Volta (danza)
La Volte, anche chiamata La Volta, Volta, Lavolta o Levato, è un ballo rinascimentale di origine francese[1]. In 3/4[2][3], la volta è congiunta alla gagliarda[4] e conobbe il suo massimo splendore in Europa nel XVII[4] e XVIII secolo[3][5][6]
Etimologia
Il nome della danza deriva dal latino volgare volvĭta, volta, derivati del latino classico: volvĕre, in italiano volgere[6]. Il ballo subì il cambiamento in volte quando arrivò in Francia nel XVI secolo.
Storia
La tradizione colloca la nascita del ballo in Provenza[1]. Questa fu introdotta nella corte parigina dei Valois[1] nel 1556 dal conte di Sault, se Carloix[2] ed ebbe un gran successo grazie alla preferenza di Caterina de' Medici, ma soprattutto, di Enrico III. Di quest'ultimo Thoinot Arbeau ci parla così:
Da questa citazione abbiamo una messa in dubbio sull'origine del ballo. Infatti, Secondo alcune fonti, il ballo sarebbe di origine italiana: Rinaldo Corso, in effetti, ci attesta la pratica del ballo in Italia già nel 1555[3]. Secondo altre fonti, il ballo è di origine tedesche. Come afferma Curt Sachs, il ballo era stato inciso già nel 1538 da Heinrich Aldegrever (incisore della Vestfalia, regione dove, come sempre conferma lo storico, il ballo era già presente molti decenni prima).[2] Comunque, circa l'origine del ballo, possiamo dire con certezza che questo ha origini contadine[3].
Nel 1600, grazie ai francesi[3], la volta aveva già raggiunto l'Inghilterra e costituiva una parte stabile delle lezioni di danza, come William Shakespeare ci attesta in Enrico V[2][5]. Sempre nel 1600 ci è ancora una volta attestata la presenza del ballo in Italia dal pittore Federico Zuccaro e da Cesare Negri nel suo trattato Le gratie d'amore.[2].
Nel periodo del suo splendore, la danza fu molto criticata, in quanto era considerata «oscena» e ritenuto «indecente» il «modo vergognoso» di tenere la donna:
Altre critiche lamentano che la danza porta un forte senso di vertigini, dovuto dal girare continuo, e che questo non è assolutamente adatto per le signorine. [1][3][7] Come si può dedurre, la danza fu fortemente osteggiata[5], per motivi salutari, ma anche per motivi di educazione. Infatti, il sollevarsi delle gonne, che descrive il cronista Brantôme in un suo articolo del 1576[2][8][5], era considerato come una cosa molto volgare. A causa di questi giudizi, che la danza decadde: già nel 1636 abbiamo una delle ultime menzioni del ballo in un piccolo dialogo del El maestro de danzar di Lope de Vega. In questo piccolo pezzo della commedia, un personaggio domanda cosa sia la Nizzarda (da Nizza che si trova in Provenza, regione natale del ballo) senza poi avere una risposta. Già da qui un segno del declino.[2] L’ultima citazione riguardo la volta compare nel poema eroico di Bartolomeo Corsini (morto nel 1675):[2]
Oggi, a causa della forte somiglianza, si pensa che la volta abbia dato origine al moderno passo di Valzer[1][3][2][4].
Danza
La volta si danza in coppia.
Musica
La volta è un ballo in tempo ternario[3][4], scritta solitamente in 3/4[2] o in 6/8[5]. Non abbiamo la suddivisione esatta della battuta, ma possiamo affermare che questa sia stata non tanto differente dalla gagliarda e che abbia avuta una struttura regolare ma che si poteva adattare.
Thoinot Arbeau, nell' Orchésographie, fornisce un esempio di spartito di volta. Non scrive l'unità di tempo, ma mette le spezzabattute ogni 6 minime: quindi si può dedurre l'unita di tempo 6/2. La melodia del ballo è molto semplice ed ha una ripetizione della seconda battuta.
Curt Sachs, sulla base di dell' Orchésographie, è riuscito a creare una ipotetica suddivisione della battuta.
Secondo la ricostruzione la battuta sarebbe stata in 3/4 e composta da 6 crome oppure dallo schema sincopato: semiminima-croma,semiminima-croma.[2]
Di esempi di volte ne abbiamo nelle suite del XVII secolo, dova questa occupava il ruolo della danza finale. La Terpsichore di Michael Praetorius (1612) è una delle più importanti collezioni di volte del suo periodo (in tutto ne ha 48).
Note
- ^ a b c d e f Gastone Vuiller, La danza, Milano, Tipografia del Corriere della Sera, 1899.
- ^ a b c d e f g h i j k Curt Sachs, Storia delle danza, Milano, 2006, ISBN 88-515-2339-8.
- ^ a b c d e f g h Lucia Gambino e Franco Lotrecchiano, La danza e cultura popolare. La danza nel rinascimento europeo fino all'età moderna, 1998.
- ^ a b c d s.v. Volta, in Enciclopedia Motta, Federico Motta Editore, Milano, 1962, VIII, p. 6941.
- ^ a b c d e s.v. Volta, in Enciclopedia della Musica, Garzanti, Milano, 2010, p.963.
- ^ a b s.v. Volta, in La piccola Treccani, Roma, 1997
- ^ In merito c’è una lettera datata 17 dicembre 1600 la quale afferma «pericolo, se non son lesti, di cadere ambedue, perciò non può essere che non vada loro in giro la testa»
- ^ «Facendo svolazzare le vesti, mostrano sempre qualcosa di piacevole alla vista.»