Impero romano d'Occidente

metà occidentale dell'Impero romano, esistita tra il 395 e il 476 d.C.

L'Impero Romano d'Occidente iniziò a configurarsi come organismo statuale autonomo alla morte dell'imperatore Teodosio I (395) il quale decise di affidare gli immensi territori, sempre più vulnerabili alla pressione dei barbari, ai suoi due figli: Arcadio, il maggiore, cui fu assegnato il governo della parte orientale dell'Impero e Onorio, il minore, cui spettò la parte occidentale. Non era certo nelle intenzioni di Teodosio creare due organismi politici differenziati e completamente indipendenti fra di loro. La sua finalità era piuttosto quella di ricollegarsi, attraverso questa scelta, sia alle tradizioni tetrarchiche, che a quelle post-costantiniane. La divisione doveva cioè rivestire un carattere squistamente burocratico, amministrativo, o riconducibile al problema della difesa militare. Da allora però, questi due grandi aggregati, ormai strutturatisi in Impero Romano d'Occidente e Impero Romano d'Oriente, non si sarebbero più riuniti e avrebbero intrapreso dei percorsi di sviluppo sempre più autonomi fra di loro. L'idea dell'unità restò tuttavia salda nelle coscienze ancora per lungo tempo, e certo non si era ancora spenta quando, nel 476, il re degli Eruli Odoacre, depose l'ultimo cesare d'occidente, Romolo Augusto, e rimise le insegne dell'Impero all'imperatore d'Oriente Zenone. L'Impero Romano d'Occidente aveva, e per sempre, cessato di esistere. A mantenere in vita il sacro nome di Roma restò da quel momento, e per quasi un millennio, l'Impero Romano d'Oriente, meglio conosciuto come Impero Bizantino.

Superficie e popolazione

Al momento della morte di Teodosio I e della definitiva divisione dell'Impero in una parte orientale e in una occidentale (395), quest'ultima ereditò la Prefettura della Gallia (o Gallie) e la maggior parte della Prefettura d' Italia, Africa ed Illiria mentre all'Oriente romano toccarono la Prefettura d'Oriente e due diocesi illiriche appartenute alla Prefettura d'Italia,Africa ed Illiria. A sua volta la prefettura d'Italia era formata da 4 diocesi : Italia (2 diocesi), Illiria ed Africa e quella delle Gallie da un pari numero di diocesi: Gallia (2 Diocesi), Hispania e Britannia. Va messo in evidenza che l'Illiria era stata ripartita fra i due Imperi e che questa divisione fu fonte di continue dispute che iniziarono a profilarsi fin dagli ultimi anni del IV secolo. La superficie totale dell'area romano-occidentale superava i 2,5 milioni di Kmq con una popolazione globale difficilmente quantificabile ma che, con ogni probabilità, non doveva essere in alcun modo inferiore ai 25 milioni di abitanti. Nel secolo successivo in tutto il mondo romano-occidentale si assistette ad una generalizzata flessione demografica dovuta a guerre, carestie ed epidemie. Lo stanziamento di genti barbare in quasi tutte le regioni dell'Europa occidentale e dell' Africa, non riuscì infatti a compensare le perdite che avevano falcidiato la popolazione autoctona. Questi gruppi etnici, generalmente di origine germanica, rappresentarono sempre una quota modesta sul totale delle popolazioni romane o romanizzate, probabilmente non superiore, in termini percentuali, ad un 8% o un 10%. Per avere un'idea della limitata consistenza numerica di queste tribù barbare, ricorderemo che, quando i Longobardi penetrarono in Italia nella seconda metà del VI secolo, si ritiene che la loro orda fosse integrata da circa 120.000 unità ivi compresi anziani, donne e bambini.

