Campo profughi di Wagna
Il Campo profughi di Wagna (in tedesco Flüchtlingslager Wagna) fu uno dei principali luoghi dove furono collocate forzosamente, in linea di massima divise per nazionalità, le popolazioni del Litorale austriaco durante la Grande Guerra.[1] Nel campo di Wagna forono collocati poco meno di 20.000 profughi provenienti dall' Isontino e dall' Istria, in massima parte italiani, ma anche circa 1600 sloveni evacuati da Gorizia nell'estate del 1916.[2] Precedentemente, prima del maggio 1915, nel campo erano state sistemate diverse migliaia di sfollati galiziani, in seguito all'offensiva russa dell'autunno 1914.[3]

Vicende storiche
Nei giorni precedenti al 23 maggio 1915, data della dichiarazione di guerra da parte dell'Italia, i comandi militari austriaci e il Ministero dell'interno fecero scattare il piano di evacuazione del Trentino e del Litorale austriaco, predisposto già da mesi. Per quanto riguarda il Litorale, le aree da sgomberare erano quelle lungo la linea di difesa dell'Isonzo e del Carso, e la zona di Pola, piazzaforte della marina asburgica.[4] Il piano prevedeva inizialmente l'evacuazione di 40.000 persone dal Trentino (di cui 10.000 tedeschi[non chiaro]) e di 30.000 dal Litorale austriaco (5.000 tedeschi e 25.000 tra italiani, sloveni e croati), di cui 18.000 da Pola e 12.000 da Trieste e dall'Isontino.[5] Nel corso del conflitto il numero aumentò fino a raggiungere le 230.000 unità. Le fonti concordano nell'indicare in 70.000 il numero degli sfollati trentini nel corso della Grande Guerra.[6] Qui ci soffermeremo sugli spostamenti di popolazioni dal Litorale, in particolare dalle città di Pola, Gorizia e Trieste.
- La città di Pola vide una prima evacuazione forzata di 26.000 persone nell'estate del 1914. In quel caso gli sfollati furono dislocati nell'Istria interna e a Trieste. I polesani rientrarono in città dopo qualche mese. [7] Nel maggio 1915, alla dichiarazione di guerra da parte dell'Italia, la città fu evacuata nuovamente. L' ordine di evacuazione, che riguardava le persone che non possedessero viveri sufficienti per almeno sei mesi o che non appartenessero alle categorie ritenute indispensabili al funzionamento della piazzaforte, fu emanato il 17 maggio ed esteso alle città di Rovigno e Dignano il 23 maggio.[8][9] Il piano iniziale prevedeva che gli sfollati venissero destinati all'Istria settentrionale, ma viste le difficoltà logistiche, il 23 maggio le autorità austriache decretarono si dovesse procedere al trasferimento forzoso in Stiria di circa 40.000 persone dall'Istria meridionale. Alla base di questi trasferimenti non vi fu solo la preoccupazione per l'incolumità della popolazione civile, ma anhe la necessità strategica di garantire libertà di manovra alle forze militari. L'evacuazione riguardò sia gli italiani che i croati della zona, in quanto la discriminante tra chi doveva partire e chi poteva restare era di ordine socio-economico e non nazionale. Essendo la zona abitata prevalentemente da italiani, anche tra i profughi gli italiani erano la maggioranza.[10]
- La città di Gorizia, che allo scoppio della guerra contava 28.000 abitanti, dopo la quarta battaglia dell'Isonzo, in seguito ai bombardamenti dell'artiglieria italiana che l'avevano quasi completamente rasa al suolo, era stata quasi completamente abbandonata e la sua popolazione si era ridotta a 5.000 abitanti.[11]
- La città di Trieste, durante le operazioni belliche, passò da circa 240.000 a circa 150.000 abitanti anche a causa del rimpatrio forzoso di circa 30.000 "regnicoli". Numerosi funzionari statali furono trasferiti in Austria e molte aziende trasferirono in Austria la propria attività, costringendo gli impiegati e gli operai a seguirle.[12]
Oltre alle evacuazioni, le autorità austriache predisposero anche l'arresto, l'internamento o il rimpatrio di regnicoli o cittadini austriaci ritenuti sospetti per le loro posizioni irredentiste o comunque filoitaliane. Nella primavera del 1915 i regnicoli internati o confinati furono circa 5.000, quelli rimpatriati circa 10.000. I cittadini austriaci di nazionalità italiana internati o confinati furono poco meno di 1.000.[13][14]
Non meno importante fu il flusso di sfollati verso l'Italia, che interessò soprattutto le zone di operazioni militari del Collio, di Gradisca e di Monfalcone. Circa 50.000 profughi del Litorale e 30.000 profughi del Trentino furono sistemati in varie località della penisola. Tra questi anche circa 13.000 sloveni,[15] residenti soprattutto nella zona di Caporetto e del Collio.[16] Le autorità italiane effettuarono numerosi arresti tra gli sfollati, soprattutto tra il clero e gli insegnanti, considerati come possibili nemici dell'Italia[17][18] e avviarono all'internamento o al confino circa 4.000 persone, in gran parte in Sardegna.[19]
Complessivamente durante la Grande Guerra furono dislocati nelle province continentali dell’Impero austro-ungarico quasi 230.000 civili provenienti dalle zone a ridosso del fronte italiano. Circa 70.000 erano italiani del Trentino, 85.000 erano italiani dell'Isontino e dell'Istria, 65.000 erano sloveni dell'Isontino e del Carso, e 10.000 erano croati dell'Istria. Diverse decine di migliaia di questi furono collocate - per periodi di tempo che potevano andare da pochi mesi fino all'intera durata della guerra - in campi come quelli di Wagna, Pottendorf, Steinklamm, Bruck a.d. Leitha ecc., dove molti di loro, soprattutto vecchi e bambini, trovarono la morte a causa delle proibitive condizioni di vita.[20] I dati ricavati dai registri dei profughi che ricevevano l'assistenza statale fotografano la seguente situazione al 1 gennaio 1918:[21]
- Campo di Mitterndorf: 9.170 profughi, di cui 8.899 italiani.
