Femminicidio

omicidio in cui una donna viene uccisa da un individuo per motivi basati sul genere
Versione del 26 nov 2014 alle 17:53 di Rhockher (discussione | contributi) (è la definizione del fenomeno, si indichi la fonte in cui si sostiene che OGGI viene usato in altro modo.)


Il termine femminicidio, nella sua accezione contemporanea, è un neologismo semantico che identifica tutti quei casi di omicidio doloso o preterintenzionale in cui una donna viene uccisa da un uomo per motivi basati sul genere[1]. Esso costituisce dunque un sottoinsieme della totalità dei casi di omicidio aventi un individuo di sesso femminile come vittima. Un aspetto spesso comune a tale tipologia di crimini è la sua maturazione in ambito familiare, o comunque all'interno di relazioni sentimentali più o meno stabili.

Il significato di tale neologismo, recentemente usato anche da mass media e istituzioni[2], viene in alcuni casi[senza fonte] usato in maniera estensiva per identificare "Qualsiasi forma di violenza esercitata sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l'identità attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte".[3][4]

Origine, significato e diffusione del termine

 
Jakub Schikaneder, Omicidio in casa (1890)

In lingua inglese il termine femicide (femicidio) veniva usato già nel 1801 in Inghilterra per indicare "l'uccisione di una donna", senza però prendere in considerazione moventi relativi al genere[5][6].

Successivamente il termine è stato utilizzato dalla criminologa Diana Russell nel 1992, nel libro scritto insieme a Jill Radford Femicide: The Politics of woman killing. La Russell identificò nel femmicidio una categoria criminologica vera e propria: una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna «perché donna», in cui cioè la violenza è l'esito di pratiche misogine.

L'antropologa messicana Marcela Lagarde scrive nel 1997:

«Il Femminicidio coinvolge regole restrittive, politiche predatorie e modi alienanti di vivere che, insieme, costituiscono l'oppressione di genere, e la loro realizzazione radicale porta all'eliminazione simbolico e concreta delle donne ed al controllo del resto.Il femminicidio (...) richiede complicità e consenso accettando molteplici principi concatenati: interpretando il danno per le donne come se non fosse tale, tergiversando su cause e motivazioni e negando le sue conseguenze. Tutto questo viene fatto per sottrarre la dannosa violenza contro le donne alle sanzioni etiche, giuridiche e giudiziarie che incorniciano altre forme di violenza (...) e lasciare le donne senza ragione, senza parola e senza essere in grado di rimuovere tale violenza.»

Il termine è stato ripreso e diffuso da numerosi studi di diritto, sociologia, antropologia, criminologia[8] e utilizzato negli appelli internazionali lanciati dalle madri delle ragazze uccise a Ciudad Juárez. "Nuestras Hijas de regreso a casa" è il movimento fondato da Marisela Escobedo Ruiz, uccisa nel gennaio 2010 in Messico nel corso della sua protesta per ottenere la verità sulla morte della figlia. A un anno di distanza Norma Andrade, altra fondatrice di Nuestra Hijas, subisce un attentato.
È proprio dall'analisi della diffusione dei crimini compiuti contro le donne che la Lagarde propone la sua definizione.

Il fenomeno in Italia

Non esiste in Italia un osservatorio nazionale sul femminicidio come in altri paesi, per esempio Spagna e Francia. Una parziale ricostruzione delle vittime tra il 2000 e il 2011 è stata operata da Eures e Ansa pubblicando la prima ricerca specifica sul femminicidio dal titolo "Il femminicidio in Italia nell'ultimo decennio".[9]. Dal 2005 i Centri antiviolenza raccolgono i dati delle donne uccise dai casi riportati dalla stampa. Solo nel 2012, secondo l'indagine svolta dalla Casa delle donne per non subire violenza di Bologna i femminicidi in Italia sono stati 124, i tentati omicidi di donne 47. Il 70% circa delle donne sono state uccise da uomini con cui avevano o hanno avuto una relazione sentimentale (mariti, compagni, ex mariti, ex compagni etc.); la maggior parte degli omicidi vengono compiuti nella casa della coppia, della vittima o dell'autore, circa 80% delle donne sono italiane, come anche gli autori sono italiani; la maggior parte di loro vive nelle Regioni del Nord. Solo negli ultimi anni è nata una certa attenzione soprattutto nei mass-media con trasmissioni televisive come Amore criminale si è potuto notare l'impegno di giornalisti come Riccado Iacona, è nato uno spettacolo teatrale sull'omicidio di donne Ferite a morte, di Serena Dandini. I Centri antiviolenza ma anche molti Comuni e altri Enti pubblici per il 25 novembre, Giornata mondiale contro la violenza alle donne e 8 marzo, Giornata internazionale della donna, organizzano flash mob, convegni, seminari, eventi pubblici di sensibilizzazione sul tema della violenza contro le donne e il femminicidio. A giugno 2013 il parlamento italiano ha ratificato la Convenzione di Istanbul e ad agosto 2013 il governo italiano ha emanato con decreto legge[10] norme penali che aggravano le ipotesi di atti persecutori od omicidio contro il coniuge od il convivente, tramite specifiche aggravanti dei reati.

