Matteo Schilizzi fu un banchiere livornese trasferitosi a Napoli, ove fece costruire il Mausoleo Schilizzi per ospitarvi le tombe dei suoi familiari.

«per essersi reso in modo eminente benemerito della pubblica salute durante la recente epidemia colerica»
— 15 novembre 1884[1]

Note

  1. ^ Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia n. 293 del 26 novembre 1884
 
James Earle Fraser, circa 1920.

James Earle Fraser (Winona, 4 novembre 1876Westport, 11 ottobre 1953) è stato uno dei più importanti scultori americani della prima metà del XX secolo.

Il suo lavoro è parte integrante di molte delle strutture più rappresentative di Washington.[1]

Suo padre, Thomas Fraser, era un ingegnere che lavorava per le compagnie ferroviarie quando queste si espandevano attraverso il West americano. Pochi mesi prima della nascita del figlio, Thomas Fraser fece parte di un gruppo di uomini inviato a soccorrere quel che restava del 7th Cavalry Regiment di George Armstrong Custer, dopo il disastroso scontro con le forze Lakota, Cheyenne e Arapaho alla battaglia di Little Bighorn.

Da bambino James Fraser è stato esposto alla vita di frontiera e all'esperienza dei nativi americani, che venivano spinti sempre più a ovest o confinati nelle Riserve indiane; queste memorie dell'infanzia sono espresse in molte delle sue opere, dai primi tentativi come ad esempio il busto Indian Princess[2] ai suoi progetti più famosi come End of the Trail e l'Indian head buffalo nickel.

Nei primi anni di vita Fraser ha iniziato a scolpire figure da pezzi di pietra calcarea recuperati da una cava nei pressi della sua casa vicino a Mitchell, nel Dakota del Sud. Nel 1890 ha frequentato corsi all'Art Institute of Chicago e alla fine del XIX secolo ha studiato all'École des Beaux-Arts ed all'Académie Julian a Parigi. Fraser ha iniziato la sua carriera come assistente di Richard Bock e Augustus Saint-Gaudens, fino al 1902 quando aprì il suo studio. A partire dal 1906 ha insegnato presso l'Art Students League, a New York City, divenendone più tardi il direttore.

Alcuni dei suoi primi lavori scultorei furono esposte alla Fiera Mondiale Colombiana del 1893 e all'Esposizione di San Francisco del 1915, uno dei suoi pezzi più famosi, End of the Trail.

 
Scultura di Fraser End of the Trail, per la quale Capo John Big Tree sostiene di essere il modello.

While it was meant to be cast in bronze, material shortages due to Prima guerra mondiale prevented this. After the Exposition, the original plaster statue was moved to Mooney's Grove Park in Visalia. Exposed to the elements, it slowly deteriorated until it was obtained by the National Cowboy & Western Heritage Museum in 1968 and restored. The restored statue is currently on display in the entryway of the Oklahoma City museum, and the original that sat in Visalia, CA, was replaced with a bronze replica. The original bronze replica statue of the End of the Trail Statue is located in Shaler Park, in Waupun, Wisconsin. The statue was purchased by inventor and sculptor, Clarence Addison Shaler, and donated to the City of Waupun on June 23, 1929.[3]

Washington ospita varie opere di Fraser, tra queste due figure sedute rappresentanti l'Autorità della legge e la Giustizia in meditazione ai lati dell'ingresso principale del Palazzo della Corte Suprema, il timpano sud e statue del Palazzo degli Archivi Nazionali, le statue di Alexander Hamilton e Albert Gallatin di fronte agli ingressi del Palazzo del Dipartimento del Tesoro ed il Second Division Memorial realizzato insieme allo studio dell'architetto John Russell Pope. Fraser fu incaricato anche di disegnare medaglie come la versione statunitense della Medaglia interalleata della vittoria della prima guerra mondiale o la Navy Cross[4] e monete come l'Indian head buffalo nickel. This coin was discontinued after 1938, but has since been reprised in 2001 on a US commemorative coin, and more recently on a gold buffalo one ounce gold bullion coin.

