato la nave con uomini armati.

Contestualmente, proseguiva a Roma l'azione del Ministero degli Esteri con la convocazione di una riunione interministeriale (Difesa, Esteri, Giustizia) presso la Farnesina, per definire una strategia comune. Il 19 febbraio le autorità del Kerala procedevano all’arresto di due marò del reggimento San Marco, il capo di prima classe Massimiliano Latorre e il secondo capo Salvatore Girone, accusandoli di aver ucciso i due pescatori.[6]

Indagini e testimonianze

Secondo fonti indiane, l'incidente è avvenuto a circa 20,5 miglia nautiche dalla costa del Kerala, come da sentenza della Corte Suprema Indiana in data 18 gennaio 2013, circa alle 16:30 del 15 febbraio. Fonti ufficiali italiane riportano invece che l’incidente ha avuto luogo a circa 30 miglia a ovest dalla costa meridionale indiana nell'oceano Indiano.[5] Altre fonti riportano un resoconto diverso dell'accaduto.[2][7]

Secondo la guardia costiera indiana, fonti del governo indiano e l'equipaggio del peschereccio Saint Antony, l'incidente è avvenuto all'incirca alle 16:30 UTC+5:30 (h 12:00, ora italiana) quando il peschereccio stava tornando da una spedizione di pesca. Umberto Vitelli, il comandante della Enrica Lexie, e l'equipaggio italiano affermano che è stato aperto il fuoco per autodifesa contro pirati armati e che l'episodio è avvenuto in acque internazionali. Il comandante dell'Enrica Lexie e i soldati italiani affermano che una barca di pirati armati si è avvicinata alla petroliera e i soldati hanno sparato solo dei colpi di avvertimento perché avevano previsto l'abbordaggio della nave. I colpi d'avvertimento sono stati sparati non contro un peschereccio, ma contro una nave pirata.[8][9][10]

Secondo una ricostruzione pubblicata dal quotidiano La Repubblica, quando il peschereccio è a 800 metri dalla Lexie “Latorre e il sergente Girone si adoperano per effettuare segnalazioni luminose sicuramente visibili dall’esterno e mostrano in maniera evidente le armi al di sopra del loro capo. Il comandante della nave Umberto Vitelli attiva l'allarme generale, al quale sono combinati anche i segnali sonori antinebbia (sirene), avvisa via interfono l'equipaggio che si tratta di un attacco pirata".[11] A questo punto un evento decisivo: "Girone identifica otticamente tramite binocolo la presenza di persone armate a bordo del motopesca.

In particolare si accorge che almeno due dei membri dell'equipaggio sono dotati di armamento a canna lunga portato a tracolla con una postura evidentemente tesa ad effettuare un abbordaggio della nave".[11] "È singolare che, pur avendo diritto di precedenza, una piccola imbarcazione facilmente manovrabile rimanga su rotta di collisione con una petroliera fino a meno di 100 metri, esponendosi ad enormi rischi per la navigazione (...). Tali evidenze hanno fatto valutare come una minaccia il comportamento del natante da parte del personale presente a bordo di E. Lexie".[11] Secondo tale versione i militari italiani si sono risolti a sparare solo dopo che la barca era stata avvisata con segnalatore ottico e acustico ed erano state avvistate delle armi. Ma nella dichiarazione di Umberto Vitelli alla polizia indiana, egli afferma che ordinò a tutta forza e attivò il segnalatore acustico e lo stato di allarme generale, solo dopo avere sentito gli spari, aggiungendo che non si aspettava che i militari avrebbero aperto il fuoco.[12] Gli italiani affermano che l'incidente è avvenuto in acque internazionali e che la barca non era la stessa in cui i pescatori sono stati uccisi lo stesso pomeriggio.[8]