Le Città

A cavallo fra il IV ed il V secolo Roma era ancora la città più popolosa dell'Impero (sia della sua parte occidentale che orientale). Durante il regno di Valentiniano I si calcola, sulla base delle tessere annonarie distribuite, che l'Urbe dovesse contare non meno di 800.000 abitanti. Questo valore restò pressochè inalterato fino al primo decennio del V secolo e cioè fino al primo sacco da parte dei Visigoti di Alarico (410). La consistente flessione demografica che ne seguì, dimezzò la popolazione dell'Urbe , ma fu soltanto con il secondo sacco ad opera dei Vandali (455) che Roma perse il rango di prima città dell'Impero superata non solo da Costantinopoli, ma anche dalle popolose metropoli d'Oriente (Alessandria, Antiochia e, forse, anche Thessalonica). Cartagine, con i suoi probabili 150.000 abitanti, costituiva con ogni probabilità il secondo agglomerato urbano dell' occidente romano. La città, oltre a possedere, da sempre, una netta vocazione commerciale, era posta nel cuore di una ricca regione agricola ed esportava le sue derrate alimentari anche in Oriente. In Africa, altre tre città di medie dimensioni godevano di una certa prosperità : Leptis Magna, culla della dinastia dei Severi, che, dopo un periodo di decadenza, aveva conosciuto una certa ripresa in epoca Teodosiana; Timgad, importante centro donatista durante tutto il IV secolo, e infine Cesarea (oggi Cherchell,in Algeria,da non confondere con altri centri urbani omonimi tutti situati in Oriente), che dette i natali a Prisciano, forse il massimo grammatico della tarda latinità (attivo a Costantinopoli a cavallo fra il V ed il VI secolo). Anche l' Italia poteva vantare una serie di centri relativamente popolosi ed economicamente attivi, primo fra tutti Milano (capitale imperiale durante tutto il IV secolo), Aquileia (distrutta dagli Unni attorno alla metà del V secolo) e Ravenna, che nel 402 divenne capitale di questa parte del mondo romano e conservò tale rango fino alla metà circa dell' VIII secolo. In Illiria la città più importante e popolosa era forse Salona (nelle immediate vicinanze dell'odierna Spalato), in Dalmazia ( 50.000 abitanti circa), mentre i due agglomerati di frontiera di origine castrense,Carnuntum ed Aquincum (l'attuale Budapest), entrambi con due anfiteatri (uno per le guarnigioni di stanza ed uno per la popolazione civile), conservarono una certa importanza strategica. Carnuntum ci viene descritta da Ammiano Marcellino, nella seconda metà del IV secolo, come una città sonnolenta e degradata, ravvivata però dalla presenza di molti militari accampati nei dintorni o residenti nel centro abitato.In Iberia aveva avuto un certo sviluppo, nel corso del IV secolo, la città di Hispalis ( l'attuale Siviglia), impostasi come il massimo centro della Betica, mentre Carthago Nova (Cartagena) continuava a costituire il più importante punto di riferimento urbano nell'area mediterraneo-orientale della Diocesi. Non minore importanza rivestivano Tarraco (Tarragona), Osca (Huesca) e Caesaraugusta ( Saragozza) nella parte settentrionale della penisola. La città più importante e popolosa della due Diocesi galliche era Augusta Treverorum (Treviri,oggi in Germania), ex capitale imperiale fin da epoca tetrarchica e, ancora agli inizi del V secolo, sede di Prefettura. Arelate (Arles), impostasi da tempo come il più dinamico centro urbano della Gallia Meridionale, era anche divenuta, agli inizi del V secolo, capitale di Prefettura.Massimo centro della Gallia centrale era,con ogni probabilità Lugdunum (Lione). La Britannia era forse l'unica Diocesi dell'Impero Romano d'Occidente a non possedere città di grandi o medie dimensioni, ma borghi, spesso di origine castrense (come Londinium, l'odierna Londra) o sviluppatisi su precedenti insediamenti celti (come Calleva Atrebatum, oggi Silchester. Aquae Sulis (Bath) era invece un centro termale noto fin dal I secolo. L'abbandono della Britannia da parte delle guarnigioni romane agli inizi del V secolo determinò la decadenza di tali centri,la quale si protrasse per buona parte dell'alta età media. Londra, restata quasi senza abitanti, dovette essere pressochè rifondata da Alfredo il Grande nel IX secolo.

I prodromi della divisione

Un prodromo della divisione "legale" dell'Impero Romano, dopo le divisioni amministrative dei decenni precedenti, si ebbe con la salita al trono di Valentiniano I, creato imperatore a Nicea nel febbraio del 364 che, il mese successivo, associò come "Augusto" il fratello Valente. Si noti che Valentiniano assegnò al fratello le terre orientali tenendo sotto il suo controllo quelle occidentali, chiaro segno dell'importanza che ancora si dava a Roma. Il valore di questa divisione risiede nel fatto che per la prima volta anche l'Augusto "d'Oriente" poteva legiferare per quanto atteneva il proprio territorio.

L'attività governativa di Valentiniano I tesa a fermare l'avanzata dei barbari che premevano sui confini della Germania si concretizzò nella costruzione del poderoso limes che andava dal Mar del Nord alle Alpi Retiche e che però, per effetto del sempre maggiore ricorso ai foederati nell'esercito con il loro relativo e consequenziale accesso alle magistrature civili portò alla graduale barbarizzazione dei quadri amministrativi, burocratici e militari. La morte di Valente nella battaglia di Adrianopoli il 9 agosto del 378 provocò il commento di Sant'Ambrogio: "... siamo alla fine del mondo".

Il mondo non terminò ma l'Impero Romano ebbe un colpo mortale. Graziano, fratellastro di Valentiniano II salì al trono e non sentendosi in grado di reggere l'intero impero (Valentiniano II aveva sei anni) nel gennaio del 379 nominò Augusto Teodosio cui affidò le diocesi di Macedonia e Dacia anch'esse pressate dalle popolazioni dell'est. La politica dell'Impero, all'indomani della sconfitta di Adrianopoli, si concentrò sul massiccio inserimento di truppe barbare, segnatamente in Pannonia Ostrogoti e Vandali e sulla riva destra del Danubio i Visigoti. Sul versante religioso si concretizzò il graduale predominio del cristianesimo come religione che Teodosio cercò di far divenire collante dell'Impero osteggiando le antiche religioni e condannando l'arianesimo.