Fraser’s major works include two heroic bronze equestrian statues titled The Arts of Peace, designed for the entrance to the Rock Creek and Potomac Parkway, behind the Lincoln Memorial. The pair was a companion to sculptor Leo Friedlander's The Arts of War, installed immediately to the south at the east end of Arlington Memorial Bridge. The groups had been designed in the 1930s but were not cast until the 1950s, because of a shortage of metals during World War II.

Note

  1. ^ (EN) Thomas E. Luebke (a cura di), Civic Art: A Centennial History of the U.S. Commission of Fine Arts, Washington, D.C., U.S. Commission of Fine Arts, 2013, Appendix B, p. 544, ISBN 978-0-16-089702-3.
  2. ^ (EN) James Earle Fraser, su ragoarts.com, Fine Art May 2007, Rago Arts and Auction Center.
  3. ^ Waupun Sculptures, su waupun-wisconsin.com, 23 giugno 1929. URL consultato il 21 marzo 2012.
  4. ^ (EN) The Navy Cross, in Service Medals & Campaign Credits of the United States Navy, Naval History & Heritage Command, 24 gennaio 2001. URL consultato il 6 aprile 2014.

Altri progetti

American Expeditionary Force Siberia
 
Truppe americane a Vladivostok sfilano davanti al palazzo occupato dallo Stato maggiore dei cecoslovacchi.
Descrizione generale
Attiva1918 - 1920
Nazione  Stati Uniti
ServizioUnited States Army
Dimensione7950 tra ufficiali e soldati di truppa
Battaglie/guerreGuerra civile russa
Comandanti
Maggior generaleWilliam S. Graves
Voci su unità militari presenti su Wikipedia

L'American Expeditionary Force Siberia, abbreviato AEF Siberia (in italiano Corpo di spedizione americano in Siberia), fu un contingente dello United States Army che partecipò alla Guerra civile russa a Vladivostok, nell'Impero russo, tra il 1918 e il 1920, dopo la Rivoluzione d'ottobre, mentre la Prima guerra mondiale volgeva al termine. Le ragioni dichiarate del presidente Woodrow Wilson per giustificare l'invio di truppe in Siberia erano tanto diplomatiche quanto militari. Uno degli obiettivi principali era quello di salvare i 40.000 uomini delle Legioni cecoslovacche, che erano stati bloccati dalle forze bolsceviche mentre cercavano di farsi strada lungo la ferrovia Transiberiana verso Vladivostok e si sperava, fino al fronte occidentale. Un altro motivo importante era di proteggere le grandi quantità di rifornimenti militari e materiale rotabile ferroviario che gli Stati Uniti avevano inviato nell'estremo oriente russo a sostegno degli sforzi bellici del precedente governo russo sul fronte orientale. Altrettanto sottolineata da Wilson fu la necessità di "stabilizzare ogni tentativo di auto-governo o autodifesa per il quale gli stessi russi potrebbero essere disposti ad accettare assistenza." All'epoca le forze bolsceviche in Siberia controllavano solo piccole sacche e Wilson voleva assicurarsi che né predoni cosacchi, né l'esercito giapponese avrebbe sfruttato l'instabile situazione politica lungo la strategica linea ferroviaria e nelle regioni siberiane ricche di risorse che attraversa.[1]

Parallelamente e per ragioni analoghe, Wilson inviò circa 5.000 soldati americani ad Arcangelo, in Russia: la Spedizione orso polare.

La spedizione

 
Soldati delle Legioni cecoslovacche uccisi dai bolscevichi a Vladivostok.

Il corpo di spedizione era comandato dal maggior generale William S. Graves e in totale contava 7.950 tra ufficiali e soldati di truppa dell'esercito degli Stati Uniti: comprendeva il 27° e il 31° Reggimento di fanteria oltre a un gran numero di volontari provenienti dai 13°, 62° e 12° Reggimento dell'8th Division di fanteria, precedentemente comandata da Graves.[2] Provenivano dalle Filippine e da Camp Fremont in California.