Nel memorandum d'indagine presentato dai due marò italiani all'Alta Corte del Kerala per l'annullamento del FIR (First Information Report) emesso contro di loro, si legge: "Il comandante ha aumentato la velocità della nave a 14 nodi (circa 28 km/h) e ha ridotto la velocità a 13 nodi una volta evitato l'attacco dei pirati. Il comandante ha inoltre attivato l'allarme di sicurezza della nave (Ship Security Alert System) che ha inviato segnali al "Centro di coordinamento per il recupero marino" (Maritime Rescue Coordination Centre). Il comandante ha riportato l'incidente sulla mappa che combina e trasferisce informazioni alla comunità, incluse numerose marine che combattono la pirateria, inclusa la base della marina indiana. È stato poi redatto il rapporto militare. Un rapporto è stato inviato al MSCHOA (Maritime Security Centre Horn of Africa) nel Regno Unito. Una volta evitato l'attacco la nave ha continuato secondo la rotta prestabilita."[13]

Il capitano e proprietario della St. Antony, Freddie Louis, ha diversamente affermato che l'imbarcazione stava rientrando da una spedizione di pesca e che stava attendendo il passaggio della petroliera quando gli uomini della squadra di sicurezza sulla nave italiana hanno sparato "senza provocazione". Secondo lo stesso, la sparatoria è durata per due minuti, uccidendo immediatamente il conduttore Gelastine e ferendo Ajesh Binki; poco dopo il peschereccio si è allontanato dalla portata di tiro. Binki è morto per le ferite riportate.[7][14]

Parlando ad un canale televisivo indiano il 18 maggio 2012, il sottosegretario del Ministero degli affari esteri italiano, Staffan de Mistura, ha affermato: "Loro (soldati della marina italiana) hanno cercato di inviare dei segnali. Hanno sparato in acqua e sparato dei colpi di avvertimento ed alcuni sono andati nella direzione sbagliata". Ha descritto la morte dei due pescatori nella sparatoria come un'"uccisione accidentale" e "un incidente sfortunato di cui tutti si rammaricano. I nostri soldati non volevano che questo accadesse, ma sfortunatamente è successo".[15][16][17][18][19]

L'arresto dei due marò

Dopo l'incidente, le autorità del Kerala invitavano, con un pretesto, la Enrica Lexie, che era in acque internazionali (a 22 miglia marine dalla costa, nella cosiddetta fascia contigua), nel porto di Kochi[20] dove la polizia indiana ha interrogato il 17 febbraio equipaggio e militari italiani e ha successivamente proceduto all’arresto di due marò del reggimento San Marco, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, accusandoli di aver ucciso i due pescatori.[21]

Il 19 febbraio 2012 il capo di prima classe Massimiliano Latorre e il secondo capo Salvatore Girone sono stati messi sotto custodia fino al 23 febbraio. Successivamente sono stati posti in custodia giudiziaria per i successivi undici giorni, fino al 5 marzo 2012, quando sono stati trasferiti al penitenziario di Thiruvananthapuram. Dopo oltre 100 giorni di detenzione sono stati rilasciati il 2 giugno dietro cauzione, con divieto di lasciare il Paese[22].

Nel dicembre 2012 i due militari hanno ottenuto un permesso per passare le vacanze di Natale con la propria famiglia, giurando davanti all'alta corte del Kerala. Sono poi rientrati regolarmente a Kerala al termine del permesso il 4 gennaio 2013. Il 17 gennaio dello stesso anno, la Corte suprema indiana nega la giurisdizione del Kerala perché secondo la Corte l'incidente è avvenuto in acque internazionali e decide che i due marò dovranno essere giudicati da un tribunale speciale, e l'indomani i due fucilieri sono stati trasferiti a Delhi.

Il braccio di ferro diplomatico tra India e Italia

I militari italiani hanno ottenuto un secondo permesso di quattro settimane per poter prendere parte alle elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013. La crisi si è accentuata l'11 marzo 2013 quando il Ministro degli esteri Giulio Terzi di Sant'Agata ha annunciato che i due militari non sarebbero tornati in India dal momento che secondo le autorità italiane, per il diritto internazionale marittimo e i trattati in materia (tra i quali la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare alla quale aderiscono sia Italia che India), la giurisdizione relativa ai fatti appartiene all'Italia.

