Operazioni aeree della campagna d'Italia

L'uso delle forze aeree in quantità consistente fu appannaggio per tutta la campagna delle forze Alleate, in quanto i tedeschi riservarono la produzione dei mezzi aerei alla difesa del Reich ed ai fronti che minacciavano direttamente la Germania. Gli Alleati usarono costantemente le forze aeree tattiche a supporto delle forze terrestri, e le uniche operazioni aeree di una certa consistenza furono i bombardamenti delle città del nord Italia prima dell'armistizio e dei centri industriali dopo, sebbene in modo mirato. Dalla parte tedesco-repubblicana, le operazioni furono quasi esclusivamente difensive, eccettuati gli attacchi alle forze navali Alleate impegnate nello sbarco di Anzio, nei quali perse la vita l'asso italiano degli aerosiluranti Carlo Faggioni[1], e il bombardamento di Bari.

Operazioni Alleate

Un bombardamento alleato sulla Maddalena causò il danneggiamento dell'[[Gorizia (incrociatore)|incrociatore Gorizia e l'affondamento dell'incrociatore Trieste. Il 9 dicembre 1942 quanto restava della III Divisione navale (Trieste e Gorizia) fu trasferito da Messina a La Maddalena, nel tentativo di allontanarla dai continui attacchi aerei angloamericani[2]. Ma alle 14.45 del il 10 aprile 1943 una formazione di 84 bombardieri Consolidated B-24 Liberator attaccò La Maddalena. I velivoli avevano dei precisi obiettivi: 36 attaccarono il Gorizia, 24 la base dei sommergibili e 24 il Trieste. Prima di poter reagire, il Trieste fu investito da più di 120 bombe che caddero tutt’attorno alla nave. Una aprì uno squarcio a poppa, due distrussero plancia e centrale di tiro, altre colpirono il fumaiolo prodiero ed i locali caldaie. Le esplosioni delle bombe cadute vicino allo scafo produssero altre falle. La nave, appoppatasi, fu abbandonata dall’equipaggio e affondò in meno di due ore, capovolgendosi. I morti furono 77 (4 ufficiali, 6 sottufficiali, 67 marinai) e i feriti gravi 75 (6 sottufficiali e 69 marinai)[3].

Fra le tante distruzioni provocate dalla guerra vi fu il famoso transatlantico Rex, affondato con razzi da cacciabombardieri sudafricani l'8 settembre 1944 vicino Capodistria, dove era immobile essendosi arenato il giorno prima[4].

Operazioni tedesche e repubblicane

La più nota operazione aerea effettuata dai tedeschi fu l'affondamento della corazzata Roma.

 
Il percorso della flotta italiana a comando di Bergamini

Verso le 15:10 del 9 settembre 1943,[5] al largo dell'isola dell'Asinara la formazione venne sorvolata ad alta quota da ventotto bimotori Dornier Do 217K del Kampfgeschwader 100[6] della Luftwaffe[7] partiti dall'aeroporto di Istres, presso Marsiglia, in tre ondate successive, la prima delle quali si alzò in volo poco dopo le 14:00, con i velivoli che avevano l'istruzione di mirare unicamente alle corazzate. Gli aerei mantenendosi in volo livellato sganciarono degli "oggetti" affusolati, la cui coda luminosa, data l'altezza alla quale volavano gli aerei, fu inizialmente scambiata per un segnale di riconoscimento;[8] si trattava di bombe razzo teleguidate Ruhrstahl SD 1400, conosciute dagli Alleati con il nome di Fritz X, la cui forza di penetrazione era conferita dall'alta velocità acquistata durante la caduta, essendo prescritto il lancio da un'altezza non inferiore ai 5000 metri.

Alle 15:30 la prima bomba venne diretta contro l'incrociatore Eugenio di Savoia, cadendo a circa 50 metri dall'incrociatore senza provocare alcun danno,[8] mentre una seconda bomba cadde vicinissima alla poppa dell'Italia (ex Littorio) danneggiando la centrale elettrica e immobilizzandone temporaneamente il timone,[8] per cui la nave venne governata con i timoni ausiliari. Successivamente toccò al Roma; gli aerei, una prima volta fallirono il tiro, ma alle 15:42, l'Oberleutnant Heinrich Schmetz[9] centrò la corazzata una prima volta[7] tra le torri antiaeree da 90 mm; apparentemente il colpo non produsse effetti devastanti ma attraversò lo scafo esplodendo sott'acqua aprendo così una falla.[8] Il secondo colpo alle 15:50 centrò la nave verso prua, sul lato sinistro fra il torrione di comando e la torre sopraelevata armata con cannoni da 381 mm, con conseguenze ben diverse:[5] a prua si allagarono le caldaie causando l'arresto nella nave e deflagrarono i depositi di munizioni,[10] cessò l'erogazione dell'energia elettrica e la torre numero 2 (quella coi cannoni da 381 mm) saltò in aria, cadendo poi in mare, con tutta la sua massa di 1500 tonnellate; la torre corazzata di comando fu investita da una tale vampata che venne deformata e piegata dal calore, proiettata in alto a pezzi in mezzo a due enormi colonne di fumo portando con sé l'ammiraglio Bergamini e il suo Stato Maggiore,[5] il comandante della nave Adone Del Cima e buona parte dell'equipaggio, morti pressoché all'istante. La vampata salì almeno a 400 metri di quota (ma alcune fonti parlano di 1500 m),[11] formando il classico "fungo" delle grandi esplosioni.

