Faust (Goethe)
Faust è un poema drammatico del 1808 scritto da Johann Wolfgang von Goethe. È l'opera più famosa scritta da Goethe e una delle più importanti opere della letteratura europea e mondiale.
Faust | |
---|---|
Titolo originale | Faust |
![]() | |
Autore | Johann Wolfgang Goethe |
1ª ed. originale | 1831 |
Genere | Poema drammatico |
Lingua originale | tedesco |
L'opera si ispira alla tradizionale figura del Faust della tradizione letteraria europea. Nel suo poema, Goethe racconta il patto tra Faust e Mefistofele, il loro viaggio alla scoperta dei piaceri e delle bellezze del mondo, e si conclude con la redenzione di Faust.
Stesura dell'opera
Johann Wolfgang von Goethe lavorò al suo Faust per sessant'anni, dal 1772 al 1831, costruendo un'opera monumentale che consacra il suo autore come il massimo scrittore di lingua tedesca e imprimendo il suo personaggio nell'immaginario collettivo come simbolo dell'anima moderna.
L'opera fu scritta in tre momenti successivi:
- l'Urfaust, scritto tra il 1773 e il 1775, influenzato dalle rappresentazioni del Faust di Christopher Marlowe a cui il giovane Goethe aveva assistito sotto forma di teatro delle marionette (vedi Faust per il personaggio storico). L'Urfaust appartiene culturalmente alla corrente letteraria tedesca dello Sturm und Drang e venne pubblicato, con alcune aggiunte, nel 1790 sotto il nome di "Faust. Ein Fragment".
- Più tardi (1808) pubblicò un ulteriore seguito, che già ricade nella corrente letteraria del classicismo, "Faust. Erster Teil" (Faust. Prima parte): viene aggiunto il Prologo in cielo e sono apportate modifiche significative all'Urfaust. Così Mefistofele appare a Faust promettendogli di fargli vivere un attimo di piacere tale da fargli desiderare che quell'attimo non trascorra mai. In cambio avrebbe avuto la sua anima. Faust è sicuro di sé: tale è la sua brama di piacere, azione e conoscenza, che è convinto che nulla mai al mondo lo sazierà tanto da fargli desiderare di fermare quell'attimo. Mefistofele gli fa conoscere la giovane Margarete (Margherita) - detta Gretelchen (Margheritina) e Gretchen (Greta) - la quale si innamora perdutamente di Faust, inconsapevole del fatto che lo slancio (in tedesco Streben) che ispira Faust è nient'altro che il dominio della materia e la ricerca del piacere. La sorte di Margherita sarà tragica.
- In Faust. Zweiter Teil (Faust. Seconda parte, 1832) la scena si allarga per celebrare l'unione tra letteratura classicistica e mondo classico: Faust seduce e viene sedotto da Elena di Troia.
L'opera ebbe un successo straordinario grazie anche alla piena comprensione da parte dell'autore dell'anima moderna, protesa verso ideali sempre più elevati ed il dramma diventa un compendio non solo del sapere filosofico ma anche degli ideali politici, morali ed estetici: fra i suoi appassionati lettori si può citare Lenin che portò con sé solo questo libro durante il suo esilio in Siberia. Il nazismo, invece, ebbe un rapporto più complesso con l'opera: Hitler dichiarò di non stimare per niente Goethe, tentando addirittura di epurarlo dalla storia della letteratura tedesca. Alla fine, però, prevalse la ragion di stato e non poté procedere contro un tale mostro sacro.[senza fonte]
Trama
La dedica dell'opera, scritta nel giugno 1797, è rivolta da Goethe agli «amici e i primi amori» della sua gioventù che riemergono «allo sguardo offuscato», la cui nostalgia muove il suo canto come il vento smuove e fa suonare l'arpa eolia.[1]
Prologo sul teatro
L'impresario di una compagnia di teatro discute animatamente con un anziano poeta e un attore faceto. Cosa assicura la buona riuscita di uno spettacolo? L'attore sostiene che l'opera dovrebbe andare incontro il più possibile alle aspettative della gente, secondo il poeta invece ciò che conta è l'ispirazione, che non deve curarsi del plauso degli spettatori. L'impresario decide per uno spettacolo che abbia un forte impatto sul pubblico.[2]
Prologo in cielo
Tre arcangeli ammirano l'opera del Creatore, «insondabile» come la sua Mente, mentre Mefistofele (un diavolo) la critica nel vedere che l'uomo si tormenta usando il «lume celeste», cioè la ragione, «solo per essere più bestia di ogni bestia». Mefistofele vuole scommettere con Dio che riuscirà a portare alla perdizione l'integerrimo medico-teologo Faust; Dio non accetta la scommessa (essendo Dio, non si abbassa a scendere a patti né a scommettere con alcuno) ma gli dà il permesso di tormentare Faust, così che il dottore non sia mai indotto a riposarsi o arrendersi: «finché vive sulla terra, ciò non ti sarà vietato; erra l'uomo finché cerca», poiché solo sbagliando egli si approssima alla verità. Dio sa che Faust è un uomo buono ed è fiducioso che si salverà comunque.[3]
Prima parte
Nonostante la sua eminenza scientifica, il dottor Faust è annoiato e deluso dalla vita e dalla finitezza umana: dopo aver studiato filosofia, alchimia, diritto, medicina, teologia, che gli consentono soltanto di fingersi sapiente, è convinto di saperne quanto prima, e che in fondo «nulla ci è dato sapere». Per questo si è «dato alla magia», nella speranza che qualche spirito lo aiuti a penetrare i segreti della Natura. Scorgendo in un libro il segno del macrocosmo, simboleggiante la totalità della creazione, si inebria di una tale visione, subito però allontanata trattandosi solo di uno «scenario». Rivoltando con dispetto le pagine si imbatte allora nel disegno dello spirito elementale della terra, forza immanente della Natura che «tesse la veste vivente di Dio»; colto da ispirazione lo invoca, ma non riesce a reggerne la vista.