Il governo indiano reagisce duramente vietando all'ambasciatore italiano in India di uscire dal paese. La discussione viene fatta anche nelle sedi istituzionali, infatti il Premier Mario Monti è intervenuto alla Camera dopo le dimissioni del ministro degli Esteri(Articolo su Huffingtonpost). La decisione italiana è ribaltata pochi giorni dopo: il 21 marzo 2013, infatti, il governo Monti decide di far tornare i due sottufficiali italiani in India dopo aver ottenuto garanzie sulla tutela degli stessi, che saranno giudicati da un tribunale speciale indiano. Rientrati il 22, vengono ospitati nell'ambasciata italiana a Delhi, con obbligo di firma settimanale in un posto di polizia della capitale. Questa decisione del presidente del Consiglio Monti è alla base delle dimissioni del ministro degli Esteri Giulio Terzi[23]

Controversie ed interpretazioni giuridiche

Lo sbarco in India

È stato affermato più volte da autorità ufficiali italiane che la decisione di entrare nelle acque territoriali indiane fu condivisa e che fu conseguenza dell'inganno posto in essere dall'autorità marittima indiana che indusse la nave Enrica Lexie a fare ciò con la richiesta di collaborare nella identificazione di alcuni sospetti pirati fermati nell’area in cui l’unità era stata attaccata.[3] L’autorizzazione a procedere verso le acque territoriali indiane - come riferito in Parlamento dal Governo Monti anche in occasione di risposte fornite ad interrogazioni parlamentari - è stata data dalla compagnia armatrice, una volta contattata dal comandante della nave (in linea con il Codice della Navigazione e con il protocollo d'intesa Difesa-Confederazione Italiana Armatori).[24]

Il rapporto della Olympic Flair

Secondo un rapporto della International maritime organization, poche ore dopo che i militari aprissero il fuoco contro l’imbarcazione dei presunti pirati, un mercantile greco, la Olympic Flair, simile per colore e stazza alla Enrica Lexie, che aveva spento il sistema di rilevamento Ais, denunciò un attacco di pirati mentre si trovava a dieci miglia dal porto di Kochi. Una ricostruzione giornalistica si interroga sulla possibilità, che i colpi che hanno ucciso i due pescatori indiani siano partiti da questa nave.[25]

La perizia che scagionerebbe i marò

Luigi De Stefano, perito di parte civile nel processo per il DC 9 abbattuto nel cielo di Ustica, basandosi sui fori dei proiettili indicati da Freddy Bosco, capitano e proprietario del natante indiano, nelle immagini trasmesse da autorevoli testate TV internazionali ha calcolato con l’aiuto di proiezioni tridimensionali la direzione di provenienza dei proiettili che hanno colpito il peschereccio. I fori dei proiettili, indicati da Freddy Bosco nelle immagini prese dai filmati trasmessi da BBC e di Bloomberg, possono essere stati prodotti solo da un’arma che tirava in orizzontale e non da una posta a oltre 23 metri di altezza sul mare, l’altezza del ponte della Enrica Lexie dove si trovavano i marò che proteggevano la nave.

Questa ricostruzione nega, come sempre sostenuto dai due marò, che essi abbiano sparato contro il peschereccio su cui si trovavano i due sfortunati pescatori indiani. Latorre e Girone avevano dichiatato fin dall’inizio di avere spararato in acqua quando un piccolo scafo, non il Saint Antony, si era avvicinato pericolosamente alla nave. Occorre anche segnalare che, per stessa ammissione della Guardia Costiera indiana, quel giorno altre navi incrociavano quelle acque, navi che non sono state oggetto di controlli da parte delle autorità indiane. Secondo i calcoli di Di Stefano l’angolo di tiro dei proiettili che hanno causato i fori sul Saint Antony era di 0,76 gradi, mentre l’angolo di tiro dal ponte della petroliera a 500 metri di distanza sarebbe stato di 4,76 gradi e a 100 metri di 24,91 gradi. Secondo il primo telex inviato sull’accaduto da Massimiliano Latorre, le raffiche di avvertimento furono sparate rispettivamente da una distanza di circa 500 e 100 metri dall'imbarcazione.[26]

Questa perizia, ripresa da varie testate giornalistiche[27] e presentata ufficialmente anche in sede istituzionale presso la Camera dei Deputati, è stata successivamente messa in serio dubbio da alcune ricerche, da cui è risultato l'uso da parte del suo estensore di fonti esclusivamente secondarie, ed anche la qualifica di ingegnere di Luigi De Stefano è risultata insostenibile.[28]