Le truppe americane erano equipaggiate con fucili automatici M1918 (BAR), fucili da trincea Browning Auto-5, fucili Springfield M1903 e pistole Colt .45, a seconda delle mansioni.

Sebbene il generale Graves non arrivò in Siberia fino al 4 settembre 1918, i primi 3.000 soldati americane sbarcarono a Vladivostok tra il 15 e il 21 agosto 1918 e furono rapidamente assegnati a servizio di guardia lungo segmenti della ferrovia tra Vladivostok e Nikol'sk-'Ussurijskij a nord.[3]

A differenza dei suoi omologhi alleati il generale Graves riteneva che la missione in Siberia fosse di proteggere i rifornimenti di proprietà americana e aiutare le Legioni cecoslovacche ad evacuare dalla Russia e non di lottare contro i bolscevichi. Ripetutamente richiamo alla moderazione, Graves spesso si scontrò con i comandanti delle forze britanniche, francesi e giapponesi, che pure avevano truppe nella regione e che volevano che prendesse un ruolo più attivo nell'intervento militare in Siberia.

Problemi logistici e perdite

Per i soldati L'esperienza in Siberia fu terribile. Erano molto diffusi i problemi con il carburante, munizioni, rifornimenti e cibo. I cavalli abituati a climi temperati non erano in grado di operare nella Russia sotto zero. Le mitragliatrici raffreddate ad acqua congelarono e divennero inutili.

Gli ultimi soldati americani lasciarono la Siberia il 1 aprile 1920. Durante i 19 mesi di permanenza in Siberia 189 soldati della AEF Siberia morirono per varie le cause. In confronto, la più piccola American North Russia Expeditionary Force, durante nove mesi di combattimenti vicino ad Arcangelo, sopportò 235 decessi per varie cause.[4]

Voci correlate

Note

  1. ^ Willett, p. 166
  2. ^ Willett, pp. 166-167, 170
  3. ^ [Gibson Bell Smith Gibson Bell Smith].
  4. ^ Willett, p. 267

Collegamenti esterni

  • (EN) The Czech Legion, su czechlegion.com, The Czech Legion Project. URL consultato il 12 aprile 2014.

Bibliografia

Riguardo l'invasione della Russia

  • (EN) George Constantine Guins, The Siberian intervention, 1918–1919, Russian Review Inc, 1969, ASIN B0007FQDTU.
  • (EN) Michael Hendrick, An Investigation of American Siberian intervention (1918–1920), Texas Southern University, 1972, ASIN: B0006W99ZE.
  • (EN) Miles Hudson, Intervention in Russia 1918–1920: A Cautionary Tale, Pen and Sword, 2004, ISBN 1-84415-033-X.
  • (EN) Sylvian G. Kindall, American Soldiers in Siberia, Richard R. Smith, 1945, ASIN B000BFHTSU.
  • (EN) John Albert White, The Siberian Intervention, Princeton University Press, 1950, ASIN: B0007EGUTO.

Riguardo la AEF Siberia

  • (EN) William S. Graves, America's Siberian Adventure, 1918–1920, Ayer Co Pub, 1940, ISBN 0-405-03083-5.
  • (EN) Dennis Gordon, Quartered in Hell: The Story of the American North Russia Expeditionary Force 1918–1919, G O S, 1982, ISBN 0-942258-00-2.
  • (EN) Robert James Maddox, The Unknown War with Russia: Wilson's Siberian intervention, Presidio Press, 1977, ISBN 0-89141-013-9.
  • (EN) Betty Miller Unterberger, America's Siberian Expedition 1918–1920: A Study of National Policy, Greenwood Press Reprint, 1969, ISBN 0-8371-0726-1.