L'Eures ha recentemente pubblicato un rapporto in cui si registra in Italia un aumento delle uccisioni di donne del 14% nell'ultimo anno, dalle 157 nel 2012 alle 179 del 2013[11]


ONU: dichiarazioni e statistiche

La base dati della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) "La salute per tutti" per la Regione Europea, aggiornata fino al 2010-11, mostra chiaramente come:

  1. in Italia il tasso di vittime di omicidi e lesioni colpose sia di uomini che di donne è in lento declino a partire dagli anni settanta;
  2. questo declino è comune alla maggior parte dei paesi europei, con poche eccezioni;
  3. la media in Italia, negli ultimi 20 anni si è mantenuta al di sotto di quella della EU;
  4. il tasso di mortalità violenta per le donne in Italia negli ultimi anni è ampiamente al di sotto di quello degli uomini e si è ridotto anche rispetto agli anni '90, in cui aveva raggiunto 0,6 casi su 100.000, mentre nel 2008 era sceso a 0,39 su 100.000;
  5. il tasso di mortalità per le donne in Italia è molto più basso della media delle donne europee, di quanto non sia quello degli uomini, rispetto alla loro media.

Rashida Manjoo, Special Rapporteur delle Nazioni Unite, nel rapporto[12]sulla visita effettuata nel gennaio 2012 in Italia per verificare l'applicazione CEDAW denuncia invece un elevato numero di femminicidi in Italia e richiama il governo a politiche in contrasto a questo fenomeno[12]. Dalla lettura del documento emerge che Rashida Manjoo non presenta inedita documentazione, ma sottolinea come ci sia stato un limitato sforzo da parte del Governo e della società civile nel raccogliere dati sulla violenza contro le donne, incluso il femminicidio,[12] e come invece questo sia importante per il corretto funzionamento delle politiche statali.

La convenzione di Istanbul

L'11 maggio 2011 è stata sottoscritta ad Istanbul dai membri del Consiglio d' Europa la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica[13]. Tuttavia vi è previsto che la convenzione entrerà in vigore (cioè diverrà vincolante per tutti gli stati membri del Consiglio d'Europa) solo dopo che almeno 10 stati membri l'avranno ratificata: sono quattro gli Stati che l'hanno ratificata rapidamente (Albania, Montenegro, Portogallo, Turchia), mentre il quinto è stato l'Italia con effetto dal 16 luglio 2013[14], mentre successivamente c'è stata la ratifica da parte dell'Austria, della Bosnia-Erzegovina e della Serbia (e quindi la convenzione è oggi in vigore solo negli otto stati che l'hanno ratificata, dei quali solo tre dell'Unione europea[15]).

Note

  1. ^ Senato della Repubblica XVII LEGISLATURA-Disegno di Legge 724, su senato.it. URL consultato il 28 luglio 2013.
  2. ^ "Violenza di genere, approvato il decreto legge" sito Pari Opportunità
  3. ^ Devoto-Oli, Vocabolario della lingua italiana, 2013
  4. ^ "Femminicidio: i perché di una parola", Accademia della Crusca
  5. ^ (EN) Corry J. "The Satirical Review of London at the Commencement of the Nineteenth Century", London 1801, G. Kearsley.
  6. ^ Per approfondimenti vedere anche note e referenze nella pubblicazione PATH (Program for Appropriate Technology in Health):"Strengthening Understanding of Femicide"
  7. ^ Marcela Lagarde; 1997, “Identidades de género y derechos humanos. La construcción de las humanas”, VII curso de verano. “Educación, democracia y nueva ciudadanía”, Universidad Autónoma de Aguascalientes.
  8. ^ "Il femminicidio in Italia nel periodo 2000-2012", su Rassegna Italiana di Criminologia. URL consultato il 25/11/2014.
  9. ^ Femminicidio, Eures e Ansa: “728 casi tra il 2000 e il 2011.
  10. ^ decreto legge 14 agosto 2013 n. 93, poi convertito nella legge 15 ottobre 2013 n. 119
  11. ^ Dati Eures nel secondo rapporto sul femminicidio in Italia.
  12. ^ a b c (EN) Report of the Special Rapporteur on violence against women, its causes and consequences, Rashida Manjoo (PDF), su ohchr.org, 15 giugno 2012, 5- 8 -21. URL consultato il 28 luglio 2013. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "rapporto" è stato definito più volte con contenuti diversi
  13. ^ http://www.conventions.coe.int/Treaty/Commun/QueVoulezVous.asp?CL=ITA&NT=210
  14. ^ legge 27 giugno 2013 n. 77 in Gazzetta Ufficiale n. 152 del 1 luglio 2013, ove è riportata, oltre alla legge di ratifica della Convenzione, anche il testo della medesima in lingua francese
  15. ^ per far entrare in vigore la convenzione non è necessaria solo la ratifica di dieci stati, ma anche che almeno otto di essi facciano parte dell'Unione Europea

Bibliografia

Voci correlate

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