La linea diplomatica italiana

La linea sostenuta dall’Italia, che ha sempre cercato di non entrare specificatamente nel merito della vicenda e delle indagini, è che l’episodio sia avvenuto in acque internazionali (dove vige il diritto dello Stato la cui nave batte bandiera) e che i due marò in quel momento stessero esercitando funzioni di militari in missione all'estero e che dunque agissero per conto dello Stato italiano; in tale veste essi godono dell'immunità della giurisdizione rispetto agli Stati stranieri. D'altra parte, lo Stato del Kerala ha fin dall'inizio considerato il fatto di propria competenza, in quanto i due pescatori uccisi erano di nazionalità indiana, ed operanti in ambito di fascia contigua, quindi comunque di propria giurisdizione. La strategia diplomatica italiana è stata quella di affrontare la questione su un piano internazionale.

È stato ad esempio sostenuto che l’episodio si sarebbe potuto trasformare in un “pericoloso precedente” per le missioni antipirateria in cui è fondamentale la cooperazione internazionale. Le autorità italiane, attraverso il sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura, si sono opposte con forza alla decisione presa dalle autorità indiane di rinchiudere i due militari italiani in un centro di detenzione per detenuti comuni, il carcere di Trivandrum, trattando con il direttore dell’istituto di pena, per ottenere una soluzione più adeguata. Tre settimane dopo l’inizio della vicenda, anche l’Unione europea si è schierata a supporto dell’Italia nella sua azione diplomatica per giungere, secondo le parole di Catherine Ashton, Alto Rappresentante per la politica estera della UE “ad una soluzione soddisfacente”.[6]

La questione diplomatica

L'editorialista ed ex diplomatico Sergio Romano sul Corriere della Sera ha sostenuto che "secondo la Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche[29], gli agenti diplomatici sono immuni da azioni giudiziarie, ma non nel caso in cui siano «attori». È possibile che il documento firmato dall’ambasciatore Mancini (una certificazione giurata) sia considerato dalla Corte suprema indiana un coinvolgimento e che la sua presenza in aula fosse per questa ragione ritenuta indispensabile? Possiamo conoscerne il testo?"[30] e mettendo in dubbio l'immunità del diplomatico italiano.

Secondo il sindacato dei diplomatici italiani (Sndmae) "la decisione delle autorità indiane volta a limitare le sue possibilità di movimento contrasta palesemente con quanto stabilito dagli articoli 29, 31, 44 della Convenzione di Vienna del 1961, ratificata dall'India in data 14 novembre 1965 e che, non a caso il citato articolo 44 stabilisce che anche in caso di conflitto armato lo Stato di accreditamento debba agevolare l'agente diplomatico che intenda lasciarne il territorio[31]. Con il rientro in India dei due sottufficiali della San Marco la questione si è chiusa.

Il diritto internazionale

Il G8 che si è svolto a Washington nell’aprile del 2012 ha riaffermato, nel suo documento finale, il principio che attribuisce alla bandiera delle navi il diritto di giurisdizione in caso di incidente in acque internazionali: un endorsement formale alla posizione sostenuta dall’Italia nel negoziato con l’India, correlato dalla firma degli otto ministri degli esteri.[6]

Area a rischio pirateria

L’area rientra infatti in una delle zone ad alto rischio pirateria, individuata già nel 2011 dall‘International Transport Workers Federation (ITF) nel tratto che va dalle coste somale verso est, sino al meridiano 76 e verso sud al parallelo 16, e quindi in acque internazionali direttamente confinante con le acque territoriali indiane. Nelle aree ad alto rischio pirateria: i mercantili sono invitati ad adottare le misure di autoprotezione raccomandate dall'IMO (International Maritime Organization); i marittimi imbarcati percepiscono un raddoppio delle indennità giornaliere e gli armatori pagano premi di assicurazione maggiorati.[6]