Reggimento di chevalier-garde
 
Chevalier Guard Regiment in the Battaglia di Austerlitz.
Descrizione generale
Nazione  - Impero russo
ServizioEsercito
TipoCavalleria
DimensioneReggimento
Guarnigione/QGSan Pietroburgo
Parte di
Prima Divisione di Cavalleria della Guardia
Simboli
Il distintivo del reggimento "In memoria del venticinquesimo patrocinio di Sua Maestà Imperiale l'imperatrice Maria Feodorovna nel Reggimento di Cavalleria" 
Voci su unità militari presenti su Wikipedia

Il Reggimento di chevalier-garde (in russo Кавалергардский полк?) fu un reggimento della guardia di russo,

Les chevaliers-gardes sono un'unità di cavalleria della Guardia imperiale russa, costituito solo da nobili, e recluta i più grandi nomi dell'aristocrazia russa..

Come gli altri reggimenti di cavalleria pesante della guardia russi (Reggimento delle guardie a cavallo, Reggimento dei corazzieri della guardia di Sua maestà lo Zar e Reggimento dei corazzieri della guardia di Sua maestà la Zarina) le Chevalier-garde erano equipaggiati come corazzieri con alcune differenze nell'uniforme e nell'equipaggiamento rispetto ai corazzieri dell'esercito e agli altri reggimenti di corazzieri della guardia.

Storia

  • 1724 : creazione di un'unità di scorta a Caterina I, formata da nobili, chiamata Chevalier-garde
  • tra il 1724 ed il 1740 : ricostituita in occasione delle incoronazioni, poi sciolta
  • 1799 : l'11 gennaio l’unità divenne permanente sotto il nome di Guardia-del-Corpo (=Kavalergardia)
  • 1800 : l'11 gennaio, l'unità duvenne il reggimento dei Chevalier-garde con tre squadre

creato nel 1800 dalla riforma del Corpo dei chevalier-gard, che era stato creato nel 1764 da Caterina la Grande.


  • 1894 : le 2 novembre, l'unité est renommée: régiment des Chevaliers-Gardes de Sa Majesté l'Impératrice
  • 1918 The regiment was disbanded in 1918.

Campagne

  • 1812 - Il reggimento si distinse durante la guerra patriottica del 1812. I Chevalier-gard persero il loro colonnello all'inizio della Battaglia di Borodino ma, di concerto con il Reggimento delle guardie a cavallo, di fatto fermarono la carica decisiva dei Reggimenti di corazzieri sassoni e sconfissero i Carabinieri a cavallo francesi.

Membres célèbres

 
Officers of the Chevalier Guard. In left (1-2) is Gustaf Mannerheim.

Many famous men served as Chevalier Guards, among them:

Altri progetti

Collegamenti esterni

Template:Avvisounicode

Salkhad
Città
in arabo صلخد?
Localizzazione
Stato  Siria
Governatoratoal-Suwayda
DistrettoSalkhad
Territorio
Coordinate32°29′30″N 36°42′40″E
Altitudine1,350 m s.l.m.
Abitanti15 000
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+2
Cartografia
 
Salkhad

Salkhad (in arabo صلخد?, Ṣalḫad) è una città della Siria meridionale, si trova nel Governatorato di al-Suwayda, nella parte centrale dell'altopiano del Gebel Druso, a 1350 metri sopra il livello del mare.

È la capitale dell'omonimo Distretto ed ha una popolazione di 15.000 abitanti.

Storia

Menzionata più volte nella Bibbia come "Salcah", un insediamento nella biblica Bashan che, durante il II secolo a.C. Salcah divenne una fiorente città nabatea, dove erano venerati gli dei Dushara e Allat. Successivamente fu incorporata nella Provincia romana di Arabia Petrea. Durante le epoche romana e poi bizantina fu una importante città dell'Hauran. Salkhad e indicata nella Mappa di Terrasanta del VI secolo.

La città si affaccia sulla pianura dell'Hauran ad ovest, in posizione strategica, per cui gli Ayyubidi vi costruirono una fortezza, tra il 1214 e il 1247, per contrastare un eventuale attacco dei Crociati verso il cuore dell'Hauran. È stato anche detto che lo zio e il fratello di Al-Afdal lo esiliarono qui.

L'importanza della città diminuì dopo le Crociate, occasionalmente fu invasa da beduini in cerca di pascolo estivo per le loro greggi.