Subentra il suo assistente Wagner, fiducioso nel progresso umano della conoscenza.[4] Faust schernisce la sua illusione che basti tramandare la parola scritta per elevare sempre più in alto lo scibile umano: se una parte dell'uomo vuol sollevarsi dalla polvere, l'altra si aggrappa al mondo in una bramosia d'amore: «due anime vivono nel mio petto».
I suoi cupi pensieri spingono Faust a «volgere le spalle al dolce sole della terra» e ad avvelenarsi. Mentre porta alle labbra la coppa del veleno, però, ode un suono di campane e di cori religiosi annuncianti il giorno di Pasqua, che gli fanno tornare alla mente la sua infanzia quando prestava servizio in chiesa. Desiste allora dal suicidio.
Brevi dialoghi di personaggi di ogni età e ceto sociale, dipinti da Goethe con magistrale realismo, descrivono l'ambientazione storica. Faust riceve elogi e ringraziamenti per essersi più volte prodigato con suo padre nella cura delle epidemie, ma è convinto di non meritarli perché in realtà «con pozioni infernali funestammo queste valli assai più della peste».
Calata la notte, dopo che un cane nero lo ha seguito fin dentro lo studio, Faust alla ricerca di un'ispirazione apre il Nuovo Testamento e vi legge il prologo di Giovanni: «in principio era il Verbo». Sforzandosi di tradurlo in maniera più consona, intuisce che il Principio della realtà non sia propriamente la «parola», né il «pensiero», né la «forza», bensì l'«atto»: l'azione nel suo farsi dinamico.
Il cane distrurba però le sue meditazioni, ringhiando e gonfiandosi in maniera innaturale. Faust rivolge contro di lui lo scongiuro dei quattro elementi (Salamandra, Ondina, Silfide e Coboldo) che non sortisce però alcun effetto perché l'animale non è posseduto da un elementale, bensì da uno spirito infernale. Esplodendo fa allora la sua comparsa Mefistofele, in veste di «chierico vagante». Si presenta come lo «spirito che nega», cioè che distrugge e non tollera la nascita e la vita.[5] Faust cerca di trattenerlo, egli però vorrebbe andarsene per tornare in seguito, ma è impossibilitato a uscire perché sulla soglia è tracciato il pentagramma, cioè la stella di Davide simbolo di Cristo. Un topo viene indotto a rosicchiarlo, e Mefistofele può andar via.[6]
Mefistofele ritorna nella scena seguente, e propone a Faust di fargli «sperimentare la leggerezza e libertà della vita». Faust dapprima oppone resistenza, maledicendo il peso della vita umana, col suo carico di sogni, di amore, speranza, fede, e soprattutto pazienza, che adulano l'anima. Di fronte all'insistenza di Mefistofele, tuttavia, accetta di stringere un patto: il diavolo lo servirà con i suoi poteri magici per un determinato periodo, alla fine del quale però, solo se egli godrà al punto tale che «dirò all'attimo: sei così bello! fermati!» il diavolo prenderà l'anima di Faust, che sarà dannato in eterno. Ma a lui, del resto, dell'al di là interessa ben poco, una volta abbandonato questo mondo da cui soltanto sgorgano le sue gioie. Mefistofele, consapevole che se nessuna gioia soddisferà Faust questi continuerebbe comunque a dannarsi, gli fa firmare il patto col sangue, e lo invita a godere finalmente della gioia di vivere, smettendo di ingrigirsi nei suoi pensieri perchè «chi filosofa è come un animale che un folletto malvagio fa girare in tondo su un campo disseccato, mentre intorno bei pascoli verdeggiano».