 
L'impero romano alla morte di Teodosio (395 d.C.)

La nomina dei figli creò una situazione esagerata: Arcadio, figlio di Teodosio e Vittore, figlio di Massimo portò a cinque il numero degli Augusti, aggiungendoli a Teodosio, Graziano e Valentiniano II. La situazione fu di breve durata. Valentiniano II, controllato dalla madre Giustina e da Ambrogio, vescovo di Milano, la sua capitale, si alleò a Massimo contro Graziano che da Treviri cercava di combattere i barbari. Massimo approfittò per annettersi l'Italia e l'Africa costringendo Valentiniano a ritirarsi a Tessalonica. Teodosio lo aiutò solo quando il giovane Augusto rinunciò all'arianesimo. Massimo fu poi sconfitto da Teodosio e morì ad Aquileia mentre Vittore morì cercando di resistere alla riconquista della Gallia. Nel 383 dopo varie vicissitudini belliche e politiche, Valentiniano dominava su tutti i territori che erano stati controllati dal padre.

Teodosio, vero arbitro politico dell'impero, lo inviò a Treviri per governare la parte occidentale con l'aiuto di Arbogaste ma intrighi di corte fecero in breve fallire il tentativo di restaurazione. Teodosio che per tre anni si era spostato fra Roma e Milano, si stabilì in oriente da dove resisteva alle interferenze del vescovo Ambrogio mettendo in atto una politica tendente a frenare l'avanzata del potere dei cristiani. L'eccidio di Tessalonica diede però ad Ambrogio la possibilità di imporre una penitenza all'Imperatore e dal 390 Teodosio "dovette" ridefinire le misure contro apostasie, paganesimo ed eresie arrivando all'editto del 24 febbraio del 391 che chiudeva tutti i templi e vietava i culti pagani anche se seguiti in modo privato. Teodosio, rientrato a Costantinopoli dove dovette far fronte, fra le altre, alle proteste delle correnti pagane capeggiate da Eugenio. Nominato Augusto anche l'altro figlio Onorio, mosse l'esercito verso l'Italia dove, nella battaglia del Frigido, il 6 settembre 394 sconfisse le forze di Eugenio ed Arbogaste.

Eliminati i rivali Teodosio rimase unico Imperatore ma attribuì a Onorio l'Impero d'Occidente e ad Arcadio l'Impero d'Oriente. Nel gennaio del 395 Teodosio morì e la divisione divenne, in pratica, definitiva.

Un inizio che è già declino

Onorio salì al potere all'età di soli 11 anni, e per questo la reggenza dell'Impero venne affidata al generale Stilicone, di origine barbara (era infatti figlio di un Vandalo). Stilicone si trovò a guidare un Impero ormai già in forte decadenza, che subiva sui suoi confini le fortissime pressioni delle tribù barbare di origine germanica, e dovette affrontare sin da subito notevoli difficoltà. Le gelosie e la sete di potere degli aristocratici romani dell'epoca, inoltre, indebolivano ulteriormente la struttura dell'Impero d'Occidente e la posizione di Stilicone. Nel 395 il re dei Visigoti Alarico, pur avendo servito nell'esercito romano sotto il comando di Teodosio I nel 392, volendo approfittare della situazione e poiché i Visigoti erano spinti alle spalle dagli Unni, aggredì l'Impero, varcando il Danubio e compiendo saccheggi e scorrerie prima in Tracia e in Macedonia, poi risospinti indietro dai Bizantini, si rivolsero verso l'Illiria e la penisola italica, ma furono sconfitti nel 402 da Stilicone nella battaglia di Pollenzo. In questo anno Onorio trasferì la capitale da Milano a Ravenna, meglio difendibile perché al tempo circondata da estese paludi.

Le invasioni barbariche

 
Una carica degli Unni

L'Impero Romano d'Occidente iniziò il suo declino con la prima delle grandi invasioni barbariche, quella dei Visigoti. Poiché l'Impero Romano d'Oriente era sostanzialmente più solido e meglio difeso di quello d'Occidente, le migrazioni dei popoli germanici investirono principalmente quest'ultimo, nel quale inoltre la presenza dei barbari era già molto forte. I giorni in cui l'Impero Romano possedeva legioni sufficienti a tenere tutti i confini saldamente in mano erano lontani e le legioni erano sempre di più costituite da soldati di origini barbare, che non sempre avevano a cuore la salvezza dell'Impero.