La nave, alle 16:11, girandosi su un fianco, si capovolse e, spezzandosi in pochi minuti in due tronconi affondò, mentre sul ponte si affannarono i marinai superstiti, molti gravemente feriti ed ustionati. Mentre la nave sprofondò in acqua, chi si trovò a bordo, specialmente se a poppa, rimase condannato, e cinquanta marinai in procinto di gettarsi in acqua vennero travolti. Chi riuscì a lasciare la nave poté allontanarsi ed essere salvato dai cacciatorpediniere di scorta. La scena del Roma che si spaccò in due tronconi venne immortalata in una famosa fotografia scattata da un membro dell'equipaggio di un ricognitore britannico Martin B-26, pilotato a media quota dal tenente colonnello Herbert Law-Wright. L'aereo, tra l'altro, fu fatto segno dal fuoco contraereo delle navi italiane che stavano sparando sugli aerei tedeschi.[12]

I caduti del Roma furono le prime vittime italiane per mano tedesca dopo la dichiarazione dell'armistizio. Successivamente l'Italia venne nuovamente attaccato e questa volta colpito da una bomba, ma essendo la carica di scoppio assai ridotta, la nave da battaglia, nonostante avesse imbarcato circa ottocento tonnellate di acqua continuò, seppure appesantita, a navigare in formazione.

La difesa aerea delle città del nord da parte delle unità dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana era basata su tre gruppi caccia: 1º Gruppo caccia "Asso di bastoni" (comprendente le Squadriglie "Asso di bastoni", "Vespa incacchiata" e "Arciere"), 2º Gruppo caccia "Gigi Tre Osei" (comprendente le Squadriglie "Gigi Tre Osei", "Diavoli Rossi" e "Gamba di Ferro") e 3º Gruppo caccia "Francesco Baracca" (quest'ultimo non operativo).

 
Francesco Cuscunà fu l'autore della prima vittoria aerea dell'ANR

I reparti erano stati ricostituiti dopo il tracollo dovuto all'armistizio e con i piloti e mezzi che non avevano optato per raggiungere il territorio controllato dagli Alleati. A fine dicembre 1943 cominciarono le operazioni belliche, che culminarono il 3 gennaio 1944 con l'attacco effettuato dalla 1ª Squadriglia "Asso di Bastoni" contro una formazione di cacciabombardieri statunitensi Lockheed P-38 Lightning, riuscendo ad abbatterne tre di cui uno ad opera di Adriano Visconti, comandante del 1º Gruppo caccia "Asso di bastoni". Nel giugno dello stesso anno iniziò il passaggio ai velivoli tedeschi Messerschmitt Bf 109G-6, che avrebbero dovuto armare anche il nuovo 3º Gruppo caccia "Francesco Baracca", che nei fatti non diventò mai operativo. Questa espansione della caccia fu dovuta sia al crescente disimpegno della Luftwaffe dal settore meridionale, sia ai buoni risultati conseguiti inizialmente. Ma questi terminarono ben presto ed il tasso di perdite cominciò a farsi in breve tempo superiore al numero di abbattimenti ottenuto. Anche gli altri reparti, in sostanza, subirono la stessa sorte nello stesso momento.

Da ottobre fino al febbraio del 1945, quando il 1º Gruppo caccia "Asso di bastoni" tornò dall'addestramento in Germania, il 2º Gruppo caccia "Gigi Tre Osei" fu l'unico reparto di caccia dell'ANR e riuscì momentaneamente a contrastare validamente l'azione degli Alleati[13]. L'arrivo della nuova unità migliorò di poco la situazione complessiva, che vedeva la caccia repubblicana subire perdite sempre maggiori.

Le ultime missioni di volo vennero svolte il 19 aprile, quando i due gruppi intercettarono un aereo in missione di rifornimento per i partigiani (1º Gruppo caccia "Asso di bastoni") e dei bombardieri (2º Gruppo caccia "Gigi Tre Osei"), in ambo i casi USAAF: il B-24 in missione di rifornimento venne abbattuto, a prezzo di un caccia; quanto allo scontro con i bombardieri, questo fu disastroso e gli aerei repubblicani, colti di sorpresa ed intercettati della scorta prima di giungere a portata di tiro dei bombardieri, subirono cinque perdite senza ottenere alcun abbattimento. Nei giorni successivi, impossibilitati a compiere decolli per mancanza di carburante e sottoposti a continui attacchi da parte dei partigiani, i reparti distrussero il materiale di volo e si arresero.