Nel 1596 Salkhad appare nei registri fiscali ottomani come Salhad (Sarhad); faceva parte del nahiya di Bani Malik as-Sadir nel Qada dell'Hauran. Aveva una popolazione musulmana composta da 55 famiglie e 25 scapoli, mentre 50 famiglie e 20 scapoli erano cristiani. Le tasse erano pagate su grano, orzo, colture estive, capre e alveari[1].

Successivamente nella regione si stabilì un certo numero di cristiani greco-ortodossi, discendenti dei Ghassanidi. Alla fine del XVII secolo e nel XVIII e XIX secolo Salkhad e la regione adiacente furono ripopolate da famiglie di Drusi provenienti dal Monte Libano.

Durante il periodo ottomano la città, come gran parte dell'area del Gebel Druso, conobbe un'autonomia di tipo feudale sotto il predominio della famiglia Al-Hamdan e più tardi, della famiglia Al-Atrash; la gente del posto combatté molte battaglie contro i turchi ottomani, in questa regione, per difendere la propria autonomia.

Durante la prima parte del XX secolo la città era parte dello stato druso esistito tra il 1921 e il 1936 sotto il Mandato francese della Siria e che fu gradualmente incorporato nella Siria dopo la Rivoluzione Siriana (1925-1927) guidata da Sultan al-Atrash.

La città è oggi il centro del Distretto di Salkhad, il più meridionale della Siria, nel Governatorato di As Suwayda.

Archeologia

Il monumento più importante, situato su una collina all'interno della città, è la fortezza di Salkhad, costruita tra il 1214 e il 1247 dalla dinastia degli Ayyubidi come parte delle loro difese contro i crociati. Si dice che questa fortezza sia stata costruita sul sito di antiche fortificazioni romane.

Un minareto esagonale di basalto si erge ancora intatto nella piazza principale della città.

Many Roman old time houses, still partially inhabited by locals. Nabatean, Roman and Ayyubid Tombs are also there with decorative motifs.

Note

  1. ^ Hütteroth & Abdulfattah, 1977, p. 211.

Bibliografia

  • Wolf-Dieter Hütteroth e Kamal Abdulfattah, Historical Geography of Palestine, Transjordan and Southern Syria in the Late 16th Century, Erlanger Geographische Arbeiten, Sonderband 5. Erlangen, Germany: Vorstand der Fränkischen Geographischen Gesellschaft, 1977.


  • (EN) R. Stephen Humphreys, From Saladin to the Mongols: The Ayyubids of Damascus, 1193-1260, SUNY Press, 1977, ISBN 0-87395-263-4.


Battaglia di Iconio
parte Terza crociata
 
La Battaglia di Iconio, di Wislicensus (c. 1890)
Data18 maggio 1190
LuogoIconio (l'odierna Konya), Turchia
EsitoVittoria dei crociati
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
sconosciutisconosciuti
Perdite
lievipesanti
Voci di guerre presenti su Wikipedia


Casa di Lacon Gunale

lasciò il governo a suo figlio
Prese in moglie Nivatta (o Nibatta) che diede alla luce Torbeno, figlio maggiore e suo successore.
sposò Anna de Lacon, gli succedette suo figlio Orzocco
La moglie di Orzocorre era Maria Orvu (od Orrù) e suo figlio, nonché sucessore fu Comita I.
Senza eredi maschi, con Comita I termina la casata dei Lacon-Zori; Ebbe una figlia di nome Eleonora nel 1110 circa che sposerà il successore Gonnario II dando inizio alla potente stirpe dei Lacon-Serra.

Template:Ref improve

 
A bayonet mount
 
A bayonet mount before and after insertion
 
Early-19th century socket bayonet
 
Socket of a bayonet


Nella tecnica, innesto a b., tipo particolare di innesto, cioè di dispositivo per la giunzione di due pezzi, adoperato, tra l’altro, in elettronica come combinazione spina-presa bipolare, e in elettrotecnica per certi tipi di lampade a incandescenza.