In questo contesto il tentativo di Stilicone di difendere la penisola italica dai Visigoti, pur mostrandosi efficace, distolse molte truppe dalle frontiere della Gallia, che rimase sostanzialmente abbandonata alle guarnigioni di barbari foederati, i quali praticamente non opposero resistenza quando Vandali, Alani e Svevi, sospinti verso occidente dall'avanzata degli Unni, varcarono il Reno e si stabilirono in Gallia e in Iberia.

Aspiranti imperatori

Nello stesso periodo (406), le guarnigioni di stanza in Britannia si ribellarono ed elessero propri generali al rango di Imperatori in rapida successione: il primo fu Marco, il quale però fu presto ucciso dai suoi stessi soldati che lo rimpiazzarono con Graziano. Anch'egli però andò incontro alla stessa sorte, poiché si rifiutò di invadere le Gallie quando i barbari germanici varcarono il Reno. Al suo posto venne eletto imperatore Costantino III, il cui regno durò fino al 411.

 
Moneta dell'usurpatore Costantino III

Egli attraversò la Manica con un corpo di spedizione nel 407, invase la Gallia; riuscì a mettere al sicuro le frontiere sul Reno, ma dovette scontrarsi prima con le orde barbare, poi con Saro, uno dei generali di Stilicone il quale era accorso ad affrontare il ribelle su ordine di Onorio, e infine le guarnigioni iberiche leali all'imperatore di Ravenna che mossero contro di lui, ma le truppe di Costantino, guidate dal figlio Costante, sconfissero le legioni iberiche con facilità; riconquistato il controllo dell'Iberia l'usurpatore Costantino pose a capo della provincia Geronzio, suo magister militum. Avrebbe probabilmente marciato anche sull'Italia, ma nel 408 Stilicone fu arrestato su ordine dell'imperatore Onorio suo protetto e giustiziato il 22 agosto, così che, venuto a mancare l'unico generale allora in grado di tenergli testa, Alarico radunò le sue truppe e scese in Italia e saccheggiò la penisola. Mentre Onorio si rifugiava a Ravenna, Alarico insediò sul trono imperiale il senatore Prisco Attalo, di origine ellenica.

Anche Costantino si trovò presto in difficoltà, poiché le sue guarnigioni si erano nuovamente rivoltate contro di lui in Britannia, così che scrisse all'imperatore Onorio chiedendo perdono e offrendo aiuto contro i Visigoti. Questi accettò l'alleanza, ma Costantino non poté raggiungere la penisola perché i barbari germani avevano invaso ormai la Gallia e sbarazzatesi delle guarnigioni romane sui Pirenei erano penetrate in Iberia dove si scontrarono con Geronzio, il quale dopo una rapida vittoria si ribellò a Costantino e si mosse contro di lui. Stretto da ogni parte da ribelli, barbari e usurpatori al pari suo, Costantino tentò il tutto per tutto e cercò di invadere l'Italia per deporre Onorio, ma incalzato dalle truppe di Geronzio dovette fermarsi in Liguria e tornare sui suoi passi. Fu sconfitto a Vienne nel 411 e giustiziato.

Nel 410 Alarico aveva saccheggiato Roma e deposto lo stesso Prisco Attalo, mentre le guarnigioni del Reno, con la complicità di Burgundi e Alani avevano eletto imperatore Giovino, un generale. Ma anche il suo regno nelle Gallie fu molto breve: il re Visigoto Ataulfo(succeduto al cognato Alarico nel 411), che lo aveva inizialmente appoggiato, si alleò con Onorio e dopo averlo sconfitto lo fece decapitare nel 413.

Nel frattempo i Vandali attraversavano la Penisola iberica seguiti da Svevi e Alani, compiendo violenze, distruzioni e saccheggi tali che "essere un vandalo" divenne sinonimo di barbarie, e continuarono la loro discesa attraverso l'impero fino a stabilirsi nella odierna Andalusia (da essi chiamata Vandalicia). Qui i Vandali si scontrarono con Alani e Svevi, che si erano insediati rispettivamente in Lusitania e in Galizia, in diverse battaglie, finché Genserico re dei Vandali non fu costretto a trasferire il suo popolo in Africa, a causa dell'invasione Visigota delle Gallie e dell'Iberia (428).

Flavio Onorio morì nel 423, e subito Giovanni Primicerio, un funzionario romano, con l'appoggio del senato, fu proclamato imperatore, ma non venne riconosciuto tale dall'Imperatore d'Oriente Teodosio II. Il precario equilibrio politico dell'Impero venne subito messo in discussione dalla ribellione delle guarnigioni romane di Arles e dalla ostilità di Bonifacio, comes di Africa. Nel 424, Teodosio II elevò al rango di Cesare Valentiniano III, e inviò il suo esercito a destituire Giovanni, il quale si rinchiuse inultilmente in Ravenna, la quale fu espugnata nel 425. L'involontario contributo di Giovanni alla storia dell'Impero Romano d'Occidente risiede nella scelta di inviare un suo giovane generale, Flavio Ezio, a chiedere l'aiuto degli Unni contro le truppe di Teodosio. Benché il tentativo di salvare la sua posizione fallì miseramente, Ezio venne nominato magister militum da Galla Placidia, madre di Valentiniano: ciò gli permise di frenare negli anni successivi l'invasione degli Unni.

