Onofrio Tomaselli

pittore italiano (1866-1956)

Onofrio Tomaselli (Bagheria, 3 agosto 1866Palermo, 21 marzo 1956) è stato un pittore italiano, considerato tra i più importanti ritrattisti della scuola pittorica siciliana a cavallo tra il XIX e il XX secolo.[1] La sua pittura è stata sostanzialmente e concordemente riconosciuta tra le più valide espressioni di una convinta e tenace adesione alla tradizione artistica dell'ultimo Ottocento pittorico palermitano[2].

Onofrio Tomaselli in una fotografia degli anni Trenta.
Firma di Onofrio Tomaselli

Artista prolifico, essendo uno dei più apprezzati ritrattisti di aristocratici, ricchi borghesi, e intellettuali della Belle Époque palermitana fu il maestro di alcune generazioni di pittori siciliani del primo Novecento fra cui Alfonso Amorelli, ma anche di un altro celebre pittore bagherese, Renato Guttuso, che per sua stessa ammissione considerò quale imprescindibile punto di riferimento per la realizzazione de La Zolfara[3], il dipinto intitolato I Carusi, di ispirazione verista, che Tomaselli presentò nel 1906 alla Esposizione internazionale di Milano e che si trova oggi alla Galleria d'arte moderna Sant'Anna di Palermo.[4]

Biografia

Da Bagheria a Palermo (1866-1880)

Da Bagheria, dove nacque il 3 agosto del 1866 da Giacomo e da Salvadora Sciortino, si trasferì presto a Palermo. L'aver modificato il cognome da Tomasello in Tomaselli, tradiva forse l'inconscio desiderio di sottolineare il passaggio dall'ambiente strettamente paesano a quello cittadino, quasi a ribadire l'impegno a trovare nuovi orizzonti e nuove affermazioni. I legami con il paese natale, che nella Guida del 1911[5] lo annoverava tra le glorie locali, non furono rescissi dal trasferimento in città del pittore. Egli vi ritornava periodicamente per visitare i parenti e per ritrovarsi con gli amici (di tanti dipinse il ritratto), esponenti dell'«intellighenzia» locale che, intorno a Gioacchino Guttuso Fasulo ed alla «Casa di Cultura», coagulava fermenti ed aspirazioni sociali e politiche.

I tirocini e le prime esperienze formative (1880-1886)

A Palermo Tomaselli seguì il consueto iter che portava gli aspiranti artisti nelle botteghe dei maestri più vecchi ed affermati. Compì il suo primo tirocinio, tra il 1880 e il 1881, presso il pittore Pietro Volpes, discepolo del Patania e del D'Antoni, in gioventù testa calda e antiborbonico che tenne studio insieme a Francesco Lo Jacono e ad altri artisti, fra cui lo scultore Nunzio Morello, in alcuni locali dell'ex monastero della Martorana, dov'era ubicato anche l'Istituto di Belle Arti.[6]

Dal 1884 al 1886, anno in cui sostenne gli esami finali, grazie ad una borsa di studio concessagli dal Comune di Palermo, il Tomaselli frequentò il corso di pittura figurativa, che concluse «con lode ed approvazione», con una medaglia d’argento «per gli studi di dipinti dal vero», ed un premio pecuniario per il «disegno di anatomia del cadavere». In quello stesso 1886 sposò a Napoli Emilia Glaudi dei marchesi di Tagliavia, e nell'anno successivo si presentò al concorso di Composizione di pittura bandito dall'Istituto di Belle Arti di Napoli, ottenendo il premio di incoraggiamento ex aequo.

Fin dall'inizio, alla base del suo credo pittorico fu indubbiamente il Morelli, che, a livello di insegnamento accademico, era stato il «nume tutelare» non solo della pittura meridionale, ma anche di quella isolana. La citazione con la quale egli asseriva che «l'arte era di rappresentare figure e cose non viste, ma immaginate e vere ad un tempo», offre una chiave di lettura per comprendere il senso della pittura «dal vero» di Tomaselli. Del resto il principio di «verità» e il Realismo rappresentarono il momento unitario dell'arte italiana della seconda metà dell’Ottocento e all'inizio fu una ricerca comune degli artisti sulle premesse della rivoluzione della «macchia». Questo costituì il superamento delle divisioni e delle scuole regionali di pittura e allineò tutti, «presto o tardi, su un unico fronte la cui insegna era il "vero", nelle forme, nei temi e nelle "emozioni"»[7]. Anche le vicende della pittura siciliana nel suo graduale sviluppo dal Neoclassicismo al Realismo, dal concetto di «bello» all’intuizione del «vero», rispecchiava la situazione generale dell’arte.

