Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling

Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling
Titolo originaleDifferenz des Fichte’schen und Schelling’schen Systems der Philosophie
AutoreGeorg Wilhelm Friedrich Hegel
1ª ed. originale1801
Generesaggio
Sottogenerefilosofico
Lingua originaletedesco


Quadro storico filosofico

Nel periodo di Jena Hegel, che aspira ad ottenere la cattedra per la libera docenza collabora con il nuovo protagonista della filosofia tedesca Schelling alla redazione del Kritisches Journal der Philosophie (Giornale critico di filosofia) (1802-03) dove pubblicò una serie di importanti articoli tra cui la Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling.





La pubblicazione nel 1801 all'università di Jena della “Differenza” segna l'esordio di Hegel nel panorama filosofico tedesco. Nell'ambiente culturale germanico di quel periodo tiene banco il dibattito sul pensiero di Kant: le sue tre critiche hanno lasciato delle incongruenze e una serie di problemi filosofici irrisolti e stimolanti. In particolare J. G. Fichte (1762-1814) si assume il compito di elaborare un “Idealismo critico”, ossia un sistema filosofico che sviluppi coerentemente il trascendentalismo kantiano per quanto riguarda la fondazione della scienza (“Fondamenti dell'intera dottrina della scienza” 1794), della morale (“Sistema della dottrina morale” 1798) e della politica (“Fondamenti del diritto naturale” 1796). Con il passare degli anni, la maggior parte dei pensatori influenti di quel periodo, Jacobi (1743-1819), Reinhold (1757-1823), Schelling (1775-1884) e lo stesso Kant, voltano le spalle a Fichte a causa delle sue idee troppo soggettivistiche (per Kant e Schelling) o troppo nichilistiche (per Jacobi). In special modo Schelling, che era un giovane allievo di Fichte, entra in contrasto con il maestro con la pubblicazione del suo “Sistema dell'idealismo trascendentale” (1800); quest'ultimo voleva essere infatti un idealismo spinoziano oggettivo, al contrario dell'idealismo fichtiano che si dichiarava soggettivo.

Quando il giovane Hegel giunge nel 1801 a Jena su invito di Schelling, ha già raggiunto una certa maturità filosofica senza però nessuna grande pubblicazione a carico. Egli è un uomo che approda alla filosofia non dalla filosofia ma da ricerche religiose, storiche, politiche ed economiche. Egli, abitando nella stessa casa di Schelling, ha modo di seguire molto da vicino il dibattito filosofico tra l'allievo e il maestro.

Tematiche dell'opera - Lo spunto per lo scritto della “Differenza”, composto nella primavera o estate del 1801, perviene ad Hegel dai testi filosofici di Reinhold, al quale il giovane autore contesta sia la sua visione formale della filosofia, sia la sua incapacità di distinguere i sistemi idealisti di Fichte e Schelling. La tesi fondamentale dello scritto sarà infatti che l'idealismo oggettivo di Schelling può sopperire ai problemi dell'idealismo soggettivo di Fichte. Grazie alla critica dei due sistemi sopracitati Hegel può esporre indirettamente un abbozzo della sua filosofia che a quel tempo era in piena fase di elaborazione. L'opera hegeliana si divide dunque in tre parti: (1) “Diverse forme presenti nel filosofare attuale”, (2) “Esposizione del sistema fichtiano”, (3) “Confronto fra il principio della filosofia schellinghiano e fichtiano”. La prima parte consiste in una vera e propria metafilosofia, ossia una riflessione su quale sia l'essenza della filosofia al di là di ogni contingente sistema storico e su come debbano essere interpretati i vari punti di vista peculiari che nella filosofia si danno. Nel secondo capitolo l'autore espone il sistema fichtiano mostrando come questo non riesca a giungere al proposito assoluto che inizialmente si è posto. Infine, nell'ultima parte del saggio critico, Hegel dimostra come l'idealismo di Schelling possa sopperire alle mancanze del sistema fichtiano e come Reinhold non abbia ben inteso la differenza tra i due sistemi.

Il bisogno della filosofia - L'autore comincia la sua riflessione interrogandosi su quale sia il quid filosofico comune a tutti i sistemi peculiari che si sono dati nella storia del pensiero; la filosofia è un proliferare di mere opinioni contingenti oppure ogni sistema concettuale che si dà nel tempo tende ad una forma filosofica insuperabile? Hegel rifiuta entrambe tali risposte. Innanzitutto critica fortemente la visione formalistica della filosofia di Reinhold, il quale concepisce il filosofo essenzialmente come una sorta di “tecnico del concetto” il cui fine è preparare un sistema formale puro volto a modellare completamente la materialità dei problemi apparentemente inconciliabili; una volta raggiunto un pensiero perfetto che addomestichi totalmente il mondo, la filosofia avrà fatto il suo corso. A tale visione, l'autore nel corso dell'opera contrappone (1) una classica contromossa realistica: come sarà chiaro nella seconda parte, posto un certo pensiero puro, ci sarà sempre per Hegel un non-pensiero che opporrà resistenza al primo; ma anche (2) un'innovativa visione storicista: il pensiero filosofico non è mai puro e identico nel corso della storia, bensì è sempre legato alla materialità della prassi, delle contingenze storiche, le quali hanno un legame ineliminabile con i concetti, ogni pensiero è figlio del proprio tempo. Ciononostante, per Hegel è possibile scovare un denominatore comune a tutti i sistemi filosofici, un modus communis di filosofare: “il bisogno della filosofia”. Tale bisogno scaturisce dal manifestarsi di opposizioni, concettuali, culturali, pratiche. La filosofia infatti nasce in tempi di crisi, in contesti scettici nei quali l'unità originaria dell'assoluto si è frammentata:

“Quando la potenza dell'unificazione scompare dalla vita degli uomini e le loro opposizioni hanno perduto il loro rapporto vivente e la loro azione reciproca e guadagnano l'indipendenza, allora sorge il bisogno della filosofia. Come tale, questo bisogno è qualcosa di contingente, ma, sotto la scissione data, esso è il necessario tentativo di togliere l'opposizione della soggettività e dell'oggettività consolidatesi, di comprendere l'essere-divenuto del mondo intellettuale e reale come un divenire e l'essere di questo mondo, in quanto prodotto, come un produrre”.[1]

L'ultima frase, un po' oscura, di tale estratto può essere così interpretata: l'attività filosofica (la speculazione [Entzweiung]) della ragione universale consiste nel cogliere le opposizioni concettuali date nel proprio tempo (fenomeniche) e riportarle al loro movimento dialettico (di eterne contrapposizioni irriducibili) originario e riunificante. Il filosofo è colui che traduce in termini razionali le tendenze di un'epoca, e che così facendo accelera la loro necessaria riconciliazione. Il bisogno della filosofia dunque può essere interpretato come l'urgente necessità della ragione di conciliare le opposizioni da essa stessa scaturite e in essa stessa riconducibili.


Note

  1. ^ "Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling" pag.15

Edizioni

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