Cronologia dei fatti

  • 15 febbraio 2012 - Due pescatori indiani muoiono al largo di Kochi nello stato indiano del Kerala. lo Stato maggiore della Marina italiano comunica che gli uomini della sicurezza della petroliera Enrica Lexie avevano respinto un attacco di pirati in acque internazionali. La guardia costiera indiana comunica, quindi, alla Enrica Lexie di avere fermato un'imbarcazione coinvolta nell'evento, chiedendo alla petroliera di tornare indietro per un riconoscimento dei presunti pirati. La petroliera viene intercettata da due motovedette e da un aereo da ricognizione e fatta attraccare nel porto di Kochi[1].
  • 17-19 febbraio 2012 - La polizia di Kerala presidia la nave con uomini armati.
  • 19 febbraio 2012 - I due marò vengono trasferiti a terra nel porto di Kochi in maniera unilaterale e coercitiva. Da allora vengono alloggiati nella guest house della polizia locale di Kochi.
  • 28 febbraio 2012 - Il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata si reca in visita ufficiale a Nuova Delhi e fa visita ai due fucilieri a Kochi. Il caso viene seguito da allora dal sottosegretario Staffan de Mistura. L'Italia rivendica la competenza giuridica perché il caso riguarda una nave italiana, dei militari italiani in operazione internazionale in acque internazionali e non indiane.
  • 5-6 marzo 2012 - Il tribunale di Kollam dispone il trasferimento dei fucilieri nel carcere ordinario di Trivandrum.
  • 25 maggio 2012 - I fucilieri vengono trasferiti alla Borstal School di Kochi.
  • 30 maggio 2012 - L'Alta Corte del Kerala di Trivandrum concede la libertà su cauzione di dieci milioni di rupie (143.000 euro) ciascuno ai due fucilieri, l'obbligo di firma giornaliero e l'obbligo di non allontanarsi dalla zona di competenza del commissariato locale oltre che ad avere garanti due cittadini di nazionalità indiana[32]. I due fucilieri quindi vengono trasferiti all'albergo Trident di Fort Kochi.
  • 20 dicembre 2012-4 gennaio 2013 - Licenza per le vacanze natalizie per i due fucilieri che tornano in Italia, i due fucilieri arrivano in Italia il 22 dicembre accolti all'aeroporto di Ciampino dal presidente del Senato, Renato Schifani e al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano[33][34].
  • 17 gennaio 2013 - La Corte suprema indiana nega la giurisdizione del Kerala perché secondo la Corte l'incidente è avvenuto fuori dalle acque territoriali e decide che i due marò dovranno essere giudicati a Delhi da una Corte speciale[35]
  • 22 febbraio 2013 - Ai due fucilieri viene dato un permesso di un mese per andare in Italia e votare alle elezioni politiche
  • 9 marzo 2013 - Il governo indiano inizia l'istituzione di un tribunale speciale a Nuova Delhi per il caso dei due fucilieri.
  • 11 marzo 2013 - Il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata annuncia che i fucilieri non faranno ritorno in India il 23 marzo.
  • 19 marzo 2013 - Il governo indiano annuncia che sarà limitatata la libertà dell'ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini. La politica Sonia Gandhi reagisce contro l'Italia e l'Unione europea e afferma che il governo indiano deve lasciare libero l'ambasciatore[36][37]
  • 20 marzo 2013 - I due sottufficiali sono indagati dalla Procura militare di Roma per violata consegna e dispersione di armamento militare[38]
  • 21 marzo 2013 - Il ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant'Agata annuncia che i fucilieri torneranno in India, dato che l'Italia ha avuto tutte le garanzie del caso.
  • 22 marzo 2013 - I fucilieri arrivano in mattinata in India, l'ultimo giorno di scadenza del permesso; sono accompagnati dal sottosegretario Staffan de Mistura e da allora alloggiano nell'Ambasciata italiana di Nuova Delhi. Il ministro degli esteri indiano Salman Khurshid assicura che non sarà applicata la pena di morte. L'Alta Corte di Nuova Delhi in accordo con il ministero della giustizia indiano Ashwani Kumar per la costituzione del Tribunale Speciale giudicante[39].
  • 23 marzo 2013 - Il governo indiano afferma che non è stata data alcuna garanzia sulla sentenza, ma il sottosegretario degli esteri Staffan de Mistura afferma che ha un'assicurazione scritta del governo indiano sulla non applicabilità della pena di morte nei confronti dei due fucilieri[39].
  • 25 marzo 2013: I due sottufficiali italiani in una lettera aperta si appellano ai politici: "Unite le forze e risolvete questa tragedia"[40].
  • 26 marzo 2013 - Il ministro Giulio Terzi di Sant'Agata annuncia alla Camera le dimissioni da ministro in quanto in disaccordo con la decisione del Governo Monti di far rientrare i due fucilieri in India, lo stesso giorno riferisce alla Camera anche il ministero della difesa Giampaolo Di Paola che rinuncia a presentare le proprie dimissioni[41][42].
  • 9 agosto 2013 - I due marò non rilasciano dichiarazioni alla National Investigation Agency, la polizia federale indiana che si occupa delle indagini su disposizioni della Corte Suprema[43].
  • 16 settembre 2013 - L'India chiede di poter interrogare gli altri fucilieri presenti all'incidente. L'Italia non vuole inviarli a New Delhi ed è pronto a rivolgersi alla Corte Suprema Indiana[44].
  • 10 gennaio 2014 - Si rincorrono voci sulla possibile applicazione della pena capitale da parte delle autorità giudiziarie indiane [45].