Attila e gli Unni

L'ultima spallata all'Impero d'Occidente giunse con l'entrata ufficiale sulla scena storica del popolo degli Unni. Si trattava di una popolazione di stirpe asiatica, la cui origine non è del tutto accertata, che verso la metà del secolo IV si abbatté sulle popolazione gotiche e slave stanziate all'epoca fra il Dniepr e l'Oder. La violenza dell'urto dell'invasione unna provocò una sorta di "reazione a catena" che spinse i popoli barbari a varcare i confini dell'Impero Romano in massa. Dopo una iniziale avanzata gli Unni si arrestarono nelle pianure della Pannonia, ma quando Attila salì al potere nel 445, unificò le tribù e invase l'Impero Romano. Attila, condottiero furbo e feroce si diresse dapprima contro l'Impero Romano d'Oriente, che vantava le maggiori ricchezze e per questo invase e devastò l'Illiria nel 447. Teodosio II cercò di contrastarlo ma fu sconfitto da Attila, il quale assediò Costantinopoli, pur senza riuscire a conquistarla, a causa del fatto che gli Unni avevano scarsa conoscenza di tecniche d'assedio. Dopo che ebbe saccheggiato liberamente la Tracia, la Mesia e la Macedonia, l'Imperatore d'Oriente fu costretto a cedere alcuni territori dell'Impero a sud del Danubio ad Attila e ad impegnarsi a pagare un tributo annuo. Attila inizialmente parve accontentarsi della situazione, ma quando divenne imperatore Marciano nel 450, questi si rifiutò di pagare il tributo agli Unni ed Attila, avendo bisogno di rifornimenti per le sue truppe si rivolse contro l'Impero d'Occidente. Nel 451 la marea unna si riversò sulla Gallia, ma nonostante la forza e l'imponenza del suo esercito (fra l'altro ingrossato dai Vandali di Genserico), si infranse contro lo scoglio rappresentato dal brillante generale Flavio Ezio, il quale, conscio della debolezza delle legioni romane, formò un'alleanza con Visigoti, Franchi e Burgundi e si scontrò con Attila ai Campi Catalaunici, presso Châlons. L'esito della battaglia rimane tuttora oggetto di discussione. Certo è che entrambe le parti subirono perdite tali che non poterono più riprendersi.

Attila si rivolse allora verso la penisola italica (452), richiamato fra le altre cose dalla proposta di matrimonio che Onoria, sorella dell'imperatore Valentiniano, gli aveva rivolto nel 450. In realtà si trattava di una richiesta di aiuto, ma Attila ne approfittò per reclamare la corona dell'Impero di Occidente. La discesa di Attila in Italia fu devastante: egli distrusse Milano, Padova e Aquileia e quando aveva già deciso di raggiungere Ravenna e poi Roma fu fermato da una delegazione condotta da Papa Leone I, il quale lo convinse a ritirarsi, dicono alcuni, impressionanodlo con la sua grande fede, altri dicono in cambio di una grande quantità di oro. Attila morì l'anno successivo, nel 453.

Economia e finanze

Alla crisi non solo politica,ma anche finanziaria ed economica del III secolo,( vedi:Crisi del III secolo) fece seguito,fin da epoca tetrarchica,una moderata ripresa delle attività produttive che però interessò principalmente la parte orientale dell'Impero. Vari fattori contribuirono a frenare in occidente questa congiuntura economica favorevole, la quale riuscì a presentare una certa consistenza solo in un ristretto numero di aree: Cartagine con l'Africa Proconsolare e Byzacena, parte della Gallia ed alcune zone dell'Italia Annonaria (Italia Settentrionale). Negli anni in cui si iniziò a conformare l'Impero Romano d'Occidente (395 - 400 circa), la sua economia aveva assunto già da tempo delle particolari connotazioni che potrebbero qui trovare la seguente sintesi:

1) Preponderanza assoluta delle attività agropecuarie (agricoltura ed allevamento) su quelle industriali e mercantili. Questo fenomeno, tipico di tutte le economie pre-capitaliste era in Oriente molto meno accentuato;

2) Abnorme sviluppo del latifondo con impiego su larga scala di manodopera servile non sempre di facile reperibilità (nonostante le riforme di Diocleziano tese a vincolarla alla terra). Nel contempo iniziò a manifestarsi una progressiva scomparsa delle piccole e medie unità produttive ed un graduale spopolamento di numerose provincie;