Un innesto a baionetta (mainly as a method of mechanical attachment, as for fitting a lens to a fotocamera) or bayonet connector (for electrical use) is a dispositivo di giunzione consisting of a cylindrical male side with one or more radial pins, and a female receptor with matching L-shaped slot(s) and with spring(s) to keep the two parts locked together. The slots are shaped like a capital letter L with serif (a short upward segment at the end of the horizontal arm); the pin slides into the vertical arm of the L, rotates across the horizontal arm, then is pushed slightly upwards into the short vertical "serif" by the spring; the connector is no longer free to rotate unless pushed down against the spring until the pin is out of the "serif".

To couple the two parts, the pin(s) on the male are aligned with the slot(s) on the female and the two pushed together. Once the pins reach the bottom of the slot, one or both parts are rotated so that the pin slides along the horizontal arm of the L until it reaches the "serif". The spring then pushes the male connector up into the "serif" to keep the pin locked into place. A practised user can connect them quickly and, unlike screw connectors, they are not subject to cross-threading. To disconnect, the two parts are pushed together to move the pin out of the "serif" while twisting in the opposite direction than for connecting, and then pulling apart.

The strength of the joint comes from the strength of the pins and the L slots, and the spring. To disengage unintentionally, the pins must break, the sleeve into which the connector slides must be distorted or torn enough to free the pins, or the spring must fail and allow the connector to be pushed down and rotate due to, say, vibration.

It is often possible to push down the connector and rotate it, but not far enough to engage and lock; it will stay in place temporarily, but accidental disconnection is very likely.

Uses

The first documented use of this type of fitting (without the name "bayonet") may be by Al-Jazari in the 13th century, who used it to mount candles into his candle-clocks.[1] This type of fitting was later used for soldiers who needed to quickly mount bayonets to the ends of their rifles, whence the name.

Many cameras with interchangeable lenses use a bayonet lens mount to allow lenses to be changed rapidly and locked accurately in position. Camera lens mounts usually employ stronger flattened tabs rather than pins, though their function is the same.

Bayonet electrical connectors are used in the same applications where other connectors are used, to transmit either power or signals. Bayonet connections can be made faster than screw connections, and more securely than push-fit connections; they are more resistant to vibration than both these types. They may be used to connect two cables, or to connect a cable to a connector on the panel of a piece of equipment.

The coupling system is usually made of 2 bayonet ramps machined on the external side of the receptacle connector and 2 stainless steel studs mounted inside the plug connector’s coupling nut. Several classes of electrical cable connectors, including audio, video, and data cables use bayonet connectors. Examples include BNC, C, and ST connectors. (The BNC connector is not exactly as described in this article, as the male, not female, connector has the slots and spring.)

Many types of light bulb are fitted with integral bayonet connectors.

Light bulb bayonet mounts

 
LED lamps with GU10 bi-pin twist-lock mount

[[:Image:Bulb-bayonet-male.png|thumb|150px|Compact fluorescent lamp with double contact B22d bayonet mount]]

 
Incandescent light bulb with double contact B22d bayonet mount, and corresponding socket with sprung connectors
 
Preceding bulb mounted in the socket
 
Incandescent 40 W BA15d bulb
  Lo stesso argomento in dettaglio: Automotive lamp types.

Template:For

The bayonet light bulb mount is the standard fitting in many former members of the British Empire including the United Kingdom, Australia, India, Ireland, and New Zealand, as well as parts of the Middle East and Africa (although not Canada, which primarily uses Edison screw sockets along with the United States and Mexico). The standard size is B22d-2, often referred to in the context of lighting as simply BC. Older installations in some other countries, including France use this base. Standard bulbs have two pins on opposite sides of the cap; however, some specialized bulbs have three pins (cap designation B22d-3) to prevent use in domestic light fittings. Examples of three-pin bulbs are found in mercury street lamps and fireglow bulbs in some older models of electric radiative heater. Bayonet cap bulbs are also very common worldwide in applications where vibration may loosen screw-mount bulbs, such as automotive lighting and other small indicators, and in many flashlights. In many other countries the Edison screw (E) base is used for lighting.

