Lingua sicula
La lingua sicula è una lingua indoeuropea estinta, scarsamente attestata. Era parlata da popolo dei Siculi nella Sicilia orientale a partire dall'inizio del II millennio a.C.[1][2]; comunente si ritiene che appartenga alle lingue latino-falische, cioè che sia membro della stessa famiglia linguistica indoeuropea del latino e del falisco[3], sebbene l'esiguità delle testimonianze renda l'effettiva classificazione filogenetica ancora oggetto di dibattito da parte degli indoeuropeisti.
Siculo † | |
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Parlato in | Sicilia orientale |
Periodo | dal II millennio a.C. |
Parlanti | |
Classifica | estinta |
Altre informazioni | |
Scrittura | alfabeto greco |
Tassonomia | |
Filogenesi | Lingue indoeuropee Latino-falisco (?) Siculo |
Codici di classificazione | |
ISO 639-3 | scx (EN)
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Classificazione
Il primo studioso ad assegnare il siculo alla medesima famiglia del latino fu Karl Julius Beloch a fine XIX secolo[4] e la sua ipotesi fu in seguito accolta, tra gli altri, da Giacomo Devoto, che considerava il siculo il ramo della famiglia protolatina insediato più a meridione, testimonianza di un antico continuum in seguito interrotto dalla più recente immigrazione nella Penisola italica delle genti osco-umbre[5]: «[i] dati linguistici [...] considerano la lingua dei Siculi come una lingua non solo indoeuropea ma di tipo latino e non italico[6], in base tra l'altro alla formazione dei nomi di persona»[1].
Altri studi (seppur altamente confutabili) affermano invece che la lingua sicula, pur da considerarsi indoeuropea, sia riconducibile ad un tipo distinto, non riconducibile al gruppo delle lingue latino-falische: secondo tali ipotesi il siculo deriverebbe, in via diretta, dal sanscrito[7].
Distribuzione geografica
Le testimonianze del siculo provengono dalla Sicilia orientale[8], in particolare dalle aree delle attuali Milazzo[2] e Centuripe[9], Adrano[10].
Il corpus dei testi siculi
I testi siculi, generalmente redatti in alfabeto greco o in caratteri da esso derivati, sono per lo più brevi iscrizioni di tipo onomastico[2][9] e di carattere privato e funerario. Fanno eccezione il guttus di Centuripe, un vaso dal collo stretto recante una più lunga iscrizione in scriptio continua di difficile interpretazione[9] e l'iscrizione della Porta di Mendolito, un blocco in arenaria, oggi conservato presso il Museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa recante una scriptio continua graffita da destra a sinistra sulla faccia esterna del blocco e, ad oggi, unico reperto appurato relativo ad una iscrizione in lingua sicula di carattere pubblico nota. Sulla sua interpretazione ancora rimangono forti dubbi[10].
Note
- ^ a b Giacomo Devoto, Gli antichi italici, p. 68.
- ^ a b c Siculi, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- ^ Francisco Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, p. 478.
- ^ Devoto, p. 32.
- ^ Devoto, pp. 49-50; 53.
- ^ "Italico" da intendersi nell'accezione più ristretta, coincidente con le lingue osco-umbre.
- ^ Il Siciliano: dialetto o lingua?, su poiein.it. URL consultato il 5 febbraio 2014.
- ^ Villar, p. 474.
- ^ a b c Villar, p. 491.
- ^ a b Il centro indigeno del Mendolito - La cinta muraria, su Regione.sicilia.it
Bibliografia
- Giacomo Devoto, Gli antichi Italici, 2ª ed., Firenze, Vallecchi, 1951.
- (ES) Francisco Villar, Los Indoeuropeos y los origines de Europa: lenguaje e historia, Madrid, Gredos, 1991, ISBN 84-249-1471-6. Trad. it.: Francisco Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, Bologna, Il Mulino, 1997, ISBN 88-15-05708-0.