- Campo di Pottendorf: 4.382 profughi, di cui 4.382 italiani.
- Campo di Bruck an der Leitha: 4834 profughi, di cui 4.827 sloveni.
- Campo di Steinklamm: 4.377 profughi, di cui 1.108 sloveni e 3.238 croati.
- Campo di Mistelbach: 900 profughi, di cui 900 italiani.
- Campo di Braunau: 5.697 profughi, di cui 5.686 italiani.
- Campo di Wagna: 11.574 profughi, di cui 10.700 italiani e 850 sloveni.
Nel leggere questi dati, bisogna tener conto che nel gennaio 1918 molti profughi avevano già abbandonato i campi per tornare ai loro paesi oppure avevano trovato sistemazione nelle località prossime ai campi. In particolare, il campo di Wagna raggiunse due picchi di popolazione, rispettivamente nell'autunno del 1915 (quando al suo interno si trovavano 21.000 profughi italiani provenienti dall'istria e dall'isontino) e nell' autunno del 1916, quando al suo interno si trovavano poco più di 18.000 profughi, di cui circa 17.000 italiani (provenienti dall'Istria e dall'Isontino) e 1.600 sloveni (provenienti da Gorizia).[22][23] Va infine ricordato che furono complessivamente circa mezzo milione i profughi e gli sfollati (italiani, sloveni, croati, rumeni, ucraini, polacchi, ecc.) all'interno dell'Impero austroungarico.[24]
Il campo
Nell'estate del 1914, sia a causa delle disposizioni per l'evacuazione coatta delle zone militarmente strategiche, sia a causa delle fughe spontanee dalle zone interessate ai combattimenti, la sola parte austriaca dell'Impero si trovò a dover gestire oltre mezzo milione di profughi. Il 15 settembre il Ministero dell'Interno emanò una serie di disposizioni riguardanti il trasporto e il ricovero dei profughi dalla Galizia e dalla Bucovina. Tali disposizioni prevedevano la costruzione di campi "ad un'adeguata distanza dai centri abitati" in cui collocare i profughi privi di mezzi di sostentamento, nella evidente volontà di isolarli dalla popolazione locale, sia per motivi di carattere sanitario e di ordine pubblico, sia per attutire l'impatto che la loro presenza avrebbe potuto avere sul morale delle comunità che li ospitavano.[25]
Il campo di Wagna fu progettato e costruito nell'ottobre/novembre 1914 per ospitare 10.000 profughi polacchi provenienti dalla Galizia. Inizialmente il campo contava 25 baracche, in grado di alloggiare 400 persone ciascuna. Comprendeva anche 7 cucine e alcuni edifici di servizio (scuole, ospedali, gendarmeria, amministrazione). In dicembre fu deciso di raddoppiare la capienza di Wagna. Nella primavera del 1915 il campo aveva raggiunto le dimensioni di una vera e propria cittadina, con una chiesa, un bazar, e baracche più piccole e curate per sacerdoti, maestri e impiegati. Anche nell'organizzazione degli spazi, il campo rispondeva quindi a una organizzazione sociale di tipo gerarchico, che unita alla rigida sorveglianza degli ingressi e alla stretta disciplina che regolava le entrate e le uscite dei profughi, lo rendeva una sorta di microsocietà avulsa dal territorio circostante.[26]
I primi profughi dal Litorale giunsero al campo di Wagna, che istanto si era svuotato in seguito alla controffensiva austro-tedesca sul fronte orientale, verso la fine del maggio 1915.