Some bulbs may have slightly offset lugs to ensure they can be only inserted in one orientation, for example the 1157 automobile tail-light which has two different filaments to act as both a running light and a signal light. In this bulb each filament has a different brightness and is connected to a separate contact on the bottom of the base; the two contacts are symmetrically positioned about the axis of the base, but the pins are offset so that the bulb can only be fitted in the correct orientation. Newer bulbs use a wedge base which can be inserted either way with no issues. Some special-purpose bulbs, such as infrared, have 3 pins 120 degrees apart to prevent them being used in any but the intended socket.

Bayonet bases or caps are often abbreviated to BC, often with a number after. The number refers to the diameter of the base (e.g., BC22 is a 22 mm diameter bayonet cap lamp). BC15, a 15 mm base, can also be referred to as SBC standing for small bayonet cap. The lower-case letter s or d specifies whether the bulb has single or double contacts.

Type IEC DIN ANSI
B15d IEC 60061-1 (7004-11) DIN 49721
BA15d IEC 7004-11 A DIN 49720
BA15s IEC 7004-11 A DIN 49720
BA20d IEC 7004-12 DIN 49730
B21s-4
B22d IEC 60061-1 (7004-10)
BY22d
B24s-3
GU10 IEC 60061-1 (7004-121)
GZ10 IEC 60061-1 (7004-120)
GU24 Pending (Mar 2007)

While G actually indicates bi-pin, those listed above have a twist-lock, but with parallel pins from the end instead of opposing pins on the side.

These are the available sizes in the UK:[2]

Designation Alternative designation Contacts Dimension, etc.
BA5s 1 5 mm
BA7s 1 7 mm
BAX9s 1 9 mm
BA9s Miniature bayonet cap (MBC) 1 9 mm
BA15d Small bayonet cap (SBC) 2 15 mm
BAX15s 1 15 mm
BA15s Single centre contact (SCC) 1 15 mm
BA20s 1 20 mm
BA20d 2 20 mm
BA21d 2 21 mm
B21-4 21 mm 4 pin
BA22d Bayonet cap (BC) 2 22 mm
BC-3 Bayonet cap (BC) 2 22 mm 3 bayonet pins
B22d-3 2 22 mm double ended (railway)
BX22d 2 22 mm

Of these, only the BC (BA22d) is widely used in homes. The BA20d (sometimes confusingly called a Bosch fitting) was once a common automotive (twin filament) headlamp fitting but has largely been superseded by more modern, higher-rated H-series sockets and is only used for some lower-powered applications such as combined automotive tail and stop lamps.

See also

References

  1. ^ [[Ancient Discoveries]], Episode 12: Machines of the East, History Channel. URL consultato il 7 settembre 2008. Wikilink compreso nell'URL del titolo (aiuto)
  2. ^ see http://technical.greenstock.co.uk/KYBLampBases.htm
  • IEC 61184: Bayonet lampholders, International Electrotechnical Commission, 1997. (also: BS EN 61184) – specifies requirements and tests for the B15 and B22 bayonet holders for light bulbs used in some Commonwealth countries
Consiglio per l'Unità Economica Araba
(EN) Council of Arab Economic Unity
AbbreviazioneCAEU
TipoComunità economica
Fondazione3 giugno 1957
Sede centrale  Cairo
Sito web

Il Consiglio per l'Unità Economica Araba (o CAEU dall'inglese Council of Arab Economic Unity) fu istituito il 3 giugno 1957[1] da Egitto, Iraq, Giordania, Kuwait, Libia, Mauritania, Palestina, Arabia Saudita, Somalia, Sudan, Tunisia, Siria, Emirati Arabi Uniti e Yemen. Ha iniziato ad operare il 30 maggio 1964, con l'obiettivo finale di raggiungere una integrazione economica completa tra i suoi stati membri.

composto dai ministri dell'Economia

Note

  1. ^ (EN) Greater Arab Free Trade Area (GAFTA), su mit.gov.jo, Jordan Ministry of Industry and Trade. URL consultato il 24 luglio 2012.

Collegamenti esterni


Voci correlate

Collegamenti esterni