3) "Nazionalizzazione" di alcune importanti industrie manifatturiere che provocò la crisi di alcuni settori produttivi. Questa politica economica fu intrapresa un secolo prima dall' imperatore Diocleziano e mirava ad assicurare una maggiore forma di controllo da parte dello Stato ed una maggiore razionalizzazione degli approvvigionamenti e delle forniture per l'esercito. Il processo interessò soprattutto due fra le più fiorenti attività industriali dell'occidente europeo : quella tessile e quella legata alle armi ed agli equipaggiamenti militari;

4) Stagnazione quasi generalizzata delle attività commerciali, che contrastava con una ben maggiore vivacità dei traffici nella parte orientale dell'Impero. Quest'ultima poteva vantare tradizioni mercantili più antiche le quali poggiavano su uno sviluppo urbano più accentuato che in occidente.

Nonostante la non facile situazione economica, la pressione fiscale, dall'epoca dioclezianea in poi, si andò incessantemente incrementando per poter sostenere i costi di mantenimento, sempre più elevati, di un esercito ormai quasi interamente formato da mercenari e di un apparato burocratico sviluppatosi a dismisura. Le frequenti contrazioni del gettito fiscale e l'impossibilità da parte dello Stato di far fronte alle spese militari ed amministrativo-burocratiche cui si è fatto accenno,costrinse inoltre lo Stato romano,nel corso del IV secolo a ricorrere a nuove emissioni di moneta, responsabili di una spirale inflazionistica refrattaria a ogni tentativo di contenimento (il primo e più celebre dei quali, conosciuto come Editto sui prezzi massimi, fu quello promulgato da Diocleziano nel 301).

Durante i regni di Onorio (395 - 423) e di Valentiniano III (425 - 455) la situazione divenne sempre più insostenibile. L'incessante sequela di guerre, carestie, ed amputazioni territoriali sempre più gravi che,già fin dall'inizio del V secolo, flagellarono il mondo romano-occidentale fino a determinarne la caduta definitiva pochi decenni più tardi, prosciugarono del tutto l'erario pubblico, spensero ogni iniziativa individuale, distrussero capitali e ricchezze accumulati da Roma nella sua Storia millenaria.

Va infine segnalata l'irrazionalità con cui molto spesso si gestiva all'epoca il denaro pubblico : alla fine del IV secolo e agli inizi del V lo Stato doveva farsi ancora carico, con ripartizioni gratuite di frumento e di altri generi di prima necessità, di un consistente numero di indigenti, sfaccendati e altri soggetti che conducevano un'esistenza parassitaria. Questo fenomeno, nato in tarda età repubblicana, supponeva un onere non indifferente per le esauste arche pubbliche del tempo. Indicativo a questo proposito è il caso della città di Roma che annoverava fra la sua popolazione residente, nel 367, ben 317.000 aventi diritto a questa forma di mantenimento. È questa una cifra enorme soprattutto se si considera che la popolazione totale di Roma non doveva superare all'epoca le 800.000 unità e che quella dell'Italia (con Sicilia e Sardegna) ruotava attorno ai 6 milioni di abitanti. Questa costante emorragia di denaro pubblico, oltre a costituire un pesante gravame per il Tesoro, sottraeva risorse umane e finanziarie allo sviluppo della città di Roma e d'Italia ed alla difesa dell'Europa e dell'Africa romane.

Cultura

Alla fine del IV secolo, e per molti secoli a venire, Roma era ancora un prestigioso punto di riferimento ideale non solo per l'Occidente, ma anche per l'Oriente. Si ha quasi l'impressione che la sua perdita di importanza politica, definitivamente sancita già in epoca tetrarchica, le avesse quasi assicurato un ruolo di simbolo "sovranazionale" di Impero al tramonto. Alcuni grandi uomini di cultura di origine greco-orientale sentirono questo richiamo e scelsero il latino come lingua di comunicazione. È il caso dello storico greco-siriano Ammiano Marcellino, che decise, dopo un lungo periodo di militanza come ufficiale dell'esercito, di trasferirsi a Roma, dove morì attorno all'anno 400. Nella Città Eterna scrisse il suo immortale capolavoro Rerum gestarum libri XXXI, pervenutoci purtroppo in forma incompleta. Quest'opera, serena, imparziale, vibrante di profonda ammirazione per Roma e la sua missione civilizzatrice, costituisce un documento di eccezionale