Note

  1. ^ a b Atto Parlamentare - Interrogazione a risposta scritta 4-15000 On. Evangelisti, su banchedati.camera.it. URL consultato il 16 aprile 2013.
  2. ^ a b India police open murder case against Italian ship crew, BBC News, 17 febbraio 2012.
  3. ^ a b c Atto parlamentare n. 4-07011 del Sen. LI GOTTI, su banchedati.camera.it. URL consultato il 3 aprile 2013.
  4. ^ Vincenzo Cassano, I due marò: un problema di giurisdizione in alto mare, in Epoch Times Italia, 24 gennaio 2013. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  5. ^ a b Atto Parlamentare n. 2-01381 On. Melchiorre, su banchedati.camera.it. URL consultato il 3 aprile 2013.
  6. ^ a b c d Temi dell'attività Parlamentare, La controversia con l'India sui due marò imbarcati sulla 'Enrica Lexie'
  7. ^ a b tehelka: Standoff between Kerala police and Italian ship continues, su tehelka.com, Tehelka, 18 febbraio 2012.
  8. ^ a b Italian vessel erred in judgment, The Hindu, 18 febbraio 2012.
  9. ^ Italian ship crew taken into custody, su ndtv.com, NDTV, 19 febbraio 2012.
  10. ^ Francesco Brunello Zanitti Il caso dei due pescatori indiani e la crisi diplomatica tra Italia e India, su geopolitica-rivista.org, geopoliticarivista.org, 27 febbraio 2012.
  11. ^ a b c Marò, la verità degli italiani su quei 33 minuti. Il giallo: i fucili erano quelli di altri soldati, in La Repubblica, 6 aprile 2013.
  12. ^ Murder trial of Italian marines in India navigates murky waters, su in.reuters.com, Reuters, 10 giugno 2013.
  13. ^ Did captain Vitelli fuel piracy paranoia on board Enrica Lexie ?, Times of India, 3 marzo 2012.
  14. ^ Gulf Times: Two killed as Italian ship fires on Indian fishing boat, su gulf-times.com, Gulf Times, 16 febbraio 2012.
  15. ^ Italy for international law in marines' case, su zeenews.india.com, Zee News, 18 maggio 2012.
  16. ^ Italy sore over charge sheet against marines, su thehindu.com, The Hindu, 19 maggio 2012.
  17. ^ Italy for steps to ensure fishermen's safety, su thehindu.com, The Hindu, 18 maggio 2012.
  18. ^ Francesco Brunello Zanitti Il caso dei due pescatori indiani e la crisi diplomatica tra Italia e India, su geopolitica-rivista.org, geopoliticarivista.org, 27 febbraio 2012.
  19. ^ Francesco Brunello Zanitti Caso marò: "Il diritto internazionale dà ragione all'Italia". Intervista al giurista Paolo Bargiacchi, su geopolitica-rivista.org, geopoliticarivista.org, 19 Marzo 2012.
  20. ^ Marò italiani uccidono due pescatori indiani La Marina: “Segnali ostili tipici dei pirati”, in Il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2012. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  21. ^ Temi dell'attività Parlamentare, La controversia con l'India sui due marò imbarcati sulla 'Enrica Lexie'
  22. ^ Corriere della Sera, 23 marzo 2013
  23. ^ Anticipazione dello speciale di Panorama sulla vicenda Terzi/Marò
  24. ^ Protocollo di intesa Difesa-CONFITARMA (PDF), su marina.difesa.it. URL consultato il 3 aprile 2013.