I Carusi e la denuncia sociale

Nel 1905 Onofrio Tomaselli esegue I Carusi, tela lo consegna alla storia della pittura siciliana dei primi del Novecento. Un'opera intensa per soggetto e vasta per dimensioni preceduta da una serie di bozzetti fra cui Testa di caruso, Sacco di zolfo ed altri.

I Carusi nacquero in seguito ad un temporaneo soggiorno del pittore presso il barone La Lumia, proprietario di miniere di zolfo, suo estimatore ed amico. Non ci sono testimonianze dirette per comprendere fino a qual punto Tomaselli abbia voluto «ideologicamente» appropriarsi del problema legato allo sfruttamento minorile, che in quegli anni travagliava il mondo del lavoro. Ma l'interpretazione che ne dà Gioacchino Guttuso Fasulo, il quale vide la tela quando era ancora nello studio del pittore, sembra essere l'eco, oltre che di suoi convincimenti personali, delle impressioni scambiate con il Tomaselli stesso:

«È il passaggio montuoso pieno di luce di una zolfara siciliana, il teatro di quello sconcio sociale di cui si sono tanto vanamente occupati gli umanisti del giorno; dove giovanissime creature si logorano in un lavoro consumatore della mente e della fibra […]. Rilevo soltanto che il monito sociale non è mai emerso con tanta ripercussione di pena […] così come avviene da questo quadro suggestivo, palpitante di vita […].[8]»

I Carusi sono presentati all'Esposizione Internazionale di Milano del 1906, ricevendo poi larghi e duraturi consensi, che tendono soprattutto ad individuare un momento di impegno «sociale» nell'evoluzione dell'opera di Tomaselli. La tela si trova oggi esposta alla Galleria d'arte moderna Sant'Anna di Palermo.

Esposizioni

Onorificenze

«a giusta ricompensa dei servizi resi nel riordinamento dell'Istituto d'Arte di Palermo quale Direttore e Professore»
— 1931
«in considerazione di particolari benemerenze, e in occasione del collocamento a riposo per anzianità di servizio»
— 1936

Note

  1. ^ www.exibart.com, 15 gennaio 2001.
  2. ^ Teresa Viscuso, Onofrio Tomaselli 1866 - 1956, Palermo 1987, p.19.
  3. ^ «Un giorno, proprio dinanzi ai Carusi, Guttuso ebbe a dire a Franco Grasso: "Io sono partito da qui."», T. Viscuso, Onofrio Tomaselli 1866 - 1956, p. 34.
  4. ^ Ugo Giuliani, www.exibart.com, 15 Gennaio 2001.
  5. ^ Bagheria-Solunto. Guida Illustrata. Ristampa anastatica dell'edizione del 1911. Introduzione di G. Speciale, Bagheria, s.d. [1982], pp. 126-128.
  6. ^ U. Fleres, Ettore Ximenes, Bergamo 1928, p.19.
  7. ^ C. Maltese, Storia dell'Arte in Italia (1785-1943), Torino 1960, p. 169.
  8. ^ Gioacchino Guttuso. Profilo di un uomo, a cura di C. Civello, Palermo 1965, pp. 51-52.

Bibliografia

  • L. Callari, Storia dell'Arte contemporanea italiana, Roma, 1909, p. 386.
  • G. Minutilla Lauria, Uno che sa il fatto suo, in «Arte Nova» n.7, 1928.
  • G. Minutilla Lauria, Pittori e scultori palermitani, in «Calendario Mediterraneo» n.12, 1932.
  • Agostino M. Comanducci, Pittori italiani dell'Ottocento, Milano, Malavasi, 1934, p. 736, ISBN 8886317085.
  • F. De Maria, Onofrio Tomaselli pittore solare, in «L'Ora», 24 Aprile 1935.
  • Teresa Viscuso, Onofrio Tomaselli 1866 - 1956, Palermo, Sellerio Editore, 1987, ISBN 97-8887-6810-312.

Voci correlate

Collegamenti esterni