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Il Vescovo Ambrogio e l'Imperatore Teodosio

interesse, dato il delicato e tormentato momento storico preso in esame (dal 354 al 378, anno della battaglia di Adrianopoli). Anche l'ultimo grande poeta pagano, il greco-egizio Claudiano (nato nel 375 circa), adottò il latino nella maggior parte dei suoi componimenti (la sua produzione in greco fu senz'altro meno significativa) decidendo di passare gli ultimi anni della sua breve esistenza a Roma, dove si spense nel 404. Spirito eclettico ed inquieto, trasse ispirazione, nella sua vasta produzione tesa a esaltare Roma e il suo Impero, dai grandi classici latini (Virgilio, Lucano, Ovidio ecc.) e greci (Omero e Callimaco). Fra i letterati provenienti dalle provincie Occidentali dell'Impero non possiamo dimenticare il gallo-romano Namaziano, che in un suo breve componimento, il De reditu (417 circa), rese un vibrante e commosso omaggio alla città di Roma che egli era stato costretto a lasciare per tornare nella su terra di origine, la Gallia. L'ultimo grande retore che visse ed operò in questa parte dell'Impero fu il patrizio romano Simmaco spentosi nel 402. Le sue Epistulae, Orationes e Relationes ci forniscono una preziosa testimonianza dei profondi legami, ancora esistenti all'epoca, fra l'aristocrazia romana ed una ancor viva tradizione pagana. Quest' ultima, così ben rappresentata dalla vigorosa e vibrante prosa di Simmaco, suscitò la violenta reazione del cristiano Prudenzio che nel suo Contra Symmachum stigmatizzò i culti pagani del tempo. Prudenzio è uno dei massimi poeti cristiani dell'antichità. Nato a Calagurris in Spagna, nel 348, si spense attorno al 405, dopo un lungo e travagliato pellegrinaggio fino a Roma. Oltre al già citato Contra Symmachum, è autore di una serie di una serie componimenti poetici di natura apologetica o di carattere teologico fra cui una Psychomachia (Combattimento dell'anima), una Hamartigenia (Genesi del Peccato) ed un Liber Cathemerinon (Inni da recitarsi giornalmente).

 
Agostino d'Ippona nel suo studio. Dipinto di Vittore Carpaccio

Grande svilppo ebbe in Occidente, a cavallo fra il IV e V secolo, il pensiero teologico e filosofico dei padri della chiesa di lingua latina su cui primeggiano tre grandi personalità : S. Ambrogio (morto nel 397),San Girolamo (347-420) e S. Agostino (354-430). Il primo, di Treviri, diede uno straordinario impulso al progressivo affrancamento della Chiesa di Roma dal potere imperiale, grazie anche al rapporto privilegiato che intrattenne con Teodosio I e, alla morte di questi,(395) con il reggente Stilicone. La sua produzione è molto vasta e comprende scritti di carattere esegetico, ascetico e dogmatico, oltre a numerosi discorsi, epistole ed inni. Egli fu infatti il fondatore della innografia in lingua latina di contenuto religioso. S. Gerolamo, originario di Stridone, città posta fra la Pannonia e la Dalmazia fu uno dei maggiori eruditi del suo tempo. Fu lui a tradurre il Vecchio Testamento dall'originale ebraico in latino. La sua traduzione, la celebre Vulgata, diffusissima durante tutta l'età medioevale, fu l'unica ad essere riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa durante il Concilio di Trento (1545-1563). San Girolamo è anche ricordato per il De viris illustribus, raccolta di notizie, dati biografici, riflessioni sugli autori cristiani più significativi dei primi quattro secoli dell'era volgare. Nell'Occidente romano visse ed operò infine uno dei massimi filosofi di tutti i tempi ed il teologo che probabilmente influenzò in misura maggiore di qualsiasi altro la storia del Cristianesimo: S. Agostino. Nativo di Tagaste, in Numidia, soggiornò per alcuni anni prima a Roma, poi a Milano,dove ebbe modo di conoscere S.Ambrogio e ricevere dalle sue mani il battesimo (387). Tornato in Africa, fu ordinato sacerdote (391) e nominato successivamente Vescovo di Ippona. In questa città, assediata dalle orde vandale, S. Agostino si spense nel 430. Della sua enorme produzione vanno segnalate le Confessiones capolavoro indiscusso di tutta la memorialistica in lingua latina (redatte nel 397 - 398) e la De Civitate Dei nata per difendere i Cristiani dalle accuse rivolte ad essi di essere stati i responsabili del sacco di Roma del 410. L'opera si dilatò nel corso degli anni ( 413 - 427 ) fino ad includere i temi più svariati (filosofia, diritto, metafisica, ecc.) divenendo una vera e propria Summa Teologica del grande pensatore africano. Profondamente influenzato da S.Agostino fu il sacerdote iberico Orosio (attivo fino al 420 circa), che gli fu anche amico oltre che compagno di fede. Orosio scrisse su invito di S.Agostino le Historiarum adversus paganos libri septem (418) lungo resoconto storico-teologico che da Adamo giunge fino all'anno 417 e che si impernia sul concetto di provvidenza, caro al grande vescovo di Ippona.