Il campo era dotato di case, baracche, un ospedale e due scuole (nel 1917 venne aperta una terza scuola con lingua di insegnamento slovena).[27] Quasi tremila persone, soprattutto vecchi e bambini, perirono a Wagna per le condizioni igienico-sanitarie, tanto che fu costruito un cimitero a loro dedicato.
Il 4 ottobre del 1917, in seguito ad un arresto ritenuto arbitrario, scoppiò una rivolta a cui presero parte soprattutto donne e ragazzi. La reazione delle guardie provocò la morte di un ragazzo istriano, colpito da un proiettile. In seguito a questi fatti, una delegazione parlamentare, di cui faceva parte anche De Gasperi, visitò il campo per condurre un'inchiesta sulle condizioni di vita dei profughi. I risultati dell'inchiesta furono dibattuti alla Camera dei Deputati, e da allora i cancelli del campo vennero aperti, e gli internati poterono eleggere una propria commissione interna.[29][30]
Nel 1918 tutti gli italiani superstiti furono fatti sgomberare e vennero rimpatriati con treni speciali della Croce Rossa Italiana.[Il rientro avvenne in più fasi e con varie modalità]
Il Campo di Wagna fu riutilizzato (ed ingrandito) dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Note
- ^ D. Sedmak, Profughi nelle città di legno, in: C. Pavan, "Caporetto", pp. 274-76
- ^ http://www.grandeguerra.ccm.it/scheda_archivio.php?goto_id=1169
- ^ http://www.grandeguerra.ccm.it/scheda_archivio.php?goto_id=1168
- ^ P. Malni in: F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria" pp. 99-100
- ^ P. Malni "Fuggiaschi. Il campo profughi di Wagna 1915-18" p. 21
- ^ F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria" p. 104
- ^ S. De Menech, M.L. Santin "Pola e Rovigno. L'esodo negli anni della Prima guerra mondiale" in F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria" pp. 198-200
- ^ S. De Menech, M.L. Santin "Pola e Rovigno. L'esodo negli anni della Prima guerra mondiale" in F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria" p. 102
- ^ P. Malni in: F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria" pp. 99-100
- ^ P. Malni in: F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria" p. 102
- ^ Malni in Cecotti
- ^ Cecotti
- ^ F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria" pp. 73 e 80-81
- ^ Nel 1914 gli arresti e gli internamenti invece avevano riguardato soprattutto sloveni e croati, ritenuti potenzialmente filoserbi. Si veda ad es. Marta Verginella, Profughe slovene tra Grande Guerra e ascesa del fascismo, p. 140
- ^ Marta Verginella, Profughe slovene tra Grande Guerra e ascesa del fascismo, p. 141
- ^ P. Malni in: F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria" p. 105
- ^ Marta Verginella, Profughe slovene tra Grande Guerra e ascesa del fascismo, pp. 138-141
- ^ Si veda anche: Giovanna Procacci, L’internamento di civili in Italia durante la prima guerra mondiale
- ^ F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria" pp. 83
- ^ P. Malni in: F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria" pp. 104-08
- ^ F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria", scheda a pag. 104
- ^ P. Malni in: F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria" p. 123
- ^ P. Malni "Fuggiaschi. Il campo profughi di Wagna 1915-18" p. 58
- ^ F. Cecotti, “Un esilio che non ha pari. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria", scheda a pag. 104
- ^ P. Malni "Fuggiaschi. Il campo profughi di Wagna 1915-18". Edizioni del Consorzio Culturale del Monfalconese, 1998, pp. 12-14
- ^ P. Malni "Fuggiaschi. Il campo profughi di Wagna 1915-18". Edizioni del Consorzio Culturale del Monfalconese, 1998, pp. 14-15
- ^ http://www.grandeguerra.ccm.it/scheda_archivio.php?goto_id=1180
- ^ Egeo Petean, TUTTO ANDO’ PERDUTO Cronache di Guerra, esodi, e internamenti nella storia di Fogliano Redipuglia 1914-1918, ed. Comune di Fogliano Redipuglia, 2003, OPAC
- ^ http://www.grandeguerra.ccm.it/scheda_archivio.php?goto_id=1188
- ^ Intervento di De Gasperi su Wagna
Bibliografia
- F. Cecotti “Un esilio che non ha pari”. 1914-1918. Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino, dell’Istria. Goriziana editoriale. Gorizia, 2001.
- M. Eichta Braunau – Katzenau – Mitterndorf 1915 – 1918. Il ricordo dei profughi e degli internati del Trentino. Persico editoriale. Cremona, 1999 ISBN 88-87207-07-0
- P. Malni "Fuggiaschi. Il campo profughi di Wagna 1915-18". Edizioni del Consorzio Culturale del Monfalconese, 1998.
- C. Pavan Caporetto: storia, testimonianze, itinerari. Volume 1 di "Grande guerra e popolazione civile". Editore CamilloPavan. Gorizia, 1997