  25. ^ Alessandro Farruggia, La guerra delle ricostruzioni. I tre misteri ancora da risolvere, in Quotidiano Nazionale. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  26. ^ I colpi non arrivano dall'alto. Una super perizia scagiona i maro, su news-notizie.wineuropa.it, 26 aprile 2013.
  27. ^ Gianandrea Gaiani, La perizia sui marò in India: «Non hanno sparato loro. L'accusa si basa su un proiettile inesistente», in Il Sole 24 ore, 25 marzo 2012. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  28. ^ Luca Pisapia, Marò italiani, spunta la perizia del finto ingegnere targato Casapound, in Il Fatto Quotidiano, 5 gennaio 2013. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  29. ^ http://www.admin.ch/ch/i/rs/i1/0.191.01.it.pdf
  30. ^ Il caso dei marò in India, per favore raccontateci tutto, in Il Corriere della Sera, 25 marzo 2013.
  31. ^ India, la Farnesina: «Italiani, prudenza», in Il Corriere della Sera, 15 marzo 2013. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  32. ^ India, Fucilieri: libertà su cauzione concessa a condizioni molto rigide
  33. ^ I marò sono tornati in Italia, in Il secolo XIX, 22 dicembre 2012. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  34. ^ I marò a Roma:«Finalmente aria di casa» Napolitano li riceve al Quirinale, in Il Corriere della Sera, 22 dicembre 2012. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  35. ^ India, i marò giudicati da tribunale speciale: “Incidente in acque internazionali”, in Il Fatto Quotidiano, 18 gennaio 2013. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  36. ^ Sonia Gandhi avverte:"Nessuno sottovaluti l'India" Ue: "Lasciare libero l'ambasciatore italiano", in Quotidiano Nazionale, 19 marzo 2013. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  37. ^ Caso marò. L'ambasciatore italiano in India perde l'immunità, in America Oggi, 19 marzo 2013. URL consultato l'11 gennaio 2014.
  38. ^ Marò convocati dalla procura militare di Roma Latorre e Girone indagati per "violata consegna", in La Repubblica, 20 marzo 2013. URL consultato l'11 gennaio 1014.
  39. ^ a b Ministro giustizia India «Nessuna garanzia per i marò su pena di morte», in La Gazzetta del Mezzogiorno, 23 marzo 2013. URL consultato l'11 gennaio 1014.
  40. ^ MARÒ, LA LETTERA DI LATORRE AI POLITICI: "RISOLVETE QUESTA TRAGEDIA", in Leggo, 25 marzo 2013. URL consultato il 12 gennaio 2014.
  41. ^ Marò in India, bufera in Italia “Siamo militari, si va avanti”, in La Stampa, 22 marzo 2013. URL consultato il 12 gennaio 2014.
  42. ^ Marò, De Mistura: "No rischio pena di morte" L'india: solo perché non è previsto, in TGcom24, 23 marzo 2013. URL consultato il 12 gennaio 2014.
  43. ^ Gianandrea Gaiani, India, i due marò non rispondono agli investigatori ma aumentano i dubbi sulle accuse a loro carico, in Il Sole 24 ore, 10 agosto 2013. URL consultato il 12 gennaio 2014.
  44. ^ Luisa De Montis, Marò, stallo nelle indagini Governo pronto a rivolgersi alla Corte suprema, in Il Giornale, 17 settembre 2013. URL consultato il 12 gennaio 2014.
  45. ^ Maurizio Salvi, Letta: a fianco marò fino a quando li riporteremo casa, in Ansa, 10 gennaio 2014. URL consultato il 12 gennaio 2014.

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