Lingua

Nella parte occidentale dell'Impero lingua ufficiale e lingua d'uso coincidevano. Il latino si imponeva infatti in ogni ambito della vita pubblica e privata anche se con modalità regionali e provinciali non sempre agevolmente documentabili. La persistenza di alcuni idiomi preromani (di origine soprattutto celta e fenicia) doveva rivestire ancora una certa importanza nelle zone rurali, ma nelle realtà urbane del tempo era molto più limitata. La stessa conoscenza del greco, così diffusa un tempo presso il patriziato, si era andata restringendo, nel corso del IV secolo (o forse ancor prima), agli intellettuali e agli uomini di cultura (letterati, filosofi ecc.) non senza significative eccezioni. Lo stesso S. Agostino infatti, una delle menti più alte del suo tempo, lamentava la scarsa conoscenza che possedeva della lingua greca. A partire dal 406 circa, l'entrata e lo stanziamento di popolazioni di etnia prevalentemente germanica ruppe la compattezza linguistica di questa parte del mondo romano. Pur tuttavia il latino continuò ad essere l'unica lingua scritta della parte occidentale dell'Impero.

Arte

Con il progressivo affermarsi del Cristianesimo ha inizio, a partire dalla prima metà del IV secolo, la nascita e lo sviluppo di un arte paleocristiana che conoscerà il suo massimo rigoglio in Italia e particolarmente nelle città di Roma, Ravenna e Milano. Questa nuova forma d'arte troverà la sua espressione più alta nella basilica, tipico edificio romano di incontro ed aggregazione della cittadinanza, adibito dai cristiani al culto. Il primo edificio di questo tipo fu, con ogni probabilità, la basilica di S. Pietro, fatta innalzare da Costantino I nel terzo decennio del IV secolo ed interamente ricostruita in età rinascimentale.Sempre del IV secolo sono le basiliche di S. Paolo, S. Maria Maggiore, S. Giovanni in Laterano e S. Sabina. A Ravenna, capitale imperiale dal 402, l'attività edilizia fu particolarmente intensa durante tutto il V secolo. Le basiliche di S.Giovanni Evangelista ( 430 circa), di S. Agata Maggiore e di S. Croce sono di questo periodo, come pure il celebre Mausoleo di Galla Placidia ed il Battistero degli Ortodossi (451 - 460).

 
La Porta Nigra di Treviri in una foto del primo '900

Le decorazioni interne di questi capolavori architettonici ravennati sono ancora permeate dal severo realismo romano e non risentono delle influenze dell'arte bizantina ( ancora in gestazione ) che inizieranno ad essere percepibili solo in epoca teodoriciana (493 - 526). A Milano, anch'essa capitale imperiale durante il IV secolo, fu edificata la basilica di S. Lorenzo ( IV secolo, ma con alcune parti, come la cappella di S. Sisto, del V secolo ) nota per i suoi straordinari mosaici ( prima metà del V secolo ). Nelle altre provincie romano-occidentali l'attività artistica sembra abbia subito una battuta di arresto nel corso del IV secolo. Di questo periodo sono due celebrati monumenti della tarda romanità : la basilica di Leptis Magna, fatta innalzare da Costantino I su una anteriore struttura del I secolo e, sempre di età costantiniana, la Porta Nigra di Treviri. Sempre a Treviri, che, non dimentichiamolo, fu anch'essa residenza imperiale fin da epoca tetrarchica, si può ancor oggi ammirare la Basilica, conosciuta come "Aula Palatina", poderosa struttura in laterizio del IV secolo.

Religione

La politica di tolleranza e, in molti casi, di aperto sostegno al Cristianesimo inaugurata dall'Imperatore Costantino I si consolidò nel corso del IV secolo (con un'unica ed effimera battuta

 
Le tombe di S. Eustachio e Valerio primo e secondo vescovo di Treviri - all'epoca città capitale

di arresto durante il breve regno di Giuliano). Nel 380 l'imperatore Teodosio I proclamò il Cristianesimo religione ufficiale dell'Impero nella sua formulazione nicena. Sia il paganesimo che l' eresia ariana vennero da quel momento apertamente perseguitati. Non è facile stabilire la reale consistenza delle comunità cristiane nell'Impero Romano d'Occidente al momento della sua nascita (395), ma con ogni probabilità queste rappresentavano oltre la metà della popolazione dei territori che ne facevano parte. Il Cristianesimo era certamente più diffuso in ambito urbano che rurale e, sotto il profilo territoriale, più in prossimità del Mediterraneo (Africa, Hispania orientale e meridionale, Gallia meridionale, Italia, Dalmazia) che nell'Europa Centrale ed Atlantica. La popolazione della città di Roma era in maggioranza cristiana, ma parte dell'aristocrazia senatoria, appoggiata dalle proprie clientele, continuò a mantenersi fedele, ancora per qualche decennio, ai vecchi culti pagani. La situazione venne a complicarsi nel corso del V secolo, a seguito dello stanziamento di molti popoli di etnia germanica e di religione ariana in gran parte dei territori romano-occidentali. La loro conversione fu in molti casi lenta e non si poté realizzare pienamente prima della fine del VII secolo.

Voci correlate

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