Facendosi beffe della cultura accademica, impelagata in rigidi formalismi, Mefistofele si traveste da Faust per ricevere uno studentello impacciato venuto nello studio del dottore a chiedergli consiglio su quale facoltà universitaria scegliere. Più che a «sudare per la scienza», lo invita a cogliere l'attimo, e ad imparare «a trattar le donne: i loro eterni ohi e ahi, che non finiscono mai, si curano tutti da un unico punto». Si congeda quindi da lui scrivendogli una dedica: «Eritis sicut Deus, scientes bonum et malum».[7]
Durante il periodo del patto, Faust si avvale di Mefistofele in vari modi. Dopo averlo ringiovanito nell'antro di una Gatta Mammona, Mefistofele lo aiuta a sedurre una ragazza bella e innocente, Margherita. In seguito alla sua relazione segreta con Faust, la vita di Margherita è distrutta: è disonorata lei e la sua famiglia, il fratello perde la vita in un duello con Mefistofele, la madre muore per il dolore. Solo in punto di morte Margherita otterrà la salvezza eterna.
Seconda parte
Conclusa l'esperienza amorosa, Faust si volge al "gran mondo" della corte imperiale, dove sperimenta le seduzioni del potere, della ricchezza e della gloria terrena. Tutto ciò però non lo soddisfa ancora.
Faust seduce e viene sedotto da Elena di Troia. Hanno un figlio, Euforione (nel mito, figlio di Elena e Achille), destinato, però, a morire giovinetto. In seguito, preso da nostalgia e rimpianti (ripensa a Margherita, Elena ed Euforione) Faust si stabilisce in un appezzamento costiero, applicandosi costantemente per bonificare la zona. È molto vecchio ormai, e l'Angoscia (un diavolo che personifica la depressione) lo tenta continuamente, e per farlo cadere nello sconforto lo priva della vista. Ma Faust non si abbatte neanche nella cecità. Immaginando un futuro roseo dove un popolo laborioso e libero avrebbe realizzato grandi opere per la propria felicità, Faust afferma che, se fosse vissuto tanto da vederlo, avrebbe desiderato che quell'attimo si fermasse:
« Potrei dire a quell'attimo:
fermati dunque, sei così bello!
Non potrà mai l'orma dei miei giorni terreni
per volger di eoni scomparire.
Presentendo in me quella felicità tanto grande,
ora godo l'attimo mio più alto. »
(Faust, subito prima di morire)
Mefistofele non capisce, e crede che Faust stia davvero chiedendo a quell'attimo di fermarsi. Perciò, fa morire Faust, convinto di aver vinto la scommessa. Vedendo come l'ardore di Faust sia stato vinto infine dal tempo («è passato!»), esclama:
Mefistofele reclama l'anima di Faust, che però sale al cielo per il suo costante impegno a favore del bene e della società. Nel finale, un angelo spiega il motivo per il quale Faust è stato salvato: la sua continua aspirazione all'infinito.
Faust viene quindi salvato per grazia di Dio grazie alla sua costante ricerca, in combinazione con memorie di Margherita con Dio nella forma dell'Eterno Femminino.
Note
Edizioni (parziale)
- Johann Wolfgang von Goethe, Faust, a cura di e tradotto da Giovanni Vittorio Amoretti, Universale economica i classici, Feltrinelli, 1991, pp. 427, ISBN 978-88-07-82019-9.
- Johann Wolfgang von Goethe, Faust (2 voll. in cofanetto), a cura di Franco Fortini, XIV, Milano, Oscar Mondadori, 2003, pp. 1126, ISBN 978-88-04-52011-5.
- Johann Wolfgang von Goethe, Faust, tradotto da Guido Manacorda, Bur classici moderni, Rizzoli, 2005, pp. 1062, ISBN 978-88-17-00834-1.
- Johann Wolfgang von Goethe, Faust, prefazione di Italo Alighiero Chiusano, I grandi libri, Garzanti, 2008, pp. 1361, ISBN 978-88-11-37014-7.
Filmografia
Cinema
- La Damnation de Faust di Georges Méliès (1903)
- Henri Andréani e David Barnett, Faust (1910)
- Faust diretto e interpretato da Edward Sloman (1915)
- Faust diretto da Challis Sanderson (1922)
- Faust (1926), regia di Friedrich Wilhelm Murnau
- La bellezza del diavolo (1949), regia di René Clair
- Faust (1960), regia di Gustaf Gründgens
- Doctor Faustus (1967), regia di Richard Burton e Nevill Coghill
- Il mio amico il diavolo (1967), regia di Peter Cook e Dudley Moore
- Faust (1994), regia di Jan Svankmajer
- Fausto 5.0, regia di Álex Ollé
- Mephisto, regia di István Szabó
- Bedazzled (2000)
- Faust, Love of the Damned (2001), regia di Brian Yuzna
- Aleksandr Sokurov, Faust (2011)
Voci correlate
Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni da Faust
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Faust
Collegamenti esterni
- Testo completo del Faust di Goethe (formato .pdf)
- Sommario dell'opera
- I testi faustiani nelle traduzioni ottocentesche di Giovita Scalvini (per la I parte, 1835) e Giuseppe Gazzino (per la II parte, 1857) da LiberLiber
- Grandi autori della letteratura mondiale - Faust
- Johann Wolfgang Goethe: Faust