Nel periodo tra il 3 gennaio 1944 e il 19 aprile 1945 il 1º gruppo registrò 113 vittorie sicure e 45 probabili nel corso di 46 combattimenti. Il 2º gruppo, entrato in linea nell'aprile 1944, all'aprile 1945 registrò nel corso di 48 combattimenti ben 114 vittorie sicure e 48 probabili.[14]


Il Gruppo Aerosiluranti "Buscaglia-Faggioni", comandato da Carlo Faggioni subì forti perdite mentre attaccava la flotta Alleata che supportava la testa di ponte di Anzio. Nonostante le numerose navi colpite (secondo i bollettini ufficiali), la vita operativa del gruppo fu piuttosto avara di riconoscimenti: l'unico siluro messo a segno dopo tanto impegno, fu quello che danneggiò un piroscafo britannico, colpito a nord di Bengasi, nel periodo in cui il reparto operava da basi ubicate in Grecia, e un piroscafo al largo di Rimini il 5 gennaio 1945[15].

Oltre agli attacchi di aerosiluranti italiani ad Anzio, anche velivoli tedeschi causarono i primi affondamenti della storia (dopo quello della Roma) dovuti all'uso di missili: un incrociatore, un caccia ed un trasporto affondati da missili Hs 293 ad Anzio, gli incrociatori HMS Uganda e USS Savannah e la corazzata HMS Warspite a Salerno. La sorpresa iniziale a danno degli Alleati dovuta all'uso delle nuove armi comunque ebbe un'effimera durata: la loro superiorità aerea in termini di numeri rese sempre più difficile l'alzarsi in volo dei bombardieri germanici e già nell'operazione Shingle, compiuta nel gennaio 1944, la Luftwaffe venne duramente contrastata, anche se riuscì ad affondare, con una bomba planante, la HMS Spartan: il 29 gennaio 1944 l'incrociatore fu colpito da un HS 293 al largo di Anzio; l'esplosione causò un incendio che presto sfuggì al controllo dell'equipaggio e la nave, abbandonata, affondò dopo circa un'ora. Quarantasei tra ufficiali e marinai perirono, i 523 superstiti furono salvati dalle navi amiche Laforey e Loyal. Gli anglo-americani introdussero anche contromisure elettroniche per disturbare il sistema di guida Kehl-Strassburg e per inviare falsi dati alla ricevente del missile facendolo così deviare dalla traiettoria impostata dal pilota tedesco; questi emettitori di disturbo erano collocati a bordo di navi da guerra facenti parte della scorta, e furono il primo uso di ECM contro armi di questo tipo.

Note

  1. ^ Faggioni, un cavaliere alato verso le tenebre, su archiviostorico.corriere.it. URL consultato il 14 aprile 2014.
  2. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore modellismo-navale.it
  3. ^ La Fine del Trieste e Gorizia, su xmasgrupsom.com.
  4. ^ REX - L'ULTIMO VIAGGIO, su rex-mk.si. URL consultato il 10 febbraio 2014.
  5. ^ a b c Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore petacco177
  6. ^ Il Kampfgeschwader 100 ("stormo bombardieri" in tedesco) fu la prima unità ad impiegare le Ruhrstahl SD 1400, dal 29 agosto 1943, vedi Ford, 2000, pp. 92.
  7. ^ a b Ford 2000, p. 92.
  8. ^ a b c d rnroma3, Regia Nave Roma - Le ultime ore - parte 3.
  9. ^ Heinrich Schmetz (22/10/1914- 22/7/2004) ricevette la Ritterkreuz des Eisernen Kreuzes per l'azione contro la Roma, e venne promosso comandante del III Gruppe del Kampfgeschwader 100. Vedi Ford, 2000, pp.92.
  10. ^ Esistono testimonianze dirette, tra cui quella dell'ufficiale più alto in grado sopravvissuto, che puntualizzano che le polveri dei depositi del Roma deflagrarono, non detonarono «come invece sulle navi inglesi».
  11. ^ rnroma4, Regia Nave Roma - Le ultime ore - parte 4
  12. ^ Mattesini 2002, Tomo I, pp. 526 e 529.
  13. ^ Igino Coggi, "La caccia di Salò", su Storia Illustrata n° 256, marzo 1979, p. 112: "Sul finire del 1944 un rapporto del comando americano esprimeva preoccupazioni per l'attività della Italian Fascist Republic Air Force contro le cui basi venete e friulane si scatenava una massiccia serie di pesanti incursioni."
  14. ^ Igino Coggi, "La caccia di Salò", su Storia Illustrata n° 256, marzo 1979, p. 111: "Fra il 3 gennaio 1944 e il 19 aprile 1945, il 1º gruppo, nel corso di 46 combattimenti, registrava 113 vittorie sicure e 45 probabili (e fra le "sicure" erano ben 34 Liberator) contro la perdita, sempre in azione, di 55 velivoli e di 49 piloti. In un periodo ancora più breve, aprile 1944-aprile 1945, il 2º gruppo sosteneva 48 combattimenti con 114 aerei alleati sicuramente abbattuti e 48 "probabili"."
  15. ^ Giorgio Pisanò, Gli ultimi in grigioverde, CDL Edizioni, Milano, p. 1452: "L'ultima azione del Gruppo venne compiuta al largo di Rimini il 5 gennaio 45 e si concluse con l'affondamento di un piroscafo da carico di 5000 tonnellate."

Bibliografia